Dai Quaderni padani, n.6
Anche i Celti possono aiutarci ad ottenere l’indipendenza
di Berardo Maggi
Secondo André Reszler appare del tutto evidente che uno dei tratti più specifici della tradizione celtica è da rinvenire nella fedeltà ad un particolarismo politico policentrico, localista, avverso ad ogni visione imperiale e coloniale dei rapporti tra i diversi centri di potere. Ma proprio questo sembra essere uno dei caratteri più specifici della tradizione padana: oggi e soprattutto ieri, quando la memoria della civiltà dei Celti era meno sbiadita.
A tale riguardo è difficile non riconoscere come l’incapacità dei Celti di accettare un unico sovrano e di dar vita ad un’unica organizzazione politica, unificante e centralizzata, sia quanto di più lontano si possa immaginare dagli schemi istituzionali e culturali della tradizione romano-latina.
Altra considerazione. Nella prima parte del XIII secolo è stato realizzato, per iniziativa di Federico II, re di Sicilia, un esperimento politico rivoluzionario. Forse non è senza significato che questa prima ed embrionale edificazione di uno Stato verticistico e burocratizzato non abbia avuto luogo in Padania, ma nell’Italia meridionale. E c’è da chiedersi se la lunga resistenza autonomistica delle città-stato dell’area celtica di fronte ai ripetuti tentativi di imporre anche qui un potere oppressivo e centralizzato non sia da ricollegarsi al persistere di quelle radici etniche...
Nella descrizione (soprattutto sui libri scolastici di storia) delle cosiddette “invasioni barbariche” ha trovato libero sfogo la peggiore retorica romanocentrica che le ha dipinte (ricorrendo al solito corredo di menzogne e di luoghi comuni) come l’accavallarsi di orde di forsennati votate alla distruzione dell’ordinato e civile Impero romano. In realtà l’Impero romano non è mai stato civile, quanto meno nella più moderna accezione del termine: è sempre stato una sorta di immensa caserma-prigione-macchina burocratica che schiacciava ogni libertà individuale, uccideva ogni barlume di democrazia e teneva in scarso rispetto la dignità degli individui. Quello dell’ultimo periodo (quello interessato dalle cosiddette “invasioni barbariche”) non era neppure più ordinato: era una società in totale disfacimento morale e fisico, caratterizzata da una fiscalità opprimente, da uno schiavismo ripugnante, da brutalità di ogni genere, e da una corruzione diffusa e devastante.
I cosiddetti barbari (per i Greci erano “barbari” tutti gli stranieri e il termine non aveva la connotazione negativa che ha assunto in seguito) erano sicuramente più vitali, più morali, più organizzati di quel che restava dell’Impero, e spesso portavano con sè elementi di vera civiltà, come la consuetudine di eleggere i propri capi, la parità sociale delle donne, il rispetto per le autonomie dei gruppi familiari e delle unità locali. Questi caratteri valevano sicuramente per i Goti, ma soprattutto per i Longobardi. Si trattava di elementi caratterizzanti che li facevano per molti aspetti assai simili ai Celti, e per questo sipuò parlare per l’arrivo dei “barbari” in Padania (ma anche in gran parte dell’Europa occidentale) di “ricongiungimento” fra genti simili per etnia (in parte forse anche per lingua) e per costumi (sia pur sotto una patina di romanizzazione decadente): per i popoli padano-alpini è stato un po’ come ricevere una forte dose di rivitalizzazione della cultura degli avi.
Da quelle “invasioni”, da quel salutare ritrovarsi fra genti della stessa stirpe, dalla riscoperta vitalità nordica, da quelle popolazioni moralmente sane e volitive, da quel crogiolo di culture ricche di pulsioni autonomiste e di rispetto per la volontà degli “uomini liberi”, è nata la Padania dei Comuni, è nata la Padania moderna, sono nate le nazioni padane di oggi e le loro eterne pulsioni di intraprendenza e di libertà.
SCOPERTA
NUOVI ECCEZIONALI REPERTI GERMANICI A CIVIDALE DEL FRIULI
GIOVEDÌ 05 SETTEMBRE 2013 17:28
CIVIDALE DEL FRIULI\ aise\ - Non era nota agli archeologi l’esistenza di questa area funeraria ubicata in via Premariacco, località Grupignano, a Cividale del Friuli, qualche centinaio di metri a nord della ben nota necropoli longobarda "Gallo".
Il rinvenimento fortuito, avvenuto durante un intervento di sorveglianza archeologica, predisposto tempestivamente dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del FVG, con fondi messi a disposizione dall’Ente proprietario, in occasione della costruzione di un’abitazione, ha offerto un dono inaspettato al mondo della conoscenza e nuovi elementi e prospettive di studio alla storia del territorio cividalese.
Diciassette le sepolture individuate a partire dalla fascia più orientale del cantiere: dieci tombe integre, sei indagate e/o intercettate solo parzialmente, una vuota. Più di una ventina gli oggetti di corredo rinvenuti ed ora depositati presso il Museo Archeologico Nazionale di Cividale, in attesa di restauro e di studio.
Lo scavo, condotto da archeologi della società ArXe, in particolare da Angela Borzacconi, con la Direzione scientifica di Fabio Pagano, funzionario della Soprintendenza e Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Cividale, ha permesso di visualizzare la straordinaria complessità culturale delle comunità che gravitavano nel suburbio cividalese e che nel corso del tempo si sono avvicendate nell’occupazione di questo territorio.
Sepolture di individui legati alla cultura romana e seppelliti con rituali a inumazione e a cremazione, databili a partire dalla fine del II secolo d.C., vengono affiancate tra la fine del V e la metà del VI secolo d.C. da tombe relative a gruppi umani diversi, deposti con oggetti di corredo che attestano l'appartenenza a culture germaniche. Una scoperta che dà forma a dati frammentari, emersi dalle esplorazioni ottocentesche, che, nelle aree adiacenti alla necropoli longobarda "Gallo", avevano intercettato contesti con materiale di pregio (oggi completamente disperso) verosimilmente pertinenti a strutture funerarie.
Tra le sepolture più antiche di questa nuova area cimiteriale, che presenta una struttura distinta dalla vicina necropoli di età longobarda, vi è una donna, ritualmente deposta in posizione prona all’interno di un sudario, con un articolato corredo costituito da tre balsamari e due brocche. È del tutto probabile sia più tardo il guerriero con lancia scavato solo in parte al margine est dello scavo (come altre tombe prosegue sotto l’attuale strada di Grupignano), forse coevo ad una giovane donna sepolta intorno alla metà del VI secolo d.C. con una collana in pasta vitrea e un abito trattenuto sul petto da una coppia di fibule in bronzo dorato a "S" con inserti in pietre preziose e foglia d’oro. Sul bacino le vesti erano chiuse da altre due fibule a staffa con almandini che tradirebbero contatti con la cultura materiale franco alamanna, ai piedi i suoi oggetti personali: due aghi da cucito, forbici e fusaiole.