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Discussione: "Il sangue dei vinti"

  1. #31
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    Predefinito Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: PANSA

    In origine postato da Otto Rahn
    Evidentemente non sai cosa sia il senso dell' onore e la fedeltà ad un ideale.
    Evidentemento so che erano delle poveracce che lo fecero per mangiare tutti i giorni e semplicemente obbedendo all'autorità ivi costituita

  2. #32
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    Predefinito Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: PANSA

    In origine postato da Ferruccio
    Contesto quanto dici su Pisano'.Pisano' attreverso' le linee nel 44 per opera di informazione e sabotaggio.Fu catturato dagli inglesi ma riusci' a salvare la ghirba.

    Borghese e' stato grande sul piano militare.La Xa MAS penso sia
    stata il massimo che l'esercito italiano abbia mai avuto sul mare e su terra.

    Dopo in politica il principe Borghese fu un disatro.Dire ingenuo e dir poco.Fini' in una trappola.
    Guarda che io intendevo che non rischiava la vita come missino nell'italia "democratica" quando scriveva i suoi libri "rischiando la vita"
    il fatto che panza dica oggi le stesse cose, vuol dire che panza è diventato fascista o che pisanò era "comunista"
    il fatto poi che salvò la ghirba mi conferma nei miei sospetti....

    in una trappola ci siamo noi italiani, non il principe borghese.

  3. #33
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    Predefinito Re: Re: Re: PANSA

    In origine postato da Pasquin0
    mi piacerebbe proprio sapere chi hanno ammazzato con tutti questi fascisti in giro per l'italia....
    Chi hanno ammazzato?
    Non mi interessava fare una triviale polemichetta, ma fare presente un libro bello e intenso, scritto per di più con magnifico piglio. Tutto il resto è fuffa.

    PS Forse ignori che "io, fascista" non è un saggio storico, ma una narrazione autobiografica, dove protagonisti non sono cifre e astruse interpretazioni ideologiche, ma uomini (con tanto di nomi cognomi reali...) e vicende appassionanti.

  4. #34
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    Predefinito Re: Re: Re: Re: PANZA

    In origine postato da Senatore
    Chi hanno ammazzato?

    PS Forse ignori che "io, fascista" non è un saggio storico, ma una narrazione autobiografica, dove protagonisti non sono cifre e astruse interpretazioni ideologiche, ma uomini (con tanto di nomi cognomi reali...) e vicende appassionanti.
    bè, è inutile ke mi leggo il fascista pisanò quando poi le stesse cose me le scrive il comunista panza.....

  5. #35
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    Predefinito Re: Re: Re: Re: Re: PANZA

    In origine postato da Pasquin0
    bè, è inutile ke mi leggo il fascista pisanò quando poi le stesse cose me le scrive il comunista panza.....
    Uff, incorreggibile. Facciamo finta che sia d'accordo con te: sono tutti fascisti.
    Però ci sono fascisti che parlano di cose che hanno vissuto e altri che scrivono robe raccogliticce e per sentito dire.
    Pasquino, dietro l'ideologia c'è tutto un mondo da scoprire!

  6. #36
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    Predefinito Pansa: polemiche sul mio libro? Ne sono felice

    E' un ingenuo ma non troppo, Giampaolo Pansa. È un ingenuo quando guarda il mondo con gli occhi curiosi di un bambino che scopre pian piano, con stupore, quel che accade o è accaduto. Peraltro l'ha detto a chiare lettere quando ha dato a uno dei suoi best seller storici proprio il titolo di Romanzo di un ingenuo . Però non è poi così ingenuo da non sapere a cosa sarebbe andato incontro ripercorrendo quello che è uno dei momenti più rimossi della storia italiana: il periodo immediatamente successivo al 25 aprile del 1945, il post-Liberazione, le vendette partigiane sui fascisti a quel punto sconfitti. Non poteva non immaginare che Il sangue dei vinti (uscito ieri per la Sperling & Kupfer) avrebbe scatenato accuse e polemiche, con la sua messa a nudo di una verità cancellata dagli antifascisti, volontariamente dimenticata. La verità su alcune (quasi un migliaio) delle ventimila vittime della resa dei conti, delle soppressioni senza processo, delle torture, delle botte e delle cattiverie subite da tanti in odor di fascismo o di sostegno al regime.
    Polemiche che immancabilmente sono arrivate, ancor prima dell'uscita del libro. Se le aspettava, vero?
    «Lo sapevo, certo che lo sapevo. E dico subito che delle polemiche sono felice. Anzi uno dei sentimenti da cui sono partito per la stesura del romanzo è stato proprio quello di dare per scontate queste critiche. Certo non pensavo che i miei detrattori sarebbero arrivati a tanto. Manca solo che mi accusino di aver rubato il Duomo di Milano per regalarlo a Berlusconi, e poi m'hanno detto di tutto».
    Vergognoso, intempestivo, revisionista: cosa risponde a questi attacchi?
    «Rispondo che sono accuse pazzesche che vengono da una sinistra vecchia, quella vecchissima sinistra che mette alla berlina chi non è in linea con uno strano codice, assurdo e incomprensibile. Ma rispondo anche con un vecchio detto: "la vendetta è un piatto che si gusta freddo"».
    Cosa intende dire?
    «Che per ora li lascio parlare, poi racconterò, a bocce ferme, di questo e di quello. Come Aldo "Iso" Aniasi, già sindaco socialista di Milano che io conosco come le mie tasche e che mi ha dato addirittura del "falsario". Quell'accusa gli verrà ricacciata in gola a tempo debito».
    Ma il Pansa che conosciamo, giornalista e storico antifascista e di sinistra, non è nuovo a prese di posizione controcorrente. Basta ricordare gli attacchi che subì dagli intellettuali comunisti e dai colleghi «rossi» all'epoca delle BR quando non si accodò al coro di chi riconduceva strategie e uomini del terrorismo alla destra o a complotti dei sevizi segreti…
    «Certo che sono abituato ad andare controcorrente. Il mio Bestiario (la rubrica che tiene su L'espresso , rivista di cui condirettore) mantiene i suoi numerosi lettori proprio perché ogni volta sorprende. Nulla è scontato per me. Ricordo che ai tempi di Marco Barbone hanno tentato di farmi la pelle. Non ci sono riusciti, però».
    Certo non voleva solo stupire scrivendo un libro come questo.
    «La sorpresa non è il mio obiettivo finale, ovvio. Questo romanzo è la prosecuzione dell'ultimo che ho scritto e che pure mi ha portato una sfilza di critiche. I figli dell'Aquila cercava di raccontare senza pregiudizi chi scelse la Repubblica di Salò. Da mezzo secolo, dai tempi della tesi di laurea mi occupo di questo periodo storico, della seconda guerra mondiale. Mi dovevo fermare? Mi potevo fermare? Perché, mi sono chiesto, altri Paesi d'Europa come la Francia e la Spagna descrivono senza tabù anche gli eventi più bui, come quelli successivi al franchismo, e noi invece continuiamo a nascondere?».
    Con che stato d'animo si è messo a raccontare queste atrocità?
    «Il mio primo sentimento era legato alla volontà di non sbagliare. Il 1945 e il 1946 sono un terreno franoso, difficilissimo. Anche per uno come me che appena arriva in una città entra in libreria e si fa dare tutti i testi di storia del periodo in quella zona. Certo posso aver commesso qualche errore, d'altronde ho raccontato decine, centinaia di omicidi, se non arrivo a mille poco ci manca. Ecco lo stato d'animo di partenza è stato quello di mettere insieme un buon lavoro, come di solito noi piemontesi riteniamo di poter fare».
    Un racconto il più possibile corretto dunque, ma non le può bastare.
    «Ho anche voluto evitare di costruire una horror story , ho omesso volontariamente quei particolari che potessero suscitare interessi morbosi».
    Eppure il suo libro è definito drammatico e terribile.
    «Perché i fatti che racconta sono terribili. La sequenza dei fatti ti prende alla gola: sono eventi tragici accaduti a Schio, a Padova, in Romagna, a Cuneo, a Torino, in Liguria, in Emilia, in Lombardia. Una sequenza ininterrotta di storie violente: uccisioni, sevizie, stupri, brutalità estrema. Un insieme di storie che insieme fanno la storia».
    C'è anche una parte bergamasca, dove racconta dei 43 giovani repubblichini uccisi il 28 aprile del '45 a Rovetta.
    «Sono poche righe, ma ci sono alcune pagine che ripercorrono una serie di passaggi in terra bergamasca, pagine in gran parte attinte da uno studio completo della casa editrice "Settimo sigillo" di Roma».
    Polemiche a parte, pensa che il suo racconto verità sarà utile, ai giovani in particolare?
    «Se i più giovani avranno voglia di leggerlo si potranno rendere conto di una cosa che nemmeno io ho capito ma che mi è stata sottolineata da un amico, un Verde, e cioè che questo il mio libro più pacifista in assoluto. Strano, perché io mi ritengo un guerriero riluttante , ma giustamente mi hanno fatto notare che Il sangue dei vinti , è la dimostrazione chiara non solo delle atrocità portate dalla guerra, ma anche degli orrori del dopoguerra. Più pacifista di così…».

    Rosella del Castello
    L'Eco di BErgamo
    15/10/03

  7. #37
    Orazio Coclite
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    Predefinito

    Ragassuoli cavi, io credo sia perfettamente inutile lasciarsi trascinare nelle polemicucce da due soldi che questo tizio pianta di volta in volta, scrivendo una bestialità dietro l'altra. Lasciamolo pure a cuocere nel suo brodo a base di fascisti 'furbi' e fascisti 'stupidi' che si scannano a fine guerra, tanto credo sia totalmente inutile discutere con chi scrive tali assurdità.

    Sfrutto invece la citazione di Senatore riguardo al libro di Pisanò per riportarne alcuni stralci che ho trascritto da 'Io fascista'.

    Eccoli:

    “Ma io mi fermavo ogni cinquanta metri e puntavo il binocolo verso la montagna. Ero affascinato. Finalmente li vedevo. Lontani, ma li vedevo. Per tutto il periodo della guerra civile non li avevo mai incontrati, tranne quei due, feriti, nell’ospedale di Grosio, pochi giorni prima. Ma quelli erano bloccati in un letto e mi erano sembrati solo due poveri ragazzi spauriti. Raccontarlo oggi che, a sentire le loro storie e a vedere i loro film, si potrebbe giustamente ritenere che i partigiani noi li avessimo dappertutto, anche sotto il letto, può sembrare assurdo. Eppure avevo girato il territorio della RSI in lungo e in largo, di giorno e di notte, ero stato al fronte, avevo superato le linee attraverso zone partigiane, avevo anche partecipato a rastrellamenti, ma i partigiani non li avevo proprio mai visti.”
    [Giorgio Pisanò, Io, fascista, pag. 65]

    “Prendemmo i gagliardetti del fascio di Ponte Valtellina e quello della 3a Legione. Ci ponemmo tutti attorno. Ricordo il maggiore Vanna, il colonnello Fattori stretto alla moglie che singhiozzava disperata, ricordo Parmeggiani, pallido in un angolo. E Ramoino, Giombetti, Paganella, Canova, Cazzola. Sono tutti morti, per ordine di quelli che avevano sottoscritto solennemente i patti di resa. Li rivedo ancora, in mezzo a noi. Bruciammo le insegne. Poi, con quanto fiato ci restava intonammo Giovinezza e l’inno dei battaglioni M. Era l’ultima volta, ormai ne eravamo consapevoli, che ci trovavamo insieme con le nostre armi in pugno.”
    [Giorgio Pisanò, Io, fascista, pag. 69]

    “Quella fu la marcia della disperazione. Da Ponte Valtellina a Sondrio sono nove chilometri. Li misurai tutti, metro per metro, piangendo, pensando agli amici morti, a tutti i nostri sogni crollati.
    Novemila metri tra una folla urlante, che inveiva, ci sputava addosso, ci aggrediva a ogni passo. Noi eravamo i delinquenti, noi gli assassini, noi i traditori, noi che indossavamo ancora il grigioverde e avevamo sempre avuto per bandiera un tricolore, quel tricolore che non vedevo più perché attorno a me c’erano solo bandiere inglesi, americane, e bandiere rosse, un uragano di bandiere rosse.
    Novemila metri. Ogni metro un insulto. Ogni metro una valanga di botte. Toccarono a tutti. Io, per quanto possa sembrare incredibile, riuscii invece a schivarle. Per un motivo molto semplice. Mi ero accorto che gli occhi di tutti quei forsennati si posavano sempre sul pistolone da carabiniere che mi ero sistemato alla cintura. Dopo qualche centinaio di metri, allora, aprii la custodia dell’arma e proseguii tenendo la mano destra sul calcio. Da quel momento nessuno osò più venirmi addosso.
    Novemila metri. Ricordo, tra il polverone sollevato dalla colonna, la penna bianca del maggiore Vanna che camminava in testa. E attorno a lui le ausiliarie, che si erano tolte le giacche grigioverdi e marciavano spavalde in camicia nera tra gli insulti. Ricordo un prete grande e grosso, con un fazzoletto rosso attorno al collo che, piantato a gambe larghe in mezzo alla strada, agitava un mitra e inveiva contro di noi.”
    [Giorgio Pisanò, Io, fascista, pag. 71]

    “Nel pomeriggio ero nuovamente a Roma. Feci incetta di giornali, manifesti e proclami. Passeggiai per il centro osservando e annotando mentalmente episodi, situazioni e clima. Ne riportai un’impressione terribile. Quello che mi colpì soprattutto fu lo spettacolo di miseria, di servilismo. Le nostre ragazze sottobraccio ai negri mi fecero davvero una pessima impressione. Mi augurai di riguadagnare al più presto le linee. Al calare della sera mi incamminai sulla Cassia, deciso a non perdere una sola ora e a raggiungere le nostre truppe nel più breve tempo possibile.”
    [Giorgio Pisanò, Io, fascista, pag. 110]

    “Mi guardavo attorno e provavo un profondo senso di smarrimento, di disagio, di panico. Le strade piene di gente che sentivo ostile, i partigiani ancora agghindati a festa, le camionette nemiche, mi facevano paura. Non era il mio mondo quello, non era più la mia patria. Il mio mondo, la mia patria erano la galera, e il mio posto era là, accanto ai miei camerati. Quello che vedevo non mi apparteneva, e io lo respingevo con tutte le forze.”
    [Giorgio Pisanò, Io, fascista, pag. 123]

    “Mi ritrovai in una cella [...] I muri erano ricoperti di simboli e di iscrizioni. Ne ricordo una: “Quando nel mondo la canaglia impera, la patria degli onesti è la galera.”
    [Giorgio Pisanò, Io, fascista, pag. 165]

  8. #38
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    In origine postato da Orazio Coclite
    Ragassuoli cavi, io credo sia perfettamente inutile lasciarsi trascinare nelle polemicucce da due soldi che questo tizio pianta di volta in volta, scrivendo una bestialità dietro l'altra. Lasciamolo pure a cuocere nel suo brodo a base di fascisti 'furbi' e fascisti 'stupidi' che si scannano a fine guerra, tanto credo sia totalmente inutile discutere con chi scrive tali assurdità.
    certo è bello vivere in un mondo di fantasia come fai tu,popolato di fascisti buoni e di comunisti cattivi che violentano le bionde donne tedesche...

  9. #39
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    Predefinito

    In origine postato da Re Travicello
    gli ascari traditori della propria gente e della propria terra
    perché traditori? chi tradivano di preciso?

  10. #40
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    Predefinito Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: PANSA

    In origine postato da Pasquin0
    Guarda che io intendevo che non rischiava la vita come missino nell'italia "democratica" quando scriveva i suoi libri "rischiando la vita"
    il fatto che panza dica oggi le stesse cose, vuol dire che panza è diventato fascista o che pisanò era "comunista" :confused:
    il fatto poi che salvò la ghirba mi conferma nei miei sospetti....

    in una trappola ci siamo noi italiani, non il principe borghese.
    Evidentemente non ricordi di quando a Milano e per ben due volte
    bruciarono per ben due voolte gli uffici di redazione, magazzino etc.verso il 1976 a Milano.Dovei vedere a che cosa era ridotta
    la sede del Candido in via De Santis.

    Io andai a vecdere le scempio .Mi fu dato in omeggio l'ultimo numero di Candido e me lo misi piegato nella tasca delle giacca.
    La segretaria di Pisano' mi consiglio' di non farmi vedere li' in giro
    con il Candido in tasca.Era veramente pericoloso.Intorno
    a me i resti del roigo della Redazion e delle atrerzzature del Candido.

    Questo per precisare quale era la situazione di Pisano' e del Candido nella Milano di allora.La vita Pisano' la rischiava e come!

    Del restoi pensiamo a De Agazionoi il direttore del MERDIANO D'ITALIA fatto fuori venti anni prima a Milano.


    Un saluti

 

 
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