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  1. #1
    Mé rèste ü bergamàsch
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    Talking Obama&Michelle a Copenaghen: Chicago fuori al primo voto per le Olimpiadi

    An Olympic snub

    Chicago Stunned As 2016 Bid Is Rejected In First Round...
    AP: "One Of The Most Shocking Defeats Ever Handed Down By The Olympic Committee"...




    Breaking News and Opinion on The Huffington Post
    Dato che questa è una Magnum 44, cioè la pistola più precisa del mondo, che con un colpo ti spappolerebbe il cranio, devi decidere se è il caso. Dì, ne vale la pena? ("Dirty" Harry Callahan)

  2. #2
    Mé rèste ü bergamàsch
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    Predefinito Rif: Obama&Michelle a Copenaghen: Chicago fuori al primo voto per le Olimpiadi

    Ahi ahi Obama perde i Giochi



    Repubblica.it - Blog - Estremo Occidente Blog Archive Ahi ahi Obama perde i Giochi

    Che umiliazione, Chicago è eliminata fin dal primo turno nelle votazioni del comitato olimpico internazionale per assegnare i Giochi del 2016. L’intervento di Barack Obama, il primo presidente degli Stati Uniti ad andare in persona per difendere la candidatura di un città americana, non è servito davvero a nulla.

    Un problema per Obama, la cui aureola magica comincia ad appannarsi. Tanto popolare nel mondo intero – si dicono i suoi concittadini – ma non altrettanto efficace nell’ottenere dagli altri paesi quello che vuole.

    E la missione fallita di Barack e Michelle a Copenaghen può ridare fiato alle polemiche sulla candidatura. A Chicago un mese fa il sindaco Daley, amico di Obama, ha dovuto chiudere tutti gli uffici pubblici per due giorni per mancanza di fondi. Perché lanciarsi nella rischiosa avventura olimpica (con un costo minimo di 500 milioni di dollari secondo lo stesso Daley) quando la città è sull’orlo della bancarotta?
    Ultima modifica di Bèrghem; 04-10-09 alle 14:49
    Dato che questa è una Magnum 44, cioè la pistola più precisa del mondo, che con un colpo ti spappolerebbe il cranio, devi decidere se è il caso. Dì, ne vale la pena? ("Dirty" Harry Callahan)

  3. #3
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    Predefinito Rif: Obama&Michelle a Copenaghen: Chicago fuori al primo voto per le Olimpiadi

    Saranno razzisti



    Saranno razzisti - [ Il Foglio.it › Camillo ]

    Anche dal mondo sportivo arriva una doccetta fredda per Obamuccio. Malgrado sia volato a Copenaghen per perorare la causa delle Olimpiadi, Chicago è stata subito eliminata al primo giro di votazioni.

    2 ottobre 2009
    Dato che questa è una Magnum 44, cioè la pistola più precisa del mondo, che con un colpo ti spappolerebbe il cranio, devi decidere se è il caso. Dì, ne vale la pena? ("Dirty" Harry Callahan)

  4. #4
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    Predefinito Rif: Obama&Michelle a Copenaghen: Chicago fuori al primo voto per le Olimpiadi

    Olimpiadi 2016: vince Rio, Obama al tappeto

    Olimpiadi 2016: vince Rio, Obama al tappeto - LASTAMPA.it

    Il metodo Obama ha avuto a Copenaghen la sua prima battuta di arresto. Il metodo è quello che ben conosciamo: «Be nice», cioè presentati, offri le tue parole, il tuo carisma, la tua fede, la tua splendida moglie, la tua vita, le tue speranze, e il mondo sarà ai tuoi piedi.

    C’è qualcosa di triste, brusco, burbero, ma profondamente reale, nello schiaffone che il Cio ha assestato al Presidente degli Stati Uniti a Copenaghen bocciando (e immediatamente, senza un batter di ciglio) la candidatura di Chicago per le Olimpiadi 2016, per poi dare il proprio voto al Brasile. È una lezione di realismo, sferrata con quei modi da spogliatoio che caratterizza tutte le competizioni del Cio, come ben sa l’Italia. I giudici di quel giro lì sono duri e puri. Nel senso che volano regali, circolano accordi, e per il resto chissenefrega: gli interessi sono tali che quasi sempre, come ripeto ben sa l'Italia, il calcolo fra messe e candele è molto difficile. Ma, proprio perché tutti sanno della durezza della competizione per le Olimpiadi, più acuta è la sorpresa per il no ad Obama, e più imbarazzante è per la Casa Bianca prenderne atto.

    Guardandosi indietro, lasciati di stucco dall’eliminazione, è chiaro che nessuno negli Usa aveva anticipato che Barack Obama, il Presidente più seducente e più amato nel mondo di tutti i recenti leaders, sarebbe stato bocciato. Meno di tutti lo avevano capito Obama e sua moglie. Non ci avrebbero certo speso il tempo e le energie che vi hanno dedicato. Ricordiamo che nulla è stato lasciato all’improvvisazione: è stato creato un apposito ufficio presso la Casa Bianca, l’Olympic Office, affidato a Valerie Jarrett, vecchia amica e confidente della coppia presidenziale; per la prima volta una First Lady ha messo la sua faccia sull’evento, e per la prima volta un Presidente Usa si è speso di persona per fare lobby per la propria patria, anzi la propria città, presso il Cio.

    È evidente che la Casa Bianca non si sarebbe tanto esposta se non fosse stata almeno ragionevolmente sicura di vincere. Più che una sorpresa, la bocciatura ha avuto infatti a Washington l’eco di una cannonata, scatenando un frenetico attivismo dell’opposizione e delle news che vi hanno subito affondato i denti. Quello di Obama appare così come il primo vero errore di ingenuità su se stesso e le proprie forze. Cosa ha calcolato male? Due elementi. Il primo è geopolitico - termine abusato che possiamo semplificare in questo modo: mai sottovalutare la volontà dei cani da cortile. Il Brasile è lì, nel cuore del continente al Sud degli Stati Uniti, e pulsa, e ha voglia, con le sue riserve energetiche, la sua densità demografica, e la sua volontà, di uscire dal Terzo Mondo, dalla lista dei sottoposti.

    L’altro errore è invece solo di Obama - un errore che attiene al suo intimo: la fiducia eccessiva nel suo stesso metodo. Quel «be nice», di cui si parlava prima. La sua certezza quasi ormai inscalfibile, cresciuta nei mesi di campagna elettorale e maturata al sole dell’ammirazione mondiale dopo l’elezione, che gli basti presentarsi alle folle per cambiare le cose. È un sistema che ha funzionato per lungo tempo. Bastava il suo sorriso, le sue bambine, un bacio a Michelle, la sua promessa, e il mondo si apriva. In patria però il metodo comincia a logorarsi - le ore in tv ad esempio non sono bastate a cambiare il voto in commissione del Senato sulla Riforma dell’Assistenza Medica. Da ieri abbiamo la prova che non basta più nemmeno sulla ribalta internazionale. Finché si tratta di Olimpiadi - nonostante la grande quantità di soldi coinvolti - è una sconfitta che si può accettare. Ma il dubbio che lo schiaffo danese diffonde è più insinuante: se il metodo si rivela fragile in una competizione di gomito come quello per le Olimpiadi, reggerà in competizioni a colpi di cannoni come in Palestina, il Caucaso, la Cina, l’Iran?

    Lucio Annunziata
    Dato che questa è una Magnum 44, cioè la pistola più precisa del mondo, che con un colpo ti spappolerebbe il cranio, devi decidere se è il caso. Dì, ne vale la pena? ("Dirty" Harry Callahan)

  5. #5
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    Predefinito Rif: Obama&Michelle a Copenaghen: Chicago fuori al primo voto per le Olimpiadi

    Obama senza cerchi olimpici: già ci si avvia verso la fine dello show?

    CHICAGO BLOG Obama senza cerchi olimpici: già ci si avvia verso la fine dello show?

    Con la clamorosa sconfitta della candidatura di Chicago alle olimpiadi del 2016, la coppia Obama (Michelle + Barack) subisce una prima pesante sconfitta simbolica. La cosa va segnalata perché è del tutto evidente che quello obamiano è un fenomeno essenzialmente mediatico-politico, basato quindi su adesioni che esigono il persistere di un’immagine vincente. Ora che il processo di selezione per i giochi olimpici non ha assecondato le attese della coppia più celebre e potente del pianeta, la sensazione è che il clima da idillio possa svanire.

    Per giunta, nelle rilevanti questioni interne che il presidente Usa è chiamato ad affrontare i problemi si moltiplicano. Fin dall’inizio, Obama ha molto investito sulla riforma sanitaria, senza però avere il coraggio di andare fino in fondo e di mettersi in gioco personalmente (lasciando fare piuttosto ai parlamentari democratici). Adesso, però, quella via si è rivelata impraticabile: e così il presidente dovrà muoversi e avanzare una proposta dettagliata, fatalmente esponendosi a contestazioni crescenti.

    Sul piano internazionale, alle solite, dopo aver a lungo attaccato la Casa Bianca quando erano altri ad abitarla e dopo aver giocato da pacifista, ora che è alla guida del più potente degli eserciti mai apparso sulla faccia della terra tutto sembra pensare meno che cambiare davvero la tradizionale politica estera americana. E tutto questo anche se è costosa, inefficace, spesso controproducente, fatalmente macchiata da episodi inquietanti. Un dato comunque è certo: l’anti-imperialismo esibito in passato è ormai finito in soffitta, e la cosa non potrà che pesare sull’immagine del presidente.
    La stessa filosofia di fondo, quel nuovo interventismo che talora si rappresenta come anti-anti-paternalism (per una critica feroce di tali tesi, avanzate da uno dei più noti consiglieri di Obama, Cass Sunstein, si legga questo articolo di Claire H. Hill), ormai sembra aver perso ogni slancio.
    A questo punto, il presidente può essere salvato solo dai propri avversari: e non ci si riferisce tanto e in primo luogo ai repubblicani (oggettivamente allo sbando e senza leader), ma soprattutto al blocco sociale che più avversa Obama.

    Come si sa, in genere le elezioni si vincoono o si perdono sull’economia: e se tra tre anni l’America fosse in forze, Obama sarebbe rieletto. Ma la salute del sistema produttivo americano dipende essenzialmente da quanto saprà essere dinamica l’ampia galassia delle imprese Usa. C’è insomma un’America pro-Obama, fatta di rent-seeker e dipendenti pubblici, che sta scavando la fossa a quell’economia e di conseguenza anche alle sue chance di rielezione; e c’è poi l’America dei tea-party e della rivolta fiscale, che anche contro la propria volontà potrebbe aiutare Obama a restare a cavallo.

    C’è un elemento paradossale, in tutto questo, ma spesso di paradossi si nutre l’esistenza umana.

    Carlo Lottieri
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  6. #6
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    Predefinito Rif: Obama&Michelle a Copenaghen: Chicago fuori al primo voto per le Olimpiadi

    Obama, l'incantesimo è finito

    Legnata, tranvata, batosta. Chiamatela come volete, ma quella che si è consumata ieri a Copenahgen è probabilmente la più grossa umiliazione che Barack Obama abbia conosciuto da quando (poco) è Presidente. Nella capitale danese i parrucconi del Comitato Olimpico Internazionale erano riuniti per decidere a chi assegnare l’organizzazione dei Giochi Olimpici del 2016. Non è mistero che le favoritissime fossero Rio de Janeiro (che poi ha trionfato su Madrid) e Chicago, la città di Mr President. E così, per perorare la causa statunitense, in Danimarca è sbarcata prima Michelle, poi suo marito Barack. E’ stato lui ad aprire le danze davanti ai pavoni del Cio, a sorridere, a fare quello che gli riesce meglio: parlare leggendo da un gobbo sapientemente posizionato per far sembrare il più naturale possibile il bla bla del santone kenian-hawaiiano. E allora vai con il solito refrain che non commuove più, il battere sul romanticismo, sulla speranza, sul cambiamento, sul futuro. Tutti discorsi che con l’assegnazione di un’Olimpiade c’entrano come una pera cotta nel cappuccino al mattino. Fuffa, roba da sbadiglio. Tra lui e la moglie, che si mormora abbia fatto incazzare ben più di un delegato elettore (l’arrivo del carrozzone capitanato dall’invadente e ultimamente jellatrice Oprah Winfrey ha costretto il club dei paludati membri del Comitato a fare colazione alle sei del mattino per questioni di sicurezza), ne hanno combinate di tutti i colori. Saccenteria e supponenza. Credevano di avere la vittoria in tasca, come se bastassero tre frasi vuote per convincere chi da decenni sguazza negli intrighi e nei giochi di potere.

    No, stavolta non ha incantato nessuno, il Signor Obama. Anzi, appena ascoltato il suo sermone, lo hanno cacciato a calci nel deretano. Chicago, la favorita, è arrivata ultima. Sbattuta fuori alla prima votazione, con soli 18 miseri voti su 94. Una cannonata alle certezze del Messia americano. Una clamorosa ed inaspettata disfatta. Stavolta, niente ha potuto neanche il sorriso della consorte, addobbata come neanche il Mago Otelma nei giorni di festa. Tornano a casa mogi mogi, con la testa (finalmente bassa). Forse mediterà sui suoi errori, su quante balle ha detto da un anno a questa parte. Ma, purtroppo per lui, il tempo per riflettere è scarso. In Patria, perfino i compagni di partito gli stanno complicando la vita sulla sanità, tema sul quale ha conquistato una buona fetta di voti undici mesi fa. E sulla politica estera è meglio lasciar perdere: sembra che l’ultima trovata per risolvere la questione afghana sia affidare il dossier al sempre più brillo Joe Biden, che anni fa teorizzava la spartizione dell’Iraq in tre, quattro repubbliche indipendenti.

    Finora è sempre riuscito a mascherare la cronica incapacità a prendere qualsiasi decisione indossando la maschera della novità, leggendo discorsi scritti in modo impeccabile, ribadendo in ogni intervista televisiva che lui è diverso da tutti gli altri. Ora, però, la gente inizia a svegliarsi, e si domanda cosa ci sia dietro quella maschera, quali siano le reali capacità di questo fenomeno venuto dal nulla e pompato in modo abnorme dai media d’Oltreoceano. Chissà, forse questa mazzata gli farà capire che oltre al parlar bene bisogna anche agire bene, fare qualcosa di utile e concreto. Forse da oggi inizia l’Obama-2. E sarebbe anche ora.

    Obama, l’incantesimo è finito DAW, il blog.

 

 

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