trettamente connessa al razzismo troviamo l’eugenetica, che altro non è che la riedizione dell’antico sogno, utopico, e cioè ateistico, di creare una umanità perfetta, assolutamente sana, senza macchia,che non abbisogni di un Dio Salvatore e di una Redenzione. L’eugenetica è presente già nella Repubblica ideale, sostanzialmente comunista, di Platone; nella “Città del sole” di Tommaso Campanella, anch’essa organizzata secondo criteri comunisti; nel sogno di alcuni maghi del Cinquecento, che credevano di poter applicare la selezione adottata per i cavalli, anche all’uomo. Soprattutto, l’eugenetica moderna, riporta, come si è accennato, al nome di Francis Galton, cugino di Charles Darwin, che nel 1883 coniò la parola “eugenics”. Le dottrine di Galton vennero attuate per la prima volta, con sistematicità e scientificità, negli Stati Uniti, alla fine dell’Ottocento, prima di essere riprese da Hitler che col suo programma eutanasico, volto a eliminare malati, anziani, mutilati e deformi, avrebbe definitivamente screditato una “scienza” che aveva goduto fino ad allora di grandi entusiasmi, non solo presso molti scienziati, ma anche presso diversi governi nel mondo. Nel “Mein Kampf”, dopo aver spiegato che lo Stato, la nazione, “dovrà impedire ai malati o ai difettosi” di procreare, Hitler aggiungeva: “Basterebbe per seicento anni non permettere di procreare ai malati di corpo e di spirito per salvare l’umanità da una immane sfortuna e portarla ad una condizione di sanità oggi pressoché incredibile” . Del resto Rudolf Hess era solito definire il nazismo una “biologia applicata”, mentre lo studioso Lifton definì il nazismo come una “biocrazia”, perché fondato su una visione di controllo assoluto dei processi biologici: utilizzando il termine darwiniano “selezione”, i nazisti cercarono di sostituirsi alla natura (selezione naturale) e a Dio, per essere loro a dirigere e controllare l’evoluzione umana. Tale biocrazia si esplicò con le leggi razziali sul matrimonio, con la creazione di luoghi appositi dove ariani e ariane di particolare bellezza e forza venivano spinti ad unirsi all’unico fine di procreare una discendenza “superiore”, con la sterilizzazione forzata, l’eutanasia di determinate categorie di inadatti e improduttivi, e l’utilizzo dell’aborto per le donne tedesche gravide di bambini non “puri”, o per le donne dell’est, dopo le conquiste seguite allo scoppio della guerra.Ma queste idee, come si diceva, dovevano la loro fortuna, prima che ad Hitler, al pensiero e all’opera dello scienziato Francis Galton, il primo a proporre con una certa sistematicità e con un notevole seguito, l’idea di matrimoni selettivi, di segregazione dei disgenici, di sterilizzazione di barboni, poveri, malati, idioti, persone assai genericamente “inferiori”, allo scopo di impedirne la procreazione, per migliorare la razza, convinto che le caratteristiche “sia fisiche, sia mentali, sia morali” delle persone “fossero ereditarie”. Con Galton tutto divenne spiegabile in base all’ereditarietà, mettendo assolutamente tra parentesi i fattori ambientali e il mistero della libertà individuale, con la conseguenza di “convertire problemi come la criminalità, la prostituzione, la disoccupazione, l’improduttività” in fenomeni patologici, determinati esclusivamente dalla natura biologica. Il criterio di discriminazione proposto da Galton per identificare “adatti” e “inadatti” fu l’integrazione sociale, o più in breve, il successo, con la conseguenza inevitabile di una visione “classista” per cui poveri, emarginati, alcolizzati, spesso immigrati italiani o irlandesi o neri, vennero catalogati tra gli “inadatti”, tra le persone da isolare, da controllare, da sterilizzare, affinché il loro patrimonio genetico non si diffondesse. Il fine di Galton era quello di “guidare attraverso l’eugenetica il corso dell’evoluzione al fine di raggiungere nessun altro scopo se non il bene dell’umanità intera”, sacrificando se necessario i singoli individui, e affiancando alla selezione naturale, incompleta, unaselezione artificiale, guidata dagli uomini superiori. Galton arrivò a negare il peccato originale come categoria teologica, e a riproporlo in chiave determinista, come una problematicità biologica, da eliminare in vista di una meritocrazia biologica. Keyles, insistendo sull’accento messianico dell’opera galtoniana, osserva che “Galton trovò nell’eugenetica un sostituto scientifico dell’ortodossia clericale, una sorta di fede secolarizzata, capace di avverare concretamente il sogno di un miglioramento del genere umano”, sino a prospettare, nella sua novella “Kantsaywhere” l’idea di un “paradiso eugenetico”, “dove vigono tre classi divise su base biopsichica, e dove l’ordine e la felicità sono garantiti dalla segregazione dei malati (disgenici) e dall’accoppiamento dei migliori (eugenici)” .