Voglia di normalità. Voglia di Germania
Intervistato oggi dal Corriere, Tremonti si esprime in termini chiari riguardo alla fisionomia del PDL: «La macchina politica è un po’ come un computer. È fatta da hardware e da software. È fatta dagli apparati, che vanno dalla base verso i vertici— dagli amministratori locali agli organi di presidenza — e da idee e principi, simboli e messaggi. (...) Ci sono nella politica contemporanea due forme di hardware, e corrispondono all’alternativa non casuale tra 'Partito della libertà' e 'Popolo della libertà'. La scelta, nell’alternativa tra partito e popolo, è stata nel senso del popolo. Partito è una struttura novecentesca; popolo è una forma diversa di fare politica. Ma è politica, appunto, e non dogmatica o scolastica. Il fatto che sia popolo e non partito non esclude dunque in radice forme comunque utili e necessarie di organizzazione. E queste possono e devono essere attivate in forma sempre più intensa e organica, per scadenze, temi, decisioni; su questo credo che nessuno, neanche il presidente Berlusconi, sia contrario. Si può assumere anzi che questa formula non riduca ma rafforzi la sua leadership ».
Questa dichiarazione è importante perchè sancisce ancora una volta la natura di "non partito" del PDL. Tremonti è bravissimo nel tentativo di far conciliare l'inconciliabile, ma la sua critica al partito "novecentesco" non è adeguatamente motivata e perciò, a mio avviso, poco condivisibile. I grandi stati europei sono tutti governati da partiti, che sono grandi partiti, con una storia e una cultura alle spalle. Al loro fiango sgomitano, è vero, i populismi ma restano quattro cani che sbraitano al confronto.
Quella del "popolo" è senza dubbio una forma diversa del fare politica, ma a mio parere è una forma sbagliata perchè invece di correggere la società contemporanea laddove servirebbe, ne solletica gli istinti peggiori, in primis quella "dittatura della maggioranza" che da Tocqueville in poi ha sempre rappresentato il nemico di ogni sano conservatorismo.
Il continuo sottolineare da parte di Berlusconi del suo alto tasso di popolarità è fondato sulla stessa logica con cui Mediaset, sulla base dei dati Auditel, costruisce i suoi palinsesti. Ovvero, che il popolo ha sempre ragione e che bisogna assecondarne gli umori. Ma il popolo ha accettato di buon cuore anche il fascismo e il comunismo, il che dovrebbe dirla lunga sulla sua lungimiranza. In realtà la democrazia continua ad essere un bene da preservare fin quando rimane una democrazia rappresentativa. Fin quando cioè i meccanismi istituzionali non vengono mai azzerati dal rapporto diretto tra leader e popolo che costituisce il fondamento di ogni populismo.
L'idea che bisogna dare al popolo ciò che esso chiede ha in sè qualcosa di socialmente ingiusto oltre che politicamente di illiberale. Le èlites hanno avuto sempre il compito di guidare - dall'alto della loro competenza ed autorevolezza - le masse e non di farsi guidare da esse. Ragion per cui, in Europa, la democrazia è stata sempre giustamente limitata dal liberalismo e spesso anche da una concreta dose di conservatorismo. I governi europei rispettano i loro popoli che a loro volta rispettano le istituzioni. E questo è il motivo della loro stabilità.
A tal proposito c'è da notare come l'ultimo "faccia a faccia" politico in Germania tra la Merkel e il suo sfidante socialdemocratico sia stato definito dalla nostra stampa come un "duetto" più che un "duello". E questo perchè siamo ormai così abituati ad una politica spettacolo in cui le parti in causa danno il peggio se stesse che una politica "normale" ci delude prima di tutto perchè ci annoia. E invece proprio di questo oggi l'Italia avrebbe bisogno, di chiudere i conti con i guitti e i duelli da avanspettacolo e tornare ad un sano confronto civile. A quella normalità un po' noiosa ma indispensabile affinchè la politica democratica non finisca col degenerare nel contrario di essa.
Per attuare la conservazione c'è infatti bisogno di pace non di guerra, di stabilità e non di incertezza. Questo accade in varie parti del mondo, dove ormai persino la sinistra moderata svolge un importante ruolo conservatore. Forse è il caso di accantonare per un po' l'America e di guardare proprio alla Germania, che è riuscita a rialzarsi dalle macerie della guerra e ad affrontare poi la difficile riunificazione con i fratelli dell'est senza che gli strappi, gli scandali e le spinte estremistiche riuscissero mai a minare le sue Istituzioni, a far venir meno il patriottismo e il senso civico di un popolo oggi pacificato con se stesso e con i suoi vicini. Una Germania il cui modello è poco appariscente, ma assai concreto. Che non a caso la rende ancor oggi, la "locomotiva d'Europa".
Florian