E Angela Merkel diventò di destra

di Rocco Buttiglione

Liberal, 29 settembre 2009


La Germania riconferma Angela Merkel consentendole di cambiare alleanza. La maggioranza tra democristiani e liberali è solida, e consentirà alla Cancelliera di affrontare i prossimi anni - prevedibilmente non facili - applicando le ricette economiche e sociali che aveva in mente e che ha proposto agli elettori. Lei per prima infatti ha puntato con decisione non solo alla vittoria sua e del suo partito Cdu-Csu, ma aveva chiesto un mandato che le consentisse di porre fine all'esperienza della Grosse Koalition con i socialisti per sostituirli con una più consona e tradizionale alleanza con i liberali. Il sistema elettorale tedesco e la conquista di molti più seggi che in passato le consegnano una maggioranza solida e le confermano una piena fiducia della Germania. Dalle urne tedesche escono anche molteplici lezioni e alcuni moniti. Leggo ad esempio che Maurizio Gasparri parla della vittoria della Merkel come la fine del neo-centrismo. Affermazione difficile da comprendere. Provate a dire a Cdu-Csu che sono un partito di destra.O che comunque sono costretti a restare ingabbiati in un sistema bloccato. Il punto è che la Cdu-Csu in Germania non solo è il centro, ma è anche il baricentro. Non si fa cioè costringere da chi la vuole «o di qua o di là», ma è essa stessa il punto di riferimento, la realtà che detta le regole politiche. Vero che in Germania continua l'affermazione dei moderati, ma i moderati in Germania come altrove sono il centro. Alleato con chi è disposto a condividere il programma. Senza camicie di forza costruite a priori sul ricatto di un bipolarismo immaginario. Perché in Europa il mitico bipolarismo di cui si straparla in Italia in realtà praticamente non esiste. Non si può certo parlare di bipolarismo in Germania, dove il proporzionalismo è sentito come un valore talmente profondo che non solo informa il sistema elettorale,ma addirittura è alla base di un richiesta della Corte Costituzionale di modificare la legge elettorale per rafforzare la rappresentanza proporzionale. Un sistema ad almeno 5 partiti con coalizioni variabili, ben lontano da ogni bipartitismo come per l'Italia volevano Pd e Pdl.

La Cdu quindi è come il Ppe in Europa, un perno del sistema, un perno centrista e centrale fondato dai democristiani. La forza del Ppe e della Cdu-Csu è tale da far parlare impropriamente di bipolarismo. Ma è un "bipolarismo"come quello che c'era in Italia ai tempi della Dc. Se il bipolarismo è quello tedesco, quello europeo, piace anche a noi. Ma è un bipolarismo molto lontano da quello malato che c'è in Italia. In Europa una maggioranza moderata che può essere organizzata e guidata in modi diversi. La si può guidare al modo di Mussolini inquadrandola in un regime fascista, la si può guidare irretendola con approcci populisti e leaderistici, oppure la si può guidare come fece De Gasperi e come fa la Cdu in Germania, cioè dal centro, con responsabilità e lungimiranza. La vittoria della Merkel è soprattutto una vittoria di questa scelta, non certo il cedimento a una politica guidata da faziosità, estremismi, apriorismi e populismi. Oggi in Europa la Cdu della Merkel è un esempio di moderazione, di capacità di dialogo con tutta la società, di rispetto delle altre forze politiche e soprattutto delle istituzioni.

Un rapido accenno al collasso socialdemocratico. È l'ennesima sconfitta di una sinistra che non ha più un'identità, che naviga a vista tra un passato scomodo e un futuro incerto, concentrata sulle rivendicazioni laiciste di certa borghesia piuttosto che sui problemi del lavoro e degli operai. La sinistra ha perso già le elezioni europee, e ha visto eleggere il presidente della Commissione Ue Barroso senza i propri voti. Senza contare le innumerevoli sconfitte nazionali. È evidente che in Germania, ma penso anche all'Italia, la sinistra deve fare un esame di coscienza sulle sue ripetute sconfitte e sul rischio di essere cannibalizzata dalla sinistra estrema, e deve ritrovare un'identità che non può cedere la guida al populismo ma non può neanche pretendere di egemonizzare sintesi culturali fallimentari come quelle che ad esempio vedono i credenti in posizione subalterna e circoscritta.

Ma il tema che mi sta più a cuore non riguarda la celebrazione della vittoria dei miei amici della Cdu-Csu, quanto il campanello di allarme che sta suonando anche per loro. Non si può ignorare il fatto che in termini di voti anche i democratici- cristiani hanno pagato un pegno. È vero che per diversi motivi la Cdu non ha voluto una campagna elettorale troppo incisiva. Ma resta il fatto che diversi elettori non hanno rinnovato il loro consenso al partito della Merkel. Certo, c'è un attrito inevitabile che viene dall'aver governato, e peraltro in una grande coalizione. C'è poi un sistema di voto che se ha premiato la Cdu in termini di seggi l'ha probabilmente penalizzata in termini di percentuale. Ma resta il fatto che l'affluenza è stata molto bassa, i partiti minori sono cresciuti, la Cdu-Csu, pur vincendo, è calata ai minimi. Questo mostra prima di tutto una grande disaffezione nei confronti della politica (problema quindi non solo italiano). In secondo luogo un rifugiarsi dell'elettorato in partiti che non sono solo minori, ma anche più identitari e in alcuni casi soprattutto partiti di denuncia più che di soluzione (e anche qui il parallelo con l'Italia sembra evidente). Più nello specifico c'è un allontanamento dalla Cdu: questo è un problema che si è già evidenziato diffusamente nella campagna elettorale del Ppe. Anche in quel caso abbiamo vinto ma si sono manifestati i sintomi di un pericolo in vista: il populismo di destra.

Le ricerche commissionate dal Ppe spiegano in un solo modo tale rischio: i partiti popolari non difendono a sufficienza e in modo adeguato i valori che sono al loro stesso fondamento. In sintesi, tra democristiani e conservatori d'Europa c'è troppo pragmatismo e troppo poca identità cristiana. Gli elettori pretendono che si difenda prima di tutto la famiglia e la vita, nonché gli altri valori dell'educazione, della morale, della tradizione, dell'identità culturale nazionale ed europea, dell'economia sociale di mercato. Senza troppe concessioni alle mode. Ogni volta che vedono che non c'è convinzione nell'affrontare questi temi, gli elettori si intiepidiscono, si rifugiano nell'astensione, e troppe volte finiscono per essere potenziale preda di partiti populisti di destra che sbandierano in modo strumentale e demagogico questi temi, senza difenderli davvero, senza proporre soluzioni giuste e lungimiranti, ma solo alimentando le paure e evidenziando le carenze. I partiti democratici-cristiani devono invece saper rispondere loro a queste istanze ed essere convincenti nel ritrovare le proprie radici e le proprie ispirazioni, pena un costante indebolimento. In Germania una destra populista non si è ancora affermata (ma altrove certamente sì), ma persino lì ci sono segnali preoccupanti. D'altro canto siamo ottimisti: dopo le prime resistenze il Ppe ha accolto nel suo programma le mie istanze in questa direzione, e la Merkel prima del voto ha rilasciato una splendida intervista (pubblicata da Liberal) in cui ha spiegato perché nella sigla Cdu è la C di "cristiani" ad essere fondamentale.


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