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    Predefinito Il Primato del Successore di Pietro nel mistero della Chiesa



    1. Nell'attuale momento della vita della Chiesa, la questione del Primato di Pietro e dei Suoi Successori presenta una singolare rilevanza, anche ecumenica. In questo senso si è espresso con frequenza Giovanni Paolo II, in modo particolare nell'Enciclica Ut unum sint, nella quale ha voluto rivolgere specialmente ai pastori ed ai teologi l'invito a "trovare una forma di esercizio del Primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra a una situazione nuova" (1).

    La Congregazione per la Dottrina della Fede, accogliendo l'invito del Santo Padre, ha deciso di proseguire l'approfondimento della tematica convocando un simposio di natura prettamente dottrinale su Il Primato del Successore di Pietro, che si è svolto in Vaticano dal 2 al 4 dicembre 1996, e di cui sono stati pubblicati gli Atti (2).

    2. Nel Messaggio rivolto ai partecipanti al simposio, il Santo Padre ha scritto: "La Chiesa Cattolica è consapevole di aver conservato, in fedeltà alla Tradizione Apostolica e alla fede dei Padri, il ministero del Successore di Pietro" (3). Esiste infatti una continuità lungo la storia della Chiesa nello sviluppo dottrinale sul Primato. Nel redigere il presente testo, che compare in appendice al suddetto volume degli Atti (4), la Congregazione per la Dottrina della Fede si è avvalsa dei contributi degli studiosi, che hanno preso parte al simposio, senza però intendere offrirne una sintesi né addentrarsi in questioni aperte a nuovi studi. Queste "Considerazioni"

    - a margine del Simposio - vogliono solo ricordare i punti essenziali della dottrina cattolica sul Primato, grande dono di Cristo alla sua Chiesa in quanto servizio necessario all'unità e che è stato anche spesso, come dimostra la storia, una difesa della libertà dei Vescovi e delle Chiese particolari di fronte alle ingerenze del potere politico.

    I - Origine, finalità e natura del Primato

    3. "Primo Simone, chiamato Pietro" (5). Con questa significativa accentuazione della primazia di Simon Pietro, San Matteo introduce nel suo Vangelo la lista dei Dodici Apostoli, che anche negli altri due Vangeli sinottici e negli Atti inizia con il nome di Simone (6). Questo elenco, dotato di grande forza testimoniale, ed altri passi evangelici (7) mostrano con chiarezza e semplicità che il canone neotestamentario ha recepito le parole di Cristo relative a Pietro ed al suo ruolo nel gruppo dei Dodici (8). Perciò, già nelle prime comunità cristiane, come più tardi in tutta la Chiesa, l'immagine di Pietro è rimasta fissata come quella dell'Apostolo che, malgrado la sua debolezza umana, fu costituito espressamente da Cristo al primo posto fra i Dodici e chiamato a svolgere nella Chiesa una propria e specifica funzione.

    Egli è la roccia sulla quale Cristo edificherà la sua Chiesa (9); è colui che, una volta convertito, non verrà meno nella fede e confermerà i fratelli (10); è, infine, il Pastore che guiderà l'intera comunità dei discepoli del Signore (11).

    Nella figura, nella missione e nel ministero di Pietro, nella sua presenza e nella sua morte a Roma - attestate dalla più antica tradizione letteraria e archeologica - la Chiesa contempla una profonda realtà, che è in rapporto essenziale con il suo stesso mistero di comunione e di salvezza: "Ubi Petrus, ibi ergo Ecclesia" (12). La Chiesa, fin dagli inizi e con crescente chiarezza, ha capito che come esiste la successione degli Apostoli nel ministero dei Vescovi, così anche il ministero dell'unità, affidato a Pietro, appartiene alla perenne struttura della Chiesa di Cristo e che questa successione è fissata nelle sede del suo martirio.

    4. Basandosi sulla testimonianza del Nuovo Testamento, la Chiesa Cattolica insegna, come dottrina di fede, che il Vescovo di Roma è Successore di Pietro nel suo servizio primaziale nella Chiesa universale (13); questa successione spiega la preminenza della Chiesa di Roma (14), arricchita anche dalla predicazione e dal martirio di San Paolo.

    Nel disegno divino sul Primato come "ufficio dal Signore concesso singolarmente a Pietro, il primo degli Apostoli, e da trasmettersi ai suoi successori" (15), si manifesta già la finalità del carisma petrino, ovvero "l'unità di fede e di comunione" (16) di tutti i credenti. Il Romano Pontefice infatti, quale Successore di Pietro, è "perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli" (17), e perciò egli ha una grazia ministeriale specifica per servire quell'unità di fede e di comunione che è necessaria per il compimento della missione salvifica della Chiesa (18).

    5. La Costituzione Pastor aeternus del Concilio Vaticano I indicò nel prologo la finalità del Primato, dedicando poi il corpo del testo a esporre il contenuto o ámbito della sua potestà propria. Il Concilio Vaticano II, da parte sua, riaffermando e completando gli insegnamenti del Vaticano I (19) ha trattato principalmente il tema della finalità, con particolare attenzione al mistero della Chiesa come Corpus Ecclesiarum (20). Tale considerazione permise di mettere in rilievo con maggiore chiarezza che la funzione primaziale del Vescovo di Roma e la funzione degli altri Vescovi non si trovano in contrasto ma in un'originaria ed essenziale armonia (21).

    Perciò, "quando la Chiesa Cattolica afferma che la funzione del Vescovo di Roma risponde alla volontà di Cristo, essa non separa questa funzione dalla missione affidata all'insieme dei Vescovi, anch'essi "vicari e legati di Cristo" (Lumen gentium, n. 27). Il Vescovo di Roma appartiene al loro collegio ed essi sono i suoi fratelli nel ministero" (22). Si deve anche affermare, reciprocamente, che la collegialità episcopale non si contrappone all'esercizio personale del Primato né lo deve relativizzare.

    6. Tutti i Vescovi sono soggetti della sollicitudo omnium Ecclesiarum (23) in quanto membri del Collegio episcopale che succede al Collegio degli Apostoli, di cui ha fatto parte anche la straordinaria figura di San Paolo. Questa dimensione universale della loro episkopè (sorveglianza) è inseparabile dalla dimensione particolare relativa agli uffici loro affidati (24). Nel caso del Vescovo di Roma - Vicario di Cristo al modo proprio di Pietro come Capo del Collegio dei Vescovi (25) -, la sollicitudo omnium Ecclesiarum acquista una forza particolare perché è accompagnata dalla piena e suprema potestà nella Chiesa (26): una potestà veramente episcopale, non solo suprema, piena e universale, ma anche immediata, su tutti, sia pastori che altri fedeli (27). Il ministero del Successore di Pietro, perciò, non è un servizio che raggiunge ogni Chiesa particolare dall'esterno, ma è iscritto nel cuore di ogni Chiesa particolare, nella quale "è veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo" (28), e per questo porta in sé l'apertura al ministero dell'unità. Questa interiorità del ministero del Vescovo di Roma a ogni Chiesa particolare è anche espressione della mutua interiorità tra Chiesa universale e Chiesa particolare (29).

    L'Episcopato e il Primato, reciprocamente connessi e inseparabili, sono d'istituzione divina. Storicamente sono sorte, per istituzione della Chiesa, forme di organizzazione ecclesiastica nelle quali si esercita pure un principio di primazia.

    In particolare, la Chiesa Cattolica è ben consapevole della funzione delle sedi apostoliche nella Chiesa antica, specialmente di quelle considerate Petrine - Antiochia ed Alessandria - quali punti di riferimento della Tradizione apostolica, intorno a cui si è sviluppato il sistema patriarcale; questo sistema appartiene alla guida della Provvidenza ordinaria di Dio sulla Chiesa, e reca in sé, dagli inizi, il nesso con la tradizione petrina (30).

    II - L'esercizio del Primato e le sue modalità

    7. L'esercizio del ministero petrino deve essere inteso - perché "nulla perda della sua autenticità e trasparenza" (31) - a partire dal Vangelo, ovvero dal suo essenziale inserimento nel mistero salvifico di Cristo e nell'edificazione della Chiesa. Il Primato differisce nella propria essenza e nel proprio esercizio dagli uffici di governo vigenti nelle società umane (32): non è un ufficio di coordinamento o di presidenza, né si riduce ad un Primato d'onore, né può essere concepito come una monarchia di tipo politico.

    Il Romano Pontefice è - come tutti i fedeli - sottomesso alla Parola di Dio, alla fede cattolica ed è garante dell'obbedienza della Chiesa e, in questo senso, servus servorum. Egli non decide secondo il proprio arbitrio, ma dà voce alla volontà del Signore, che parla all'uomo nella Scrittura vissuta ed interpretata dalla Tradizione; in altri termini, la episkopè del Primato ha i limiti che procedono dalla legge divina e dall'inviolabile costituzione divina della Chiesa contenuta nella Rivelazione (33). Il Successore di Pietro è la roccia che, contro l'arbitrarietà e il conformismo, garantisce una rigorosa fedeltà alla Parola di Dio: ne segue anche il carattere martirologico del suo Primato.

    8. Le caratteristiche dell'esercizio del Primato devono essere comprese soprattutto a partire da due premesse fondamentali: l'unità dell'Episcopato e il carattere episcopale del Primato stesso.

    Essendo l'Episcopato una realtà "una e indivisa" (34), il Primato del Papa comporta la facoltà di servire effettivamente l'unità di tutti i Vescovi e di tutti i fedeli, e "si esercita a svariati livelli, che riguardano la vigilanza sulla trasmissione della Parola, sulla celebrazione sacramentale e liturgica, sulla missione, sulla disciplina e sulla vita cristiana" (35); a questi livelli, per volontà di Cristo, tutti nella Chiesa - i Vescovi e gli altri fedeli - debbono obbedienza al Successore di Pietro, il quale è anche garante della legittima diversità di riti, discipline e strutture ecclesiastiche tra Oriente ed Occidente.

    9. Il Primato del Vescovo di Roma, considerato il suo carattere episcopale, si esplica, in primo luogo, nella trasmissione della Parola di Dio; quindi esso include una specifica e particolare responsabilità nella missione evangelizzatrice (36), dato che la comunione ecclesiale è una realtà essenzialmente destinata ad espandersi: "Evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda" (37).

    Il compito episcopale che il Romano Pontefice ha nei confronti della trasmissione della Parola di Dio si estende anche all'interno di tutta la Chiesa. Come tale, esso è un ufficio magisteriale supremo e universale (38); è una funzione che implica un carisma: una speciale assistenza dello Spirito Santo al Successore di Pietro, che implica anche, in certi casi, la prerogativa dell'infallibilità (39).

    Come "tutte le Chiese sono in comunione piena e visibile, perché tutti i pastori sono in comunione con Pietro, e così nell'unità di Cristo" (40), allo stesso modo i Vescovi sono testimoni della verità divina e cattolica quando insegnano in comunione con il Romano Pontefice (41).

    10. Insieme alla funzione magisteriale del Primato, la missione del Successore di Pietro su tutta la Chiesa comporta la facoltà di porre gli atti di governo ecclesiastico necessari o convenienti per promuovere e difendere l'unità di fede e di comunione; tra questi si consideri, ad esempio: dare il mandato per l'ordinazione di nuovi Vescovi, esigere da loro la professione di fede cattolica; aiutare tutti a mantenersi nella fede professata.

    Come è ovvio, vi sono molti altri possibili modi, più o meno contingenti, di svolgere questo servizio all'unità: emanare leggi per tutta la Chiesa, stabilire strutture pastorali a servizio di diverse Chiese particolari, dotare di forza vincolante le decisioni dei Concili particolari, approvare istituti religiosi sopradiocesani, ecc. Per il carattere supremo della potestà del Primato, non v'è alcuna istanza cui il Romano Pontefice debba rispondere giuridicamente dell'esercizio del dono ricevuto: "prima sedes a nemine iudicatur" (42). Tuttavia, ciò non significa che il Papa abbia un potere assoluto. Ascoltare la voce delle Chiese è, infatti, un contrassegno del ministero dell'unità, una conseguenza anche dell'unità del Corpo episcopale e del sensus fidei dell'intero Popolo di Dio; e questo vincolo appare sostanzialmente dotato di maggior forza e sicurezza delle istanze giuridiche - ipotesi peraltro improponibile, perché priva di fondamento - alle quali il Romano Pontefice dovrebbe rispondere. L'ultima ed inderogabile responsabilità del Papa trova la migliore garanzia, da una parte, nel suo inserimento nella Tradizione e nella comunione fraterna e, dall'altra, nella fiducia nell'assistenza dello Spirito Santo che governa la Chiesa.

    11. L'unità della Chiesa, al servizio della quale si pone in modo singolare il ministero del Successore di Pietro, raggiunge la più alta espressione nel Sacrificio Eucaristico, il quale è centro e radice della comunione ecclesiale; comunione che si fonda anche necessariamente sull'unità dell'Episcopato. Perciò, "ogni celebrazione dell'Eucaristia è fatta in unione non solo con il proprio Vescovo ma anche con il Papa, con l'ordine episcopale, con tutto il clero e con l'intero popolo. Ogni valida celebrazione dell'Eucaristia esprime questa universale comunione con Pietro e con l'intera Chiesa, oppure oggettivamente la richiama" (43), come nel caso delle Chiese che non sono in piena comunione con la Sede Apostolica.

    12. "La Chiesa pellegrinante, nei suoi sacramenti e nelle sue istituzioni, che appartengono all'età presente, porta la figura fugace di questo mondo" (44).

    Anche per questo, l'immutabile natura del Primato del Successore di Pietro si è espressa storicamente attraverso modalità di esercizio adeguate alle circostanze di una Chiesa pellegrinante in questo mondo mutevole.

    I contenuti concreti del suo esercizio caratterizzano il ministero petrino nella misura in cui esprimono fedelmente l'applicazione alle circostanze di luogo e di tempo delle esigenze della finalità ultima che gli è propria (l'unità della Chiesa). La maggiore o minore estensione di tali contenuti concreti dipenderà in ogni epoca storica dalla necessitas Ecclesiae. Lo Spirito Santo aiuta la Chiesa a conoscere questa necessitas ed il Romano Pontefice, ascoltando la voce dello Spirito nelle Chiese, cerca la risposta e la offre quando e come lo ritiene opportuno.

    Di conseguenza, non è cercando il minimo di attribuzioni esercitate nella storia che si può determinare il nucleo della dottrina di fede sulle competenze del Primato. Perciò, il fatto che un determinato compito sia stato svolto dal Primato in una certa epoca non significa da solo che tale compito debba necessariamente essere sempre riservato al Romano Pontefice; e, viceversa, il solo fatto che una determinata funzione non sia stata esercitata in precedenza dal Papa non autorizza a concludere che tale funzione non possa in alcun modo esercitarsi in futuro come competenza del Primato.

    13. In ogni caso, è fondamentale affermare che il discernimento circa la congruenza tra la natura del ministero petrino e le eventuali modalità del suo esercizio è un discernimento da compiersi in Ecclesia, ossia sotto l'assistenza dello Spirito Santo e in dialogo fraterno del Romano Pontefice con gli altri Vescovi, secondo le esigenze concrete della Chiesa. Ma, allo stesso tempo, è chiaro che solo il Papa (o il Papa con il Concilio ecumenico) ha, come Successore di Pietro, l'autorità e la competenza per dire l'ultima parola sulle modalità di esercizio del proprio ministero pastorale nella Chiesa universale.

    * * *

    14. Nel ricordare i punti essenziali della dottrina cattolica sul Primato del Successore di Pietro, la Congregazione per la Dottrina della Fede è certa che la riaffermazione autorevole di tali acquisizioni dottrinali offre maggior chiarezza sulla via da proseguire. Tale richiamo è utile, infatti, anche per evitare le ricadute sempre nuovamente possibili nelle parzialità e nelle unilateralità già respinte dalla Chiesa nel passato (febronianesimo, gallicanesimo, ultramontanismo, conciliarismo, ecc). E, soprattutto, vedendo il ministero del Servo dei servi di Dio come un grande dono della misericordia divina alla Chiesa, troveremo tutti - con la grazia dello Spirito Santo - lo slancio per vivere e custodire fedelmente l'effettiva e piena unione con il Romano Pontefice nel quotidiano camminare della Chiesa, secondo il modo voluto da Cristo (45).

    15. La piena comunione voluta dal Signore tra coloro che si confessano suoi discepoli richiede il riconoscimento comune di un ministero ecclesiale universale "nel quale tutti i Vescovi si riconoscano uniti in Cristo e tutti i fedeli trovino la conferma della propria fede" (46).

    La Chiesa Cattolica professa che questo ministero è il ministero primaziale del Romano Pontefice, Successore di Pietro, e sostiene con umiltà e con fermezza "che la comunione delle Chiese particolari con la Chiesa di Roma, e dei loro Vescovi con il Vescovo di Roma, è un requisito essenziale - nel disegno di Dio - della comunione piena e visibile" (47). Non sono mancati nella storia del Papato errori umani e mancanze anche gravi: Pietro stesso, infatti, riconosceva di essere peccatore (48). Pietro, uomo debole, fu eletto come roccia, proprio perché fosse palese che la vittoria è soltanto di Cristo e non risultato delle forze umane. Il Signore volle portare in vasi fragili (49) il proprio tesoro attraverso i tempi: così la fragilità umana è diventata segno della verità delle promesse divine.

    Quando e come si raggiungerà la tanto desiderata mèta dell'unità di tutti i cristiani? "Come ottenerlo? Con la speranza nello Spirito, che sa allontanare da noi gli spettri del passato e le memorie dolorose della separazione; Egli sa concederci lucidità, forza e coraggio per intraprendere i passi necessari, in modo che il nostro impegno sia sempre più autentico" (50). Siamo tutti invitati ad affidarci allo Spirito Santo, ad affidarci a Cristo, affidandoci a Pietro.

    JOSEPH Card. RATZINGER
    Prefetto
    TARCISIO BERTONE
    Arcivescovo emerito di Vercelli
    Segretario

    Note
    1) Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Ut unum sint, 25-V-1995, n. 95.
    2) Il Primato del Successore di Pietro, Atti del Simposio teologico, Roma 2-4 dicembre 1996, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1998.
    3) Giovanni Paolo II, Lettera al Cardinale Joseph Ratzinger, in Ibid, p. 20.
    4) Il Primato del Successore di Pietro nel mistero della Chiesa, Considerazioni della Congregazione per la Dottrina della Fede, in Ibid, Appendice, pp. 493-503. Il testo è pubblicato anche in un apposito fascicolo, edito dalla Libreria Editrice Vaticana.
    5) Mt 10, 2.
    6) Cfr Mc 3, 16; Lc 6, 14; At 1, 13.
    7) Cfr Mt 14, 28-31; 16, 16-23 e par.; 19, 27-29 e par.; 26, 33-35 e par.; Lc 22, 32; Gv 1, 42; 6, 67-70; 13, 36-38; 21, 15-19.
    8) La testimonianza per il ministero petrino si trova in tutte le espressioni, pur differenti, della tradizione neotestamentaria, sia nei Sinottici - qui con tratti diversi in Matteo e in Luca, come
    anche in San Marco -, sia nel corpo Paolino e nella tradizione Giovannea, sempre con elementi originali, differenti quanto agli aspetti narrativi ma profondamente concordanti nel significato essenziale. Questo è un segno che la realtà Petrina fu considerata come un dato costitutivo della Chiesa.
    9) Cfr Mt 16, 18.
    10) Cfr Lc 22, 32.
    11) Cfr Gv 21, 15-17. Sulla testimonianza neotestamentaria sul Primato, cfr anche Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Ut unum sint, nn. 90 ss. 12) S. Ambrogio di Milano, Enarr. In Ps., 40, 30: PL 14, 1134.
    13) Cfr ad esempio S. Siricio I, Lett. Directa ad decessorem, 10-II-385: Denz-Hün, n. 181; Conc. di Lione II, Professio fidei di Michele Paleologo, 6-VII-1274: Denz-Hün, n. 861; Clemente VI, Lett. Super quibusdam, 29-IX-1351: Denz-Hün, n. 1053; Conc. di Firenze,
    Bolla Laetentur caeli, 6-VII-1439: Denz-Hün, n. 1307; Pio IX, Lett. Enc. Qui pluribus, 9-XI-1846: Denz-Hün, n. 2781; Conc. Vaticano I, Cost. dogm. Pastor aeternus, cap. 2: Denz-Hün, nn. 3056-3058; Conc. Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, cap. III, nn. 21-23; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 882; ecc.
    14) Cfr S. Ignazio d'Antiochia, Epist. ad Romanos, Intr.: SChr 10, 106-107; S. Ireneo di Lione, Adversus haereses, III, 3, 2: SChr 211, 32-33.
    15) Conc. Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 20.
    16) Conc. Vaticano I, Cost. dogm. Pastor aeternus, proemio: Denz-Hün, n. 3051. Cfr S. Leone I Magno, Tract. In Natale eiusdem, IV, 2: CCL 138, p. 19.
    17) Conc. Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 23. Cfr Conc. Vaticano I, Cost. dogm. Pastor aeternus, proemio: Denz-Hün, n. 3051; Giovanni Paolo II, Enc. Ut unum sint, n. 88. Cfr
    Pio IX, Lett. del S. Uffizio ai Vescovi d'Inghilterra, 16-IX-1864: Denz-Hün, n. 2888; Leone XIII, Lett. Enc. Satis cognitum, 29-VI-1896: Denz-Hün, nn. 3305-3310.
    18) Cfr Gv 17, 21-23; Conc. Vaticano II, Decr. Unitatis redintegratio, n. 1; Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 8-XII-1975, n. 77: AAS 68 (1976) 69; Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Ut unum sint, n. 98.
    19) Cfr Conc. Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 18.
    20) Cfr ibidem, n. 23.
    21) Cfr Conc. Vaticano I, Cost. dogm. Pastor aeternus, cap. 3: Denz-Hün, n. 3061; cfr. Dichiarazione collettiva dei Vescovi tedeschi, genn.-febbr. 1875: Denz-Hün, nn. 3112-3113; Leone XIII, Lett. Enc. Satis cognitum, 29-VI-1896: Denz-Hün, n. 3310; Conc. Vaticano II,
    Cost. dogm. Lumen gentium, n. 27. Come spiegò Pio IX nell'Allocuzione dopo la promulgazione della Costituzione Pastor aeternus: "Summa ista Romani Pontificis auctoritas, Venerabiles Fratres, non opprimit sed adiuvat, non destruit sed aedificat, et saepissime confirmat in dignitate, unit in caritate, et Fratrum, scilicet Episcoporum, jura firmat atque tuetur" (Mansi 52, 1336 A/B).
    22) Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Ut unum sint, n. 95.
    23) 2 Cor 11, 28.
    24) La priorità ontologica che la Chiesa universale, nel suo essenziale mistero, ha rispetto ad ogni singola Chiesa particolare (cfr Congr. per la Dottrina della Fede, Lett. Communionis notio, 28-V-1992, n. 9) sottolinea anche l'importanza della dimensione universale del ministero di ogni Vescovo.
    25) Cfr Conc. Vaticano I, Cost. dogm. Pastor aeternus, cap. 3: Denz-Hün, n. 3059; Conc. Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 22; cfr. Conc. di Firenze, Bolla Laetentur caeli, 6-VII-1439: Denz-Hün, n. 1307.
    26) Cfr Conc. Vaticano I Cost. dogm. Pastor aeternus, cap. 3: Denz-Hün, nn. 3060.3064.
    27) Cfr Ibidem; Conc. Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 22.
    28) Conc. Vaticano II, Decr. Christus Dominus, n. 11.
    29) Cfr Congr. per la Dottrina della Fede, Lett. Communionis notio, n. 13.
    30) Cfr Conc. Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 23; Decr. Orientalium Ecclesiarum, nn. 7 e 9.
    31) Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Ut unum sint, n. 93.
    32) Cfr ibidem, n. 94.
    33) Cfr Dichiarazione collettiva dei Vescovi tedeschi, genn.-febbr. 1875: Denz-Hün, n. 3114.
    34) Conc. Vaticano I, Cost. dogm. Pastor aeternus, proemio: Denz-Hün, n. 3051.
    35) Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Ut unum sint, n. 94.
    36) Cfr Conc. Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 23; Leone XIII, Lett. Enc. Grande munus, 30-IX-1880: ASS 13 (1880) 145; CIC can. 782 § 1.
    37) Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, n. 14. Cfr CIC can. 781.
    38) Cfr Conc. Vaticano I, Cost. dogm. Pastor aeternus, cap. 4: Denz-Hün, nn. 3065-3068.
    39) Cfr ibidem: Denz-Hün, nn. 3073-3074; Conc. Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 25; CIC can 749 § 1; CCEO can. 597 § 1.
    40) Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Ut unum sint, n. 94.
    41) Cfr Conc. Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 25.
    42) CIC, can. 1404; CCEO, can. 1058. Cfr Conc. Vaticano I, Cost. dogm. Pastor aeternus, cap. 3: Denz-Hün, n. 3063.
    43) Congr. per la Dottrina della Fede, Lett. Communionis notio, n. 14. Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1369.
    44) Conc. Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 48.
    45) Cfr Conc. Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 15.
    46) Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Ut unum sint, n. 97.
    47) Ibidem.
    48) Cfr Lc 5, 8.
    49) Cfr 2 Cor 4, 7.
    50) Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Ut unum sint, n. 102.

    (C) L'OSSERVATORE ROMANO Sabato 31 Ottobre 1998

  2. #2
    Qoelèt
    Ospite

    Predefinito

    Caro Lepanto,riporto di seguito un breve estratto della recensione del libro di p.Silvano (che invito tutti a leggere) La Chiesa dei nostri Padri : spero ti aiuti a capire l'infondatezza e l'eresia su cui si basa la dottrina papista.

    2. - Soltanto nella Chiesa Ortodossa Orientale oggi.si è conservato integralmente e senza a/cuna innovazione o
    modificazione l'autentico insegnamento di Gesù Cristo e dei suoi Apostoli.



    Quando Gesù, dopo aver compiuto la missione che il Padre gli aveva affidato, è salito al cielo, ha inviato ai suoi Apostoli
    riuniti nel Cenacolo, lo Spirito Santo. Gli Apostoli che già avevano visto il Cristo resuscitato dalla morte, e quindi erano i testimoni,
    in quel momento ricevettero forza dall'alto, perché lo Spirito è "l'altro Consolatore" di cui aveva parlato Gesù nel discorso dopo
    l'ultima Cena, che egli avrebbe inviato loro dal Padre "lo Spirito di Verità che procede dal Padre".

    Questo Spirito trasforma i pescatori di Galilea negli araldi della testimonianza di Cristo. dei pellegrini instancabili per tutte le terre
    allora conosciute per annunciare la Parola della Salvezza, per dare speranza a tutti gli uomini. Quel giorno – il giorno di Pentecoste,
    nasce la Chiesa. Una sola Chiesa, come uno solo è Gesù Cristo Quindi Gesù ha fondato una sola Chiesa ed i vescovi delle antiche
    comunità cristiane che erano succeduti agli Apostoli nel governo di quelle stesse comunità, nell'anno 325 nel Concilio di Nicea
    proclamarono solennemente nel Credo di credere nella Chiesa "UNA SANTA CATTOLICA APOSTOLICA ". Si tratta ora
    di vedere dove è oggi questa Chiesa fondata da Cristo, instaurata dagli Apostoli, stabilita dall'insegnamento degli
    antichi Padri, molti dei quali, come gli stessi Apostoli, dettero valore al loro insegnamento con la testimonianza della morte per
    Cristo. Ebbene, io non solo credo che questa Chiesa è, oggi, la Chiesa Ortodossa Orientale, ma credo anche che questo si possa
    facilmente dimostrare. Se uno è sincero e riflette senza preconcetti può facilmente comprenderlo. Infatti la Vera Chiesa è quella
    che continua direttamente e fedelmente la Chiesa degli Apostoli e dei Padri. Tutte le confessioni, che si sono staccate da essa non
    sono né possono essere vere Chiese, anche se sono più numerose, più forti ed hanno più mezzi umani. Avranno mezzi umani ma
    non la Verità di Dio.



    Facciamo ora un semplice ragionamento: immaginiamo di avere davanti a noi un televisore con il quale sia possibile
    tornare indietro nel tempo. Osserviamo nello schermo una mappa delle varie confessioni cristiane oggi: vediamo, in Occidente,
    la chiesa Cattolica -Romana, le chiese Protestanti e Riformate, la chiesa Anglicana ed un grande numero di piccole (o meno
    piccole) Confessioni spesso chiamate "Sette": Testimoni di Geova, Mormoni, Bambini di Dio ecc; ad Oriente le Chiese Ortodosse
    (Grecia, Russia, Romania, Bulgaria, Serbia, parte del Medio Oriente, con Gerusalemme...) ed alcune altre antiche chiese Cristiane
    dette Ortodosse-precalcedonesi: Armeni, Siri, Copti ecc. Torniamo ora indietro di poco più di cento anni e guardiamo di nuovo la
    mappa sullo schermo: vedremo che sono sparite le Sette, le piccole Denominazioni nate nel secolo scorso per discussioni e litigio in
    seno al Protestantesimo: restano la chiesa Cattolica-Romana e le chiese Protestanti, Riformate e Anglicana in Occidente, ed in
    Oriente quello che abbiamo già visto più sopra. Da questo si deve subito capire, se si ha un minimo di intelligenza, che confessioni
    nate nel secolo scorso non possono certo essere la vera Chiesa di Gesù Cristo, che è stata fondata quasi 2000 anni fa a
    Gerusalemme dagli Apostoli! Se poi torniamo ancora indietro, mettiamo alla data della scoperta dell'America (1492) da cui si fa, di
    solito, iniziare l'era moderna, ci accorgiamo che la mappa si è ancora modificata: in Occidente c'è solo la Chiesa Cattolica Romana
    ed in Oriente il quadro è invariato. Infatti le Chiese nate dalla Riforma si erano staccate dalla Chiesa Cattolica-Romana nel XVI
    secolo per protesta contro le degenerazioni di questa Chiesa ed in particolare del Papato (lusso sfrenato della Curia Romana,
    decadimento della teologia, vendita delle indulgenze ecc.) ad opera principalmente di Lutero e di Calvino. Torniamo ancora un po'
    indietro all'anno '800, quello dell'incoronazione di Carlo Magno: troviamo un'unica Chiesa in Oriente ed in Occidente oltre alle già
    dette Chiese Ortodosse-precalcedonesi: tornando ancora un po' indietro vedremo scomparire anche queste ed essere presente
    l'Unica Chiesa. UNA. SANTA, CATTOLICA, APOSTOLICA. Da questa poco dopo si staccherà la Chiesa Cattolica –
    Romana , principalmente a causa del fatto che il Vescovo di Roma patriarca di Occidente (quello che oggi si chiama comunemente
    "il papa") aveva cominciato a pretendere un’autorità su tutta la Chiesa che mai gli antichi cristiani gli avevano riconosciuto:
    avevano sì riconosciuto che il Vescovo dl Roma era il primo tra i Patriarchi perché Vescovo della capitale dell'impero, a cui si era
    poi equiparato quello di Costantinopoli dove era stata fondata la seconda capitale imperiale ad opera di Costantino, ma questo
    "essere primo" per la Chiesa antica voleva dire un primato di onore e di amore, non supremazia su tutti. Infatti per un tale tipo di
    supremazia non c'è posto nella Chiesa di Cristo: vai a leggere nel tuo Vangelo il capitolo 22 di S. Luca dal v. 24 e te ne convincerai
    facilmente: "i principi delle nazioni - dice Gesù - dominano su di loro ma tra di voi non deve essere così . Chi di voi vuol
    essere il primo deve essere 1' ultimo di tutti ed il servo di tutti". E quando diceva queste parole parlava ai suoi Apostoli che
    litigavano per stabilire chi fra di loro dovesse essere il più grande! Certo il papa si è dimenticato di questo discorso di Gesù quando
    ha cominciato ad affermare di essere il Vescovo dei vescovi che non rende conto a nessuno e non è giudicato da nessuno, anzi,
    come osò far proclamare in Vaticano il papa Pio IX, è "infallibile" quando definisce cose di fede e di morale. Eppure noi sappiamo
    che nella Chiesa antica il papa era giudicato come un qualunque altro Vescovo: esempio più lampante fu il Papa Onorio che
    insegnò l'eresia e venne condannato come eretico da un concilio Ecumenico, persino dopo morto: "condanniamo ancora la memoria
    dell'empio Onorio " e che, se gli antichi santi ed ortodossi papi S. Silvestro, S. Leone I il Grande, S. Gregorio I il Grande...
    tornassero oggi in vita sarebbero i primi a condannare la superbia dei loro successori (successori nella sede però, non nella
    fede). Voglio fare un solo esempio: quando l'imperatore Bizantino attribuì al Patriarca di Costantinopoli il titolo di "Patriarca
    Ecumenico (= universale) " il Papa di Roma Gregorio Magno gli scrisse indignato: "Come osi! Nessuno può chiamarsi
    Vescovo universale!" e pensare che quel titolo gli era stato dato solo in modo onorifico senza che vi corrispondesse nessun potere
    reale. Cosa direbbe oggi S. Gregorio Magno di fronte ai suoi successori che non solo portano un simile titolo ma che si
    compongano davvero come Vescovi a loro arbitrio e senza un giudizio sinodale, e che addirittura osano chiamarsi Vicari
    di Cristo in Terra!Cristo non ha bisogno di Vicari, perché Lui stesso, Risorto e vivo, governa la sua Chiesa per mezzo dello Spirito
    Santo, e tutti i Vescovi sono tra loro, e chi per ragioni di organizzazione della Chiesa riceve titoli e funzioni come quella di Patriarca,
    è soltanto un "primo tra pari", sottoposto come gli altri al giudizio della Chiesa, e che può essere deposto qualora non compia il suo
    dovere conformemente alla volontà di Dio. I papi di Roma, forti del potere che si erano attribuiti, circa dall'anno 1000 hanno
    cominciato ad introdurre nella Chiesa tutta una serie di innovazioni sia nella dottrina che nella pratica della Chiesa e che non
    erano state volute da Cristo né introdotte dagli Apostoli. E non mi riferisco a cose marginali ed esteriori, che possono benissimo
    mutare secondo i tempi ed i luoghi (anche se nella Chiesa ogni cambiamento va fatto con molta attenzione per non correre il rischio
    di alterare il patrimonio tramandato, e poi .sempre con l'approvazione collegiale di un Concilio), ma a cose essenziali: anzitutto la
    modifica del testo del "Credo" che contiene il simbolo della nostra fede e che il Concilio Ecumenico di Calcedonia avesse
    dichiarato "immodificabile", aggiungendo al te.sto approvato in modo del tutto arbitrario, il famoso "Filioque".

    In che corsiste I Santi Padri, conformemente all'insegnamento di Gesù

    “ vi manderò un altro Consolatore lo Spirito di Verità che procede dal Padre") avevano professato: "Credo nello Spirito
    Santo che è Signore e dà la vita e procede dal Padre. Con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato ed ha parlato per
    mero dei profeti ''; arbitrariamente la Chiesa Romana ha aggiunto "procede dal Padre e dal Figlio" (Filioque).Ora, se lo
    Spirito Santo procedesse anche dal Figlio, Gesù lo avrebbe detto, e non lo dice - dice invece che procede dal Padre - e poi questa
    aggiunta sconvolge tutta la dottrina della Santissima Trinità facendo del Figlio un a .specie di "Secondo Padre" dello Spirito Santo.
    Comunque anche senza addentrarci in un a questione profondamente teologica non c'è chi non veda che il .solo fatto di
    modificare unilateralmente il testo che contiene il riassunto fondamentale della nostra fede, approvato dai Concili
    Ecumenici, è un arbitrio che attenta all'unità della Chiesa. Infatti dopo questo, seguirono altre innovazioni unilaterali della
    Chiesa romana, basata sull'autorità del solo Papa e non .su un Concilio Ecumenico (come in modo comunitario si deve fare nella
    Chiesa .secondo il volere di Cristo) quali la modifica della concezione del peccato originale che farebbe anche i piccoli bambini
    responsabili di una colpa che non hanno loro commesso ("i loro Angeli - dice al contrario Gesù - vedono sempre il volto del
    Padre mio") che rende poi necessario il dogma dell'immacolata Concezione dl Maria (il l'atto cioè che Maria sia nata priva di
    questa colpa da non confondere con il dogma della Concezione Verginale, il fatto cioè che Cristo sia nato da lei senza Padre umano
    perché Figlio del Padre celeste), il dogma dell'esistenza del Purgatorio come terzo stato delle anime dopo la morte di cui non c'è
    minima traccia in tutta la Sacra Scrittura né nell'insegnamento dei Santi Padri... e così via.

    Vengono poi introdotte modifiche arbitrariamente nell'amministrazione dei Santi Sacramenti: i laici vengono, durante la santa
    Comunione, privati della Comunione al Santo Sangue (Gesù invece aveva detto "Prendete e bevetene tutti...") il Battesimo,
    cioè l'immersione a somiglianza della morte e resurrezione di Gesù viene sostituito con un lavaggio con poche gocce di acqua e la
    Cresima, fin dall'antichità unita al Battesimo (come nel Battesimo di Gesù: quando Gesù esce dall'acqua subito lo Spirito Santo
    scende su di lui) viene separata da questo e pian panino subisce anche una modificazione del modo di essere concepita ... e così
    via tutta una serie di modifiche e di modifiche a loro volta modificate... tutte cose che si introducono quando nella Chiesa si
    attribuisce ad un Vescovo (il papa) un potere smisurato che non risale certo a Cristo ed alla sua volontà.

    *Ed il discorso "Tu sei Pietro e su questa Pietra..."?

    Questo capitolo del Vangelo di Matteo (capitolo 16) viene comunemente usato oggi dai cattolici-romani come prova del primato del
    papa, insieme a quello degli agnelli e delle pecorelle che chiude il Vangelo di Giovanni (cap.21).

    Ora questa pretesa cattolica-Romana è insostenibile.

    Infatti presuppone alcune cose che noi dimostreremo infondate:

    1. che con queste parole il Signore intendesse promettere a Pietro una autorità assoluta sulla Chiesa;

    2. che questa autorità sia trasmissibile;

    3. che questa autorità si sia trasmessa al papa in quanto Vescovo di Roma e successore di Pietro.

    Esaminiamo i tre punti:

    1. non è vero che con queste parole Gesù intendesse trasmettere a Pietro

    tale autorità: infatti dice a Pietro che lo aveva confessato poco prima come Figlio di Dio (il capitolo va letto tutto per capire anche
    quelle parole: "tu mi hai detto che io .Sol1o il Figlio di Dio - sottinteso - e non la carne ed il sangue te lo hanno rivelato ma il Padre
    mio che è nei cieli, ed io a te dico: tu sei Pietro (nome derivato da "Pietra") e su questa Pietra (cioè su di me che tu hai riconosciuto
    come Figlio di Dio) io fonderò la mia Chiesa". E' sulla fede di Pietro che Gesù costruisce la sua Chiesa, non sulla sua
    persona: ed il Beato Agostino (Padre tanto caro agli occidentali) fa notare che se la avesse fondata su Pietro, la avrebbe
    fondata su una ben fragile pietra. visto che Pietro lo avrebbe rinnegato tre volte! Questa interpretazione ortodossa era
    l'interpretazione sostenuta in tutta l'antichità e mai nessuno si era in antico sognato di vedervi una prova del primato del Papa di
    Roma se S . Cipriano, grande Vescovo di Cartagine e Martire può scrivere: "Ogni Vescovo siede sulla cattedra di Pietro", cioè ogni
    Vescovo trova il suo fondamento ed il fondamento della fede che insegna nella fede che Pietro ha professato, cioè che Gesù è il
    Figlio di Dio.

    Se anche poi si volesse riferire a Pietro il significato della pietra su cui si

    fonda la Chiesa questo andrebbe sempre inteso nel senso che Pietro è la Pietra perché ha confessato Cristo. Infatti non può
    essere posto alla Chiesa nessun altro fondamento che non sia Gesù Cristo come si legge chiaramente nel Nuovo
    Testamento. Puoi leggere a questo proposito il Vangelo di S. Matteo cap.2 1 al v.42, S. Marco cap. 12 al v. 10, S. Luca cap.20
    al v. 17; e ancora gli Atti degli Apostoli cap.4 v. I e la prima lettera di S. Pietro cap.2 vv. dal 4 al 10 dove è proprio S. Pietro a
    parlare di Cristo come "pietra viva che gli uomini hanno gettato via ma che Dio ha scelto come Pietra preziosa" pietra sulla
    quale se noi ci fondiamo diveniamo tutti (e non solo Pietro né il Papa) " pietra ~ a", formata per il tempio dello Spirito
    Santo. Perché è solo Cristo "la pietra principale del fondamento: e chi crede in esso non resterà deluso".

    Più tardi noi troviamo dei testi affascinanti del grande Origene, maestro di tutti i Padri negli studi delle Sacre Scritture, e così
    anche nel papa san Leone Magno. Il primo afferma: “Se anche noi diciamo “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio Vivente,
    allora anche noi diventiamo Pietro… perché ciascuno che si rende simile a Cristo diviene Pietro ”. Ed il secondo afferma
    con chiarezza “la forma di Pietro, cioè una pietra fondata sulla fede è presente in ogni Chiesa locale, e non soltanto in
    quella di Roma ”

    2 - Ma anche se si vuole interpretare questo passo “alla maniera romana ” ossia attribuendo a Pietro una preminenza sugli altri
    Apostoli nel Nuovo Testamento – preminenza non certo autorità assoluta – (Al Concilio Apostolico di Gerusalemme fu infatti
    il capo della Comunità cittadina, S. Giacomo, a presiedere, e Paolo resistette a viso aperto alle erronee opinioni di
    Pietro, come egli stesso ci dice nella Lettera ai Galati al cap.2), non possiamo certo pensare che questa autorità sia
    trasmissibile. Essa non è trasmissibile più di quella di essere testimone del Cristo risorto, in quanto né nel Nuovo Testamento, né
    negli scritti dei Padri c’è nulla che possa lasciar pensare ad una simile possibilità.

    3 – Non c’è poi nessun fondamento per pensare che tale autorità si sia di fatto trasmessa al Vescovo di Roma dove la
    Chiesa era stata fondata da Paolo. Inoltre, prima di recarsi a Roma, Pietro aveva presieduto la Comunità di Antiochia ( là dove i
    seguaci di Gesù furono per la prima volta chiamati “Cristiani ” per distinguerli dai Giudei); ed allora, perché il “potere " di Pietro si
    sarebbe trasmesso al Vescovo di Roma e non a quello di Antiochia? Lo stesso papa S. Gregorio Magno identifica tre “sedi
    Pietrine ” : Roma, Alessandria ed Antiochia, pari nell’essere la cattedra storica dell’Apostolo e tiene a sottolineare
    che quella di Roma non ha niente di più eminente delle altre due.

    Come si vede, per questa strada i entra in un labirinto inestricabile. La Chiesa antica non aveva – fortunatamente – di questi
    problemi; essa, come anche ora la Chiesa Ortodossa, era articolata in Comunità locali ciascuna pienamente “CHIESA ” , ciascuna
    presieduta da un Vescovo. Le Chiese talvolta si riunivano a Concilio sotto la presidenza del vescovo della città più eminente
    (Metropolita da Metropoli), considerato “primus inter pares”, il cui posto di presidente alla Comunione è poi stato preso dai
    Patriarchi e dai Primati delle Chiesa Autocefale (che si governano con piena autonomia).

    Un Vescovo di Antiochia, Sant’Ignazio detto Teoforo (portatore di Dio), discepolo degli Apostoli, morto martire a Roma scrive
    in una sua lettera: : “state uniti al Vescovo, che tiene in mezzo a voi il posto di Cristo, ed al collegio dei presbiteri (preti)
    che è il senato degli Apostoli, ed ai Diaconi, a me carissimi ”. Dimostrando così di non conoscere altra Gerarchia che
    quella di una Chiesa Locale la quale è l’UNA, SANTA CATTOLICA, APOSTOLICA .. Per lui il rapporto si stabilisce tra il
    Vescovo (Cristo) e i Presbiteri (Apostoli) e non come farà più tardi la chiesa cattolica-romana tra, il papa (Cristo) ed i vescovi
    (apostoli).

    Io penso di aver così risolto la questione. Senza dimenticare che a Roma, nel Medioevo sono sorti (probabilmente fabbricati dalla
    cancelleria papale) falsi documenti, come la “Donazione di Costantino ” e le “Decretali pseudo-Isidoriane”, inventati per fornire
    appoggi alle pretese papali. Non pensate che quando si costruiscono prove false è perché di vere non ve ne sono?

    E la falsità di questi documenti è oggi universalmente ammessa da tutti anche dagli studiosi cattolico-romani.

    CONCLUDENDO

    La Chiesa Cattolica Ortodossa è oggi la vera Chiesa Cattolica Una, Santa, Apostolica, che, mentre l'Occidente deviava,
    forse anche travolto tra le continue lotte tra papato e impero per cui il papa tendeva sempre più ad affermarsi come sovrano e
    signore degli stessi re della terra ( "Signore dei Signori" e "Dominatore dei Dominanti", gli si diceva incoronandolo con il Triregno),
    ha conservato fino al presente la dottrina autentica di Cristo e degli Apostoli:

    * Essa crede in ciò che gli antichi Concili hanno definito basandosi sulla

    Sacra Scrittura e sulla Tradizione Apostolica.

    * Amministra i Santi Sacramenti nella forma perfetta istituita da Cristo.

    * Celebra il Culto Divino secondo le antiche tradizioni.

    *Venera la Madre di Dio Maria sempre Vergine e ne invoca l'intercessione

    continuamente, anche se rifiuta i dogmi che sono stati introdotti tardivamente su di Lei, ne dipinge e ne venera le Sacre Icone,
    dipinte sui modelli che risalgono fino a S. Luca.

    * Venera gli Apostoli, i Martiri, i Padri, gli Asceti e tutti i Santi, invocando le loro preghiere e la loro intercessione presso il Signore
    delle misericordie.

    * Prega per tutte le necessità del corpo e dell'anima dei fedeli.

    * Non si ingerisce nelle questioni politiche che non la riguardano direttamente, ma si impegna per la pace, la giustizia sociale e la
    promozione dei diritti di tutti gli uomini, specie i più deboli.

    * Difende in ogni sua forma la Vita sul nostro pianeta.

    * Attende con la preghiera e la speranza all'unica casa comune di tutti

    coloro che le vicende della storia hanno allontanato dall'Unico ovile di Cristo, Unico Sommo Pontefice e Salvatore delle nostre
    anime.

    * Annuncia agli uomini, il perdono dei peccati, la beata speranza della

    Resurrezione ed ogni giorno prega per i vivi e per i morti.

    * Mantiene inalterate le antiche tradizioni, per questo ammette un Clero celibe ed uno coniugato, crede nell'indissolubilità del
    matrimonio, eppure non rigetta per misericordia coloro che con sincerità chiedono le seconde nozze, avendo fallito, per l'umana
    debolezza, le prime.

    * Aiuta per mezzo dei Padri Spirituali, tutti quelli che a lei ricorrono per consiglio ed aiuto.

    * Propone una morale basata sulla libertà cosciente del cristiano liberato da Cristo, piuttosto che sull'osservanza legalistica dei
    precetti.

    Indirizzo dell’autore

    Archimandrita Silvano (Livi) Monastero di San Serafino di Sarov - Via di Lizzanello 1 51030 S.FELICE – PISTOIA
    Tel. 0573/41249 E.Mail: ortodossi@tiscalinet.it http://www.geocities.com/Athens/Cyprus/3147/ "

  3. #3
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    Predefinito primato del papa

    Ringrazio di avere riportato un amplio passo del mio libro "La Chiesa dei Nostri padri" Pietro Chegai Editore, Firenze 1999, certo che l'editore non se ne avrà a male!

    Vorrei precisare che quel libro è scritto in un linguaggio volutamente elementare e non entra in questioni particolarmente complessa di natura storica,teologica e canonica, perchè è destinato ad amplia divulgazione. Non per questo non sono stato più che rigoroso. Credo si possa esser seri e rigorosi pur essendo semplici e facilmente comprensibili.

    Volevo aggiungere semplicemente una nota:
    Se si leggono gli atti del Sacro Concilio di Nicea, convocato da San Costantino il Grande vi si trova l'affermazione che il Concilio concede il primato d'onore al vescovo di Roma "perchè lì è la capitale dell'Impero e la sede del Senato": che bisogno ci sarebbe stato da parte del Concilio di attribuire un primato al vescovo di Roma se esso - come pretendono i cattlici romani - lo avesse già avuto in quanto successore di san Pietro?
    Ed un'altra: tutti i concili successivi ripetolo la stessa linea di Nicea e l'idea di usare il brano della Confesssione mesianica di Pietro come "prova" del primato è estremamente più tardiva di Nicea. Il che vuol dire che la Chiesa antica interpretava quel passo senza minimamente pensare che potesse essere una giustificazione di un qualche primato del Vescovo di Roma. Il continuo ribattere successivo da parte cattolica su quel passo ha fatto sì che oggi i cattolici , che lo vedono scritto a caratteri cubitali tutt'attorno alla basiilica barocca di san Pietro in Vaticano, danno per scontato che quella sia la sua primitiva interpretazione. Ma non è affatto così come oggi anche gli esegeti cattolici più avveduti e seri riconoscono.

  4. #4
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    Vorrei saperne di più sulla faccenda del primato del successore di Pietro (verso il quale nutro qualche dubbio)... come confutate in breve la teoria cattolica, c'è qualcos'altro che non è stato detto?
    2010:

  5. #5
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    Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversum eam. Et tibi dabo claves regni coelorum. Et quodcumque ligaveris super terram, erit legatum et in coelis; Et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in coelis. (Mt 16, 18-19)

    I brani evangelici riguardanti l'istituzione della Chiesa mostrano come Gesu` l'abbia voluta dotata di una forma gerarchica precisa, affidandone il comando a Pietro, e le abbia impresso il carattere della indefettibilita`, dichiarando l'impossibilita` che le porte dell'inferno prevalgano contro di essa.
    La Chiesa, dunque, secondo la promessa di Gesu`, non avra` mai fine. L'indefettibilita` garantita da Cristo alla Chiesa implica, necessariamente, anche l'indefettibilita` del suo fondamento, cioe` del Primato. Se cosi` non fosse, ci troveremmo di fronte ad una contraddizione insuperabile, ad una invincibile incomprensione delle parole di Gesu`. Questi avrebbe voluto, infatti, una Chiesa senza fine nel tempo dotata, pero, di un fondamento provvisorio, che con la morte di Pietro sarebbe venuto a mancare. Un edificio senza fondamenta, dunque; il che non si da` in nessun caso, e men che meno se si vuole l'edificio duraturo nel tempo. In altri termini: se la Chiesa non puo` mai venir meno, e questo e` certo perche' cosi` e` l'intendimento del Signore quando afferma "le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" (Mt 16,18), nemmeno il suo capo, il suo fondamento, potra` mai venir meno. Ma istituendo Pietro quale fondamento della Chiesa, Gesu` non gli ha percio` stesso assicurato l'immortalita`; anzi, al contrario, altrove nel Vangelo, gli ha addirittura predetto il modo in cui sarebbe avvenuta la sua morte. Evidentemente, quando affida il Primato a Pietro, Gesu` ha ben chiaro in mente che tale ruolo di guida e di governo avrebbe dovuto trasmettersi ai suoi successori.
    La trasmissione del Primato e` pacificamente compresa ed accettata dalla Chiesa dei primi secoli, che vede nei successori di Pietro i detentori del potere di governo e di giurisdizione sull'intero gregge di Dio. Quali successori di Pietro sono considerati i vescovi di Roma, cioe` coloro che succedono all'ex pescatore di Cafarnao il quale e` stato il primo vescovo della capitale dell'impero; da quasi duemila anni, ininterrottamente, la Chiesa riconosce nel vescovo di Roma il successore di Pietro. Vale la pena di riportare le ragioni della perennita` del Primato di Pietro riassunte da san Tommaso d'Aquino:
    "Poiche' Cristo stava per sottrarsi corporalmente alla Chiesa, era necessario che affidasse a qualcuno la cura, al suo posto, di tutta la Chiesa. Per questo disse a Pietro, prima dell'Ascensione: Pasci i miei agnelli.... Ma non si puo` dire che, avendo dato tale dignita` a Pietro, per mezzo suo essa non si trasmetta ad altri. E` chiaro infatti che Cristo istitui` la Chiesa in modo che durasse fino alla fine del tempo.
    E` manifesto pertanto che costitui` i suoi ministri in modo che il loro potere si trasmettesse ai posteri, per l'utilita` della Chiesa, fino alla fine dei secoli" (SAN TOMMASO D AQUINO, Somma contro i Gentili, trad. it., UTET, Torino 1975, pp. 1219-1220. ).
    Abbondanti documenti, testimonianze e riscontri storici mostrano che i primi cristiani credono alla successione del Primato di Pietro e vedono nel vescovo di Roma il perenne realizzarsi della promessa e del conferimento del Primato.

  6. #6
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    Predefinito dialogo o soliloquio

    Mi sto chiedendo se su questo forum si dialoga o se si fanno soliloqui:
    infatti il mio interlocutore sembra non aver letto nulla di quanto ha riportato il nostro Qoelet e nemmeno nulla di quanto ho scritto io, ma di avere fatto solo un pomposo soliloquio sulle tesi più scopntate del papismo romano senza in nulla controbattere quanto affermavo io.
    Dice infatti;
    La trasmissione del Primato e` pacificamente compresa ed accettata dalla Chiesa dei primi secoli, che vede nei successori di Pietro i detentori del potere di governo e di giurisdizione sull'intero gregge di Dio. Quali successori di Pietro sono considerati i vescovi di Roma, cioe` coloro che succedono all'ex pescatore di Cafarnao il quale e` stato il primo vescovo della capitale dell'impero; da quasi duemila anni, ininterrottamente, la Chiesa riconosce nel vescovo di Roma il successore di Pietro. Vale la pena di riportare le ragioni della perennita` del Primato di Pietro riassunte da san Tommaso d'Aquino:
    "Poiche' Cristo stava per sottrarsi corporalmente alla Chiesa, era necessario che affidasse a qualcuno la cura, al suo posto, di tutta la Chiesa. Per questo disse a Pietro, prima dell'Ascensione: Pasci i miei agnelli.... Ma non si puo` dire che, avendo dato tale dignita` a Pietro, per mezzo suo essa non si trasmetta ad altri. E` chiaro infatti che Cristo istitui` la Chiesa in modo che durasse fino alla fine del tempo.

    Ora non mi pare proprio che Tommaso d'Aquino appartenga ai primi cristiani!
    Tutti gli interventi a cui facevo riferimento proprio ai primi cristiani si riferivano e questi non avevano la pallida idea di un primato del Vescovo di Roma antica che non fosse quello d'onore che gli era sgato attribuito dal Concilio Niceno I "perchè lì è la capitale dell'Impero e la sede del Senato".
    Ora alle obiezioni non si risponde sfoderando citazioni in Latino o tiare, ormai inusate dal papa stesso, che tra l'altro sono il più vieto residuo di un papismo che gli stessi cattolici tentano di rinnegare (riuscendoci poco visto che il Vaticano I ed il duplice dogma del primati e dell'infallibilità restano.

    I primi cristiani, caro amico, pensavano al vescovo di roma come ad un qualunque vescovo che aveva la sua sede illustrata dalla morte marftire degli apostoli Pietro e Paolo. Di questi, nessuno dei due è mai stato Vescovo di Roma, infatti Eusebio di Cesarea ci dice con chiarezza che "a Roma per primo Lino detenette l'episcopato". Così Ireneo di Lione nella sua successione dei vescovi Romani.
    Sant'Agostino, se non lo hai letto prima te lo ripeto ora, contesta con fermezza l'interpretazione "petrina" del testo che pomposamente hai riportato in latino.
    San Gregorio Magno afferma con chiarezza che tre sono le sedi che hanno avuto l'onore di esser sedi petrine, Roma,Alessandria (Gregorio la cosidera tale a causa della presenza di Marco, mandatovi da Pietro, ed Antiochia. Ed al Patriarca di Alessandria che, per umiltà e cortesia, lo aveva chiamato vescovo universale risponde zittendolo; "non chiamarmi mai più Vescovo universale! se esiste infatti un Vescovo universale allotra tu non sei vescovo!
    Tu nella santità mi sei superiore, nell'episopato uguale, nella sapienza maestro!". Mi pare che Gregorio Magno, papa dell'antica Roma sia cristiano prikmitivo molto più di Tommaso d'Aquino econcorda bene con tutti i suoi confratelli Padri della Chiesa. Se poi Roma si è arrogatya un primato che non gli compete ed ha sforzato interpretazioni della Scrittura per giustificarlo (oltre che inventare falsi come la pseudodonazione di Costantino e le Decretati pseudoisidoriane) questa è altra cosa. Ma ai fatti si deve rispondere con i fatti, non con soliloqui che amereik definire.....intellettuali, su feticci come la tiara pontificia!

  7. #7
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    Predefinito rispondi?

    Caro interlocutore, sei rimasto senza argomenti?
    Attendo qualche vero argomento che contesti le mie affermazioni, ma vero, e trattto dai prini quattro secoli cristiani. Certo è difficile trovarli ma.... se ci sono, provaci!
    +Silvano

  8. #8
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    Predefinito Re: dialogo o soliloquio

    Mah! Di solito i cattolici rispondono, forse non hanno la mia esperienza di polemista.
    Posso dire la mia? La dico con assoluta obbiettività per il semplice motivo che questa storia del primato di Pietro non mi interessa, è una futilità... tu forse la chiameresti "superbia".

    Allora vediamo:

    Originally posted by silvano
    ...
    Tutti gli interventi a cui facevo riferimento proprio ai primi cristiani si riferivano e questi non avevano la pallida idea di un primato del Vescovo di Roma antica che non fosse quello d'onore che gli era stato attribuito dal Concilio Niceno I "perchè lì è la capitale dell'Impero e la sede del Senato".
    ...

    I primi cristiani, caro amico, pensavano al vescovo di roma come ad un qualunque vescovo che aveva la sua sede illustrata dalla morte marftire degli apostoli Pietro e Paolo.


    Interessante, mi sa un po' di sofisma, comunque bella risposta! Peccato che vi sia una svista a mio avviso: si tratta del secondo concilio di Nicea riunito da Costantino nel 326. In questo secondo concilio si stabilì che il patriarca di Costantinopoli avesse il secondo posto nella sfera d'importanza, ovviamente dopo il Papa di Roma.

    Ti saluto
    2010:

  9. #9
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    Predefinito il concilio di Nicea

    Nel mio intervento dello scorso 26 scrivevo:

    "Volevo aggiungere semplicemente una nota:
    Se si leggono gli atti del Sacro Concilio di Nicea, convocato da San Costantino il Grande vi si trova l'affermazione che il Concilio concede il primato d'onore al vescovo di Roma "perchè lì è la capitale dell'Impero e la sede del Senato": che bisogno ci sarebbe stato da parte del Concilio di attribuire un primato al vescovo di Roma se esso - come pretendono i cattlici romani - lo avesse già avuto in quanto successore di san Pietro? "

    Quindi il Concilio di Nicea che atgtribuisce "sottolineo "attribuisce" al vescovo di Roma un primato d'onore, depone "contro" il primato alla maniera romana.
    Tu comunque confondi Nicea, doive non si parla di Costantinopoli
    con Calcedonia che al can.28 equipara al vescovo di Roma quello di Costantinopoli con seconda precedenza dopo di lui. Ma sempre d'onore si tratta; l'idea di una giurisdizione universale è del tutto estranea. Fino a Carlo Magno non se ne parla. Anche un papa come Leone Magno che ha alta la sua responsabilità di titolare della prima sede apostolica e la sottolinea in un momento di eresie non pensa certo ad una giurisdizione. Gregorio I poi la esclude. vedi il mio precedente intervento.

  10. #10
    Qoelèt
    Ospite

    Arrow

    Rimando a uno studio interessante sul passo di Mt 16,18,tanto usato dai cattolici romani per sostenere l'eresia papista :

    http://www.myriobiblos.gr/texts/ital...umis_rock.html

 

 
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