Vietnam
Quando la guerra celebra il culto della sconfitta
Ancor oggi, a ventiquattro anni dalla sua conclusione, la guerra del Vietnam costituisce l’avvenimento storico più divisivo nella società e nella politica americana, avendo diviso i partiti e minato le tradizionali lealtà di schieramento. Negli anni sessanta, nel momento di massima tensione tra i difensori dell’impegno bellico e i pacifisti, la guerra era appoggiata dai settori più anticomunisti – democratici e repubblicani – ma combattuta dai filocomunisti e dalla sorgente sinistra libertaria e autoritaria. Tuttavia, persino negli ambienti dell’estrema destra c’era chi era spinto ad avversarla in virtù del fatto che l’economia di guerra avrebbe forzatamente ampliato anzichè ridotto le dimensioni e l’ingerenza dello Stato. Tra queste due posizioni agli antipodi, di esaltazione e rifiuto, sembrò spuntarla nel 1968 la via di compromesso interpretata dal Presidente Richard Nixon e dal suo Segretario di Stato Henry Kissinger, volta a raggiungere con i vietnamiti del Nord “una pace con onore”. Nonostante le buone intenzioni gli americani rimasero “impantanati” (per usare una terminologia divenuta famosa) nelle paludi vietnamite fino al 1973 e nel 1975 videro le forze comuniste del nord conquistare Saigon. La guerra era finita e gli Usa scoprirono di averla malamente perduta. Il lungo conflitto, che ebbe inizio già negli anni ’50 e subì un’escalation importante negli anni sessanta grazie alla determanazione anticomunista di Presidenti democratici quali John Kennedy e Lyndon Johnson, terminò paradossalmente con i repubblicani intenti a ratificare una sconfitta, che la stampa liberal aveva indirettamente favorito, riuscendo con la propria opera di destabilizzazione a fiaccare nel morale le truppe, incitarle alla diserzione e all’obiezione di coscienza, creando una frattura tra i soldati e i civili, destinata a lacerare irrimediabilmente la società americana.
Per lungo tempo la memoria del Vietnam è rimasta una ferita aperta nella vita degli americani, dando luogo a due mitologie speculari e contrapposte. In un primo tempo ad imporsi è stata la mitologia del rifiuto e del lutto di una nazione che aveva perduto la propria innocenza in una guerra “ingiusta”; ma già a partire dalla fine degli anni settanta a questa lettura negativa dell’esperienza bellica se ne affiancò un’altra destinata a sortire maggiori e più duraturi effetti. Complice l’avvento al potere di Reagan e con lui della destra repubblicana, erede dell’interventista Goldwater, gli anni ottanta hanno riportato il Vietnam all’attenzione in chiave antisovietica. Grazie a films di stile e contenuto diverso quali “Il Cacciatore” e “Rambo” i mass media – che in precedenza si erano schierati compatti contro la guerra, ad eccezione del “falco” John Wayne isolatissimo col suo “Green Berets” – alimentarono nei nazionalisti la nostalgia per una causa patriottica e “giusta”, perduta non dai militari ma per colpa del disimpegno del governo di Washington. Nel 1982 ebbe inizio così la costruzione del “Muro”, ovvero il Memoriale dei Veterani del Vietnam, innalzato a Washington DC adiacente al Lincoln Memorial. Un’impressionante lastra di granito nero sulla cui superficie sono riportati i nomi di tutte le vittime.
Grazie a tutto ciò, nonostante il rinnovato impegno liberal a sottolineare le atrocità e la sostanziale inutilità del conflitto, oggi il Vietnam non è considerato più una vergogna per l’americano medio. Sulla guerra permane, è vero, un alone negativo che contagia ancora ogni intervento militare degli USA; tuttavia, l’aver prestato servizio è considerato oggi un onore per quei veterani che si candidano alle massime cariche politiche. Come il repubblicano John McCain, che sul suo passato di eroe di guerra, fatto prigioniero e torturato dai Vietcong, si è catturata l’attenzione e la stima di tutti gli americani, compresi quelli di orientamento diverso. E come il democratico John Kerry che ha tentato un po’ goffamente la sua carta di “veterano”, laddove coloro che hanno evitato la leva – vedi Clinton e Bush - sono stati accusati di comportamento poco patriottico.
Il Vietnam continua ad essere argomento di divisione, ma i liberals non ne hanno più l’esclusiva....
Mr. Right