Così Carl Schmitt sintetizza la respublica christiana medioevale nel suo "Il Nomos della Terra".
L’unità medioevale di imperium e sacerdotium, propria dell’Europa occidentale e centrale, non è mai stata un accentramento del potere nelle mani di un unico uomo. Si era invece fondata fin dall’inizio sulla distinzione tra potestas e auctoritas quali princìpi d’ordine diversi ma facenti capo alla medesima unità complessiva. Papa e imperatore non erano qindi tra loro contrapposti in modo assoluto, ma solo quali diversi ordines in cui viveva l’ordinamento della respublica christiana.
Il problema quivi insito del rapporto tra Chiesa e Impero era essenzialmente diverso da quello, successivo, del rapporto tra Chiesa e Stato, giacché Stato avrebbe significato il superamento delle guerre civili e di religione, possibile solo a partire dal secolo XVI e ottenuto attraverso un processo di neutralizzazione. Ma la disgrazia accadde solo quando, dal secolo XIII in poi, la dottrina aristotelica della societas perfecta venne adoperata al fine di separare Chiesa e mondo in due generi di societates perfectae.
La contesa medioevale tra imperatore e pontefice non è assolutamente una lotta tra due societates, sia che si intenda qui con il termine societas quanto in tedesco viene designato con Gesellschaft o con Gemeinschaft. Essa non era neppure un conflitto tra Chiesa e stato sul genere del Kulturkampf bismarckiano o del processo francese di laicizzazione dello Stato. Non era infine nemmeno una guerra civile come quella tra partigiani rossi e bianchi nella lotta di stato socialista. Ogni analogia con l’ambito tipico dello Stato moderno è qui storicamente falsa, come lo è ogni impiego, esplicito o implicito, delle idee di unificazione e di centralizzazione che dal tempo del Rinascimento, della Riforma e della Controriforma si è soliti collegare alla rappresentazione di un’unità. Neppure per un istante l’unità della respublica christiana venne messa in discussione: né quando un imperatore nominò o destituì un papa a Roma, né quando un papa a Roma sciolse i vassalli di un imperatore o di un re dal giuramento di fedeltà a loro sovrano.
Il fatto che non solo i re germanici, ma anche altri re cristiani assumessero il titolo di imperator e chiamassero i loro regni imperi, ottenendo dal papa mandati di missione e di crociata – ovvero titoli giuridici per l’acquisizione legittima di territori -, non eliminò, bensì confermò, l’unità della respublica christiana, fondata su localizzazioni e ordinamenti certi.
Ai fini della concezione cristiana dell’impero mi sembra importante il fatto che la carica di imperatore non significasse, nel quadro della fede cristiana medioevale, una posizione di potere in sé assoluta, che assorbiva e risolveva in sé ogni altra carica. Era un’opera del kat-echon, con compiti e missioni concrete, che si collegava ad un regno o ad una corona, ovvero ad un dominio su un determinato territorio cristiano e sul suo popolo. Era l’elevazione di una corona, ma non un’ascesa verticale, rettilinea, e quindi non un regno sopra i re, una corona di corone, e neppure il prolungamento di un potere regio o, come si verificò più tardi, la componente di un potere dinastico, bensì un incarico proveniente da una sfera radicalmente diversa da quella della regalità. L’imperium è così qui qualcosa che si sovrapponeva alle altre formazioni autonome di potere non diversamente da come – nella medesima situazione spirituale complessiva – una lingua dell’impero sacra per il culto, provenendo da un’altra sfera, si sovrapponeva alle lingue nazionali. Di conseguenza l’imperatore poteva anche, al termine di una crociata, abdicare al trono con tutta modestia e umiltà, senza perderci nulla – come si vede nel Ludus de Antichristo, che si collega alla tradizione interamente dominata da Adso. Abbandonando l’elevata carica di imperatore, egli ritornava a quella naturale di re della propria terra.