La grande muraglia cinese della censura
2.000 anni fa l’imperatore cinese Kin iniziò la costruzione della Grande Muraglia cinese, la più grande opera edilizia mai portata a termine della storia dell'umanità. Una parete enorme di difesa per proteggersi delle invasioni delle tribù nomadi del nord. Oggi, nel secolo XXI, la Cina ha intrapreso una sfida egualmente difficile: innalzare una parete virtuale in Internet per proteggersi dal pericolo più grande che oggi minaccia il governo comunista di Beijing: la libertà di espressione.
In novembre si terrà il Congresso del partito comunista cinese e, per mettere a tacere le voci dissidenti, il governo del Paese sta irrigidendo la censura di Internet. Abbiamo assistito qualche mese fa alla chiusura di tutti i cybercafé della capitale – luogo da cui accedono al Web la maggior parte degli internauti cinesi. Ed una settimana fa, è stato bloccato l'accesso ai motori di ricerca più popolari: Google ed Altavista.
Quando i 166 milioni ricercatori del Web cinesi cercano di accedere ai loro motori di ricerca preferiti, vengono reinidirizzati ad altri siti Internet come cj888.com o 21cn.com. Il tutto senza alcun accenno di spiegazione ufficiale. Secondo la stampa indipendente cinese, la decisione è stata presa dalle autorità di sicurezza del Paese ed implementata su tutti i server Internet dell'azienda dei telefoni China Telecom.
Questi motori di ricerca non sono le uniche pagine interdette ai navigatori cinesi. Il governo comunista ha bloccato in forma sistematica i siti Web di notizie dei paesi occidentali, le pagine dei gruppi dissidenti e, in generale, qualunque sito al di fuori dello strettissimo regime di controllo che regna nel Paese. Così, per esempio, Google è stato bloccato non tanto per la sua funzione di motore di ricerca quanto per il fatto che il sito immagazzina copie di pagine proibite, potenzialmente accessibili agli internauti più caparbi.
La nuova Grande Muraglia cinese dell’informazione lascia tuttavia ancora qualche spiraglio. Gli internati più abili possono aggirare il ferreo controllo del governo utilizzando server proxy, con l’aiuto di altri naviganti del lato libero della grande Rete. Alcuni cloni di Google, come Elgoog – una parodia del motore di ricerca più famoso che inverte il testo e le parole – nonostante la difficoltà d’uso sta registrando un considerevole aumento delle visite da parte di utenti cinesi.
La censura occidentale
Ironicamente, il ferreo sistema di controllo delle informazioni online in Cina è aiutato da una grande impresa che ha sede in un Paese che ha fato della libertà di espressione la sua bandiera. Secondo un recente articolo della rivista Weekly Standard, la statunitense Cisco ha progettato un “firewall”, creato appositamente per le necessità del governo cinese, in grado di impedire l’accesso alle pagine proibite.
Cisco, tuttavia, non è l’unica azienda occidentale che sta aiutando il governo cinese a controllare la Rete. Anche Yahoo! sta censurando nel suo protale cinese le ricerche su determinate parole, come ad esempio “democrazia”, e permette alla polizia politica di spiare le chat ed i forum per poter individuare coloro che criticano il regime comunista.
Fortunatamente, non tutto è perduto per la libertà d’espressione in Cina. Il gruppo di hacker “Cult Of the Dead Cow” sta realizzando un programma, chiamato “Peek-a-booty”, che in teoria sarebbe in grado di aggirare i sistemi di censura e garantire l’anonimato dei naviganti. Ad ogni modo la Cina ha già dimostrato 2.000 anni fa la sua capacità di chiudere tutte le porte di accesso.
Ignacio Escolar
(trad. Adem Sehovic)