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    Predefinito I Cherokee e il lignaggio ebraico

    I Cherokee e il lignaggio ebraico

    di Massimo Bonasorte

    La tribù nordamericana dei Cherokee, stanziati nell’antico territorio della Louisiana, potrebbe avere origini vicinorientali. È quanto hanno affermato alcuni membri di questa tribù, secondo i quali, nelle loro leggende orali, si tramanda che i loro antenati giunsero dal mare da una zona chiamata “Masada”. Questa è l’incredibile dichiarazione di Beverly Baker Northup, il portavoce dei moderni Cherokee. Secondo Northup, la prova che la Masada delle leggende cherokee sia la Masada della Giudea, sulle rive del Mar Morto, risiederebbe non solo nelle antiche leggende, ma anche in alcune somiglianze tra i termini cherokee e i lemmi semitici. Beverly Northup ritiene, pertanto, che esiste una connessione tra il suo popolo e gli ebrei stanziati intorno alla regione di Masada durante il periodo romano, i quali, ad esempio, portavano i capelli intrecciati, proprio come gli indiani del Nordamerica.

    La storia, mantenuta viva tra il popolo dei Cherokee, è quella dei Sicarii che fuggirono da Masada. Essi erano gli antenati che riuscirono ad attraversare la vasta distesa d’acqua fino all’odierna terra dei Cherokee (da Chiuluk-ki, letteralmente “il popolo delle caverne”, N.d.R.). A tale proposito è interessante – a detta di Northop - la somiglianza tra i termini si’cari’, cherokee e il semitico tsa’ra-gi’. Inoltre, il portavoce indiano, ha evidenziato che negli scritti dello storico Giuseppe Flavio, le Antichità Giudaiche, esistono passi in cui si descrive la fuga di alcuni giudei dall’inespugnabile fortezza di Masada, il cui nome significa “castello del monte”. L’episodio si riferisce al periodo delle guerre giudaiche durante il quale i romani assediarono la fortezza, ultimo baluardo della guerra contro i giudei. Il fatto che un gruppo di individui uscisse dalla roccaforte per fuggire coincide con quanto raccontato nei miti indiani e potrebbe rappresentare la prova della tradizione orale delle leggende cherokee.

    In aggiunta a tali affermazioni vi è, inoltre, la credenza dei Nativi americani che una pietra, rinvenuta in Tennessee nel 1889, chiamata Bat Creek Stone, possa testimoniare l’effettivo legame tra i Cherokee e gli Ebrei. Northup ritiene che tali incisioni sulla pietra indicano che il reperto appartiene ai primi Ebrei che attraversarono l’Atlantico per stanziarsi nelle odierne terre dei Cherokee. Ma cos’è, in realtà, la Bat Creek Stone?

    La pietra fu scoperta nel 1889, all’interno di una sepoltura intatta posta all’interno dell’omonimo mound, in Tennessee, durante i lavori di scavo condotti da un gruppo di studiosi appartenenti allo Smithsonian’s Mound Survey Project che ritrovarono una strana pietra. Nel 1971, il dottor Cyrus Gordon riuscì a identificarne il contenuto. I caratteri apparivano simili a un tipo di grafia in uso durante il I-II sec. d.C. Secondo tale studio, le prime cinque lettere, partendo da sinistra, componevano termini dal significato assai chiaro: lyhwd, ovvero “per Giudea”. Ma il risultato più importante arrivò nel 1988, quando alcuni frammenti di legno incastrati nella pietra furono sottoposti ad analisi di laboratorio e datati al C-14. I risultati così ottenuti confermarono un’età relativa a un periodo compreso tra il 32 e il 769 d.C. Ma alcuni esperti ritengono che la Bat Creek Stone sia stata contraffatta durante il XIX secolo per ragioni politiche, tese a dimostrare la presenza, fin dai tempi antichi, di comunità ebraiche sul suolo americano, un’ipotesi da non sottovalutare.



    La montagna del mistero

    Una pletora di studiosi considera la scoperta dell’America da parte di Colombo come una vera e propria “riscoperta” di terre frequentate già in passato da popolazioni orientali.
    A condividere tali supposizioni è il dottor Cyrus Gordon, prestigioso storico di antiche civiltà, il quale sostiene che antiche genti del Vicino Oriente, tra cui il popolo dei giudei, potevano essere giunti nel Nuovo Mondo prima del celebre Colombo. Gordon non è l’unico a sostenere tale ipotesi, che potrebbe essere suffragata da numerosi ritrovamenti di reperti archeologici orientali rinvenuti in luoghi nordamericani. Uno di questi reperti è stato ritrovato ad Albuquerque (Nuovo Messico), in un piccolo insediamento che prende il nome di Los Lunas. In questa località nordamericana esiste una montagna conosciuta dagli abitanti locali con il nome di Mystery Mountain (la montagna del mistero). Proprio ai suoi piedi fu ritrovata una pietra decorata da una serie di numerose incisioni assai strane. Queste incisioni sono state catalogate da alcuni studiosi come appartenenti alla scrittura paleo-ebraica, mentre il testo redatto sembra appartenere a una versione condensata e riassunta dei Dieci Comandamenti. Uno dei ricercatori che maggiormente ha studiato la pietra di Los Lunas è il professor Frank Hibben, storico e archeologo dell’Università del Nuovo Messico. Dopo molti studi e analisi l’esperto si è convinto che l’iscrizione sia autentica e che fu realizzata dagli antichi giudei che giunsero nel Nuovo Messico, molti secoli prima dell’arrivo degli spagnoli. Hibben, intervistato, nel 1996, dal professor James D. Tabor del Dipartimento di Studi Religiosi dell’Università della Carolina del Nord, ha dichiarato che vide il reperto già nel 1933, quando una guida locale lo condusse nel luogo di ritrovamento e, secondo le affermazioni della guida, l’oggetto si trovava in quel luogo già nel 1880. Nel 1933, ha affermato Hibben, la patina e le impurità rendevano difficoltosa la lettura e l’analisi dettagliata del testo. Nell’iscrizione furono utilizzate alcune lettere dell’alfabeto greco, t (tau), z (zeta), d (delta), k (kappa), ma al contrario rispetto alla classica grafia e in luogo delle corrispondenti lettere ebraiche tau, zayn, daleth, e kaf. Le lettere yod, qof e la shin hanno una chiara appartenenza al sistema grafico samaritano, come ha evidenziato Mark Lidzbarsky (1). Gordon ha puntualizzato che le comunità samaritane erano molto diffuse in Grecia, in special modo, durante il regno di Teodosio nel 390 d.C. Dunque, la pietra di Los Lunas potrebbe risalire al periodo ellenistico o bizantino. Un ricercatore che condivide tale ipotesi è Michael Skupin, che ha racchiuso le proprie teorie nel suo The Los Lunas errata (2). Il ricercatore ha analizzato gli errori ortografici presenti nelle incisioni e ha concluso che il testo potrebbe essere stato redatto da una persona che aveva come prima lingua il greco, ma che conosceva l’ebraico, almeno quello parlato, ma non scritto. L’autore dell’iscrizione ha utilizzato la aleph semitica come se fosse una vocale, in luogo della a (alfa) greca (ma ricordiamo che in ebraico, come nelle altre lingue semitiche, l’aleph è classificata come una consonante, e mai come una vocale, N.d.R.), e ciò è in totale contrasto con il sistema ortografico semitico. Inoltre, il redattore ha confuso le lettere semitiche qof e kaf, un errore tipico di un parlante ellenico che, non avendo consonanti enfatiche come la qof, nel proprio sistema ortografico, utilizza una sola gutturale sorda, la k (kappa), per esprimere questi due suoni. Esistono, tuttavia, ulteriori testimonianze greco-samaritane, raccolte dal professor Reinhard Pummer in How to tell a Samaritan Synagogue from Jewish Synagogue (2), che mostrano come l’attribuzione del reperto di Los Lunas sia proprio un documento non samaritano.

    Plummer mette in evidenza che, nel v. 8 del testo di Los Lunas, l’autore ha seguito la puntuazione Masoretica (ovvero il sistema di segni diacritici impiegati nell’ebraico classico, per distinguere, ad esempio, le vocali o i segni di interpunzione, che iniziò nel VI-VII d.C. e si concluse nel IX d.C.). Nel testo indiano di Los Lunas si narra: “[…] Ricorda il giorno del Sabbath e consideralo Santo”, mentre nei testi samaritani è scritto: “[…] Conserva il giorno del Sabbath e consideralo come Santo” e ancora, i samaritani aggiungono ai Dieci Comandamenti una clausola, invocata per la costruzione di un tempio sul Monte Gerizim, ma nel testo di Los Lunas tale aggiunta è assente. Dunque, gli elementi in nostro possesso sono molti e contrastanti e, ancora una volta, il dibattito rimane senza una soluzione definitiva.

    A confondere ulteriormente le acque è il ritrovamento di un altro ricercatore, David Deal, che, nella zona di Los Lunas, individuò un interessante e curioso disegno tra i petroglifi.
    All’apparenza, l’incisione raffigura una mappa astronomica, sulla quale furono rappresentate la posizione di costellazioni e di pianeti oltre alla raffigurazione di un’eclisse di Sole.
    Dopo varie analisi, Deal stabilì che l’eclisse avvenne il 15 settembre del 107 a.C., che, stranamente, corrisponde alla data di un’importante festa giudaica (lo Yom Kippur o Yom Hakippurìm, ovvero, il periodo destinato dalla Toràh all’espiazione dei peccati commessi nel corso dell’anno sia nei confronti di Dio che nei confronti degli uomini, N.d.R.).



    Le tavole della legge in Ohio

    Molti ricercatori ortodossi considerano i rinvenimenti di Los Lunas come anomali o falsi, ma è pur vero che in suolo americano reperti con tali caratteristiche non rappresentano un episodio sporadico. Infatti, abbiamo notizia di un abitante di Newark (Ohio), David Wyrick che, nel 1860, rinvenne una pietra con molte incisioni, per lui illeggibili, nelle vicinanze di un monte situato a pochi chilometri dalla città. Un ulteriore reperto venne alla luce in una zona interessata da sepolture appartenenti alla cultura degli Hopewell (100 a.C. - 500 d.C.), dagli studiosi definita Keystone, con le medesime caratteristiche: lettere giudaiche in ambito indiano, costituita da un tipo di minerale che il geologo Charles Whittlesey identificò come novaculite, una roccia silicea, in Archeological frauds: inscriptions attribuited to the Mound Builders (4). La pietra, giaceva all’interno di un pozzo sicuramente autentico e antico, ma rimane assolutamente difficile stabilire quando fu calata al suo interno. La Keystone mostra una tipologia di scrittura caratteristica del periodo ebraico compreso tra il 200 e il 100 a.C., corrispondente all’epoca dei Rotoli di Qumran. Il testo recita: “qedosh qedoshim melek eretz torath devor” ovvero “Santo dei Santi, re della terra, la Legge di Dio, la Parola di Dio”. Anche in questo caso, le molte incongruenze fanno pensare a una probabile falsificazione del reperto e, soprattutto, del testo. Innanzi tutto, nella Keystone nell’espressione “melek ertetz”, la aleph e la mem sono state allungate per arrivare alla fine del supporto. Tale dilatazione delle lettere appare occasionalmente nei manoscritti ebraici del I millennio a.C. infatti, A.D. Birnbaum in The Hebrew scripts (5), nota che “[…] Non sappiamo quando iniziò l’espediente della “dilatazione delle lettere” che, però, è assente nei manoscritti di Qumran” Inoltre, nelle grafie ebraiche, la lettera shin è comunemente segnata con la parte inferiore a forma di V, mentre sul primo lato della Keystone appare una forma meno comune, con la base piatta, che forse potrebbe fornire alcuni indizi sulla sua origine, ma non prova molto. Nel novembre del 1860, David Wyrick rinvenne un second reperto all’interno di un mound a circa 10 chilometri da Newark: una pietra incisa su tutta la superficie con un testo e, come nel caso di Los Lunas, i ricercatori ritennero che si trattasse di una versione “ridotta” dei Dieci Comandamenti. Il “Decalogo” come venne chiamato fu analizzato dai geologi Ken Bork e Dave Hawkins dell’Università di Denison, che lo ritennero una pietra calcarea. Oltre alle incisioni vi era raffigurata una figura umana dalla lunga barba, che gli studiosi interpretarono come la rappresentazione di Mosè e le Tavole della Legge. Alcuni storici, come David Deal e James Trimm avanzarono l’ipotesi che poteva trattarsi di un reperto giudaico risalente al periodo del Secondo Tempio, mentre il dottor Cyrus Gordon propende a considerarla come una mezuzah samaritana (in ebraico letteralmente “stipite della porta”, ovvero un rotolo di pergamena che riporta i versetti del Deuteronomio, chiuso in un astuccio che viene appeso allo stipite destro della stanza in una casa ebraica, N.d.R.). Entrambe le ipotesi, comunque, sembrano teorizzare una presenza giudaica in terra americana, in tempi precedenti al viaggio di Colombo.

    Gli archeologi più scettici hanno considerato entrambi i reperti come assolutamente falsi, mettendo in evidenza come sia una strana casualità che una medesima persona avesse potuto imbattersi in due reperti così simili e, soprattutto, in un lasso di tempo tanto breve. Pertanto, ritennero che il falso era stato realizzato dallo stesso Wyrick. L’anno successivo ai due ritrovamenti, nel 1861, Wyrick pubblicò un piccolo volumetto, in cui venivano riprodotte le due incisioni. Delle 256 lettere che trascrisse, almeno 38 contenevano errori significativi che rendevano incomprensibile il testo. Inoltre, i sostenitori dell’autenticità del reperto ritennero opportuno evidenziare che, se fosse stato Wyrick a falsificare le incisioni, di certo non avrebbe commesso tali errori. Ma in uno dei disegni riprodotti, Wyrick confuse la he ebraica con la taw, cosicché interpretò il testo come hwrt yhwh, ovvero “Horah di Dio”. In tale accezione, poteva trattarsi di un riferimento a una danza popolare israeliana mentre, in realtà, sulla pietra è presente l’iscrizione: “twrt yhwh”, ovvero “Torah yhwh” e, dunque, “Tavole della Legge”. A tale attribuzione si oppose l’archeologo Stephen Williams in Fantastic Archeology (6), il quale dichiarò che Wyrick falsificò il reperto per dare una conferma alle proprie teorie, secondo le quali esisteva una stretta connessione tra i Mound Builders e le tribù perdute di Israele, il che non sembra molto dissimile dalla verità. Nel 1838, durante gli scavi del Grave Creek Mound, a Moundsville, in West Virginia, proprio sulle rive del fiume Ohio, a pochi chilometri da Wheeling, fu ritrovato ciò che prese il nome di Grave Creek Stone. Il reperto è un piccolo disco di arenaria, che reca incisi alcuni segni solamente su una faccia. All’epoca lo scavo restituì il più vasto mound appartenente alla cultura degli Adena (7), e attualmente fa parte del Grave Creek Mound State Park, mentre per ciò che concerne la sua datazione si ritiene che possa risalire a un periodo compreso tra il 250 e il 150 a.C. Attualmente, non si conosce l’ubicazione del reperto, ma dalle cronache dell’epoca sappiamo che, nel 1868, era conservato nella collezione di un tale H. Davis e che fu portata poi al Museo di Blackmore, attualmente parte del British Museum, ma le notizie fornite dallo stesso museo inglese confermano che il reperto probabilmente faceva parte della collezione di un certo Will de Hass, almeno fino al 1910. Davis, nel 1868, realizzò due calchi della pietra: uno lo depositò allo Smithsonian’s National Museum of Natural History, e l’altro al National Anthropological Archive.

    Le vicende legate a questo reperto sono molto confuse, fatte di conferme e smentite, ma anche affermazioni non provate e interpretazioni assai discutibili. Questo è forse il più incompreso tra i reperti presentati in questa sede. Il testo, se di questo si tratta, sembra avere legami con le grafie runiche fenicie o addirittura libiche, ma in tutti questi casi non vi sono elementi sufficienti per iniziare uno studio linguistico dettagliato. Non è chiaro se il testo sia stato redatto impiegando una grafia alfabetica o sillabica, i segni geometrici potrebbero racchiudere un simbolo o un’intera frase, ricordiamo che, se la lingua di partenza fosse stata una lingua nativo-americana, un solo termine può esprimere il significato di un’intera frase.



    Le monete del kentucky

    Per quanto possano apparire incredibili, tali reperti rappresentano solamente una delle molte classi di reperti archeologici rinvenute in America, che potrebbero testimoniare una frequentazione semitica in quelle terre. Infatti, oltre a petroglifi e incisioni su diversi supporti, esistono anche monete con iscrizioni appartenenti all’area vicinorientale. Nel 1952, un commerciante di Clay City nel Kentucky, Robert Cox, rivenne in un campo una curiosa moneta, che all’esame degli esperti risultò facile da catalogare. Il dottor Ralph Marcus dell’Università di Chicago, la identificò come appartenente al periodo della seconda rivolta dei giudei contro Roma nel 132-135 d.C. Sul recto della moneta era rappresentata la facciata del Secondo Tempio di Salomone, che fu distrutto dalle milizie romane dell’imperatore Tito, in seguito all’assedio della primavera del 70 d.C., mentre sul verso era incisa l’iscrizione “Anno secondo della libertà di Israele”, una data che corrisponde al 133 d.C. Il numismatico Yaakov Meshorer, esperto di monetazione giudaica, una volta esaminata la moneta, concluse che si trattava di una copia, dunque di un falso, realizzato presumibilmente all’inizio del XX secolo, un classico souvenir che i turisti che si recavano in Terra Santa acquistavano abitualmente. I sostenitori dell’autenticità del reperto replicarono che non vi era motivo per cui una moneta giudaica replicata doveva trovarsi in un terreno del Kentucky, e in questo caso, come del resto negli altri presentati, la controversia rimane ancora aperta. Purtroppo, molti dei reperti risalgono a un’epoca in cui i princìpi di stratigrafia archeologica non erano ancora stati fissati e, pertanto, mancando totalmente un contesto archeologico e una documentazione sistematica, rimane sicuramente difficile riuscire a districarsi tra le molte informazioni vere e fallaci. Informazioni che oggi, però, godono dell’appoggio della “nazione” Cherokee.


    da : http//www.heramagazine.net/home.html


    comprero subito la rivista che è molto interessante !

  2. #2
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    http://www.squallor.com/testi/index.php?testo=11

    il capo , anzi il figlio del capo Affus..

    siamo al delirio..

  3. #3
    Affus
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    Originally posted by shambler
    http://www.squallor.com/testi/index.php?testo=11

    il capo , anzi il figlio del capo Affus..

    siamo al delirio..
    il fatto è che la cultura di sinistra ha imbalsamato la cultura mondiale , anche quella scientifica .
    Basta vedere come ragionano molti uomini di "destra ".

    Non ti meravigliare se tra qualche anno scoprirai di essere ebreo pure tu e che discendi da Adamo ed Eva .
    Della verita , non devi mai avere paura ,anzi devi imparare a convivere .

  4. #4
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    non ho il senso degli affari , come faccio ad essere ebreo?

  5. #5
    Affus
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    Originally posted by shambler
    non ho il senso degli affari , come faccio ad essere ebreo?

    lo so .
    ma il naso come ce l'hai ?

    comunque non è essenziale avere il senso degli affari , l'importante è buttare alle ortiche quella cultura senza nessuna base scietifica che hai per una cultura su basi piu sicure .

  6. #6
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    io ci vedo piuttosto una svastica, forse gli antenati dei Cherokee erano nazisti anzichè ebrei...

  7. #7
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    ma allora i bianchi che li hanno accoppati erano antisemiti?!

  8. #8
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    Originally posted by pcosta


    io ci vedo piuttosto una svastica, forse gli antenati dei Cherokee erano nazisti anzichè ebrei...
    si , ma chi è nato prima l'uovo o la gallina ?

  9. #9
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    augh!
    grande capo gallina Affus.
    humbabaio..
    io me squaio...

  10. #10
    Affus
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    Originally posted by shambler
    augh!
    grande capo gallina Affus.
    humbabaio..
    io me squaio...
    vai a trovare gli antenati ?

 

 
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