Dal sito del corriere della sera:
CRONACHE
Presentato come modo di tutelarsi dall’accanimento terapeutico
Testamento biologico, pronte le regole
La rinuncia alle cure dovrà essere certificata da un medico.
Il testo di mediazione al voto dei saggi
ROMA - Su un semplice foglio di carta potremo scrivere: «Se farmaci e interventi chirurgici non fossero più efficaci non curatemi più. Preferisco morire». Il medico, forte dell’autonomia che gli deriva dalla professione, non sarà obbligato a eseguire. Ma dovrà giustificare la sua scelta, specie se discordante da quella del malato. Nasce una nuova figura, sul modello anglosassone. Un fiduciario, che ci rappresenterà quando non saremo più in grado di badare a noi stessi. La proposta sulle direttive anticipate (chiamate anche testamento biologico o living will con qualche sfumatura di significato) viene esaminata e votata domani dal Comitato nazionale di bioetica, il Cnb. Prende forma, per la prima volta, con regole ben definite, il diritto di ogni paziente, a non essere più curato se le terapie, mediche e chirurgiche, sono inutili e servono soltanto a prolungare una vita senza qualità. Un modo di tutelarsi dall’accanimento terapeutico. L’eutanasia non c’entra.
Il documento è stato elaborato dal presidente dei 54 saggi, Francesco D’Agostino, che spera di aver trovato il sofferto compromesso tra laici e cattolici: «Credo che questa soluzione abbia le caratteristiche per accontentare gli strenui difensori della vita perché non contiene nessun sottofondo eutanasico. Può inoltre andar bene anche a chi avrebbe preferito che le direttive avessero un carattere vincolante per il medico». È arrivato il momento della verità. Si va per alzata di mano. Se la bozza passa verrà inviata anche al Parlamento come base di partenza per la legge. A chiedere al Cnb un parere era stato il ministro della Salute, Girolamo Sirchia.
REGOLE - Il testamento deve essere redatto «in forma scritta e mai orale, da soggetti maggiorenni, competenti, informati, autonomi e non sottoposti ad alcuna pressione». Inoltre durante l’elaborazione è necessaria «l’assistenza di un medico che lo controfirmi, in maniera non generica», affinché non sorgano equivoci. Il Comitato raccomanda al legislatore che le direttive non siano ingabbiate in moduli e prestampati e che venga «garantita la massima personalizzazione della volontà dell’individuo». Il testamento ha una scadenza, indicata dal paziente che quindi si impegna ad aggiornarlo. Altrimenti perderà valore. Il punto più dibattuto riguarda il carattere non vincolante delle volontà. Il medico conserva la propria autonomia professionale ma è «obbligato a prenderle in considerazione» e «a spiegare formalmente le ragioni della sua decisione, in particolare nel caso in cui le contraddica». I laici hanno accettato questo passaggio a malincuore, avrebbero auspicato la massima libertà per il paziente. Non vengono presi in considerazione l’idratazione e l’alimentazione artificiale, trattamenti considerati «non medici», che non potranno essere sospesi. Le direttive quindi non sono applicabili ai casi di coma vegetativo persistente.
LOBBY - Fra i più refrattari alla mediazione alcuni esponenti cattolici, tra cui il senatore Adriano Bompiani. Perplessità dalla lobby medica, timorosa di perdere la propria autonomia decisionale. Osserva Gianfranco Iadecola, magistrato di Cassazione: «Bisogna precisare meglio in che misura il medico può discostarsi dalle direttive. Inoltre mi sembra prematuro regolamentarle quando ancora mancano leggi sul consenso informato del paziente». La bioeticista dell’Università di Siena, Cinzia Caporale, è di diverso avviso e lancia una sorta di incoraggiamento ai colleghi: «Ritengo molto importante che il Cnb arrivi a una posizione comune, sarebbe improprio se agisse come una somma di singoli individui. Ognuno deve compiere uno sforzo, collaborare. Il lavoro di D’Agostino è apprezzabile».
Margherita De Bac
mdebac@corriere.it
27 novembre 2003
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CRONACHE
Intesa nel comitato di bioetica
Testamento biologico, sì di laici e cattolici
I pazienti decideranno se rinunciare alle cure in caso di malattia inguaribile, il medico potrà opporsi
ROMA - Il testamento biologico in Italia non è più un tabù. Le due parole che, messe insieme, facevano venire i brividi a una larghissima parte del mondo scientifico, medico e filosofico, potrebbero trovare nel giro di pochi mesi il loro posto in una legge del Parlamento. La base per arrivare a un risultato che si temeva impraticabile è costituita da un documento che verrà discusso il prossimo mese dal Comitato Nazionale di Bioetica (il Cnb). Nel testo, concepito proprio con l’obiettivo di raggiungere l’unanimità, si raccomanda alle Camere di licenziare una legge sul living will , inteso come diritto del cittadino a formalizzare le proprie volontà sul termine della propria vita e sulle terapie da applicare in caso di malattia incurabile e di incapacità a esprimersi in quel momento. Uno strumento ben distinto dall’eutanasia. Il presidente del Comitato, Francesco D’Agostino, filosofo del diritto, indica una soluzione che ha trovato il consenso di laici e cattolici. I desideri messi nero su bianco dal paziente devono essere tenuti in considerazione dal medico il quale non ha un obbligo assoluto di rispettarli. In questo caso però il sanitario deve giustificare con un atto formale perché ha disatteso quelle richieste. E’ previsto un curatore di interessi, persona che interviene se dovessero sorgere difficoltà di interpretazione delle direttive anticipate. Il testo per un mese sarà a disposizione dei membri del Comitato per una riflessione, poi il parere definitivo.
MEDIAZIONE - La proposta costituisce una mediazione nel senso migliore del termine e fa perno sul senso di responsabilità dei 50 saggi che stavano lavorando da un anno e mezzo su un’ipotesi di accordo, senza risultati concreti. Prima dell’estate sembrava che non ci fosse possibilità di dialogo e che fosse in pericolo addirittura il futuro del gruppo. A questo punto D’Agostino si è messo in gioco in prima persona facendo perno sulla propria esperienza, tessendo una formulazione condivisa, dove cattolici e laici hanno rispettivamente accettato qualcosa di sgradito: i primi la prospettiva di una legge, i secondi il carattere non vincolante del living will, boccone molto più amaro del precedente.
«La vedo come una mediazione possibile - commenta Demetrio Neri, laico -. E’ necessario offrire una normativa di sostegno al medico che non può gestire da solo il termine della vita. Il timore era che fosse relegato al ruolo di esecutore, invece la sua autonomia resta intatta». Da parte cattolica si ammette che è un valido tentativo di trovare una via d’uscita: «C’è qualche perplessità, ma non sostanziale». L’Italia non poteva più temporeggiare. Spagna e Danimarca hanno già legiferato sul living will e la Convenzione di Oviedo, dove questo strumento è delineato, è troppo generica per fungere da testo di riferimento.
SIRCHIA - A coinvolgere direttamente il Cnb con la richiesta di un parere era stato a fine novembre 2002 il ministro della Salute, Girolamo Sirchia, ostile a ogni forma di eutanasia ma favorevole a un testamento biologico all’americana: il «do not resuscitate». Il dibattito sulle direttive anticipate è tornato sempre più spesso d’attualità negli ultimi mesi, segnale che i tempi sono maturi per una scelta. Prima dell’estate il presidente della Consulta di bioetica Valerio Pocar (non governativa, organismo ben distinto dal Comitato) aveva lanciato un manifesto a favore della libertà di cura e contro l’accanimento terapeutico firmato da sindaci, premi Nobel, filosofi, scienziati e politici di ogni sponda. Se andasse in porto, quella sul living will sarebbe la seconda grande legge italiana di contenuto bioetico dopo l’aborto. La prossima settimana il Senato comincerà a discutere di fecondazione artificiale, ma il cammino del provvedimento potrebbe essere più lungo del previsto.
SCHEDA - Il testamento biologico prevede una scheda dove il cittadino indica le proprie volontà sui trattamenti terapeutici che vorrà o non vorrà ricevere il giorno in cui non fosse più in stato di coscienza e le sue condizioni apparissero irreversibili. Qualcosa di ben diverso dall’eutanasia. Potrà chiedere di non essere rianimato, che vengano sospese cure inefficaci sul piano della guarigione, capaci solo di posticipare l’appuntamento con la morte. Chiederà di non diventare oggetto di accanimento terapeutico, pratica rigettata dal Codice deontologico dei medici ma dove è facile indugiare, in virtù delle tecniche rianimatorie offerte dalla medicina ipertecnologica.
Margherita De Bac
21 settembre 2003