IRAN: DECAPITA FIGLIA 7 ANNI PER ONORE,GLI DANNO 3 ANNI/ANSA
IL PADRE SOSPETTAVA UNO STUPRO
(di Alberto Zanconato)
(ANSA) - TEHERAN, 6 MAG - Tre anni di reclusione. Tale, secondo la
sentenza di una Corte iraniana emessa in base alla legge islamica, la
pena adeguata per un uomo che ha decapitato la figlia di sette anni
sotto gli occhi terrorizzati dei fratellini, per 'punirla' di un
presunto stupro subito. Del resto il padre, un trentaquattrenne di
Ahwaz, nel sud-ovest del Paese, non si e' mai mostrato pentito. In
una dichiarazione riportata dal sito Internet femminile Women in
Iran, ha detto di avere agito per ''salvaguardare la dignita' della
famiglia, prevenire altri simili casi con una lezione alla societa',
e dare un contributo all'Islam''. Non si tratta del resto di un caso
isolato per le regioni piu' arretrate dell'Iran, e in particolare per
la provincia del Khuzistan, al confine con l'Iraq, di cui Ahwaz e'
capoluogo. Qui i 'delitti d'onore' sono frequenti. Le vittime sono
praticamente sempre donne, uccise da maschi della famiglia: padri,
fratelli, zii o mariti. A volte una ragazza puo' essere soppressa
perche' ha rifiutato il matrimonio con un giovane scelto dalla
famiglia, altre volte per pettegolezzi su una sua relazione con un
ragazzo, o per il semplice sospetto che abbia perso la verginita'
prima del matrimonio. Se cio' e' avvenuto veramente, a causa di una
violenza carnale, a pagare, con la vita, e' comunque sempre la
vittima. A volte i delitti vengono mascherati da incidenti. Ma in
altre occasioni, se la ragazza e' stata uccisa dal padre, questi non
ha grandi motivi di timore. In un Paese in cui normalmente l'omicidio
e' pagato con l'impiccagione, la legge islamica garantisce al
genitore maschio una sorta di proprieta' sulla vita dei figli, che
puo' uccidere rischiando soltanto una condanna da tre a nove anni di
reclusione. Forte di questa protezione, il padre della bambina di
Ahwaz, che si chiamava Mariam, si e' sempre mostrato sicuro del fatto
suo. Dopo aver costretto la piccola a confessare una inesistente
violenza carnale da parte di uno zio, le ha staccato la testa per
punizione. Poi con il suo trofeo chiuso in una borsa di plastica, si
e' presentato alla polizia, convinto di aver fatto solo il suo
dovere. L'ayatollah Mahmud Hashemi Shahrudi, capo dell'apparato
giudiziario iraniano, ha detto che in questo caso, vista
l'efferatezza del crimine, l'uomo poteva essere condannato a morte.
Ma cosi' non e' stato. La sentenza capitale emessa in primo grado e'
stata annullata dalla Corte suprema. E nel secondo processo il padre
si e' visto infliggere la pena piu' lieve prevista. Del resto anche
al termine del primo processo, di fronte alla condanna a morte,
l'uomo si era mostrato del tutto tranquillo. ''Non ho commesso alcun
errore - aveva detto - e sicuramente faro' ritorno a casa''. Aveva
ragione. Ora a casa ad aspettarlo ci sono i fratelli e le sorelle di
Mariam, con ancora negli occhi la scena di sangue.