Le tre radici dei pogrom: nazifascismo, comunismo e catto-integralismo
Quando l’odio non è un simbolo
Le tre radici dei pogrom: nazifascismo, comunismo e catto-integralismo
di Dimitri Buffa
Ci sono due tipi di antisemitismo altrettanto odiosi ma dalle conseguenze infinitamente diverse. Ce ne è uno formale, tipico dei ragazzotti che, ad esempio, mettono sul salvaschermo del computer l’effigie di Adolf Hitler, o la suoneria del telefonino con “faccetta nera”, gente che annega così le proprie frustrazioni danneggiando la propria immagine e quella del luogo di lavoro e della propria azienda.
Poi ce n’è un altro più subdolo, perché sottile, ma sicuramente più pericoloso. E questo è l’antisemitismo sostanziale di molta parte dell’universo del cattolicesimo integralista (che detiene il brevetto dell’antisemitismo), della destra fascista e della sinistra comunista. Nella storia, i pogrom e le persecuzioni hanno sempre avuto una di queste tre matrici. Da collaboratore fisso de la Padania, con questo direttore (cioè con il giornalista Gigi Moncalvo), non sono mai stato censurato né esortato a non occuparmi di tematiche ebraiche. Tutti sanno che sono un amico di Israele e degli ebrei, un sionista convinto insomma, benché di nascita presumibilmente gentile. La comunità ebraica di Roma un mese fa ha ritenuto persino di concedermi l’onore di conferirmi un premio, 5 alberi piantati in Israele nel “giardino della verità”, per le mie posizioni contro corrente nel conflitto arabo-israeliano. Un premio che mi ha accomunato a gente come Antonio Socci, Giuliano Ferrara, Arturo Diaconale, Massimo Bordin, Gad Lerner, Massimo Teodori, Paolo Guzzanti. Come biglietto da visita per non essere definito antisemita da chicchessia, e tanto meno dalla signora Miriam Mafai vedova Pajetta, mi sembra sufficiente. I soliti idioti se la prendono con la Lega e sostengono che è - addirittura - antisemita prendendo lo spunto da presunte “notizie”.
Ma non è questo idiota antisemitismo formale ad avere creato, checché ne dicano gli interessati editorialisti, le precondizioni perché un gesto vigliacco come quello avvenuto tre giorni fa al cimitero ebraico del Verano a Roma avesse luogo. No, il vero cancro oggi è nell’antisemitismo sostanziale. Che da anni, e in maniera acuta da almeno venti mesi a questa parte, si incarna nel pacifismo a senso unico dell’estrema sinistra. Nelle trasmissioni da codice penale di Michele Santoro (o chi per lui). Nelle ridicole marce per la pace “due popoli due stati”, come se si potesse paragonare la democrazia israeliana al cannibalismo palestinese. Nell’andare in Israele a urlare “Sharon boia”. Nel giustificazionismo del martirio suicida persino da parte di politici insospettabili come Giulio Andreotti. Per non parlare di rappresentanti delle istituzioni italiane recatisi in Siria a omaggiare un boia come il presidente Assad, grande sterminatore moderno di ebrei, come ha fatto il presidente della camera Pierferdinando Casini.
Inutile dire che per la sinistra il cavallo di Troia dell’antisionismo è la foglia di fico, per il più inconfessabile dei loro pensieri, quello antisemita.
Ebbene, io conosco tanti compagni che in privato dicono cose inenarrabili sugli ebrei, roba da fare invidia a qualunque mentecatto di Forza Nuova. Ma in pubblico, purché si tratti di ebrei già morti, possibilmente in un campo di concentramento, ne parleranno sempre con ammirazione. Altra faccenda sono gli ebrei vivi, specie se vivono in Israele. Qui all’odio ideologico viene in soccorso il terzomondismo d’accatto, quello che ormai impregna anche l’Onu di Kofi Annan dove esiste una commissione di Stati che si occupa dei diritti umani che prende ordini da Siria, Cuba, Sudan, Corea del Nord. Mettendo sul banco degli imputati per l’appunto Israele, gli Usa, l’occidente. Come è successo l’anno scorso nella conferenza di Durban. L’antisemitismo di sinistra si rivolge agli ebrei vivi che hanno il torto di non volersene andare da Israele (leggere i forum on line de l’Unità per rendersi conto di quale sia il pensiero prevalente in materia) e di lasciare «la patria ai palestinesi».
L’antisemitismo di destra naturalmente e giustamente è sempre all’indice e trova interessati censori nelle Miriam Mafai di turno, quello di sinistra però è sottaciuto e mascherato ipocritamente come «protesta contro il boia Sharon». Eppure in questo momento storico non credo di bestemmiare nel dire che ha provocato più danni alla causa ebraica e allo stato degli ebrei l’antisemitismo politically correct dei compagnucci, che quello becero dei camerati. Intendiamoci: fosse per quelli come me sarei ben contento dell’eliminazione dalla faccia della terra di tutti e due. Ma per cortesia non ci si venga a dire che la colpa di quanto accaduto al cimitero del Verano è del governo di centrodestra o della presenza in esso della Lega. Crea invece sicuramente più audience all’odio antiebraico, una bella trasmissione di Santoro dove si intervista lo pseudo-imam della moschea di viale Jenner a Milano che afferma candidamente che i terroristi suicidi sono dei combattenti per la libertà. Chissà quanti psicolabili sono rimasti affascinati da questa informazione da Minculpop. E poi, cari Soloni del caciocavallo, non fate finta di non capire una cosa: quelli che nel mondo, in questo momento storico, vogliono lo sterminio degli ebrei sono i caporioni dei regimi arabo-islamici tipo Iran, Iraq e Siria, tutti foraggiati per decenni dal colosso comunista sovietico e appoggiati ideologicamente dagli intellettuali di sinistra. Che arrivarono a gioire su Lotta Continua persino della rivoluzione di Khomeini a Teheran nel 1979. E l’odio verso Israele e gli ebrei da parte di una certa sinistra non è altro che il riflesso dell’odio verso l’occidente e il capitalismo, di cui lo stato con capitale Gerusalemme è avamposto in Medio Oriente. E per chi non ricordasse come andò la storia del Terzo Reich è bene rammentare che la “soluzione finale” trovò la linfa decisiva dopo la firma del trattato tra Molotov e von Ribbentrop, con cui Russia comunista e Germania nazista si spartirono la Polonia. Se il nazismo ha fatto quello che ha fatto agli ebrei è perché il comunismo di Stalin lo ha permesso e incoraggiato. E infatti negli anni ’50 e ’60 le persecuzioni antisemite più importanti vennero tutte da quella sponda lì. Oggi è comodo prendersela con qualche ragazzotto imbecille, reo di manifestazioni formali e folkloristiche antiebraiche, per fare dimenticare tutte queste scomode verità. Ed esorcizzare allo stesso tempo il fantasma dell’antisemitismo antiisraeliano, sostanziale, di cui la sinistra rifiuta di assumersi le proprie responsabilità.