RECENSIONE AL LIBRO DELL’ASSOCIAZIONE “AMICI DEI CARISMATICI CATTOLICI” di Guido Landolina


La venuta di Gesù è imminente!
Che dire della affermazione del titolo di questo libro?
E’ mai possibile che ‘Gesù Risorto ’ stia per tornare?
Di fronte ad una cultura ‘illuminista’ che ancora pervade dopo due secoli la nostra società fin nel profondo tanto da respirarla senza più sentirne la presenza e gli effetti, di fronte ad una cultura che in nome del culto della ‘Ragione’ settecentesca ha messo in discussione tutto ciò che non si poteva ‘capire’, a cominciare dalla religione ‘oscurantista’ che riduceva gli uomini a poveri ‘succubi’ dei preti (diceva Voltaire), di fronte alla teologia protestante – anche di grande prestigio intellettuale e scientifico – nata da queste radici e che, sempre in nome della Ragione, ha voluto ‘demitizzare’ i vangeli (considerati appunto alla stregua di racconti mitici) negandone la veridicità storica e riducendoli al prodotto di una fabulazione delle prime comunità cristiane dove il ‘miracolo’, come ad esempio quello della Risurrezione, diventava una cosa assolutamente impossibile da credere, come si può – di fronte a tutto ciò - pretendere di credere ad un altro ‘miracolo’ dove quello stesso Gesù risorto stia ora per tornare?
Ecco la scommessa degli autori di questo libro, membri dell’Associazione Amici dei Carismatici Cattolici”, i quali - valorizzando l’esperienza di alcune delle più importanti testimonianze del profetismo moderno ed una revisione critica di certe interpretazioni bibliche non sufficientemente approfondite - vogliono farci riflettere e, argomentando, concludere che quel Gesù risorto sta davvero per tornare.
Profetismo e teologia, dove testi biblici non compresi appieno, vengono però agevolmente spiegati alla luce di una serie di rivelazioni profetiche che negli ultimi cinquant’anni hanno assunto una frequenza impressionante, quasi un rullar di tamburi che prepari l’avvento di un fatto straordinario quale è quel ritorno di Gesù di cui parlano gli stessi Atti degli Apostoli quando, mentre Gesù ascende al Cielo e avvolto da una nube viene nascosto agli sguardi degli astanti, due ‘uomini vestiti di bianco’ si presentano loro dicendo: ‘Uomini di Galilea, perché state guardando verso il cielo? Quel Gesù che vi è stato sottratto verrà nello stesso modo con cui l’avete veduto salire al cielo’. (At 1, 9-11)
Ma non è stato spiegato a noi ‘laici’ - che del catechismo di Santa Romana Chiesa abbiamo solo quel vago lontano ricordo giovanile di quando fare la ‘prima’ comunione era ancora un ‘evento’ – che la venuta del Signore ci sarà, ma solo alla fine del mondo, quale giudice, per la ‘resa dei conti’ che dividerà alla sua destra e alla sua sinistra pecore e capri, vale a dire santi e reprobi?
E se Gesù sta per tornare vuol dire che la si pensa magari come certi ‘millenaristi’ che predicano che la fine del mondo sia imminente?
Niente di tutto questo, si tranquillizzi il lettore che ha aperto queste pagine, perché la venuta di Gesù di cui si parla qui non è ancora quella finale ma è una venuta ‘intermedia’, una venuta in un certo senso impropria di cui noi ‘moderni’ non avevamo più conoscenza ma che ora si sta riscoprendo come certe scritte di quei capolavori scultorei dissotterrati e vecchi di millenni che – ripulite dalle incrostazioni e tornate leggibili - aprono al nostro occhio intellettuale squarci di vita vissuta che mai avremmo sospettato.
Grazie alle numerose rivelazioni profetiche di cui si è detto, alcuni studiosi hanno infatti ripreso in esame i testi biblici in lingua originale, ne hanno rimosso la patina delle frettolose interpretazioni che li aveva ricoperti, li hanno sottoposti ad un nuovo esame critico e sono arrivati a delle conclusioni diverse dovendo però ora combattere contro la vischiosità delle idee distorte consolidate e contro i luoghi comuni.
La storia millenaria della Chiesa ha vissuto cambiamenti di pensiero e ribaltamenti di idee.
E’ stato ad esempio il caso della teoria di Copernico sulla rotazione della terra intorno al sole, e non viceversa, teoria poi dimostratasi esatta e che ha buttato all’aria il sistema tolemaico nel quale la Chiesa di allora poneva una fede rocciosa.
Succede ancora continuamente nella scienza dove ogni tanto una nuova scoperta demolisce teorie che si credevano ‘scientifiche’ e quindi indistruttibili ma che alla prova dei fatti successivi non si sono rivelate esser tali.
Il problema della venuta ‘intermedia’ non è problema di ‘dogma’, come taluni sembrano talvolta credere, e quindi il sostenerla - peraltro con argomentazioni teologiche che appaiono ineccepibili perchè basate sulla interpretazione letterale (l’unica che non si presti alle deformazioni delle interpretazioni allegoriche) dei testi biblici - non può autorizzare nessuno a gridare ‘all’eretico!’.
La storia della Chiesa ci insegna come talvolta sono stati necessari secoli e secoli di dibattiti e controversie per arrivare a stabilire una determinata verità dogmatica.
Il dogma della ‘Immacolata Concezione’ di Maria, e cioè il suo esser stata concepita senza la ‘macchia’ della colpa d’origine, ha impiegato diciotto secoli a farsi strada, con periodi di incertezza e persino di rifiuto.
Personaggi illustri e al di sopra di ogni sospetto come San Bernardo di Chiaravalle e San Tomaso d’Aquino, dichiarati ‘Dottori della Chiesa’, furono anzi di parere contrario e influenzarono grandemente la Chiesa.
All’epoca si pensava ad esempio che una Concezione Immacolata di Maria potesse – come ha scritto Padre E. Zoffoli nel suo bel Dizionario del Cristianesimo – offuscare la gloria di una Redenzione che Cristo ha operato per tutti, compresa sua madre, sfuggendo a loro la possibilità di un’azione redentrice che, trascendendo e comprendendo tutti i tempi, avrebbe preservato Maria dal contagio della colpa originale, per cui anch’essa sarebbe stata redenta, risultando anzi la prima fra tutti i redenti.
Il tempo, e soprattutto la dichiarazione del ‘dogma’ dell’Immacolata Concezione nel 1854, dogma e pertanto – per il cattolico almeno - verità di fede, avrebbe dimostrato che entrambi i due santi dottori della Chiesa alla cui sapienza teologica tutti si inchinavano non furono del tutto infallibili.
Ma questi due personaggi, se furono concordi nella loro valutazione (erronea) sull’Immacolata Concezione, concordi non furono nella valutazione della cosiddetta…venuta ‘intermedia’ di Gesù.
Il concetto di ‘venuta intermedia’ proiettata nel futuro si evince in maniera chiarissima dal testo dell’Apocalisse, la rivelazione profetica per eccellenza del Nuovo Testamento.
Sant’Agostino – nel cercare di interpretare la venuta intermedia dell’Apocalisse (Ap 19,11 / 20,4), alla quale sarebbe seguito un millennio di pace – fece decorrere tale millennio dalla resurrezione di Gesù ‘retrodatando’ di fatto tale venuta intermedia al passato, e cioè alla Resurrezione.
Ma che l’Apocalisse – scritta da San Giovanni apostolo nel 100 circa dopo Cristo – riguardi non il passato quanto invece il presente e il futuro rispetto a quell’anno 100, è Gesù stesso, il Verbo, che lo dice (Ap 1, 1-2 / Ap 1,19 / Ap 22, 6-7).
L’Apocalisse è poi il testo che parla del futuro della Chiesa, ricorrendo ad immagini simboliche prese anche dall’Antico Testamento, facendo così pensare ad alcuni studiosi che essa alludesse ad eventi precedenti riguardanti la storia di Israele.
Ma il ricorso ad immagini dell’Antico Testamento viene anche fatto non solo per fare capire meglio concetti già noti ma anche perchè talune sono profezie ‘ripetitive’, destinate cioè a riverificarsi nuovamente quando si determinino nella storia futura circostanze analoghe a quelle che le determinarono in quella passata.
Come fa ad esempio Gesù il quale, parlando ai discepoli sul Monte degli ulivi (Mt 24, 3-35), utilizza la famosa profezia escatologica delle ‘settanta settimane’ di Daniele (Dn 9, 24-27) - profezia riguardante a detta dei critici la prima venuta di Gesù, e cioè quella dell’Incarnazione del Verbo - per indicare invece i tempi di una propria successiva venuta, venuta che tuttavia viene oggi comunemente interpretata dagli esegeti come ‘finale’.
Ma che non sia la venuta finale ce lo fa comprendere l’interpretazione letterale del Vangelo che ce la descrive come una venuta diversa, con un mondo che continua a vivere…
Una venuta ‘intermedia’ quindi, fra la prima dell’Incarnazione e quella finale.
Di quella finale Gesù parlerà invece in un successivo capitolo di Matteo (Mt 25) presentandola però in un contesto ambientale diverso, e cioè con un mondo che cessa chiaramente di esistere per dar luogo al giudizio universale.
Ma perché questa Venuta di cui parla anche Matteo (e che viene quindi chiamata ‘intermedia’ per distinguerla dalla prima venuta della Redenzione e da quella finale del giudizio universale) non viene riconosciuta come tale?
Leggendo l’Apocalisse con un minimo di attenzione, anche un profano può constatarne la ‘struttura’ storica e capire che la venuta gloriosa di Gesù di cui si parla in Ap 19, 11-16 è cosa ben diversa da quella finale collegata al Giudizio universale di cui si parla successivamente in Ap 20, 11-15.
Fra la prima e la venuta finale si vede intercorrere un lunghissimo arco di tempo, simbolicamente definito di ‘mille anni’ (Ap 20, 1-7).
E’ un numero che viene ripetuto ben sei volte proprio come se San Giovanni – con la mente e lo spirito proiettati nella profondità del tempo futuro - avesse voluto far capire agli esegeti odierni che fra quella venuta ‘intermedia’ del Verbo sul famoso cavallo bianco alla guida del suo esercito di Angeli biancovestiti su altri cavalli bianchi e l’altra sua venuta successiva per la definitiva sconfitta di Satana e la fine del mondo sarebbe intercorso appunto un enorme periodo di tempo, e che quindi non ci sarebbe stato da confondersi.
Da questi brani dell’Apocalisse e da quelli precedenti si comprende che Dio – dopo che i ‘santi’ in terra, oppressi dai malvagi che trionfano nonostante la Redenzione, implorano un aiuto dal Signore per stabilire la Giustizia, insomma un Regno di Dio in terra - decide di esaudire le loro richieste.
Egli dà ordine ai suoi angeli di non trattenere più il Nemico perché quell’Umanità peccatrice ed empia che ancor oggi dichiara che ‘dio è morto’ non merita più nessuna protezione.
L’Umanità dovrà a questo punto soffrire, perché la sofferenza sarà punizione e Giustizia per i cattivi ed espiazione e salvezza per quelli che, ancor relativamente buoni, finirebbero per corrompersi del tutto e perdersi spiritualmente per l’eternità.
E nel momento culminante della battaglia spirituale, che in Cielo è fra Angeli e Demoni ma in terra è fra uomini (che sono aiutati dagli angeli ma sobillati dai demoni), ecco che – come già detto sopra - nella visione di San Giovanni gli appare su di un cavallo bianco il Verbo-Gesù, maestoso nella sua gloria e con due occhi come di fiamma, che sconfigge i ‘servi’ di Satana in terra, e cioè la Bestia e il Falso Profeta i quali saranno gettati in uno ‘stagno di fuoco’.
Dopo questa sconfitta Satana (Ap 20, 1-6) viene ‘incatenato’ da un angelo disceso dal Cielo (difficile non pensare all’Arcangelo Michele) , e relegato all’inferno per i ‘mille anni’ di cui si è già detto.
Gli uomini in sostanza, finalmente liberi dalle seduzioni del Maligno, potranno realizzare grazie al Gesù-vittorioso, il Regno di Dio in terra, a sua volta figura del successivo regno di Dio in Cielo.
In quest’era di pace gli uomini dovranno evidentemente cimentarsi solo contro gli impulsi del proprio ‘io’ dimostrando al Signore quello che essi sanno fare con la buona volontà quando non intervengono le tentazioni del Maligno.
Ma il periodo di captività di quest’ultimo (e cioè i cosiddetti mille anni) finirà (Ap 20, 7-10) e Satana ricomincerà nuovamente a sedurre uomini e potenti della terra rideterminando le condizioni di un ulteriore scontro in cui i ‘cattivi’ ridurranno un’altra volta a mal partito i ‘buoni’.
Sarà allora che Dio dichiarerà chiusa l’avventura della razza umana, caccerà una volta per sempre il Demonio nello ‘stagno di fuoco e di zolfo’, simbolo a mio avviso dell’Inferno, nel quale già da molto tempo (e cioè dalla precedente sconfitta in occasione della ‘venuta intermedia’) lo stavano attendendo la Bestia e il Falso Profeta..
E sarà quello il momento del giudizio universale e della risurrezione dei morti con i loro corpi per essere - i morti nello spirito - assegnati ad un destino di eterna dannazione e i ‘vivi’ (con il loro corpo glorificato come quello di Gesù dopo la risurrezione) ad uno di salvezza eterna.
Ora se alcune immagini simboliche delle visioni di San Giovanni sono non facilmente interpretabili e aprono così la via al tentativo, spesso opinabile, delle interpretazioni allegoriche più disparate, non vi è alcun dubbio invece sul significato e sulla concatenazione ‘storica’ degli avvenimenti, così come sopra li abbiamo illustrati, arricchendoli naturalmente con qualche parola nostra per renderli più comprensibili al profano.
Il primo criterio di interpretazione dell’Apocalisse deve essere innanzitutto quello letterale e solo in subordine quello allegorico che, in quanto tale, ha infatti il difetto di consentire di sostenere talvolta tutto e il contrario di tutto.
Ma allora, come mai l‘Apocalisse, e con essa il tema della ‘seconda venuta intermedia’ viene interpretata in maniera allegorica?
Dicono gli autori di questo libro, ma con loro anche altri, che - ‘a monte’ – la colpa fu di Origene, il noto pensatore cristiano poi dichiarato eretico per certe sue teorie filosofiche che riguardavano tra l’altro proprio l’escatologia, cioè il futuro della ‘Chiesa’.
Origene – per far ‘quadrare’ l’Apocalisse con queste sue strane teorie – ne sostenne una interpretazione allegorica spinta, finendo (anch’egli ‘opinion leader’ dei suoi tempi come tanti altri nostri vati moderni) per influenzare culturalmente San Gerolamo e Sant’Agostino non nei suoi discorsi eretici ma relativamente all’introduzione appunto del criterio ‘allegorico’ di interpretazione.
Ma ‘a valle’, la colpa fu invece di Sant’Agostino!
Santo, è vero, ma non infallibile come infallibili non furono San Bernardo e San Tomaso d’Aquino sulla questione della ‘Immacolata Concezione’.
I cristiani e i principali Padri della Chiesa dei primi secoli (padri, ‘santi’, e non ‘eretici’) avevano una fede ferma in questa venuta ‘intermedia’.
Ma gli anni e anzi i secoli passavano e Sant’Agostino - vedendo che le promesse di Gesù con quel suo ‘Sì, vengo presto!’ tardavano a realizzarsi (forse non pensando Agostino al fatto che il ‘presto’ di Dio fuori dal tempo è diverso dal ‘presto’ di noi che nel tempo viviamo e che misuriamo tutto a dimensione umana) - ritenne che forse l’errore era stato di aver interpretato l’Apocalisse ‘letteralmente’.
Se ad esempio fosse stata interpretata ‘allegoricamente’, forse quella venuta gloriosa sul cavallo bianco avrebbe potuto essere riferita alla venuta di Gesù risorto dalla morte con quel suo splendido corpo glorificato di cui parlano anche i Vangeli. Quindi ecco che il ‘ritardo’ di Gesù – che tante ironie faceva affiorare sulla bocca dei miscredenti – avrebbe trovato una sua spiegazione. Non era vero che tardava, semplicemente era già arrivato: il giorno della Risurrezione!
Ecco, interpretando il tutto allegoricamente, i conti – come quelli di Origene - sarebbero tornati e sarebbe anzi stata la quadratura del cerchio.
Quello di far quadrare i conti non fu solo un ‘peccatuccio’ di Origene e di Sant’Agostino (peccatuccio, quest’ultimo, veniale perché egli forzò la ‘lettera’ del testo di Ap 20 4, ma lo fece in buona fede e a fin di bene).
Ricordo infatti ancora oggi sorridendo un ‘peccatuccio’ analogo di un mio vecchio amico di gioventù.
Era un cassiere, meticoloso ma con tantissimo lavoro, e ogni sera doveva rimanere al lavoro un’ora in più per trovare la quadratura (entrate ed uscite) di tutte le voci di Cassa.
Una sera, non riusciva a venirne proprio a capo, il tempo stringeva, l’ufficio si stava ormai svuotando dei colleghi che salutavano e se ne andavano a casa a mettersi in pantofole, e lui non riusciva a venire a capo dei suoi conti, gli ‘cresceva’ la somma di un assegno che gli era stato versato, finchè – dopo un attimo di riflessione con quell’assegno in mano che lui guardava però come se fosse un nemico – lo fece…a pezzettini, infilati poi accuratamente in fondo al cestino delle cartacce.
Lo vidi tirare un sospiro di sollievo, perché eliminando quell’assegno a favore della sua azienda, la Cassa di quel giorno finalmente ‘quadrava’ e i suoi conti tornavano, ma io pensai con raccapriccio a quel che avrebbe mai fatto il suo Principale se lo avesse visto trattare i propri soldi in quella maniera.
Ecco, io mi dico che Sant’Agostino deve aver fatto senza rendersene ben conto un qualcosa come quel mio amico cassiere: per far quadrare i conti di un Gesù che diceva che sarebbe tornato presto ma che secondo il metro umano tardava a venire, ha fatto sparire non un assegno ma una ‘venuta’, quella intermedia, ma solo quella, perché la prima venuta non si poteva negare e l’ultima ci serve per…sperare.
A dir la verità Agostino era consapevole di non essere un grande esperto di quella che si chiama scienza ‘apocalittica’ ed ‘escatologica’, ma egli godeva di una grande considerazione e gli altri – che in materia ne sapevano molto meno di lui – finirono per accodarsi acriticamente.
D’altra parte è quello che succede oggi con quasi tutti gli opinion-leaders filosofici e …politici dove la gente sottoscrive acriticamente le loro ‘stravaganze’ facendo un atto di fiducia, anzi di fede, con conseguenze che poi stanno sotto gli occhi di tutti.
E così, qualche secolo dopo Sant’Agostino, fece anche San Tomaso perché, se certe cose – e cioè che quella venuta intermedia fosse da far coincidere con la Risurrezione – le aveva dette uno come Sant’Agostino…, beh…, poteva ben farle proprie anche lui.
E così pure fecero la maggior parte dei teologi successivi che – seguaci della dottrina e della filosofia tomistica, cioè di San Tomaso – conclusero che se certe cose le aveva dette San Tomaso d’Aquino – a meno di non voler essere come quell’altro San Tomaso del Vangelo – le avrebbero potute credere anche loro.
Così via, infine, fino ai teologi dei giorni nostri, ai quali però ora i ‘profeti’ moderni dicono che invece è ‘tutto da rifare’.
Ma se si adeguarono tutti all’idea di Sant’Agostino, di quella idea non fu invece San Bernardo di Chiaravalle.
Egli è stato considerato il massimo genio del XII° secolo, consigliere di sacerdoti, vescovi, re e papi. Ebbe anche notevole influenza sulla politica di quei tempi e, cosa che ai quei tempi non guastava, fu anche un mistico.
Raccontano le cronache che ‘…lo Spirito Santo parlava per mezzo suo e operava miracoli senza numero…’.
Ebbene, San Bernardo di Chiaravalle era talmente convinto della venuta intermedia di Gesù da predicarla addirittura con sicurezza persino sotto le navate delle chiese.
Vi sembra impossibile? Bernardo di Chiaravalle, il genio, il mistico, lui…, praticamente un ‘quasi eretico’?
Eppure è proprio aprendo un Breviario capitatomi sottomano (Liturgia delle Ore, I° volume,Tempo di Avvento – Editrice poliglotta vaticana, 1975) che - nel Mercoledì della 1^ settimana di Avvento - ho potuto leggere uno stralcio tratto dai suoi ‘Discorsi’ (Disc. 5 sull’Avvento, 1-3; Opera omnia, Ed. Cisterc. 4, 1966, 188-190) dove egli parla di tre ‘venute’ e in particolare di quella intermedia, precisando fra l’altro ‘…nella prima venuta dunque egli venne nella debolezza della carne, in questa intermedia viene nella potenza dello Spirito, nell’ultima verrà nella maestà della gloria…’.
Cosa possiamo concludere?
I nostri autori di questo interessante libro non si preoccupino dunque delle opinioni trancianti, che forse non mancheranno, di certi critici ‘ortodossi’.
Forse costoro lo destineranno alle fiamme di qualche infernale girone dantesco, fra gli ‘eretici’, ma si consoli – il professore - sapendo di essere là in buona, numerosa e ‘santa’ compagnia, con San Bernardo di Chiaravalle e i primi Padri della Chiesa, appunto.



Guido Landolina

Maggiori indicazioni del libro vi verranno date dal sito www.gambedit.com