Vita
Salvo D'Acquisto nacque il 15 ottobre del 1920 a Napoli, nel quartiere del Vomero. Suo padre, Salvatore, era nativo di Palermo e reduce della prima guerra mondiale. La madre, Ines Marignetti, era napoletana. Salvo fu il primo di cinque figli. A lui seguirono Franca, Erminia, Rosario, Alessandro. In casa dei D'Acquisto c'era anche la nonna materna, Erminia, una donna severa ma buona d'animo. Ogni sera, alle otto precise, nonna Erminia recitava il rosario insieme agli inquilini del palazzo, e tutti i D'Acquisto si univano in preghiera. La recita della preghiera mariana per eccellenza non veniva interrotta neppure durante i bombardamenti, che a Napoli furono numerosissimi.
Salvo frequenta parte delle elementari e delle ginnasiali dai Salesiani all'Istituto Sacro Cuore. I professori lo definiscono riservato, prudente e di poche parole, i compagni lo ricordano altruista, caritatevole e difensore dei più deboli. A scuola, con loro, c'era un ragazzo handicappato che purtroppo veniva isolato e burlato. Salvo era capace di prendere le sue difese anche ricorrendo alle maniere forti. Un altro aspetto del suo carattere è che non sopportava i sotterfugi e le bugie, ma amava la verità.
Nel 1934, Salvo ha 14 anni, è un ragazzo di bell'aspetto, alto e slanciato, capelli neri e occhi azzurri. In quest'anno prende la decisione di proseguire gli studi da solo. Ha una bella voce baritonale e frequenta per qualche tempo il Conservatorio San Pietro a Maiella. Continua ad impegnarsi da privatista in vista del conseguimento della licenza liceale.
Al compimento del diciottesimo anno, nel 1939, si arruola nell'Arma dei Carabinieri. Rispondendo ad una lettera inviatale dal Generale dei Carabinieri, Filippo Caruso, il primo biografo di Salvo, la madre del giovane così risponde: «II mio Salvo amava la Patria e l'Arma come la sua famiglia e questo amore diffondeva fra i suoi colleghi e con quanti aveva contatti».
Arruolandosi nell'Arma, Salvo seguiva una lunga tradizione di famiglia, con il nonno materno, due zii materni ed uno zio paterno che erano già nella Benemerita. Per lui, l'arruolamento realizzava il suo ideale del "dovere come missione" a difesa dei più deboli e dei più umili, il suo desiderio di operare per la giustizia, un sentimento questo che, unito alla sua innata bontà, lo guiderà anche nel momento del sacrificio supremo. Di fronte alla ferocia e alla disumanità dei soldati tedeschi, che condanna ad una fine barbara ventidue ostaggi innocenti, il giovane Carabiniere avverte che viene offesa la più elementare giustizia.
Salvo viene assegnato alla Legione Allievi Carabinieri di Roma. Il 15 gennaio 1940 diventa Carabiniere. Il 26 novembre sbarca a Napoli come Volontario. Dopo due anni di guerra, il 13 settembre del 1942 rientra in Patria per frequentare la Scuola Allievi Sottufficiali di Firenze. Promosso Vicebrigadiere, il 22 dicembre raggiunge la caserma di Torrimpietra.
I commilitoni, che lo conobbero, e vissero accanto a lui, lo hanno visto così: «Era giovane di modi accoglienti, educatissimo, d'indole mite, portato per natura alla contemplazione e raccoglimento appassionato per lo studio, sobrio nei gesti e nelle parole, altruista. L'occhio limpido, sereno, aperto e franco il volto, soffuso ancora di un candore infantile, in contrasto con l'austerità della divisa».
L 'Arma ebbe un ruolo decisivo nella formazione del carattere di Salvo D'Acquisto. Racconta il generale Caruso: «Gli anni trascorsi nelle Caserme, tra le file gloriose di un'Arma che vanta nel passato luminose figure di eroi, non potevano non influire beneficamente sul suo carattere integrando i primi sentimenti di adorazione verso Dio, di riverenza per la Patria, di amore per il prossimo, impressi nell'animo del fanciullo per merito della madre, con le doti tradizionali del Carabiniere: l'amor di Patria, il coraggio, lo spirito di sacrificio, il senso del dovere».
Durante la vita militare, salvo si tiene in frequente contatto con i suoi mediante una fitta corrispondenza. In una delle prime lettere inviate ai familiari, egli assicura di «aver preso questa nuova vita con santa rassegnazione e mi auguro che sia così per tutta la durata del Corso Allievi Carabinieri».
Un momento fondamentale per la sua vita è costituito dalla visita alla Città del Vaticano ed al Museo Storico dei Carabinieri. Visita, che, per usare le parole di Salvo, «ha lasciato in me una profonda impressione».
Città del Vaticano, ossia Basilica di S. Pietro e Museo Storico dell'Arma: i due grandi ideali della sua vita, le due fonti di ispirazione della vita di Salvo D'Acquisto, l'ideale cristiano e l'ideale del servizio militare, destinati poi a saldarsi ed a fondersi in un unico grande ideale di amore per i fratelli, di dedizione alla Patria e di fedeltà all'Arma.
Per qualche mese Salvo presta servizio a Roma Sallustiana presso gli uffici del Sottosegretario per le Fabbricazioni di Guerra. Ed è proprio in questi uffici che ascolta alla radio, nel pomeriggio del 10 giugno, l'annuncio dell'entrata in guerra dell'Italia e comincia, da quel momento, a maturare nel suo animo la decisione di partire volontario per impegnarsi in un servizio più rischioso e più esigente, fuori dal confini della Patria; decisione che si realizza il 15 novembre 1940, quando Salvo si imbarca a Napoli sulla nave passeggeri, militarizzata per l'occasione, e diretta in Tripolitania. Egli avverte, così facendo, di rispondere ad una chiamata ideale della Patria in un momento in cui tanti giovani della sua stessa età aspettavano con paura e tremore l'arrivo della "cartolina-precetto" per il fronte.
Dopo un mezzo naufragio della nave, il Carabiniere D'Acquisto sbarca a Tripoli il 23 novembre con la 60 Sezione Carabinieri per l'Aeronautica che viene destinata al seguito delle Grandi Unità operanti con funzioni di polizia militare. La Sezione di Salvo, appena sbarcata, viene subito inviata in zona di operazioni. E anche qui Salvo non ha difficoltà ad ambientarsi, aiutato dal suo entusiasmo nel servire la Patria, e con la ferma determinazione di rendersi utile ai suoi commilitoni e ai superiori anche all'interno di una esperienza dura e terribile come la guerra.
Salvo è un ragazzo riflessivo, di poche parole. I colleghi, giovani militari come lui, gli vogliono bene per il suo carattere disponibile, cordiale, per la sua capacità di condividere gioie e dolori, per il suo spirito di solidarietà, una parola, meglio, una virtù civile che aveva imparato da bambino quando mamma Ines lo portava a passeggio nei parchi e nei giardini napoletani e lui osservava e poi registrava nella memoria con curiosità ed ammirazione insieme, il comportamento delle formiche che si aiutavano a vicenda andando in aiuto di quelle che portavano pesi maggiori.
Nei rari momenti liberi, Salvo studiava sui testi dei libri che si faceva mandare a casa oppure scriveva ai suoi. «Salvo, dai, smettila di scrivere, cantaci piuttosto qualche canzone napoletana»: gli dicevano i compagni soprattutto nei momenti di tristezza e di noia, e Salvo, pur di accontentarli, non si faceva certo ripetere la richiesta e cominciava a cantare appassionatamente, come solo lui sapeva fare, dispiegando tutte le potenzialità della sua robusta voce baritonale. E venivano fuori canzoni famose. "Santa Lucia lontana", "O sole mio", ecc. , ma anche "La leggenda del Piave" e tanti altri canti patriottico-militari. Ogni volta che Salvo si metteva a cantare, accompagnato dai compagni, si creava subito una atmosfera di intensa commozione e si faceva più pungente e lacerante in tutti il ricordo dei cari lontani.
Verso la fine del febbraio del 1941, Salvo è ferito ad una gamba. Dal fitto carteggio con i genitori si scopre che egli, pur essendo figlio del suo tempo, con la facile retorica dell'epoca. Non solo non nutre odio verso i nemici ma anzi auspica che, in futuro, «i rapporti internazionali possano essere dominati e guidati da spirito di collaborazione tra i popoli e dalla giustizia sociale». Ma a parte questi nobili sentimenti, Salvo è e si sente un ragazzo, un giovane come tutti gli altri. Dalle richieste di libri e di generi alimentari che inoltra frequentemente alla famiglia, esce rafforzata questa immagine di ragazzo normale con le esigenze comuni a tutti.
Dalla corrispondenza con la sua madrina di guerra, egli si rivela persona di profondi sentimenti anche affettivi, come ogni giovane della sua età, ma con una limpidezza e purezza di intenti che confermano la sua rettitudine e la sua solida formazione cristiana. Proprio nelle lettere a questa Madrina e negli incontri che sono seguiti, Salvo manifesta la sua particolare devozione alla Madonna di Pompei che egli nella sua famiglia ha imparato ad invocare e che non cessa mai di pregare.
A lui si ricorre per un consiglio, un incoraggiamento, per vincere la depressione, per sentirsi dire una parola buona, per ricevere serenità e speranza. Salvo è un punto di riferimento non solo per i commilitoni ma anche per i familiari. Infatti anche dal fronte continua a seguire da vicino le vicende di casa sua dando consigli alle sorelle e richiamando all'ordine il fratello Rosario. Dalla Scuola Allievi Sottufficiali di Firenze, appresa la notizia della morte, per un male inesorabile, di un suo zio materno, conforta la mamma con queste parole: «Bisogna rassegnarsi ai voleri di Dio a prezzo di qualsiasi dolore e di qualsiasi sacrificio». La rassegnazione al voleri divini è un suo principio-guida.
Superati brillantemente gli esami alla Scuola di Firenze viene promosso Vicebrigadiere ed assegnato alla Stazione di Torrimpietra, una cittadina distante una trentina di chilometri da Roma. Qui Salvo vive gli ultimi nove mesi della sua breve esistenza con lo stesso impegno, con la stessa dedizione e con lo stesso attaccamento al dovere. Qui gli giungono, come ovattati, gli echi delle tragiche vicende che vive la Patria, la caduta del regime, l'8 settembre, cioè l'armistizio, e poi lo sfacelo quasi generale. Qui egli conosce una giovane che va a trovare in famiglia e comincia a pensare di formarsi egli stesso una sua famiglia, ma poi la tragica sua fine non glielo consentirà.
E' di questo periodo un episodio che ci fa meglio capire quale fosse il senso del dovere secondo Salvo D'Acquisto. Egli un giorno si reca a Roma a far visita ad un parente in Via dei Serpenti. Questi lo supplica di fermarsi a casa sua in attesa che la situazione si calmi, ma Salvo, deciso gli risponde: «Il mio posto è a Torrimpietra» e, senza indugio, se ne torna alla sua Stazione della quale, in assenza del Maresciallo Comandante, ha assunto il comando.
Ed è proprio nella veste di Comandante che egli si presenta ai suoi carnefici che vogliono da lui conoscere il nome del colpevole di un presunto attentato nel corso del quale un soldato tedesco è morto ed un altro è stato gravemente ferito. Sono circa le nove di mattina di quel tragico 23 settembre 1943 alla Torre di Palidoro dove ha sede la Caserma. Qualche ora prima Salvo si era confessato e comunicato. Vista l'impossibilità di convincere i soldati tedeschi della inesistenza dell'attentato e tenuto conto della decisione presa di passare per le armi 22 ostaggi, Salvo D'Acquisto, in un breve colloquio col comandante tedesco, si dichiara lui colpevole di questo presunto attentato e, attingendo la forza suprema dal suoi ideali di cristiano e di soldato, offre senza esitazione la sua giovane vita per salvare quella dei cittadini affidati alla sua giurisdizione e quindi alla sua difesa dimostrando così nel modo più alto il suo amore per i fratelli e per la Patria.
Egli compie questo sacrificio supremo non solo per salvare gli ostaggi ma anche per un altro nobilissimo motivo, cosi esplicitato da mamma Ines, la persona che è stata sempre la più vicina al suo cuore. «Intimamente lacerato e rattristato nel vedere la sua cara Patria martoriata, nel vedere il popolo avvilito e depresso, Salvo D'Acquisto - secondo la madre - ha voluto lanciare il segnale della riscossa morale. E sappiamo che quel segnale, allora, venne raccolto».
Salvo era un ragazzo che amava Dio, la Chiesa, la famiglia e la Patria. Come Carabiniere, Salvo D'Acquisto ha amato la Patria e ci ha cosi insegnato che l'amore della Patria, nell'adempimento del proprio dovere, può arrivare fino al sacrificio della vita come egli stesso ha testimoniato meritando l'ammirazione di tutti gli italiani ed il più alto riconoscimento dello Stato, la Medaglia d'Oro. Come uomo di fede, di quella fede cristiana nella quale è stato educato nella sua famiglia, nella parrocchia del suo quartiere e, a scuola, dai Salesiani, egli ha testimoniato in modo eroico il comandamento evangelico dell'amore del prossimo, insegnando e dimostrando che per amore dei fratelli il cristiano sa dare anche la vita.
Giustamente egli merita di essere chiamato eroe della Patria, martire e santo, anche se quest'ultimo titolo richiederà del tempo perché gli venga riconosciuto solennemente dalla Chiesa. Santo in quanto la santità è la perfezione della carità, cioè dell'amore a Dio ed ai fratelli. Salvo D'Acquisto, col suo gesto eroico, che è pure gesto di carità, ha testimoniato questa perfezione dell'amore mostrando così anche la sua santità. Infatti, come leggiamo nel Vangelo, "non c'è amore più grande di chi dà la vita per i propri fratelli". E lui ha dato la vita per i 22 ostaggi. «Il suo eroico comportamento - ha detto Giovanni Paolo Il visitando la Caserma dei Carabinieri in via Legnano in Roma - è un luminoso esempio di abnegazione e di sacrificio».
Che anche nel mondo militare possa sorgere la santità, ce lo conferma, dunque, Salvo D'Acquisto, e ce lo dice con chiarezza la Costituzione Pastorale del Vaticano II "Gaudium et Spes" quando fonda la moralità della professione militare con queste parole: «Coloro che al servizio della Patria esercitano la loro professione nelle file dell'Esercito si considerino anch'essi come ministri della sicurezza e della libertà dei loro popoli e, se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono anch'essi veramente alla stabilità della pace» (n.79). Tutte queste parole si sono pienamente realizzate nella vita del Servo di Dio, che, in quanto Carabiniere e autentico cristiano, si è comportato come "ministro di sicurezza", di difesa e di libertà di quella piccola porzione di Patria che in quel momento era in Torrimpietra sotto la sua responsabilità.
I militari di ogni Arma e in particolare coloro che appartengono all'Arma dei Carabinieri possono essere orgogliosi di figure come questa di Salvo D'Acquisto, ma soprattutto possono trovare in essa sostegno morale nell'adempimento del loro dovere e dei loro ardui compiti, anche quando intorno a loro vi fosse incomprensione.
Il Carabiniere Salvo D'Acquisto, eroe della Patria si incammina ora ad essere santo della Chiesa, confermando che quando si tratta del vero bene dell'uomo la Chiesa e lo Stato camminano insieme e che il vero amore della Patria e la fede in Dio possono fortemente contribuire a far sorgere uomini, militari e civili, uomini e donne, che per il bene dei cittadini sono pronti a sacrificare, se necessario, anche la loro vita.
Ci inchiniamo oggi di fronte al Vicebrigadiere di Torrimpietra Salvo D'Acquisto come Medaglia d'Oro al Valor Militare: auspichiamo e preghiamo ora il Signore che, in un giorno non lontano, possiamo inchinarci per venerarlo sugli altari delle nostre Chiese anche come Santo.
Sintesi della commemorazione tenuta da S.E. Mons. Giovanni Marra, Arcivescovo Ordinario Militare per l'Italia, in occasione della chiusura del processo diocesano di beatificazione di Salvo D'Acquisto, a Roma il 25 novembre 1991.