EUTANASIA, L'ALTRA SCELTA
«HO UNA MALATTIA TERRIBILE MA VIVRO' FINO ALL'ULTIMO»

Marco Imarisio con Ruggiero Corcella, "Corriere della Sera" del 1' Ottobre

MONZA (Milano) - Laura si alzava presto la mattina. Sorseggiava il primo di
una lunga serie di caffè stando in piedi nella sua cucina, «nel silenzio e
nel buio della casa». beveva lentamente, «per non farlo finire», e poi era
pronta. Svegliava i suoi bambini, salutava suo marito Franco, usciva per
andare a scuola: «Adoravo quei bimbi, forse troppo per essere la loro
maestra». Poi tornava da scuola, e viveva la sua vita, con un gruppo di
amici così unito da abitare nello stesso condominio, un bel palazzo ai bordi
di Monza. Parlando con loro della sua passione per l'Africa, cantando nel
coro della parrocchia di San Biagio. Una notte di cinque anni fa Laura fece
un sogno strano. «Vidi, osservandola dall'alto, la testa di una persona che
non mi fu difficile riconoscere: ero io». Ricorda che prese quel cranio, lo
scoperchiò e ci guardò dentro. Vide qualcosa che non andava nel suo
cervello: «Mi sembrò di notare un movimento nella massa bianca...». Enormi
pidocchi candidi, con tante orrende zampette, che in quella massa bianca si
muovevano e si mimetizzavano. «Oggi, ripensandoci, ne sono certa: fu allora
che "lei" entrò nella mia vita». Con un brutto sogno, come un brutto sogno:
«E' arrivata senza fare rumore, senza farsi riconoscere, per rubare
indisturbata. Poi, senza preavviso, si è tolta la maschera, maledetta
bastarda. Ha aspettato il momento migliore per farci più male, il momento
più felice per una famiglia: l'attesa di un nuovo bambino». E' arrivato, il
bambino, e poi, devastante, è arrivata anche "lei".
La ringrazia anche, "la bastarda": «Mi costa molto doverlo ammettere, ma
devo dire grazie proprio a "lei", per aver scrollato la vita con tanta
violenza da far cadere tutto ciò che non conta, perché adesso io posso
vedere con chiarezza quello per cui vale la pena di investire: gli affetti,
le persone». La maestra elementare Laura Tangorra, quarant'anni, che una
volta si alzava presto la mattina, adesso non si alza più. Adesso non può
più muovere le mani con le quali faceva i bellissimi disegni che ornano il
suo piccolo libro dal quale sono tratte quelle frasi che Laura non può più
pronunciare. Perché "lei" si chiama sclerosi laterale amiotrofica (Sla), ed
è veramente «una bastarda». Laura sa perfettamente come l'ha ridotta: «Devo
ammettere che era veramente in gamba: mi stava conciando per le feste». Suo
marito la chiama "bradipo", niente male - scrive Laura - per una donna che
era soprannominata "schizzo" per la sua rapidità. Racconta delle sue
mani («Due inutili pezzi di corpo, imploravo le mie dita di muoversi, ma era
come se non mi appartenessero più»), osserva stupita la disinvoltura con cui
gli altri muovono le labbra per parlare.
Eppure questa donna coniuga i verbi al futuro. Fa capire che non vuole
dargliela vinta. L'ha scritto quando ancora poteva farlo in un libro bello e
semplice, che si chiama "Solo una parentesi". L'ha pubblicato la Oropuro,
che è la casa editrice fondata da don Maurizio Rolla, il prete della
parrocchia dove Laura andava a cantare. Sono centosei pagine piene di luce,
l'amore per i figli e per il marito, lo stupore per le notti passate in
Africa, per le piccole emozioni. E sopra ogni cosa, il rapporto con "lei". I
soldi ricavati dalla vendita serviranno a finanziare una casa di accoglienza
per orfani in Kenya. Dice don Maurizio: «Non ha vissuto la sua malattia
come una persecuzione, ma addirittura l'ha usata come uno strumento
per fare del bene».
Nella casa di Laura non si piange. Arrivano le voci dei ragazzi, che giocano
e ridono. Dice Franco, che da un anno ha ottenuto il part time dalla banca
dove lavora per starle più vicino: «L'ultima cosa nella testa di mia moglie
è l'eutanasia. E' convinta di guarire, e anch'io la penso così. Perché una
speranza in fondo al cuore ci deve essere, sempre. Noi abbiamo la speranza
ma anche la convinzione». Sarà la forza della fede. «Aiuta, ma non credo
sia quello. Io e Laura siamo cattolici, ma ci consideriamo moderni,
non abbiamo una visione confessionale della chiesa». Non è neppure
incoscienza. «Sappiamo perfettamente cosa ci è capitato e cosa ci
aspetta. Ma pensiamo che sia nello spirito dell'animo umano pensare che una
via d'uscita ci possa essere, sempre».
Laura ha presentato il suo libro agli amici con una paginetta scritta al
computer. Parole semplici: «Questa pagine raccontano una vita normale, una
storia come tante, che l'incontro con la malattia fa risplendere di una luce
nuova, di nuovi riflessi. Quando la propria vita scivola tra le mani, niente
di ciò che abbiamo sembra scontato ed ogni cosa acquista più valore. E'
strano. Qualche volta la luce si spegne all'improvviso e ci si accorge che
gli occhi vedono più di prima». Poi Laura scrive ancora: «Mi piacerebbe
poter lasciare un alone di emozioni positive a chi mi leggerà... in realtà
sono felice».