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    Predefinito post-comunismo: quello che manca è l'autocritica

    Non si rifonda un fallimento

    di Antonio Orlando

    Bisogna diffidare sia delle conversioni repentine che delle nostalgiche riproposizioni degli eredi del vecchio PCI, perché, come insegnava Marx, la storia non si presenta mai due volte allo stesso modo.

    Uno dei più famosi manifesti della rivoluzione d’ottobre reca questo slogan : “Il sapere spezzerà le catene della schiavitù”; un messaggio di grande speranza e di fortissimo impegno. Era, dunque, cominciata così, nel lontano 1917, l’avventura comunista in quei dieci giorni che sconvolsero il mondo. Com’è finita lo sappiamo, purtroppo, fin troppo bene. La sintesi di queste affermazioni potrebbe essere che il fallimento del comunismo è, sostanzialmente, il fallimento del modello sovietico e, perciò, del marxismo-leninismo secondo la versione stalinista. Per quale motivo allora il crollo del “muro di Berlino” ha travolto tutti “i comunismi”, sia quelli che erano diventati dispotici regimi, sia i partiti comunisti del ricco e progredito Occidente? I partiti comunisti italiano, francese, portoghese e spagnolo (quello tedesco, K.P.D., venne annientato negli anni ’30 da Stalin), a partire dalla guerra di Resistenza contro i nazi-fascisti, avevano cominciato ad elaborare una propria autonoma “via al socialismo” all’interno di un’economia capitalistica avanzata. Sia pure tra mille contraddizioni, con molte reticenze e tantissime ambiguità, questi partiti hanno cercato di costruire un’autonoma linea politica. Non possono, quindi, essere omologati allo stalinismo, né possono essere loro imputati gli orrendi crimini dei regimi comunisti. Tuttavia, non possono neppure essere assolti perché la loro attività si è sempre sviluppata lungo una linea di reticenza e di complicità che li ha condotti, nella migliore delle ipotesi, ad una totale amnesia. I comunisti europei hanno, in qualche caso volutamente e consapevolmente, chiuso gli occhi nei confronti della realtà sovietica, cercando di rimuovere il senso di colpa e l’angoscia che provocavano le notizie che, a mano a mano, filtravano da quella spessa coltre di menzogne e di orrori. Non possono essere direttamente addebitati ai comunisti europei, ed a quelli italiani in particolare, come vorrebbe uno storico francese, gli ottanta milioni di morti del comunismo. L’imputazione è tremenda, ma è altrettanto debole, semplicistica, riduzionistica e tende più a configurarsi come un alibi per tutto il mondo occidentale più che come un’accusa. In effetti, le grandi democrazie hanno altrettante responsabilità di quante può averne avuto l’Unione Sovietica ed i crimini commessi in nome della democrazia sono altrettanto odiosi di quelli commessi sotto le bandiere del comunismo. Tra il 1964 ed il 1966 in Indonesia il colpo di Stato del gen. Sukarno fece circa un milione di morti ; tutti iscritti al partito comunista indonesiano che era, dopo quello russo e quello cinese, il terzo partito comunista del mondo e senza l’appoggio americano quel massacro non sarebbe stato possibile. Se ci collochiamo su queste posizioni da “guerra fredda” non caveremo il classico ragno dal buco. La questione è, invece, un’altra. I partiti comunisti europei sono stati travolti dal crollo del comunismo sovietico perché erano “complici” e conniventi, succubi del fascino del mito della rivoluzione d’ottobre e della potenza del comunismo. Dopo aver chiuso gli occhi per decenni, dopo essere cresciuti grazie al mito della “patria del socialismo” , dopo essersi legittimati, in occidente, come forza politica, i partiti comunisti hanno preferito muoversi dentro le pieghe della società capitalistica, con la quale sono scesi, implicitamente, a patti e compromessi. La critica al bolscevismo, ed allo stesso leninismo, che avevano avviato militanti del calibro di Rosa Luxemburg, Antonio Gramsci, Amadeo Bordiga, Andreu Nin, Ernest Mandel, è stata o accantonata oppure edulcorata e resa inoffensiva. Si è proceduto con strumenti semplici e raffinati e, in alcuni casi, anche volgari e criminali. Andres Nin, com’è noto, fu rapito ed assassinato da agenti stalinisti durante la guerra di Spagna. Bordiga venne emarginato e Gramsci, santificato e collocato in un empireo comunista, venne ridotto ad inoffensiva icona. Nei confronti del “Grande Fratello”, la ex U.R.S.S., specialmente il partito comunista italiano ha tenuto atteggiamenti di aperta sottomissione, che, in determinate occasioni, hanno sfiorato addirittura la correità. L’accettazione acritica del modello sovietico, l’esaltazione della società comunista, la continua magnificazione di una realtà sociale fondata sull’ingiustizia e sulla privazione delle più elementari libertà, la totale disinformazione sui reali processi politici in atto in quel partito ha portato i militanti comunisti a rinchiudersi in una sorta di ghetto in cui l’ideologia, ad arte, è stata purificata e mondata. “Noi siamo comunisti italiani”, era la frase preferita dei militanti del P.C.I. a corto di argomenti quando intendevano prendere le distanze dal socialismo reale. Tutto ciò ha condotto l’attuale P.D.S. ad una abiura totale, tardiva e non richiesta, ma soprattutto mal digerita e, francamente, di facciata. Ancora una volta ha prevalso il più spudorato tatticismo, tant’è che alcuni dei dirigenti della Quercia hanno fatto propri gli argomenti e le ragioni dell’avversario come se loro dentro il P.C.I. non ci fossero mai stati o fossero stati ospiti di passaggio. Rifondazione Comunista, da parte sua, ha preferito la totale rimozione, tanto che i suoi dirigenti, colpiti da amnesia, sembra abbiano soggiornato a lungo nelle isole della luna, cibandosi di fior di loto. Non si capisce, infatti, quale comunismo, questa formazione politica, ostentatamente comunista, intenda rifondare. Il suo presidente, ai tempi del P.C.I., passava per il più ortodosso dei sovietici, oggi dovrebbe sentirsi come quel soldato giapponese trovato in un isoletta del Pacifico, dieci anni dopo la fine della guerra. Rifondazione non ha avviato, e, a quanto sembra, non intende avviare, una discussione critica sul passato e sull’eredità del comunismo. Al suo interno convivono le più strane e contraddittorie posizioni che formano, nel complesso, un variegato mosaico di ex-comunismi. Ci sono troskisti, stalinisti, sessantottini o sessantottardi, bordighiani , “gruppettari”, sindacalisti, comunisti ortodossi, neo-comunisti, socialisti rivoluzionari, terzomondisti e quant’altro oltre un secolo di socialismo è riuscito a produrre. Non essendosi mai avviata una discussione, serena ed approfondita, tendono a prevalere due posizioni manichee : o si accetta tutto il passato in blocco o lo si condanna definitivamente e lo si considera morto e sepolto. Torna di nuovo la domanda : allora cosa “rifondano” quelli di R.C. ? e quale “nuovo” partito della Sinistra stanno costruendo quelli del P.D.S. ? Bisogna avere il coraggio di cominciare a scavare dentro la storia del comunismo senza la pretesa né di sollevare polveroni giustificatori, né di annientare definitivamente un’idea, un’utopia scomoda. Il primo è un alibi, il secondo un desiderio. Per riuscire ad avviare questa gigantesca operazione occorre, prima di tutto, rimettere in discussione le proprie radici e le proprie origini culturali e politiche. Questo vuol dire cominciare a discutere sui propri “padri” spirituali e scoprire che, già vivente Lenin, era cominciata una lenta erosione dei fondamenti del partito che aveva come obiettivo la sua distruzione e la sua trasformazione in qualcosa altro. Il dibattito all’interno delle organizzazioni comuniste, già a partire dal 1922, cominciava ad essere ridotto e sottoposto ad un rigido controllo ; il dissenso, anche minimo, veniva criminalizzato ; le decisioni venivano assunte da gruppi sempre più ristretti e il grande patrimonio culturale, il sapere di cui parlava il manifesto russo, citato all’inizio, veniva ridotto ad una sorta di catechismo, imposto dall’alto ed aggiornato, di volta in volta, a seconda delle necessità o delle opportunità contingenti. Infine, il tutto culminava in un fideismo cieco ed assoluto di fronte al quale qualsiasi altra ragione, personale, umana, familiare, culturale, doveva cedere. Tutto questo non escludeva che ci fossero militanti generosamente devoti e votati alla “causa” fino all’estremo sacrificio ; eppure, nonostante questa dedizione, il comunismo sovietico non ha esitato a svendere i partiti fratelli per il proprio tornaconto. Ed i partiti fratelli, venduti, traditi e sacrificati, hanno sempre accettato, compreso, capito e contribuito alla causa a prezzo di migliaia di lutti e di morti. Gli esempi sono così tanti che occorrerebbe un’intera pagina. Basta citarne quattro. L’invasione e l’occupazione della Finlandia e dei paesi baltici ; la spartizione della Polonia tra Hitler e Stalin, cioè il Patto Molotov - von Ribbentrop ; il sacrificio di Gramsci ; “il fraterno” aiuto alla Spagna, fatto pagare a peso d’oro, nel senso più letterale, e con lo sterminio degli anarchici e dei poumisti. Ci sono nei cromosomi politici dei comunisti e, forse, anche di quelli che sono stati comunisti, delle impronte genetiche che devono essere estirpate altrimenti non si potrà né costruire un partito di sinistra nuovo, né rifondare una splendida e necessaria utopia. L’intolleranza, il fideismo, la reticenza, la presunzione del possesso della verità assoluta, la supponente arroganza del dirigente, il cinismo, il doppiogiochismo, la tendenza alla calunnia, la preferenza per l’intrigo, il conformismo, l’opportunismo, i tatticismi, il fanatismo ed infine, quel dogma secondo il quale “chi non è con me è contro di me”, degno del peggiore gesuitismo controriformista, sono altrettanti difetti genetici passati interamente nel patrimonio politico degli attuali due partiti di sinistra, eredi del vecchio P.C.I. Bisogna diffidare sia delle conversioni repentine che delle nostalgiche riproposizioni, perché, come insegnava Marx, la storia non si presenta mai due volte allo stesso modo. I revival rischiano di essere patetici e caricaturali ; le abiure, invece, opportunistiche ed irrazionali.

  2. #2
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    niente eh? copia incolla, copia incolla, ma farina deol tuo sacco non se ne vede.
    A Viareggio si dice: "ride' si ride tanto, ma i cucchiai fan la ruggine".
    santa polenta, avessi letto un post di felix sulla disastrosa politica economca del governo. sempre la solita minestra. senza sale.

  3. #3
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    L'articolo è interessante e per larghi tratti condivisibile. Anche se mi sembra più appropriato postarlo nel forum di Rifondazione. Da noi non c'è nessuno che vuole rifondare il comunismo.

    Se i nostri avversari avessero seguito un po' meglio il dibattito a sinistra si sarebbero resi conto che tante cose sono successe.

    Che in diversi congressi si è aperta la strada a Rosselli, all'azionismo e ad altro pensiero di sinistra non marxista. Certo il cammino non è del tutto completato, ma è avviato.


    Piuttosto quello che dice Orlando qui sotto mi sembra si possa ascrivere come prassi alla destra populista e illiberale che governa l'Italia.

    "Ci sono nei cromosomi politici dei comunisti e, forse, anche di quelli che sono stati comunisti, delle impronte genetiche che devono essere estirpate altrimenti non si potrà né costruire un partito di sinistra nuovo, né rifondare una splendida e necessaria utopia. L’intolleranza, il fideismo, la reticenza, la presunzione del possesso della verità assoluta, la supponente arroganza del dirigente, il cinismo, il doppiogiochismo, la tendenza alla calunnia, la preferenza per l’intrigo, il conformismo, l’opportunismo, i tatticismi, il fanatismo ed infine, quel dogma secondo il quale “chi non è con me è contro di me”, degno del peggiore gesuitismo controriformista, sono altrettanti difetti genetici passati interamente nel patrimonio politico degli attuali due partiti di sinistra, eredi del vecchio P.C.I. Bisogna diffidare sia delle conversioni repentine che delle nostalgiche riproposizioni, perché, come insegnava Marx, la storia non si presenta mai due volte allo stesso modo. I revival rischiano di essere patetici e caricaturali ; le abiure, invece, opportunistiche ed irrazionali. "


    Invito gli amici della destra a guardare anche in casa propria, ai residui di Fascismo in AN, al plebiscitarismo in Forza Italia, al populismo della Lega.
    Colui che irrise i martiri del comunismo

  4. #4
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    Quando uno posta qualcosa, specialmente non suo, dovrebbe avere il buon gusto di partecipare al dibattito. A meno che, o non ha nulla da dire o le risposte lo hanno convinto.
    Colui che irrise i martiri del comunismo

  5. #5
    agaragar
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    agnelli ha rifondato una quindicina di volte un'azienda che non funziona.....

  6. #6
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    Originally posted by carlo rosselli
    Quando uno posta qualcosa, specialmente non suo, dovrebbe avere il buon gusto di partecipare al dibattito. A meno che, o non ha nulla da dire o le risposte lo hanno convinto.
    altra opzione: uno è occupato in altro e non ha tempo di rispondere immediatamente come pretendi tu.

    x drugo:

  7. #7
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    Originally posted by Felix


    altra opzione: uno è occupato in altro e non ha tempo di rispondere immediatamente come pretendi tu.

    x drugo:
    Hai ragione. Chiedo scusa. Attendo con ansia il tuo intervento
    Colui che irrise i martiri del comunismo

  8. #8
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    c'è qualcosa che non quadra nel supposto superamento del comunismo nella sinistra: come mai molti sinistri (diessini principalmente) si indignano per l'anticomunismo militante di forza italia???!! Ma se non sono più comunisti, perchè si sentono chiamati in causa? Berlusconi ce l'ha coi COMUNISTI, non coi socialdemocratici, coi liberali e i cattolici di sx...

    I casi sono tre:

    1) sono ancora comunisti, almeno nell'inconscio o nel DNA.

    2) non sono più comunisti ma non vogliono tagliare i ponti con un passato che non passa, e che anche se scotta, tiene in piedi la baracca identitaria

    3) non sono più comunisti ma criticano Berlusconi perchè esagera con un anticomunismo fuori tempo e fuori bersaglio.

    ritengo più probabile il punto 2.

    saluti

  9. #9
    Claude
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    Originally posted by Felix
    c'è qualcosa che non quadra nel supposto superamento del comunismo nella sinistra: come mai molti sinistri (diessini principalmente) si indignano per l'anticomunismo militante di forza italia???!! Ma se non sono più comunisti, perchè si sentono chiamati in causa? Berlusconi ce l'ha coi COMUNISTI, non coi socialdemocratici, coi liberali e i cattolici di sx...

    I casi sono tre:

    1) sono ancora comunisti, almeno nell'inconscio o nel DNA.

    2) non sono più comunisti ma non vogliono tagliare i ponti con un passato che non passa, e che anche se scotta, tiene in piedi la baracca identitaria

    3) non sono più comunisti ma criticano Berlusconi perchè esagera con un anticomunismo fuori tempo e fuori bersaglio.

    ritengo più probabile il punto 2.

    saluti
    Io direi la tre: Berlusconi vede comunisti ovunque, soprattutto laddove non ce ne sono. L'antocuminismo berlusconiano è ormai un tormentone, nel senso cabarettistico del termine, cioè quella data battuta, quel peculiare gesto, quella smorfia che caratterizza tutte le esibizioni di un certo comico; l'unica differenza con i comici veri è che ride solo lui.
    Questo tipo di anti. è privo di significato, deriva solo dal disprezzo politico per gli avversari, ed è sempre più teso non a stigmatizzare certe ideologie dannose o sbagliate, bensì ad identificare una sorta di tipo antropologico sfumato e comprensivo di una quantità indefinita di caratteristiche negative.

  10. #10
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    Originally posted by Felix
    c'è qualcosa che non quadra nel supposto superamento del comunismo nella sinistra: come mai molti sinistri (diessini principalmente) si indignano per l'anticomunismo militante di forza italia???!! Ma se non sono più comunisti, perchè si sentono chiamati in causa? Berlusconi ce l'ha coi COMUNISTI, non coi socialdemocratici, coi liberali e i cattolici di sx...

    I casi sono tre:

    1) sono ancora comunisti, almeno nell'inconscio o nel DNA.

    2) non sono più comunisti ma non vogliono tagliare i ponti con un passato che non passa, e che anche se scotta, tiene in piedi la baracca identitaria

    3) non sono più comunisti ma criticano Berlusconi perchè esagera con un anticomunismo fuori tempo e fuori bersaglio.

    ritengo più probabile il punto 2.

    saluti
    No, direi una quarta ipotesi, Berlusconi quando parla di comunisti si riferisce maggiormente ai DS, ma abbastanza confusamente anche al centrosinistra e in generale a tutti quelli che gli fanno opposizione a sinistra di lui...Per questo ce la prendiamo, intanto perché non tutto l'Ulivo è riconducibile alla sinistra, poi perché non tutta la sinistra è comunista, e anche quella che è comunista ormai lo fa all'acqua di rose...

 

 
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