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    Predefinito 31 agosto: San Raimondo Nonnato, confessore

    Maccabei, santi, martiri, sotto l’altare della confessione di S. Pietro in Vincoli vi è un sarcofago del IV secolo contenente le loro spoglie, che è diviso in sette scomparti. Rinvenuto sotto la predella dell’altare maggiore nel 1876, in esso fu trovata una lamina di bronzo dell’autentica delle reliquie. I sette fratelli: Aber, Acasfo, Aratsfo, Giacomo, Giuda, Macabco e Macuro furono martirizzati verso il 168 a.C. e traslati a S. Pietro in Vincoli nel pontificato di Pelagio I (556-61).
    M.R.: 1 agosto - In Antiochia la passione dei sette santi Fratelli Maccabei Martiri, colla loro madre, patirono sotto il Re Antioco Epifane. Le loro reliquie, trasportate a Roma, furono riposte nella chiesa di san Pietro in Vincoli.

    [ Tratto dall'opera «Reliquie Insigni e "Corpi Santi" a Roma» di Giovanni Sicari ]

  2. #2
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    Predefinito Rif: 1 agosto: San Pietro in Vincoli e Santi Maccabei


  3. #3
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    Predefinito Rif: 1 agosto: San Pietro in Vincoli e Santi Maccabei

    DOMENICA NONA
    DOPO LA PENTECOSTE

    I guai di Gerusalemme.

    La deplorazione dei guai di Gerusalemme forma in Occidente l'argomento del Vangelo del giorno e ha dato da lungo tempo il suo nome, presso i Latini, alla nona Domenica dopo la Pentecoste.

    È facile trovare ancor oggi, nella Liturgia, le tracce della preoccupazione della Chiesa nascente riguardo alla prossima realizzazione delle profezie contro la città ingrata che fu oggetto delle prime predilezioni del Signore. Il termine stabilito dalla misericordia alla giustizia divina giunge alfine. Gesù Cristo, parlando della distruzione di Sion e del tempio, aveva predetto che la generazione che ascoltava le sue parole non sarebbe passata prima che si fosse compiuto quanto egli annunciava (Lc 21,32). Circa quarant'anni lasciati a Giuda per allontanare l'ira del cielo non hanno fatto che consolidare nel suo ostinato rinnegamento la razza deicida. Come un torrente a lungo trattenuto che infrange le sue dighe, la vendetta si precipita sull'antico Israele; l'anno 70 vede eseguire la sentenza che egli stesso ha pronunziata, quando esclamava mostrando ai Gentili (Mt 20,19) il suo re e il suo Dio: Il suo sangue cada su di noi e sui nostri figli! (ivi 27,25).

    MESSA

    Israele era diventato il nemico della Chiesa; Dio, come aveva annunciato (Dt 28,15-68) lo castiga e ne disperde i resti. La Chiesa coglie l'occasione dall'esecuzione dei giudizi del Signore, per professare l'umile fiducia che pone nell'aiuto del suo Sposo.

    EPISTOLA (1Cor 10,6-13). - Fratelli: Non desideriamo cose cattive come essi fecero; né diveniate idolatri, come alcuni di loro, conforme sta scritto: Si adagiò il popolo per mangiare e bere, poi si alzò per divertirsi; né fornichiamo come alcuni di essi fecero e ne caddero morti in un sol giorno ventitremila; né tentiamo Cristo, come lo tentarono alcuni di loro, che furono uccisi dai serpenti; né mormoriate, come alcuni di essi mormorarono, e furono distrutti dallo sterminatore. Or tutte queste cose accaddero loro in figura, e sono state scritte a nostro avvertimento, per noi che siamo venuti alla fine dei secoli. Quindi chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere. Non vi hanno assaliti che tentazioni umane: or Dio è fedele e non permetterà che voi siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione darà anche il modo di trame profitto, donandovi la forza di poterla sopportare.

    Una lezione profetica.

    "Tutti gli Ebrei - dice san Paolo - sono stati gratificati delle attenzioni di Dio. Nulla è mancato loro. Tuttavia, la benevolenza del Signore si è definitivamente allontanata da essi. Questo, perché l'amore di Dio ci crea una responsabilità davanti a lui e i suoi benefici non recano profitto se non a coloro che, ricevutili nell'umiltà, li fanno fruttificare con la completa fedeltà della vita. Sicché, nessuno dica che tutto ciò è solo storia antica e non riguarda che gli Ebrei. No, nella persona del popolo ebraico noi riceviamo una lezione profetica: ci si avverte di distoglierci dalle terrene cupidigie che l'hanno condotto alla perdizione, come potrebbero condurvi anche noi... Il popolo ebraico ha fatto, e spesso a sue spese, esperienze che dovevano servire al mondo intero. Tutti gli eventi della sua storia sono accaduti, sono stati scritti e sono giunti fino a noi come una lezione di cose destinata nella mente di Dio a illuminare noi che siamo gli ultimi venuti nel corso dei secoli, noi che apparteniamo alla alleanza nuova, ultima, eterna.

    Vediamo in questo modo come si possa venir meno, anche dopo aver raccolto i benefici di Dio. Sicché, lungi da noi la presunzione e ogni ingannevole sicurezza. Possono sopraggiungere prove più dure di quelle sopportate finora e che Dio ha proporzionato alla nostra debolezza. Non già che il Signore, il quale è fedele, permetta mai che la prova superi assolutamente le nostre forze: con la tentazione che aumenta, Dio da la forza soprannaturale richiesta per resistere; ma non dobbiamo mai far assegnamento su di noi, e questa maggiore forza ci verrà soltanto da lui" [1].

    VANGELO (Lc 19,41-47). - In quel tempo; Gesù, come fu vicino alla città, al vederla, pianse su di lei, e disse: O se conoscessi anche tu, e proprio in questo giorno, quel che giova alla tua pace! Ora invece è celato agli occhi tuoi. Che verranno per te i giorni nei quali i nemici ti stringeranno con trincee, ti chiuderanno e ti stringeranno da ogni parte, e distruggeranno te e i tuoi figli che sono in te, e non lasceranno in te pietra sovra pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata. Poi, entrato nel tempio, cominciò a scacciare coloro che vi vendevano e vi compravano, dicendo loro: Sta scritto: La mia casa è casa di preghiera; ma voi ne avete atta uria spelonca di ladri. Ed ogni giorno insegnava nel tempio.

    Le lacrime di Gesù.

    Il passo che abbiamo ora letto nel santo Vangelo si riferisce al giorno dell'entrata trionfale del Salvatore a Gerusalemme. Questo trionfo, che Dio Padre faceva provare al suo Cristo prima dei giorni della sua passione, non era, purtroppo - lo si vede presto il riconoscimento dell'Uomo-Dio da parte della sinagoga. Né la dolcezza di quel re che veniva alla figlia di Sion a cavallo di un'asina (Zc 9,9) né la sua severità misericordiosa contro i profanatori del Tempio, né i suoi ultimi insegnamenti nella casa del Padre suo dovevano aprire quegli occhi ostinatamente chiusi alla luce della salvezza e della pace. I pianti stessi del Figlio dell'Uomo non potevano dunque arrestare la vendetta divina: è pur necessario che alfine la giustizia abbia il suo corso.

    È opportuno che contempliamo per un istante le lacrime di Gesù. "Il Signore fermò lo sguardo sulla grande città, sulla mole del Tempio, e una tristezza infinita gli invase l'anima... Pianse sulla sua patria: furono veri singhiozzi; e le parole che pronunciò hanno, infatti, un accento quasi rotto, in cui si tradisce la violenza dell'emozione. Non dimentichiamo mai quanto il Signore appartenesse alla nostra umanità. Amava Gerusalemme come ebreo, come Figlio dell'Uomo, come Figlio di Dio. Gerusalemme era il cuore d'Israele e di tutto il mondo religioso, la città che Dio s'era scelta. Sarebbe potuta divenire la capitale del regno messianico destinato ad abbracciare tutte le genti. Nel passato non le erano mancati gli avvertimenti e i castighi salutari, e da tre anni il Signore stesso le aveva prodigato così abbondantemente la sua luce! Fin sul Calvario e oltre, mediante il ministero degli Apostoli, egli doveva tendere le braccia al suo popolo. Ma tutto sarebbe stato vano. Sarebbe stato pur necessario che intervenisse alfine la giustizia. E possiamo leggere presso lo Storico Giuseppe (V e VI libro della Guerra Giudaica), con quale rigorosa esattezza si è realizzata la profezia del Salvatore riguardo al castigo di Gerusalemme che rimane la più impressionante lezione della storia" [2].

    PREGHIAMO

    O Signore, nella tua grande misericordia, ascolta le nostre preghiere e, affinché tu possa esaudire le nostre domande, fa' che chiediamo ciò che ti è gradito.

    [1] Dom Delatte, Epitres de saint Paul, I, p. 337.

    [2] Dom Delatte, Evangile de N. S. J. C., II, p.74



    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 460-463

  4. #4
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    Predefinito Rif: 1 agosto: San Pietro in Vincoli e Santi Maccabei

    Alfonso Maria de Liguori - missionario, fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore (C. Ss. R.), vescovo, dottore della Chiesa, patrono del confessori e dei moralisti - nacque a Marianella, presso Napoli, il 27 settembre 1696, e morì a Pagani (Salerno) il 1° agosto 1787.
    Compiuti in casa, come tutti i ragazzi di nobili famiglie, gli studi letterari e scientifici, nei quali ebbero la loro parte rilevante anche la pittura e la musica (è sua la canzoncina natalizia "Tu scendi dalle stelle" ), nel 1708 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza all'università di Napoli, dove si laureò col massimo dei voti in diritto civile ed ecclesiastico appena sedicenne, con quattro anni di anticipo sull'età; richiesta dalle leggi del tempo.
    Dopo dieci anni di memorabili successi come avvocato nel foro napoletano, a causa di una violenta delusione morale dovuta a interferenze politiche in una causa dai grandi risvolti sociali, decise di farsi prete.
    Ricevuta l'ordinazione sacerdotale il 21 dicembre 1726, cominciò immediatamente a svolgere il suo ministero in mezzo al popolo più abbandonato e più bisognoso di aiuti spirituali.
    Osservando la miseria di tante anime, non riusciva a darsi pace né si concedeva riposo. Si portava dovunque: nei paesi intorno al Vesuvio, lungo la costa amalfitana, nelle sparute e dimenticate contrade di campagna lungo gli Appennini della Puglia e della Calabria, dove il clero locale, pur numeroso, rifiutava di andare.
    La salvezza di quelle anime era la sua idea dominante, l'elemento catalizzatore di tutte le sue energie e delle straordinarie doti intellettuali. E per rendere la sua opera più profonda e duratura, e per giungere con la sua azione di salvezza anche dove non poteva arrivare con la voce, e per andare oltre il tempo della sua esistenza terrena ed oltre gli spazi - troppo ristretti per il suo zelo evangelico - del Regno di Napoli, fondò; un istituto essenzialmente missionario e si diede, con altrettanto entusiasmo, all'apostolato della penna.
    Come scrittore, sant'Alfonso è popolarissimo. Pubblicò centoundici opere tra grandi e piccole. Alcune di esse hanno raggiunto centinaia di edizioni in gran parte delle lingue del mondo. Quelle di ascetica e di spiritualità si ristampano continuamente ancora oggi: Uniformità alla volontà di Dio; Modo di conversare continuamente e alla familiare con Dio; Pratica di amare Gesù Cristo; Visite al Ss. Sacramento e a Maria santissima; Meditazioni sulla Passione di Nostro Signore Gesù Cristo; Glorie di Maria; Massime eterne; Necessità della preghiera.
    Nel 1748 stampava la sua THEOLOGIA MORALIS, l'opera per la quale il papa Leone XIII lo definì "il più insigne e il più mite dei moralisti".
    Come fondatore Alfonso de Liguori sta continuando ancora oggi la sua missione di annunciatore della salvezza attraverso gli oltre 5.600 discepoli (i missionari redentoristi) in oltre 60 paesi dei cinque continenti.
    La Congregazione del SS. Redentore, da lui fondata a Scala (Salerno) il 9 novembre 1732, ha lo scopo di "continuare l'esempio del nostro Salvatore Gesù Cristo in predicare alle anime più abbandonate, specialmente ai poveri, la divina parola". E si impegna a raggiungere questa finalità prima di tutto con le missioni popolari e con la predicazione degli esercizi spirituali. All'occorrenza i congregati accettano la predicazione in terre straniere, particolarmente in quelle del terzo mondo (i Redentoristi italiani hanno aperto, già da alcuni decenni, una missione in Paraguay e una in Madagascar). Anche se raramente essi si fanno carico dell'insegnamento nelle scuole e della cura di parrocchie.
    Nel 1762 Alfonso fu eletto vescovo di Sant'Agata dei Goti (Benevento). Ma dopo 13 anni dovette rinunciarvi a causa dell'artrite deformante.
    Canonizzato nel 1839, fu dichiarato dottore della Chiesa nel 1871, patrono dei confessori e dei moralisti nel 1950.
    Alla sua scuola, i Redentoristi sono incamminati sulla via della perfezione e della santità. E i frutti, dopo circa 270 anni di vita, sono veramente abbondanti avendo dato alla Chiesa santi, beati, venerabili e servi di Dio. Si ricordano, insieme al Fondatore, san Gerardo Maiella, san Clemente Maria Hofbauer, san Giovanni Neumann, il beato Pietro Donders, il beato Gennaro M. Sarnelli, il beato Francesco Saverio Seelos.

    Testo di Padre Ezio Marcelli

  5. #5
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    Predefinito Rif: 2 agosto 2009: IX Domenica dopo Pentecoste - Sant'Alfonso Maria de Liguori

    2 Agosto 2009
    Quarto delle None.

    Verde. Nona Domenica dopo la Pentecoste. Della stessa, semidoppio.

    MESSA propria, Gloria, 2ª orazione di sant'Alfonso Maria de' Liguori Vescovo, Confessore e Dottore, 3ª di santo Stefano I Papa e Martire, Credo, Prefazio della Trinità, Ite, Missa est, ultimo Vangelo di san Giovanni.

    Fonte: Una Voce Venetia

  6. #6
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    Predefinito Rif: 2 agosto 2009: IX Domenica dopo Pentecoste - S. Alfonso de Liguori - S. Stefano

    Stefano I, papa, santo, Romano (12 maggio 254 - 2 agosto 257), fu sepolto nella Cripta dei Papi nel Cimitero di Callisto e da Paolo I trasferito, il 17 agosto 761, a S. Silvestro in Capite dove, nel corso di restauri effettuati nel 1596, fu ritrovato e da Clemente VIII posto sotto l’altare maggiore. La reliquia di una gamba si credeva a S. Maria in Via Lata, come, parte del cranio, a S. Maria in Aracoeli. Nel 1160 il corpo fu donato a S. Maria della Colonna presso Trani e, sempre secondo la tradizione, nel 1682 traslato alla chiesa dei Cavalieri Stefanini di Pisa.
    M.R.: 2 agosto - A Roma, nel cimitero di Callisto, il natale di santo Stefano primo, Papa e Martire, il quale, nella persecuzione di Valeriano, mentre celebrava il Sacrificio della Messa, e, al sopraggiungere dei soldati, intrepido ed immobile dinanzi all'altare compiva i cominciati misteri, fu decapitato nella sua sede.

  7. #7
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    Predefinito Rif: 2 agosto 2009: IX Domenica dopo Pentecoste - S. Alfonso de Liguori - S. Stefano

    3 Agosto 2009
    Terzo delle None.

    Rosso. Lunedì. Invenzione di santo Stefano Protomartire, semidoppio.

    MESSA propria, Gloria, 2ª orazione A cunctis, 3ª a scelta, Prefazio comune, Ite, Missa est, ultimo Vangelo di san Giovanni.

    fonte: Una Voce Venetia

  8. #8
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    Predefinito Rif: 3 agosto: Invenzione di Santo Stefano Protomartire

    Nasce nel 1170 a Caleruega (Vecchia Castiglia). Studia teologia a Palenza e diventa canonico a Osma. Durante un viaggio con il suo vescovo Diego in Danimarca si rende conto che nessuno annuncia più il Vangelo e che molta gente ascolta la predicazione dei 'catari' che nascone la misericordia di Dio anziché manifestarla. Insieme al vescovo Diego inizia una missione di rievangelizzazione. Il loro desiderio è quello di portare l'annuncio nell'est dell'Europa, ma il Papa li invia nel sud della Francia a contrastare l'eresia catara con la predicazione e l'esempio. Durante questa missione muore il vescovo Diego. Domenico fonda una piccola comunità di suore di vita contemplativa e attorno a lui si riunisce un gruppo di amici. Da questo primo nucleo nasce nel 1216 con l'approvazione della Chiesa l'Ordine dei frati Predicatori (chiamati comunemente Domenicani). Domenico li invia nelle città universitarie a studiare e quindi a "predicare e camminare" come recita il suo motto. Tra il 1220 e il 1221 rappresentanti di tutte le comunità domenicane si riuniscono e si danno delle norme. Il 6 agosto 1221 debilitato nel fisico e dalle fatiche Domenico muore a Bologna, dove per suo desiderio viene seppellito.
    Canonizzato il 13 luglio 1234 da Papa Gregorio IX.

    Il Santo Padre Domenico, della nobilissima famiglia dei Gusman, fu impetrato da Dio con molte preghiere e alla piissima madre Giovanna d’Aza, le lo mostrò, prima ancora che nascesse, sotto forma di un cane, che con una fiaccola accesa in bocca si slanciava a incendiare la terra, simbolo di quello splendore di santità e di dottrina con cui avrebbe illuminato e condotto a salute i popoli e la Chiesa. Trascorsa, nell’ardente pietà e nello studio della divina parola, un’angelica giovinezza, a venticinque anni, già sacerdote, entrò nel Capitolo riformato di Osma, dove per nove anni, nel silenzio e nella preghiera, si tiene pronto ai cenni di Dio. Nel 1205 passando per la Francia meridionale insieme al suo Vescovo Diego d’Acebes, assiste desolato alla invadente eresia albigese, decidendo di fermarsi, nell’intento di ricondurre quelle popolazioni alla vera fede mediante la santa predicazione. L’anno seguente egli può già offrire e Dio e alla Vergine il primo fiore raccolto in quell’arido terreno irrorato dalle sue lacrime e dai suoi sudori: la fondazione del monastero di Prouille, dove raccoglie anime generose strappate all’eresia, che si votano alla preghiera e alla penitenza. rouille poi sarà chiamata la "Santa Praedicatio", dove Domenico ritornerà spesso come a una fresca fontana di grazia e di pace. A Prouille ancora Maria gli rivela il suo Rosario, l’arma potente contro tutte le eresie, e che diverrà la preghiera universale, Vangelo del popolo. Dieci anni trascorse in questa terra, e, nelle lunghe notti spese ai piedi degli altari, Dio gli rivela la sua missione: fondare un Ordine di Predicatori, che attingendo dai santi esercizi del chiostro e dallo studio assiduo della scienza e con zelo, si recassero ad evangelizzare le masse cristiane che intristivano nell’ignoranza. L’Ordine fu approvato da Papa Onorio III nel 1216. Così dopo la splendida fioritura del monachesimo s’iniziava lo sviluppo delle istituzioni apostoliche, tutte consone ai nuovi tempi e di cui ben a ragione il glorioso Padre può dirsi Patriarca. A cinquantuno anni Domenico, mentre assiste umile e beato al rapido fiorire dell’opera sua, in tutto il vigore della sue splendida personalità, è colpito da un morbo repentino che lo conduce alla tomba. Sul letto dell’agonia, circondato dai suoi figli piangenti, egli rivela loro d’essere arrivato a quel punto per grazia di Dio, ancora candido della battesimale innocenza. Questo il suo testamento: "Abbiate la carità, conservate l’umiltà, possedete la povertà volontaria", e perseverando fino all’ultimo nella preghiera, alzando al cielo le braccia, si slanciò nell’immensità di Dio. Come in vita così dopo morte fu illustre per miracoli. Tredici anni dopo la beata morte fu canonizzato a Rieti da Papa Gregorio IX, il quale pronunziò queste celebri parole: "Dubito tanto della santità di Domenico quanto di quella degli apostoli Pietro e Paolo".

    [ Testo di Franco Mariani - Addetto Stampa Congregazione Suore Domenicane dello Spirito Santo ]

  9. #9
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    Predefinito Rif: 4 agosto: San Domenico di Guzman, confessore e fondatore dell'Ordine Domenicano

    Pedro Berruguete, Autodafé presieduto da S. Domenico di Guzmán, 1495 circa, Museo del Prado, Madrid

    Gaspar de Crayer, S. Domenico, Museo del Prado, Madrid

  10. #10
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    Predefinito Rif: 4 agosto: San Domenico di Guzman, confessore e fondatore dell'Ordine Domenicano

    5 AGOSTO

    MADONNA DELLA NEVE



    La liturgia del 5 Agosto.

    Per quanto siano semplicemente di rito doppio maggiore e passino inavvertite a molti, le due feste del 16 luglio e del 5 agosto non sono tuttavia meno care alla pietà cristiana. Esse sono un preludio al trionfo dell'Assunzione e vi preparano le nostre anime invitandole al raccoglimento e a una tenera devozione verso la Madre di Dio. I mesi estivi attraggono i fedeli ai luoghi di pellegrinaggio e ai santuari dedicati alla Vergine dove sentono maggiormente la sua presenza e ottengono più abbondanti benefici dalla Mediatrice di tutte le grazie. È a un pellegrinaggio da compiere con il pensiero e il desiderio che ci invita oggi la Liturgia festeggiando da tanti secoli la Dedicazione della chiesa che fu la prima a portare a Roma il santo nome di Maria e che è non soltanto una delle più belle e delle più ricche della Città eterna, ma anche l'antenata delle innumerevoli chiese dedicate alla Vergine che la pietà cristiana doveva erigere su tutta la terra, dalle modeste cappelle di campagna fino alle splendide cattedrali di Chartres, di Reims o di Parigi.



    Storia e leggenda.

    Verso la metà del secolo IV il Papa Liberio aggiunse un'abside a una vasta sala chiamata il "Sicininum" e la consacrò al culto. Appunto per questo si dà ancora talvolta a quell'edificio il nome di basilica liberiana. Sisto III la ricostruì quasi interamente e la dedicò quindi, verso il 435, alla Vergine di cui il Concilio di Efeso aveva, nel 431, definito la divina Maternità e consacrato il nome di "Theotókos", cioè Madre di Dio. La basilica ricevette allora e conservò in seguito il nome di S. Maria Maggiore.

    Una graziosa leggenda, fiorita nel Medioevo, narra che la Santa Vergine apparve in sogno a Liberio, ordinandogli di costruirle una basilica sull'Esquilino, nel luogo che egli avrebbe trovato, l'indomani, tutto coperto di neve. E il giorno dopo, infatti, per quanto si fosse in piena estate, una neve miracolosa indicava il punto in cui costruire la basilica desiderata dalla Vergine. Per questo si sarebbe chiamata quella chiesa la Madonna della Neve. La leggenda non è senza relazione con l'usanza di far cadere in quel giorno una pioggia di fiori bianchi nella basilica. Tale usanza, che esprime la purezza di Maria, fu forse all'origine della leggenda, oppure per la leggenda a dar luogo al profumato rito [1]? Non lo sappiamo. Certo è, invece, che S. Maria Maggiore merita giustamente il suo nome: è infatti la basilica mariana per eccellenza. E se, "tante volte la spirituale purezza di Nostra Signora di Chartres o di Amiens ha fatto sprigionare dal cuore dei pellegrini un grido di gioia e di lode, l'armonia della Madonna di Roma invita alla tranquilla fiducia nell'indulgenza infinita della Madre" [2].



    Presenza mariana.

    La Madonna: è lei che troviamo in questo luogo ammirando sul frontone dell'abside i mosaici che ricordano i misteri dell'Incarnazione e della divina Maternità. È lei che veneriamo davanti alla bella icone di stile bizantino, chiamata "Madonna di san Luca", per lungo tempo attribuita all'Evangelista e che, pur essendo d'un'epoca più recente, è certo la riproduzione di un'opera antica. Roma che conserva con pietà tante meravigliose immagini della Vergine, ama quest'ultima come la più veneranda fra tutte; questo dipinto è il suo palladio, e lo considera come "la salvezza del popolo romano". È la Madonna infine che ritroviamo ancora nei ricordi della mangiatoia del Salvatore: cinque pezzi di legno tarlato racchiusi in un reliquiario che vengono posti sull'altare maggiore, a Natale, durante la messa di mezzanotte.

    Innumerevoli sono i pellegrini venuti ad implorare in questa basilica la materna protezione della Vergine o a presentarle i loro omaggi di filiale tenerezza. E quanti santi vi ricevettero grazie particolari! Appunto qui, in una notte di Natale, la Santa Vergine depose il Bambino Gesù fra le braccia di san Gaetano da Thiene; qui, durante un'altra notte di Natale, sant'Ignazio di Loyola celebrò la sua prima messa; qui i rosari sgranati da san Pio V ottennero ai Crociati la vittoria di Lepanto; davanti alla Madonna di san Luca amava pregare san Carlo Borromeo quando era arciprete della basilica e fu appunto lui che, per testimoniare la sua gratitudine verso la Madre di Dio, riformò il coro dei canonici, gli diede un regolamento del tutto monastico e assicurò una esemplare celebrazione dell'Ufficio divino.



    Ricordi liturgici.

    E quali ricordi, o Maria, ridesta in noi questa festa della tua basilica Maggiore! E quale più degna lode, quale migliore preghiera potremmo offrirti oggi se non ricordare, supplicandoti di rinnovarle e di confermarle per sempre, le grazie ricevute da noi in questo benedetto recinto? Non è forse alla sua ombra che, uniti alla nostra madre, la Chiesa, a dispetto delle distanze, abbiamo gustato le più dolci e più elevate emozioni della Liturgia?

    È qui che nella prima Domenica di Avvento ha avuto inizio l'anno, come nel "luogo più conveniente per salutare l'avvicinarsi della divina Nascita che doveva allietare il cielo e la terra, e mostrare il sublime prodigio della fecondità d'una Vergine" [3]. Traboccanti di desiderio erano le anime nostre nella santa Vigilia che, fin dal mattino, ci radunava nella radiosa basilica "dove la Rosa mistica si sarebbe alfine schiusa e avrebbe effuso il suo divino profumo. Regina di tutte le numerose chiese che la devozione romana ha dedicate alla Madre di Dio, essa si ergeva dinanzi a noi risplendente di marmi e di oro, ma soprattutto beata di possedere nel suo seno, insieme con il ritratto della Vergine Madre, l'umile e gloriosa Mangiatoia. Durante la notte, un popolo immenso faceva ressa dentro le sue mura, aspettando il beato istante in cui quello stupendo monumento dell'amore e delle umiliazioni d'un Dio sarebbe apparso portato a spalle dai ministri sacri, come un'arca della nuova alleanza, la cui vista rassicura il peccatore e fa palpitare il cuore del giusto" [4].

    Appena trascorso qualche mese, eccoci nuovamente nell'insigne santuario, "per partecipare questa volta ai dolori della nostra Madre nell'attesa del sacrificio che si preparava" [5]. Ma tosto, quali nuovi gaudi nell'augusta basilica! "Roma faceva omaggio della solennità pasquale a colei che, più di ogni altra creatura, ebbe il diritto di provarne la gioia, sia per le angosce che il suo cuore materno aveva sopportate, sia per la fedeltà nel custodire la fede nella Risurrezione durante le ore crudeli che il suo divin Figliolo dovette trascorrere nell'umiliazione del sepolcro" [6]. Splendente come la neve, o Maria, una candida schiera di neonati usciti dalle acque formava la tua corte e rinnovava il trionfo di quel giorno.



    Preghiera.

    Fa' che in essi come in tutti noi, o Maria, gli affetti siano sempre puri come il marmo bianco delle colonne della tua chiesa prediletta, la carità risplendente come l'oro che brilla nella sua volta, e le opere luminose come il cero pasquale, simbolo di Cristo vincitore della morte e che ti fa omaggio dei suoi primi fuochi.



    [1] N. Maurice-Denis et Boulet, Romée, 1948, p. 351.

    [2] Ibidem.

    [3] L'Avvento, p. 36.

    [4] Il Tempo di Natale, p. 123.

    [5] La Passione, p. 692; Stazione del Mercoledì Santo.

    [6] Il Tempo Pasquale, p. 37.



    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 938-941

 

 
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