Solo alcune norme, aggiunte alla Carta costituzionale, sono bastate a far scatenare l’usura internazionale contro l’Ungheria del premier Viktor Orban (nella foto). A rendere insonni le notti di tecnocrati e banchieri sono state le nuove norme inserite nella Costituzione ungherese, decise dalla maggioranza parlamentare in mano a Fidesz – la formazione politica guidata da Orban – che hanno destato un vespaio di polemiche in particolare da parte della Commissione Ue – covo e quintessenza della tecnocrazia europea – e del suo presidente José Manuel Barroso. Ma partiamo dall’inizio. Ieri, dopo che il giorno prima il Parlamento magiaro aveva votato a favore di una serie di iniziative costituzionali volute da Orban, il fiorino ungherese ha toccato i minimi storici contro l’euro, raggiungendo quota 305. Segno che i mercati non hanno gradito le decisioni prese dal primo ministro di Budapest.
E quale sarebbe il vero nodo del contendete? La sovranità monetaria e quindi nazionale che il governo Orban ha deciso di rivendicare – con alti e bassi – a nome del popolo ungherese contro i Signori del danaro e i tecnocrati internazionali e non solo. Tutto ciò non è gradito al mondo della finanza che con il pretesto di voler rifiutare ogni contrasto tra Bruxelles e il governo di Budapest riguardo alle norme inserite nella Costituzione, assieme alla nomina del suo braccio destro György Matolcsy, nominato governatore della Banca centrale ungherese. E neanche il piano, annunciato oggi da Orban, di convertire i debiti in valuta estera delle piccole imprese in fiorini, utilizzando le riserve della banca centrale. Sono i dettagli – non da poco – che agitano a non finire l’usurocrazia e i suoi lacché. Gli avversari del governo Orban vedono inoltre le modifiche a una Costituzione varata poco più di un anno fa come un nuovo tentativo di accentrare il potere, approfittando dell’ampia maggioranza parlamentare. In realtà tutto questo ha un unico scopo quello di favorire la sovranità nazionale e uno Stato non più schiavo dei tecnocrati di Bruxelles e dei banchieri di Francoforte. L’emendamento voluto dalla maggioranza parlamentare magiara cancella tutte le pronunce della Corte costituzionale prima dell’entrata in vigore della nuova Costituzione avvenute, all’inizio dello scorso anno, e inserisce una migliore regolamentazione in tema di educazione superiore, senza fissa dimora, leggi elettorali e famiglia, per rifondare l’Ungheria secondo i propri valori nazionali, nel rispetto delle tradizioni patriottiche e dei consensi confermati dal popolo magiaro al partito Fidesz di Orban. Ma non tutti in patria e all’estero sono rimasti soddisfatti delle decisioni prese dal governo ungherese. I mercati non gradiscono infatti i contrasti tra Bruxelles e Budapest sul maxiemendamento alla Costituzione ungherese e neppure il nuovo governatore della banca centrale György Matolcsy. A cui si aggiunge il piano, annunciato ieri dallo stesso Orban, di convertire i debiti in valuta estera delle piccole imprese in fiorini, utilizzando le riserve della Banca centrale magiara. Che ignominia! Una cosa del genere non può essere digerita dall’usura internazionale che si è subito mossa e come qualche mese fa ha iniziato a speculare ignobilmente sul fiorino magiaro per avvertire Orban che è tempo di finirla con le sue scelte all’insegna della sovranità nazionale.
Ma la disputa con Bruxelles riguarda – naturalmente in misura minore – anche le limitazioni senza precedenti poste ai poteri della Corte costituzionale dall’emendamento approvato al Parlamento magiaro. Il presidente della Commissione Ue José Manuel Barroso ha osservato che l’emendamento “solleva preoccupazioni riguardo allo Stato di diritto” che Budapest deve risolvere con Bruxelles. dimostrando ancora una volta la volontà dell’esecutivo comunitario di prevalere sulla legittimità popolare dei governi nazionali.
Da parte sua la Corte costituzionale è stata una delle istituzioni ungheresi che più ha ostacolato il governo Orban, insieme alla Banca centrale, nella sua strategia di accrescere il proprio potere, e il rapporto con Bruxelles conta per l’Ungheria, come fonte di sostegno finanziario e come rete di sicurezza politica. Budapest ha beneficiato del salvataggio Ue-Fmi nel 2008 e stava discutendo un nuovo prestito ancora più oneroso di quello di 5 anni fa proprio a inizio anno, prima di interrompere i negoziati e andare a finanziarsi sui mercati internazionali, ma potrebbe tornare ad averne bisogno in un prossimo futuro proprio a causa della crisi del fiorino. Da parte loro i bankster sono tornati all’attacco contro l’Ungheria e il suo popolo, per metterli in guardia sulla strada da loro intrapresa. Del resto la sovranità nazionale sarà sempre il nemico giurato dell’usura internazionale.
Ungheria: ancora minacce dall?usura internazionale | Europa | Rinascita.eu - Quotidiano di Sinistra Nazionale