1. Passa il legittimo impedimento in Parlamento, Napolitano finge di assicurare a Berlusconi la sua applicazione lasciandogli capire che la Corte lo salverà. Puntualmente la Corte lo boccia. Berlusconi capisce per la prima volta di essere stato fregato. Il legittimo impedimento, già reso comunque innocuo, sarà poi cancellato completamente dal voto referendario. Il governo Berlusconi, sfiancato dalla campagna negativa di Repubblica, sta perdendo consensi fuori e dentro il Parlamento, il drappello finiano, alla ricerca tardiva di un'idea diversa di destra, si sfila. Per poco il governo non cade, ma rimane con una maggioranza risicata, dovuta alla corruzione di qualche deputato. La risicatezza della maggioranza rende sempre più difficile l'azione di governo. A seguito del progressivo aggravamento dei valori finanziari italiani, Berlusconi è infine costretto da Napolitano a dimettersi, in cambio di un patto di lenticchie.
2. Col governo Monti, Napolitano e il PD illudono Berlusconi della possibilità di una qualche pacificazione che avrebbe naturalmente liberato lo stesso dai suoi guai giudiziari. Berlusconi può dunque abbassare temporaneamente la guardia e prepararsi alle elezioni successive. Sotto traccia, il ministro della Giustizia Paola Severino, già avvocata di Romano Prodi, fa passare una legge coi voti stessi del PdL che avrebbe decretato non più di un anno dopo l'espulsione di Berlusconi dalle cariche pubbliche.
3. Monti si candida, in disaccordo col PD e con Napolitano, con l'ambizione velleitaria di rifondare un centrodestra diverso. L'ambizione, come Napolitano e Scalfari gli avevano suggerito fallisce, le conseguenze politiche della sua candidatura rimangono difficilmente comprensibili. Ad ogni modo, la forza di Grillo impedisce al centrosinistra una netta vittoria, altrimenti inevitabile, rimettendo in gioco seppur apparentemente Berlusconi. Matteo Renzi si candida, viene ostacolato perché il piano antiberlusconiano non è ancora concluso e deve essere portato avanti dagli stessi che lo hanno iniziato, è considerato il candidato perfetto, ma per le elezioni successive.
4. Bersani dopo i risultati elettorali finge per un mese di voler fare il governo col Movimento 5 Stelle. In realtà testa solo la possibilità di ottenere una maggioranza antiberlusconiana quando questo fosse necessario. Ad ogni modo, Napolitano, Letta e Franceschini organizzano la più subdola e geniale delle strategie antiberlusconiane, completando il piano già iniziato. Bersani finge fino all'ultimo un accordo col PdL per il nome al Quirinale, che però viene prevedibilmente sabotato dai neoeletti del PD. Presenta allora Prodi, ma un gruppo di larghintesisti, anche se ancora non si è capito bene chi, sabota anche Prodi, vuole le larghe intese per fregare meglio Berlusconi, vuole cioè la rielezione di Napolitano. Napolitano è così "costretto" ad accettare la rielezione, come Scalfari aveva apertamente auspicato da tempo. Napolitano, un finissimo cervello della sinistra italiana, un antiberlusconiano di tattica e strategia e non di postura, l'eterno comunista moderato, riesce a farsi passare da quelli del PdL come l'uomo della pacificazione, che con l'ennesimo atto di deliberato suicidio lo votano alla Presidenza. Napolitano nomina il suo vero uomo di fiducia, Enrico Letta, alla Presidenza del Consiglio, che finge di assecondare il PdL nella sua richiesta elettorale dell'abolizione completa dell'IMU.
5. Giachetti vuole tornare al Mattarellum con una maggioranza alternativa al PdL, cosa che tutto il PD vuole molto, ma ancora non è possibile far cadere il governo e rischiare di tornare alle urne, perché ancora non c'è stata la sentenza. Angelino Alfano è talmente incapace che diviene protagonista di uno scandalo sulla deportazione illegale di una donna e di sua figlia dall'Italia. Ma il PD, con Napolitano dietro, stoicamente non molla la presa sul governo e respinge la mozione di sfiducia. Bisognava arrivare alla sentenza della Cassazione con questi numeri in Parlamento. Se prima il governo non fosse nato e il governo fosse stato sfiduciato si sarebbe tornati subito al voto con la stessa legge elettorale e Berlusconi avrebbe forse avuto la maggioranza alla Camera. Se il governo fosse caduto per il voto di sfiducia ad Alfano tutto sarebbe tornato in forse.
6. Improvvisamente, il PD torna a fare la voce dura, come non faceva da quando c'era ancora il governo Berlusconi. Epifani, facendo arrabbiare il PdL e indebolendone le colombe interne, parla in conferenza stampa un secondo dopo la lettura della sentenza assicurando che il PD farà tutto quello che può per far rispettare la sentenza. Difatti questo accade. Successivamente, in un comunicato-capolavoro, Napolitano rifiuta la grazia a Berlusconi, facendo credere però ancora una volta ai gonzi di tutte le parti di aver in qualche modo aperto a Berlusconi, ricordando invece semplicemente il fatto che non gli è pervenuta alcuna richiesta di grazia e rifutando invece il minimo passo immediato. In realtà, Berlusconi non può chiedere la grazia perché non avrebbe comunque effetti sostanziali sulla sua "agibilità politica" e soprattutto perché nessuno gli assicura che Napolitano gliela concederebbe, anzi ne dubita fortemente, se non forse a caro prezzo. La strada per Berlusconi si fa sempre più stretta. Le colombe del PdL pregano il PD e Napolitano di dare loro almeno il minimo segnale di apertura, anche solo apparente, di modo da rafforzare la loro posizione, ma incontrano un muro di gomma. Lo stesso Letta, finora molto disponibile, appoggia completamente la linea dura. Franceschini, che ha gestito tutto il partito da quando è nato il governo Letta, ribadisce la linea. Nel frattempo l'Italia ha ripreso la sua credibilità internazionale e il PD e il governo hanno fatto segnare una svolta in senso progressista del discorso pubblico, tornando all'offensiva e non più sulla difensiva, in temi come la lotta all'omofobia e i diritti degli immigrati. Oltre a questi progetti, il PD è adesso in prima linea per fare il necessario per cambiare la legge elettorale, dopo essersi assicurato dell'ineleggibilità di Berlusconi nella prima parte della legislatura e dopo aver evitato i cambiamenti nella legislatura precedente per assicurarsi quantomeno l'indispensabile premio di maggioranza assoluta alla Camera.
In tutto questo, il Fatto Quotidiano o non ci capisce un fico secco oppure forse capisce benissimo ma finge di non capire per vendere più copie gridando all'inciucio.