Cjavez divide la sinistra italiana
da il corriere della sera



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Chavez nuovo Allende? L’ex parà rosso divide sinistra e no global


MILANO - Con quella faccia da ex parà, un golpe fallito alle spalle, un po’ caudillo e un po’ apostolo, il presidente venezuelano Hugo Chavez Frias dovrà fare davvero grandi cose per poter entrare a pieno titolo nel pantheon sempre aperto delle icone della sinistra italiana. Ieri però il manifesto una prima spintarella gliel’ha data, urlando a tutta pagina un titolo che faceva così: «Sembra Caracas, invece è quel Cile». Il Cile del ’73. Stessa violenza, stessa spaccatura «antropologica, classista perfino». La guerra civile all’orizzonte. E un’opposizione «padronale e golpista» che, come a Santiago 30 anni fa, usa la corda dello sciopero per soffocare un Paese. Ma se Caracas è come «quel Cile», allora Chavez ha buone probabilità di finire accostato a Salvador Allende, che icona lo è davvero? Terreno sdrucciolevole. E non è forse un caso se il manifesto non cita mai Allende. Qualcuno potrebbe insorgere. Come il ds Giuseppe Caldarola: «L’unico parallelo tra il Venezuela e il Cile di allora è la situazione. Chavez non ha nemmeno lontanamente il carisma di Allende». E qualche prudenza l’ha anche il cossuttiano Marco Rizzo: «Sono percorsi talmente diversi... Chavez ha una sua originalità. Contano le idee e il presidente venezuelano è una speranza di riscossa per i più deboli». A dir la verità, anche il manifesto ci va con le pinze, quando scrive che Chavez «forse è un caudillo che si vedrebbe meglio collocato a destra, ma che la sua storia personale ha spinto a sinistra». Perchè mica è facile decodificare la personalità di uno che passa da Rambo II (suo simbolo elettorale) alle colazioni con Fidel Castro e Lula. O che inneggia alla terza via di Blair, salvo poi concedersi una gita in auto con Saddam (agosto 2000). Alla fine comunque il manifesto sceglie: il buono sta dalla parte di Chavez, democraticamente eletto dai suoi cittadini, mentre l’opposizione è «intimamente golpista». E su questo anche il resto della sinistra concorda. Se non altro, come afferma il ds Giorgio Mele, perché «Chavez è vittima in questo momento della protervia degli Stati Uniti». Per favore, però, «lasciamo perdere il giochino delle icone: dopotutto stiamo parlando di un ex parà,» aggiunge Beppe Caccia, esponente no global, che «mai e poi mai» sfilerebbe in suo nome. Gabriel Garcia Marquez ha scritto che ci sono due Chavez: «Uno può salvare il suo Paese, l’altro potrebbe passare alla storia come un nuovo tiranno». Marquez sceglie il primo, a dispetto del suo passato: «Perché la storia del Venezuela, di golpisti, ne ha già digeriti almeno quattro». La sinistra italiana per ora sta sulle sue. Come fece nel ’99 l’allora premier D’Alema che, alla richiesta di Chavez di un incontro, fece rispondere: «Giovedì non posso, c’è la Finanziaria alla Camera».

Francesco Alberti