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Risultati da 1 a 5 di 5

Discussione: Gig Reviews

  1. #1
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    Predefinito Gig Reviews

    Su sollecito di Durru e anche di qualche altro utente cerco di ripristinare una discussione su cui postare le recensioni ai concerti visti, sentiti raccontare, immaginati, sognati, e chi più ne ha più ne metta. Sono ben accette anche foto, testimonianze, live twit dell'evento e quant'altro.
    Facendo uno strappo alla regola potete anche consigliarci qui gig in video da vedere per intero e che valgano la pena.

    Loviùall, muzik loverz
    Ultima modifica di PiccolaIena; 04-12-13 alle 19:38

  2. #2
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    Predefinito Re: Gig Reviews

    perché noi quelli che non sanno che gig vuol dire concerto non ce li vogliamo
    "Stupratori della lingua e dell'immaginario collettivo" (Felipe su Calvino, Brecht e Moravia)
    "Scribacchini di regime." (su Nazim Hikmet e Pablo Neruda)
    "Raccapricciante. Comunismo sanguinario allo stato puro." (su "Valore" di Erri De Luca)

  3. #3
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    Predefinito Re: Gig Reviews

    Citazione Originariamente Scritto da Felipe K. Visualizza Messaggio
    perché noi quelli che non sanno che gig vuol dire concerto non ce li vogliamo
    in effetti pure il mio italiano è pessimo, dopo la doccia modifico.

  4. #4
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    Predefinito Re: Gig Reviews

    Il "Double billing tour" di Dargen D'Amico e Andrea Nardinocchi, ieri sera 13 dicembre, ha fatto tappa a Roma; i due artisti si sono infatti esibiti presso il Teatro Studio dell'Auditorium Parco della Musica, che con i suoi 300 posti a sedere (di cui ieri sera ne erano liberi la metà) è la sala più piccola dell'Auditorium di Renzo Piano, in un doppio concerto attraverso il quale hanno proposto i rispettivi repertori davanti ad un pubblico composto per lo più da under 25. Più che di un doppio concerto, in realtà, si potrebbe parlare di un doppio set che ha visto impegnato per i primi quaranta minuti Andrea Nardinocchi e per i restanti ottanta Dargen D'Amico e i Fratelli Calafuria.

    Con qualche minuto di ritardo, il "cantaproduttore" bolognese fa il suo ingresso sul palco alle 21.25 annunciato proprio da Dargen. Accompagnato dall'immancabile accoppiata loop station-Mac, Nardinocchi dà il benvenuto al pubblico con "Continua a correre" (inciso insieme allo stesso Dargen D'Amico, primo estratto dall'ultimo album in studio di quest'ultimo "Vivere aiuta a non morire") e con due brani inediti intitolati "Tutto quello che" (con un sound a metà strada tra i Daft Punk e Luca Dirisio) e "Orso polare", nella cui atmosfera sospesa, con una luce azzurra che avvolge il cantante, si verificano i primi problemi tecnici (la loop station smette praticamente di funzionare e Andrea, visibilmente agitato, sussurra al microfono: "Come avrete notato ho alcuni problemi tecnici, ma vado avanti"). Nella difficile "Non mi lascio stare", così, la voce del cantante rimane spogliata, sporca e ridotta all'essenziale; e da una parte è un pregio, perché l'aggressività con la quale Nardinocchi ha cantato il refrain del pezzo - sorretto solo dalla chitarra di Andrea Volonté - è stato uno dei momenti migliori della serata. Tutto, poi, torna a funzionare regolarmente in "Amare qualcuno" e il cantaproduttore, giocando con i tasti, riesce a costruire un tappeto di suoni sul quale la sua voce sfila sicura di sé. "Un posto per me", accolta dal pubblico - che ne riconosce le note iniziali - con un caloroso applauso, viene proposta in una nuova versione il cui finale (dopo aver sfiorato il dubstep) lascia spazio ad un loop che riproduce una sezione d'archi. Prima di lasciare spazio a Dargen D'Amico e alla sua band, infine, Andrea decide di improvvisare; lo fa prima con una versione di "Bisogno di te" nella quale il chitarrista si inserisce con grande savoir faire, poi con il medley "Thinking about you/Limit to your love" di Frank Ocean/Feist (già proposto durante il concerto che lo scorso maggio, sempre presso il Teatro Studio dell'Auditorium Parco della Musica, lo aveva visto esibirsi assieme a Giuliano Sangiorgi).

    Pochi secondi dopo il termine dell'esibizione di Andrea Nardinocchi, Dargen D'Amico fa il suo ingresso sul palco. "Perdonate il mio ritardo, ma quando Renzo Piano ha progettato questa struttura ha posto i camerini degli artisti praticamente a Velletri", ha dichiarato ironicamente l'artista prima di presentare la sua band (composta dai soli Fratelli Calafuria, due cantanti e chitarristi) e di richiamare sul palco Nardinocchi per una reprise di "Continua a correre". Dargen appare sin da subito pieno di energia: sfila tra il pubblico, coinvolge con il suo carisma i circa 150 presenti, si diverte e fa divertire. Addirittura, nota tra il pubblico uno dei cantanti che hanno preso parte alle selezioni di "Area Sanremo" - di cui Dargen è stato uno dei componenti della Commissione di valutazione - e lo invita ad esibirsi a cappella (per un attimo scorrono davanti agli occhi le immagini dei provini dei "talenti incompresi" delle primissime edizioni di "X factor"). Non c'è una scaletta prestabilita e il rapper, proprio come un jukebox, esegue brani del suo repertorio che vengono richiesti direttamente dal pubblico: si passa così dalle canzoni contenute nel suo ultimo album in studio "Vivere aiuta a non morire" ("VV", "Siamo tutti uguali", "Due come noi", che campiona "Andrà tutto bene" degli 883), a quelle dei precedenti "CD'" (come "Odio volare" e "Malpensandoti") o "Di vizi di forma e virtù" (è questo il caso di "SMS alla Madonna" ma anche di "Low cash" e "Ex contadino", incisa con i Two Fingerz); ma c'è spazio anche per un paio di freestyle che lo vedono rievocare i tempi in cui si esibiva con lo pseudonimo Corvo D'Argento. Non ha paura di osare, Dargen, e lo dimostra chiaramente quando (sfidando la security) invita il pubblico ad alzarsi dalle poltrone e a circondarlo intorno al Mac, trasformando il Teatro Studio in una piccola discoteca. Nel finale, poi, richiama sul palco Andrea Nardinocchi e insieme si apprestano a chiudere lo show con una versione ironica di "Un posto per me", intitolata "Un posto per D'Amico", e con "Arrivi stai scomodo e te ne vai".

    (Mattia Marzi)

    SETLIST:
    Andrea Nardinocchi:
    "Continua a correre"
    "Tutto quello che"
    "Orso polare"
    "Non mi lascio stare"
    "Amare qualcuno"
    "Un posto per me"
    "Bisogno di te"
    "Thinking about you/Limit to your love"

    Dargen D'Amico:
    "Continua a correre"
    "VV"
    "Siamo tutti uguali"
    "Due come noi"
    "A meno di te"
    "L'amore a modo mio"
    "Il corriere contromano"
    "SMS alla Madonna"
    "La cassa spinge"
    "Fare casino"
    (Fratelli Calafuria) "Briciole colorate"
    "Adolescenza K.O."
    "Ma dove vai (Veronica)"
    "Low cash"
    "Ex contadino"
    "Odio volare"
    "Malpensandoti"
    "Bocciofili"
    "Un posto per D'Amico" (con Andrea Nardinocchi)
    "Arrivi stai scomodo e te ne vai"
    ? dargen d'amico andrea nardinocchi concerto roma recensione - Rockol

  5. #5
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    Predefinito Re: Gig Reviews

    Il concerto dei Foo Fighters a Cesena è stato una Rivoluzione

    di Luca Garrò
    Foto di Francesco Prandoni

    Nuovo Teatro Carisport, Cesena, 3 novembre 2015. Uscire dal concerto più assurdo che i Foo Fighters abbiano tenuto in quindici anni di carriera, dirigersi verso il teatro dove si terrà l’after show e ritrovarsi a cantare It’s A Long Way To The Top (If You Wanna Rock ‘n’ Roll) insieme a Dave Grohl. È qualcosa difficile da raccontare senza troppa enfasi o mantenendo il distacco necessario a tenere separato il giornalista dal fan. Non me ne voglia nessuno, ma la data d’apertura del tour europeo della band americana è stata tutto tranne che qualcosa da raccontare con occhio clinico (o critico) e distacco professionale. Un occhio, per altro, spesso bagnato da fiumi di lacrime. D’altra parte, a mia parziale discolpa, lo show è stato concepito come puro omaggio a quei visionari che hanno permesso che tutto ciò potesse accadere in una città che mai (mai) avrebbe potuto godere di uno spettacolo simile.

    Qualcuno obietterà che al Vidia, storico locale cesenate dove ha suonato chiunque (ma davvero chiunque, ndr), una sera a metà anni Novanta pochi fortunati furono in grado di assistere a uno show degli stessi Foos, ma va da sé che i tempi e il grado di popolarità odierna della band in questione fossero completamente differenti. Venendo alla serata, il colpo d’occhio all’ingresso del Carisport è da pelle d’oca: tremila persone stipate in ogni dove, tanto da coprire persino la classica visuale degli scalini necessari al raggiungimento del piano superiore. Il trono che sovrasta il palco fuga gli ultimi dubbi circa la salute di Grohl, confermandoci che il Broken Leg Tour, purtroppo o per fortuna, è ancora in piedi. Quello che sconvolge, invece, è vedere uno dei gruppi più importanti degli ultimi 20 anni, forse la più spaventosa macchina da live oggi esistente, suonare su un palco che sembra quello di una festa di paese: pedana di legno, una decina di faretti e la band e i musicisti a suonare in un fazzoletto di qualche metro: cose che non accadranno mai più.

    L’ex Nirvana è visibilmente fuori di sé: lo show inizia inevitabilmente con Learn To Fly, il brano protagonista del geniale flash mob diventato virale pochi mesi fa e prosegue all’insegna di tutti i brani più tirati del repertorio, espediente necessario a spezzare subito le gambe dei presenti. È incredibile come una location come questa possa incantare allo stesso modo dello Stadio di Wembley: se in quel caso l’emozione è data da fattori quali la magia del luogo, l’abbraccio della folla e il colpo d’occhio mozzafiato, qui ci si emoziona per l’esatto contrario, perché pensare che al giorno d’oggi possa accadere qualcosa del genere ha del sovrannaturale. E a sottolinearlo è lo stesso Dave: «E’ una Rivoluzione: tutto il mondo vi ha visto, milioni e milioni di persone».



    Quello che i Foo Fighters sono riusciti a trasmettere questa sera non ha nulla a che vedere con la musica suonata, col music business o con un tour europeo che avrebbe comunque attraversato il nostro Paese, ma solo con la follia di una superstar mondiale che si mette a piangere nel ringraziare tutti per un omaggio mai avvenuto in un’altra zona del mondo, né per un’altra band esistente. Abituati a pensare a Grohl come a un cazzone, che ti prende e si prende costantemente per il culo, e vederlo piangere mentre racconta il momento nel quale tutti i suoi conoscenti gli inviavano sms per dirgli di vedere quel video, beh, ha messo davvero i brividi. Poi, per smorzare la tensione, per un attimo, riaffiora il guascone di sempre: «Nessuno ha ricevuto un regalo del genere: provateci con gli U2, con i Soundgarden, con i Rage Against The Machine, con chi volete. E se vi diranno di no allora sapete cosa dovete dirgli? Vaffanculo, stronzi!». Gli epiteti in italiano scatenano inevitabilmente il lato più burino di chiunque dei presenti, facendo definitivamente decollare il concerto.

    A metà show, l’inevitabile ringraziamento pubblico ai ragazzi di Rockin’1000, che hanno reso possibile tutto ciò, invitati sul palco per un bagno di folla più che meritato. Qualche anno fa, proprio sulle pagine di Onstage, scrivemmo che, pur suonando generi assolutamente non paragonabili, i Foo Fighters erano riusciti nello scopo di colmare un po’ quel vuoto lasciato negli stadi mezzo mondo dai Queen. Ieri sera la foga, il rapporto viscerale con la gente, uniti alle esecuzioni di Another One Bites The Dust, Radio GaGa e Under Pressure, conclusa con Taylor Hawkins intento in un’imitazione di Freddie Mercury, hanno dimostrato che forse ci avevamo visto lungo.

    Foo Fighters a Cesena, la recensione del concerto del 3 novembre 2015

 

 

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