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  1. #1
    SENATORE di POL
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    Predefinito Il signor La Malfa, Fazio e la Profezia del signor Cuccia

    da www.ilfoglio.it

    " Il caso Generali
    La Malfa attacca Fazio, difende Maranghi e svela la profezia di Cuccia
    “Mi disse: ‘Aspettano che io muoia per attaccare Mediobanca’, e questo è successo col ruolo attivo di Bankitalia”
    --------------------------------------------------------------------------------
    Domani Geronzi alla Camera - Roma. Domani e venerdì, la resa dei conti se l’aspettano in molti. L’indagine parlamentare sul risparmio riserva il palcoscenico ai vertici delle maggiori banche italiane, Capitalia, Unicredit, SanPaolo e Intesa. Giorgio La Malfa, però, di anticipare che cosa chiederà al presidente di Capitalia Cesare Geronzi, non ci pensa nemmeno. “Ascolterò Geronzi e i suoi colleghi, e solo dopo verranno le domande. Non vengo certo meno ai miei doveri di presidente di commissione parlamentare”. Ma sulla lettera inviata da Antonio Fazio ai presidenti delle Camere in risposta a Vincenzo Maranghi, La Malfa ha le sue ferme convizioni. Per il senatore Riccardo Pedrizzi, presidente della stessa commissione Finanze di La Malfa ma al Senato, la lettera è agli atti e la vicenda è chiusa, con l’auspicio che nessuno voglia tornarvi sopra. “I colleghi parlamentari possono legittimamente ritenere di non fare domande sul caso Mediobanca-Generali – osserva La Malfa – ma se esso non ha a che vedere con Parmalat, ne ha molto con la tutela del risparmio”. In che senso? “Perché la Banca d’Italia ha contribuito all’attacco di una banca sana, per patrimonio, risultati e reputazione. Mentre l’attacco è stato portato da un’alleanza di banche tra le quali in prima fila c’era una banca malata. Questo resta da spiegare”. Per difendere l’italianità di Generali, dice il governatore. “Novello Cesare Battisti, per Trieste italiana… Ma andiamo. La scalata francese a Generali è una favoletta. E il patto di sindacato di Mediobanca era saldamente italiano”. Torniamo alla lettera di Fazio. “Mi ha molto colpito. Non sarebbe mai stata scritta, una lettera così, ai tempi di Einaudi, Menichella, Carli, Baffi o Ciampi”. Perché? “Il governatore scrive che Maranghi ha ricavato le sue considerazioni da ‘una bozza provvisoria’ del resoconto dell’audizione del governatore. Che cosa vuol dire? Che il resoconto curato dal Senato non era fedele? Che Fazio lo avrebbe cambiato, apportandovi correzioni? Oppure è l’implicita ammissione che Fazio ha detto qualcosa di non chiaro, quanto meno? Se non peggio?”. E’ un modo per sottolineare che Maranghi non è parlamentare, non aveva titolo per interloquire. “Di fronte ad affermazioni che Maranghi ha giudicato ‘inveritiere’, e che riguardano primari istituti come Mediobanca e Generali oltre a chiamarlo in causa personalmente, non aveva titolo? Io penso proprio di sì”. Veniamo alla sostanza. “La sostanza è che il governatore ricorda a Maranghi che è stato sostituito. Quanto al resto, dice che Maranghi ha sollevato argomenti ‘incompleti’, o ‘destituiti di fondamento’ o ancora ‘senza rilevanza’. Ma non dice affatto quali siano incompleti, quali infondati, quali irrilevanti. La sostanza è una sola. Si è avverata purtroppo la preoccupazione di Enrico Cuccia. Ed è avvenuto grazie all’opera attiva e protagonista della Banca d’Italia”. La Malfa ha avuto con Cuccia un lungo rapporto di stima personale, era uno dei pochissimi ammesso a opinioni e confidenze che al resto del mondo erano gelosamente negate dal banchiere. Di che preoccupazione parla? “Lo rivelo per la prima volta, e molto a malincuore. ‘Aspettano solo la mia morte per venire all’attacco di Mediobanca’, mi disse una volta. Ne abbiamo oggi la conferma in un passaggio della lettera di Maranghi rimasto senza risposta. Quello in cui afferma che, a pochi mesi dalla scomparsa di Cuccia e malgrado Mediobanca avesse un ottimo presidente nella persona di Francesco Cingano, il governatore della Banca d’Italia si attivò personalmente per indicare un presidente diverso. Da arbitro, facendosi giocatore”. L’impotenza e la vergogna E perché, secondo lei? “Perché Mediobanca era un istituto solido. Il più solido da 50 anni in Italia, traguardo raggiunto solo negli ultimi anni da Unicredit. L’attacco a Mediobanca può avere solo due spiegazioni. O si aveva in mente di spartirsene il patrimonio. Oppure di maritarla, per così dire, a una banca che aveva dei guai da nascondere. E di fronte a tutto questo, di fronte al rilievo che Mediobanca e Generali ancor oggi hanno in questa Italia in crisi, Parlamento e governo decidono di non vedere e non sentire? Si accomodino, per così dire”. Ma come si spiega allora l’imbarazzato silenzio di questi giorni, da parte della stragrande maggioranza di politici, imprenditori e banchieri? “Una parte del mondo politico e imprenditoriale si è resa conto del significato vero di quella manovra. Allora tacque per impotenza. Oggi, per vergogna”.
    "

    Shalom!

  2. #2
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    Predefinito Il prudente silenzio

    ...della sinistra

    Roma- Né sulla lettera di Vincenzo Maranghi.
    Né sulla replica di Antonio Fazio.
    Come non ci fossero mai state, per il centrosinistra.
    Non una delle figure di spicco dell’Ulivo ha ritenuto di commentarle. In alcun modo. Ma perché?
    Pierluigi Bersani non ha esitazioni. “Ci siamo dati una linea precisa. La vera partita oggi è scrivere regole chiare affinché non si ripetano vicende come Parmalat e Cirio. E’ quella la priorità. Aprire processi su una vicenda chiusa, sia pure rilevante come quella che riguarda Mediobanca, rischia di sviare. Se non addirittura di essere per taluni una foglia di fico”.
    Ma come, non ha rilievo appurare se il governatore ha mentito, proprio su un punto centrale delle sue prerogative come un presunto attacco straniero?
    “Se qualcuno chiede un approfondimento, si faccia. Ma ho l’impressione che il succo sia che Maranghi tentò di scalarsi, per liberarsi dei pessimi rapporti che aveva con alcuni suoi azionisti. E che questi allora scalarono lui, mettendolo alla porta. Rispetto a questo, le regole da scrivere a tutela del mercato e del risparmio vengono prima. E devono essere regole condivise, bipartisan, intervenire nell’intera materia dei controlli interni alle imprese, nella corporate governance, sui revisori, sui conflitti d’interesse tra banche e imprese. Il progetto di legge che abbiamo presentato come Ds ha uno spettro molto più ampio del disegno di legge del governo. Ma siamo pronti a un confronto serio con la maggioranza. Per dire, sui poteri delle Autorità noi siamo perché anche in materia bancaria le concentrazioni spettino all’Antitrust.
    Sopprimiamo Isvap e Covip. Ma le tre Autorità restanti devono cooperare, serve come interlocutore una commissione parlamentare bicamerale. Non serve invece il Cicr che propone il governo, che porta a indebite intromissioni. Quanto al governatore, siamo per l’incarico a tempo, ma stabilito nell’ambito dell’autonomia statutaria di Bankitalia. Su questo siamo pronti a discutere appena finisce l’indagine parlamentare”.

    Enrico Letta conferma. Meglio non cadere nelle contrapposizioni. Né in quella Maranghi-Fazio né in quella Fazio-Tremonti. Ma rispetto a Bersani aggiunge una preoccupazione, e azzarda un pronostico. La preoccupazione è che il sopraggiungere delle elezioni renderà impossibile la convergenza bipartisan sulle nuove regole da scrivere. E il pronostico è che sia in fondo proprio Silvio Berlusconi, a preferire così.
    “Berlusconi ha seguito una linea diversa da quella del ministro dell’Economia. Una Sarbanes-Oxley italiana, che tornasse a indurire le pene e rendesse più penetranti controlli e garanzie, al premier è estranea per natura e vocazione. Per questo ha bloccato ogni ipotesi di decreto legge. Oggi, adottando in prima persona toni aspri da campagna elettorale, mira evidentemente a impedire ogni possibilità che in Parlamento di qui ad aprile possa maturare quella convergenza tra maggioranza e opposizione senza della quale nuove regole non si scrivono”.

    Le simpatie uliviste di molti banchieri
    Franco Debenedetti, senatore ds ma libero battitore, può permettersi qualche libertà di analisi in più.
    “Bersani e Letta hanno ragione. Ma se la sinistra tace su Mediobanca e non è interessata a riaprire la partita pro Maranghi ci sono anche ragioni che sarebbe sciocco negare. La prima è che in quel filone erede degli amici del Mondo e più attento alle regole del mercato, Mediobanca non era più da tempo la gloriosa trincea opposta alle indebite intromissioni della politica. Era la sintesi di tutto ciò che nel capitalismo italiano restava di antimoderno, il salotto buono, i patti di sindacato e le grandi famiglie. La seconda ragione è che alla sinistra non piacque per nulla, esploso il contrasto con le banche sue azioniste, l’arrocco che piazzetta Cuccia tentò sull’asse Mediolanum-Generali. Ennio Doris è socio di Berlusconi, non è che la cosa potesse piacere. E c’è poi una terza ragione, ancora più penetrante. In fondo, quella decisiva”. Sarebbe? “Non mettiamo la testa sotto la sabbia. Alcuni dei banchieri che hanno avuto un ruolo di primo piano nell’attacco a Mediobanca non nascondono le proprie simpatie per l’Ulivo. Altri, penso a Roma, hanno una storia e una parabola propria, ma alla sinistra conviene tenere buoni rapporti. L’attacco a Mediobanca può benissimo essere avvenuto secondo le circostanze rivelate da Maranghi. Ma quel che conta è che la Mediobanca di Cuccia da tempo non era più quella di prima. Il suo potere si era diffuso in tutte le maggiori banche italiane. Tanto è vero che gli industriali italiani negli anni Novanta sono entrati nei consigli d’amministrazione di tutte le banche che poi alla fine fecero lega contro Maranghi”.
    Ed è stato Fazio, il regista di questo nuovo potere? “
    A giudicare dai sì e dai no decisivi che ha pronunciato negli anni è diventato Fazio il nuovo Cuccia. Con la differenza che il governatore di Bankitalia gode di prerogative assai più vaste, rispetto a Cuccia. Perciò se ora anche questo capitolo si chiuderà e si andrà verso un sistema meno opaco, sarà per effetto di regole nuove, non per un processo su Mediobanca”.

    sempre su il Foglio di mercoledì 18 febbraio

    saluti

  3. #3
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    L'altra sera in tv era presente un tizio, di gran peso (in tutti i sensi) in rappresentanza.....del mondo bancario italiano (Unicredit....ma anche....Mediobanca). Tutti si sono dimenticati di dire che tal signore è anche il presidente ULIVISTA della Provincia di Alessandria. Un dettaglio privo di importanza.....per l'informazione "pluralista"....invocata dal signor Fassino, che si interessa di altre ...."confusioni di ruoli" e di altri "conflitti" veri o presunti di interessi.


    Non a caso tal personaggio (di peso) si trovava sempre totalmente d'accordo con le affermazioni del signor Bersani. Ma guarda un po'....a volte le coincidenze della vita........


    Saluti liberali

  4. #4
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    Predefinito

    La Malfa chi?

    Quello delle mazzette Enimont? Ah!
    Certo che ve li sapete scegliere bene, i "testimonial"...

  5. #5
    brescianofobo
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    Predefinito

    La Malfa è il solito sfascista.


    Corriere della Sera (29 marzo, 1992)
    Sezione: varie - Rilevanza: 2%
    DC e PSI: industriali sfascisti


    Corriere della Sera (30 marzo, 1992)
    Sezione: varie - Rilevanza: 1%
    Lucchini: ci attaccano perche' sentono una frana sotto i piedi
    (4052 bytes)
    Macaluso Antonio


    Corriere della Sera (30 marzo, 1992)
    Sezione: politica interna - Rilevanza: 4%
    Forlani: sfascisti anche MSI, PDS e la Malfa
    (4816 bytes)

    Corriere della Sera (31 marzo, 1992)
    Sezione: varie - Rilevanza: 1%
    Craxi: c' e' un brutto vento di destra (11523 bytes)
    Franchi Paolo, Gentili Guido

    Corriere della Sera (1 aprile, 1992)
    Sezione: elezioni - Rilevanza: 1%
    La Malfa: i Quattro litigano come i capponi di Renzo (4120 bytes)
    Fuccaro Lorenzo

    Corriere della Sera (6 aprile, 1992)
    Sezione: elezioni - Rilevanza: 1%
    il repubblicano aspetta il verdetto sul lago Maggiore (5308 bytes)
    Merlo Francesco

    Corriere della Sera (7 aprile, 1992)
    Sezione: linguaggio. elezioni - Rilevanza: 1%
    vince una sola parola: e' stato un " terremoto "

    Corriere della Sera (27 settembre, 1992)
    Sezione: economia - Rilevanza: 1%
    l' Italia svalutata del 12% e l' ottimismo di Berlusconi (6074 bytes)
    Turani Giuseppe

  6. #6
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    Predefinito

    [QUOTE]In origine postato da Pieffebi
    [B]L'altra sera in tv era presente un tizio, di gran peso (in tutti i sensi) in rappresentanza.....del mondo bancario italiano (Unicredit....ma anche....Mediobanca). Tutti si sono dimenticati di dire che tal signore è anche il presidente ULIVISTA della Provincia di Alessandria.

    sen.PFB,
    non mi dica che si tratta del sig.Palenzona o Balanzone!
    Rassicurante come tutte le balle della sinistra che salteranno per aria non appena salterà la pentola a pressione dove stanno chiusi i Bond di Telecom e Benetton naturalmente alfieri del capitalismo progressista di sinistra.
    Preghino che la cosa non emerga prima delle Europee.

  7. #7
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    Predefinito Ricostruzione della lotta per il controllo..

    ...del pianeta Cuccia. I morti e i feriti

    La “maledizione di Mediobanca” incombe sul capitalismo italiano. Chissà se Enrico Cuccia negli ultimi anni della sua vita aveva
    mantenuto la lucidità di analisi e la capacità di antivedere i fenomeni – caratteristiche che lo avevano reso straordinario –
    per capire quello che sarebbe successo dopo la sua morte.
    Certo, già allora erano stati molti i segnali – dalla condanna per falso in bilancio di Cesare Romiti nell’aprile del 1997 con la conseguente uscita dalla Fiat un anno dopo e la rottura di Agnelli con lo stesso Cuccia, alla doppia opa della primavera 1999 su
    Comit e Banca di Roma (respinta dalla Banca d’Italia, col plauso di chi oggi la biasima) – di movimenti che miravano a minare il potere di Mediobanca e dei suoi alfieri, per poi conquistarla. Mosse di neo-potenti e di ex-potenti frustrati che hanno angustiato l’anziano banchiere, dandogli la sensazione che il vecchio ordine che regnava nell’establishment italiano stava andando in frantumi. Dalla Banca d’Italia, in quei frangenti, erano arrivati tre messaggi. Primo: non c’erano più le condizioni di mercato perché Mediobanca potesse mantenere il ruolo assunto nel suo primo mezzo secolo di vita. Tentare di mantenerlo a dispetto della realtà sarebbe stato un grave errore. Tradotto: d’ora in avanti devono essere i soci a comandare, e non Mediobanca sui soci. Secondo: non per questo, era il caso di considerare Mediobanca terreno di caccia, tanto più se attaccarla significava far divampare una guerra finanziaria che avrebbe fatto solo morti e feriti.
    Terzo: dunque, niente atti ostili, ma rinnovamento di uomini e di prassi sì.

    Cuccia fece in tempo a godere dei benefici (il no alle opa sulle
    banche socie) di quella posizione voluta da Antonio Fazio, ma non a pagarne i prezzi. Tuttavia, il fatto che il suo delfino Vincenzo
    Maranghi accettò di buon grado – sulla tomba del suo mentore, e non in senso metaforico – il suggerimento del governatore di procedere lungo la linea del “rinnovamento nella continuità”, dovrebbe far presumere che tra i lasciti morali del fondatore
    di Mediobanca al suo successore c’era anche quello di un (per lui non facile) “apriamoci al mercato”.
    Che doveva significare: l’amministratore delegato (Maranghi rimane, il presidente (Cingano) cambia.
    Tradendo quel patto cui pure aveva aderito, Maranghi iniziò – stiamo parlando della seconda parte del 2000 – una guerra per il
    mantenimento assoluto dello status quo, in nome di un’autoreferenzialità che nel passato aveva avuto una sua ragion d’essere, ma che nell’era della globalizzazione era improponibile. Tutto quello che accade dopo, a cominciare dall’ipotesi Libonati evocata in questi giorni, va inquadrato in questo contesto di conflitto tra (ex) poteri forti.
    Come sempre accade, le squadre si sono rimescolate più volte, ma la guerra – durata fino all’uscita di Maranghi l’anno scorso – ha
    sempre mantenuto il medesimo copione: il tentativo di far sopravvivere la vecchia Mediobanca, quella il cui padrone vero è il capo (Cuccia allora, Maranghi poi) e non i soci.
    I quali, peraltro, dovevano essere selezionati secondo il criterio del debito (diretto o indiretto, materiale o morale) nei confronti
    dell’istituto e del suo leader, strumento sicuro per assicurarsi la loro fedeltà.
    Una guerra per combattere la quale Maranghi non ha avuto remore né sul terreno delle alleanze né su quello dei fronti da
    aprire, fosse pure mettere in pericolo il controllo (nazionale) delle Generali.

    Il conflitto si inasprisce
    Ora, è del tutto evidente che in questa guerra chi stava sulla sponda opposta non si sia limitato a usare la fionda.
    Stupirsene, è ridicolo. Suvvia, un establishment industriale e finanziario si è dilaniato per cinque anni e c’è qualcuno che, a giochi terminati, si straccia le vesti scoprendo che le armi erano vere e qualcuno s’è fatto male.
    Se poi questo avviene perché il perdente tenta di riaprire la partita o di vendicarsi – è il caso delle lettere di Maranghi mandate
    nei giorni scorsi a Fazio e ai presidenti di Senato e Camera – allora è strano che non si arrivi all’unica conclusione che la vicenda
    merita: la guerra non è finita, ed è opportuno leggere quanto sta accadendo in Italia come l’escalation di un conflitto che sta diventando nucleare.
    La “maledizione di Mediobanca” continua.

    Enrico Cisnetto su il Foglio di venerdì 20 febbraio

    saluti

  8. #8
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    Predefinito Re: Ricostruzione della lotta per il controllo..

    In origine postato da mustang
    ...del pianeta Cuccia. I morti e i feriti

    Enrico Cisnetto su il Foglio di venerdì 20 febbraio

    saluti


    Cisnetto


  9. #9
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    In origine postato da MrBojangles
    La Malfa chi?

    Quello delle mazzette Enimont? Ah!
    Certo che ve li sapete scegliere bene, i "testimonial"...
    mazzette a la malfa.?
    lei è un cretino, bojangles
    pensi ai miliarducci che tanzi ha graziosamente al suo prodi nel 96' e si sciacqui la bocca quando parla dei repubblicani, amico di greganti.

  10. #10
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