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Discussione: Cultura padana

  1. #791
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    Predefinito Re: Cultura padana

    La parlata provenzale-alpina, lingua minoritaria del Piemonte, va verso l’estinzione?
    10 APRILE 202110 APRILE 2021 PIEMONTE LETTURA 2 MIN

    di Roberto Gremmo -La parlata provenzale-alpina, lingua minoritaria del Piemonte, va verso l’estinzione? Dalle pagine on line di “Etnie” del pioniere dei popoli minoritari Roberto Sonaglia, l’autorevole studioso Roberto Saletta lancia l’allarme e dice che il progressivo, inarrestabile, svuotamento abitativo delle valli sta, lentamente ma inesorabilmente, facendo scomparire una delle più melodiose parlate locali tradizionali. Molto giustamente, Saletta punta il dito anche su quello che definisce “autonomismo mondialista”, che per un decennio e’ imperversato fra val Varacho e val Grano contrabbandando con quello che definisce “mero velleitarismo” un privilegio linguistico scritto sulla sabbia ed a tavolino. E sono sue molte colpe se l’autentica identità etnica locale si sta perdendo.

    Eppure le lingue provenzali, così vive e così varie, gabellate per occitane tout court, sono state per anni oggetto di attenzione e di cure che ne avrebbero dovuto garantire non solo la sopravvivenza ma addirittura la rinascita. A livello di Stato italiano c’e’ addirittura una legge che tutela la cosiddetta “minoranza occitana” e le riconosce una dignità (razzisticamente) negata, ad esempio, alla lingua Piemonteisa. Non so quanti contributi pubblici hanno avuto dalla Regione Piemonte associazioni, sodalizi e circoli “occitani” per manifestazioni culturali dove molte volte prevale l’uso dell’italiano ma non si manca mai d’innalzare il vessillo porporato importato da fuori. La manifestazione musicale più d’Oc e’ una sarabanda scatenata dove lo strumento più usato e gabellato come tipicamente occitano e’ la ghirinda che, come spiega l’esperto Doro, ha origini piemontesi.

    Tutto questo rutilante caravanserraglio minoritario non ha impedito il declino reale della lingua del posto, ma nessuno si e’ chiesto perché e’ avvenuto. Invece, e Saletta ne prende correttamente atto, la tanto bistrattata lingua Piemonteisa resiste e si difende. Malgrado vogliano considerarla solo un dialetto di nostalgici contadini.

    http://https://www.lanuovapadania.it...o-lestinzione/
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  2. #792
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    Predefinito Re: Cultura padana

    Federalisti, ma del Nord
    14 APRILE 2021 OPINIONI LETTURA 3 MIN

    di Roberto Gremmo – Si amplia ed interessa il dibattito sull’Italia che ha un avvenire federalista, tanto più attuale quanto maggiormente aumentano le spinte centraliste e le polemiche politiche contro le Regioni, approfittando degli errori dell’attuale classe politica, incapace ed inefficace. Ma, a mio modesto parere, sostenere in astratto una riforma federalista non serve a niente ed anzi potrebbe finire in un insuccesso, l’ennesimo, all’insegna del gattopardesco che tutto cambi perché non cambi nulla. Un vero federalismo, come quello svizzero, si realizza solo fra territori simili per cultura, economia, mentalità e modo di vivere. Quando i territori sono fra loro disomogenei, l’unica soluzione è la secessione, meglio se consensuale, come fra Cekia e Slovacchia oppure contrastata, come avviene fra Spagna e Catalunya.

    La domanda è semplice: l’Italia oggi centralista è composta da territori omogenei e che hanno interesse a restare insieme? La risposta è ovvia: no. Non è giusto né serio proporre un unico tipo di assetto federale fra regioni che hanno lunghe tradizioni di democrazia con altre che conservano purtroppo scorie di autoritarismo e tanto meno mettendo sullo stesso piano regioni che trainano ed altre che si rivelano in ogni occasione parassitarie ed a vocazione inguaribilmente assistenzialista. Siamo tutti sulla stessa barca, ma qualcuno rema per tutti e qualcun altro pietisce sempre e soltanto ogni tipo di sovvenzioni, per cucaleggiare allegramente sottobordo. Ecco perché bisogna essere chiari.

    Negli anni Ottanta, quando fondammo i primi movimenti autonomisti, la Lega Lombarda e l’Union Piemonteisa erano federate col Partito Federalista Europeo di Ghizzi e Mori perché collocavano la loro lotta nel contesto più ampio di un continente unito di popoli e di nazionalità, diverso da quello dei grandi Stati militaristi e centralisti che hanno poi dominato. Ma il nostro federalismo di allora (che ci portava, unici in Europa, a pubblicare un giornale di sostegno ai catalani) non significava, non poteva significare, un astratto federalismo italiano, perché il nostro obiettivo principale era l’autodeterminazione dei nostri Popoli.

    Molta acqua è passata sotto i ponti, ognuno di noi ha fatto i suoi errori, ma la realtà centralista italiana resta uguale e purtroppo i pruriti nazionalisti hanno contagiato diversa gente, anche accanto a noi. Il vero federalismo deve andare di pari passo con un chiaro autonomismo per quei territori che hanno fra loro analogie reali. E per questo deve essere, a chiare lettere, del Nord.

    http://https://www.lanuovapadania.it...i-ma-del-nord/
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
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  3. #793
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    Predefinito Re: Cultura padana

    Federalismo o no, purché sia NORD.
    Bisogna TAGLIARE!
    A cosa fare dopo a casa nostra ci penseremo.
    Ma il taglio chi lo fa?
    Salvini?
    Zaia?
    Giorgetti?
    Ma perché siete scoppiati a ridere?

  4. #794
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    Predefinito Re: Cultura padana

    37 cittadini su 100 si sentono del Nord. Domanda autonomista è diffusa ma senza rappresentanza politica
    20 APRILE 202120 APRILE 2021 CULTURA LETTURA 1 MIN

    di Roberto Gremmo – Trentasette cittadini su cento si sentono “del Nord” o della propria Regione o addirittura rivendicano l’appartenenza alla propria città o paese rivendicando una “identita’ di area”. Solo venti su cento, con buona pace della giovane Meloni, si sentono italiani, appena dieci europei e ventitré ingenui senza radici cittadini del mondo.Parlano chiaro le cifre del sondaggio Demons commentato ieri su “Repubblica” dall’autorevole professor Ilvo Diamanti, pronto a constatare il radicamento di un sentimento nordista “come ai tempi di Bossi” e questo a dispetto della “Lega per Salvini premier” e delle capriole spesso senza coerenza del suo leader che comanda con piglio da capitano coraggioso “un Partito nazionale e “personale”. Di destra”.L’amore per le “piccole Patrie” e il sentimento di appartenenza sono dunque forti, robusti e sradicabili, malgrado ogni pretesto sia buono per far prevalere i miti nazionalisti o la disgregazione mondialista.Non sono serviti all’omologazione massificante ne’ la demagogia del “tutti sulla stessa barca” di un Nord ed un Sud uniti nella lotta antipandemica, neanche le palate di fango gettato sulle Regioni approfittando della pochezza dei politici che oggi le dirigono e nemmeno le rituali, demagogiche crociate seducenti anti razziste.Il sentimento nordista c’e’ ancora e dunque, chiarisce Diamanti, “la domanda autonomista permane diffusa”. Ma non ha rappresentanza politica.

    https://www.lanuovapadania.it/cultur...anza-politica/
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
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  5. #795
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    Predefinito Re: Cultura padana

    Isoradio, tappa nel Verbano Cusio Ossola alla scoperta del dialetto di Malesco
    20 APRILE 202120 APRILE 2021 PIEMONTE LETTURA 1 MIN

    Mercoledì 21 aprile alle 10, “Le Casellanti” di Isoradio faranno tappa in Piemonte, in una delle province più giovani, quella di Verbano-Cusio- Ossola, conosciuta anche come la “provincia azzurra”, istituita nel 1992, che si trova al confine con la Svizzera. Qui è stato pubblicato un vocabolario di 780 pagine che custodisce le parole più significative del dialetto del paese di Malesco con accanto, la traduzione in italiano. Per saperne di più Nicoletta Simeone ha incontrato l’autore, il professor Silvano Ragozza, grande appassionato di dialetti, in particolare di quelli ossolani. Nella Val D’Ossola infatti le lingue sono tante e diverse, ma quella di Malesco necessitava di una raccolta ad hoc, per le peculiarità che la contraddistinguono e l’applicazione di regole talmente stravaganti da strappare il sorriso. Il professor Ragozza spiegherà agli ascoltatori come la parola “fuoco” abbia nella valle almeno 10 pronunce differenti e come il termine “vitello”, anche se espresso con fonemi diversi, derivi comunque dal latino, materia da lui insegnata al liceo per tanti anni. Con la sua capacità oratoria e divulgativa, Ragozza spiegherà infine perché è importantissima la salvaguardia dei dialetti, la cui cancellazione ritiene sia paragonabile alla distruzione dei reperti archeologici.

    https://www.lanuovapadania.it/piemon...to-di-malesco/
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    Tacito, Agricola, 30/32.

  6. #796
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    Predefinito Re: Cultura padana

    Gremmo a Il Nuovo Monviso: Identità e lingua. Valli alpine ridotte a riserve indiane, ubriacate con un po’ di sussidi
    26 APRILE 202126 APRILE 2021 PIEMONTE LETTURA 9 MIN

    A cura di Marco Margrita – “Pensare di difendere una lingua attraverso una legge fatta di mere concessioni da parte dei custodi locali del centralismo, lo dice la pura logica, apre spazi ad omologazioni più piccole, tra calcoli meschini e forzature ideologiche. La propria identità si difende e continua a costruire solo nella propria lingua, i luoghi s’inizia a tutelarli se li si chiama come per secoli si è fatto. Non è mica nostalgia, piuttosto resistenza. Altro che identità inventate e alla moda, magari a
    ritmo di folk!”.

    Roberto Gremmo, leader dell’autonomismo piemontese negli anni ‘80 e ‘90, oggi ha spostato il suo campo d’azione
    (e di lotta) nell’agone culturale, giornalista e cultore della storia scritta sgobbando negli archivi, ha anche fondato e continua ad animare la casa editrice Storia Ribelle. Una delle sue ultime avventure politiche, nel 2011, ha a che fare con il nostro territorio: la candidatura a sindaco di Pinerolo, città con cui conserva legami non effimeri. Gli ho chiesto di riflettere insieme sulla “questione della lingua” e non si è sottratto, come sua abitudine rifuggendo il linguaggio paludato e non lesinando in schiettezza.



    Piemontese, francoprovenzale e occitano. Per la vulgata omologante sono termini utilizzati, anche quando indicano lingue, ovviamente declassandole a dialetti, se non come sinonimi, con eccessiva sovrapposizione. Una confusione che non aiuta certo a comprendere. Puoi aiutarci, intanto, a rimettere un po’ di ordine. Definiamo, pur nel breve spazio di una pagina di giornale, differenze e ambiti.

    Storicamente, le Alpi occidentali e il Piemonte in particolare, hanno avuto la fortuna di essere ragioni plurilingui, anche per la loro posizione di confine, ma per ragioni politiche (in Francia il centralismo giacobinista e da noi quello sabaudista prima e fascista poi) si è imposto un monolinguismo centralista che ha massacrato le varie parlate locali, spesso sovrapposte fra loro. Le ha emarginate, ma non distrutte, perché erano il modulo comunicativo del popolo.
    Nella celebre Carta di Chivasso del 1943 il patriota valdostano Emile Chanoux chiedeva autonomie linguistiche e culturali per tutte le valli alpine, ma la Repubblica fondamentalmente centralista non lo ha ascoltato.
    Le Regioni sono nate tardi, solo nel 1970 e male, perché hanno ereditato e ingigantito i difetti di una politica dominata da una partitocrazia parassitaria e incapace.

    In Piemonte, da decenni, esiste una Legge Regionale a tutela di lingue e parlate minoritarie. Una legge che non sembra propria aver dato, in termini di dinamismo culturale e di creativa difesa delle identità, i risultati che dichiarava di poter raggiungere. Qualcosa non ha funzionato o il difetto sta(va) nel manico?

    Con la superficialità e il pressappochismo tipico della politica italiana, per alcune parlate si è scelta la strada del privilegio e le si è promosse a lingue minoritarie, mentre altre, come il piemontese, sono state declassate a dialetto, senza minimamente tener conto del loro prestigio e del valore d’una ininterrotta tradizione letteraria. Nelle valli piemontesi la “scoperta” minoritaria si è fatta senza una effettiva verifica dei parlanti, spesso sovrastimati in
    base a criteri opinabili.

    I più sensibili cultori della provenzalità, pensiamo a una grande figura come il compianto professor Sergio Arneodo,
    hanno sempre contestato “l’immaginaria identità occitana”. Quali contraddizioni bisogna rilevare? Possiamo dire che l’Occitania è un’invenzione politica, insieme folklorica e ideologica?

    La responsabilità maggiore va ascritta all’occitanismo politico che è imperversato da noi negli anni settanta e che ha diviso ed indebolito il movimento autonomista, cercando di privarlo della forza umana e intellettuale delle valli. Nel libro “Padania separatista” della Associazione Gilberto Oneto, Giovanni Polli documenta molto bene come quella che Eric Hobsbaum definiva “voga passeggera occitanista” fosse solo un prodotto l’importazione, creato a tavolino da un personaggio paracadutato nelle valli.


    Intanto il francoprovenzale, come denuncia la rivista Etnie, arretra. Sta scomparendo il mondo oltre che una parlata.
    Perché è accaduto?


    L’artificiale contrapposizione montagna-pianura (invece di quella, reale, urbanesimo-ruralismo) ha finito per ghettizzare
    le realtà linguistiche valligiane, provocando il loro declino. L’autorevole studioso Roberto Saletta denuncia apertamente, proprio sulla citata prestigiosa rivista on line “Etnie” diretta da Roberto Sonaglia, la politica linguistic “che fa il verso all’autonomismo mondialista d’oltralpe” e che ha ridotto la cultura valligiana ad un folklorismo da sarabanda
    post-sessantottina o da riserva indiana. Danneggiando inesorabilmente la tenace battaglia per la sopravvivenza delle parlate provenzali alpine condotta per tutta la vita dal compianto Sergio Arneodo e da “Coumboscuro”, sostenuti fraternamente anche dai più lucidi intellettuali piemontesisti.

    La lingua, come l’ambiente, sono elementi identitari forti. Una difesa anche politica dell’identità passa da una salvaguardia della sua vitalità, lo insegna il caso catalano di cui sei stato uno dei primi ad occuparti qui da noi, con una rivista ad essa dedicata già negli anni ‘70. Una lezione che non sembra essere stata appresa.

    Però questa deriva è stata sciaguratamente unita ad una ‘promozione’ a tavolino delle parlate alpine, dichiarate “minoranze” e tutelate da una zoppicanti legge quadro nazionale basata sulla politica del sussidio, generosa di contributi e di sostegni, che calati dall’alto, non sono riusciti ad arrestare il declino delle parlate locali. Anche se hanno
    ben foraggiato sodalizi e gruppi sedicenti minoritari.
    Per parte sua, la Regione Piemonte si è volontariamente prestata alla bisogna assistenzialista e questo mentre ha praticamente congelato i corsi di lingua piemontese nelle scuole, che avevano avuto grande efficacia negli anni
    passati.


    Veniamo al piemontese, che davvero sembra affidarsi solo al folklore e all’utilizzo per il racconto di cose minime. Un impiego che già contestava Nino Costa, che esordì su ‘L Birichin, sotto lo pseudonimo di Mamina, ma poi allontanatosi dalla filosofia “birichinòira”. Secondo il grande poeta il piemontese doveva essere elevato al rango di lingua e non solamente utilizzato in modo minore e in ambiti ristretti alle facezie popolari. Una strada che non è stata perseguita. Sei stato il primo leader dell’autonomismo piemontese, una battaglia politicamente non coronata da successo. Anche sul fronte della cultura, però, si sembra destinati a una definitiva sconfitta. Si può invertire la tendenza o il piemontese scomparirà come le pasoliniane lucciole?

    Il prevalere di un mal inteso “padanismo” che non riconosceva l’identità piemontese ha indebolito le ragioni dell’autonomismo e non vi è da stupirsi se coloro che lo hanno importato da noi siamo oggi scivolati nel peggior sovranismo nazionalista. Lasciandoci solo delle macerie.

    Qualche nostro lettore potrebbe pensare che ci siamo concentrati su temi e battaglie di retroguardia. Cosa replicheresti a chi ce lo contestasse?

    L’avvenire non è del centralismo, anticamera dell’imperialismo. I popoli vogliono più libertà, come dimostra il caso catalano, dove la battaglia identitaria prosegue, malgrado una dura repressione tollerata da un’Europa che dovrebbe garantire il diritto al dissenso ma si volta dall’altra parte di fronte agli attentati spagnoli ai diritti d’opinione. Proprio perché oggi il modello di un’Europa degli Stati entra in crisi, sarebbe attuale e alternativa un’unità continentale federalista, basata su piccole Regioni, simili ai Cantoni che formano la Svizzera, da sempre ricca, neutrale e rispettosa delle identità delle Etnie che la compongono.


    A cura di Marco Margrita – Dal giornale IL NUOVO MONVISO

    http://https://www.lanuovapadania.it...po-di-sussidi/
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  7. #797
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    Predefinito Re: Cultura padana

    77 anni fa moriva Emile Chanoux. Resta un’avanguardia federalista davanti ai moderni nazionalisti
    18 MAGGIO 202118 MAGGIO 2021 VAL D'AOSTA LETTURA 1 MIN

    di Luigi Basso – Tutti gli autonomisti oggi ricordano la morte del notaio Emile Chanoux, accaduta il 18 maggio del 1944 ad Aosta a seguito delle torture della sbirraglia nazi fascista che diede anche in quel frangente prova della barbarie alla quale giunse.
    Emile Chanoux è stato un grande autonomista, repubblicano “empirico”, per constatazione della realtà (dal momento che la monarchia si era resa complice e correa del regime fascista), e non dunque per afflato “ideologico”.
    Chanoux aveva lucidamente compreso che lo Stato Italiano non avrebbe mai potuto funzionare senza il riconoscimento delle autonomie in un quadro costituzionale di tipo svizzero, cioè di stampo confederale.


    Ai più giovani va trasmesso il ricordo della sua figura, soprattutto pensandolo protagonista della riunione di Chivasso del 1943 che costituisce ancora oggi il punto di riferimento, la stella polare del pensiero autonomista con lo sguardo rivolto all’Europa dei Popoli.
    A Chivasso, Chanoux e gli altri partecipanti, ebbero un’intuizione che ancora oggi, dopo 78 anni, costituisce avanguardia intellettuale che smaschera tutta l’arretratezza delle istituzioni italiane ed europee che vediamo all’opera nel 2021.


    L’attuale generazione di autonomisti ha anche il compito di passare il testimone di Chanoux alle prossime leve che continueranno lo scontro contro lo stato centralista e, nel suo profondo, ancora fascista.

    https://www.lanuovapadania.it/val-d-...-nazionalisti/
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
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  8. #798
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    Predefinito Re: Cultura padana

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  9. #799
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  10. #800
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