Originariamente Scritto da
Dark Knight
BILANCI PARTECIPATIVI (O SOCIALIZZAZIONE DELLA SPESA PUBBLICA)
Premessa
La proposta di studiare percorsi per l’attuazione della socializzazione della spesa pubblica, dunque per la predisposizione dei bilanci partecipativi nasce all’interno di una piattaforma politico-culturale che accetta e riconosce l’idea partecipativa quale principio supremo ispiratore della cosiddetta democrazia organica, unica vera forma di democrazia, di insegnamento greco, in alternativa alla contorta ed ingannevole democrazia rappresentativa partorita dalla rivoluzione francese.
Compiutamente espressa nell’ambito dell’immensa rivoluzione sociale rappresenta dalla realizzazione della Real Colonia di San Leucio (1789) su volontà del re Ferdinando IV di Borbone, e ripresa, seppur per breve periodo ed in forma embrionale, durante la Repubblica Sociale Italiana, l’idea partecipativa aveva trovato applicazione attraverso l’attuazione del decreto sulla socializzazione delle imprese. Oggi socializzazione delle imprese significa partecipazione degli operai agli utili ed ai consigli di amministrazione per il tramite di loro delegati, quindi partecipazione e cogestione. E comporta la collocazione di lavoratori e datori di lavoro sullo stesso piano lavorativo e morale, eliminando i rapporti umani di sudditanza e dipendenza che vengono sostituiti con rapporti di collaborazione e rispetto reciproco.
In modo analogo, in ambito politico, è possibile porre sullo stesso piano rappresentanti e rappresentati, incentivando una maggiore partecipazione e responsabilizzazione dei primi e una maggiore trasparenza nell’operato dei secondi che devono render conto della loro azione quotidiana. Questo perché, accanto alla socializzazione della spesa pubblica e alla socializzazione delle imprese, si può pensare, in prospettiva, alla socializzazione dello Stato, iniziando dagli enti locali. E’ chiaro che devono essere previsti accorgimenti per un migliore funzionamento dei processi democratici e che, proprio in quest’ottica, devono essere studiati e predisposti strumenti di democrazia diretta basati sull’utilizzo delle tecnologie moderne, quali possono essere, ad esempio, le piattaforme telematiche ed i forum istituzionali, oltre che le consuete assemblee di quartiere.
Per ciò che concerne specificatamente la socializzazione della spesa pubblica (o bilanci partecipativi) l’aspetto essenziale ed irrinunciabile consiste nella definizione e direzione di determinate fasi che possano condurre all’attuazione di un procedimento che si basi sulla, e richieda come necessaria la partecipazione diretta dei cittadini e delle associazioni per la formulazione di meccanismi di partecipazione per la definizione del bilancio, prospettando la necessità di un nuovo modo di intendere la politica ed il rapporto tra le istituzioni ed i cittadini. Attraverso questo modus operandi, non solo si percorrerebbe una strada maggiormente valida e funzionante volta al risanamento finanziario, almeno inizialmente, delle singole comunità, ma si otterrebbe l’indispensabile risultato di provocare l’incentivazione di una maggiore partecipazione futura dei cittadini ai meccanismi diretti alla formulazione delle scelte collettive che servono a governare in modo ancora più efficiente ed efficace una comunità organizzata, riuscendo a recepire ancora meglio le esigenze di tutti espresse direttamente sul territorio.
Il Bilancio Partecipativo
Il bilancio partecipativo altro non è che una delle forme, già sperimentata in altri Paesi europei e dell’America Latina, più importanti di democrazia diretta consistente nella partecipazione diretta dei cittadini alle scelte fiscali del territorio in cui sono chiamati ad operare, proprio nella loro qualità di cittadini. Lo schema teorico e pratico, ai fini della corretta applicazione, non necessita di nozioni o procedure particolarmente complesse, soprattutto ove si consideri che uno dei presupposti più importanti è proprio quello di rendere i diversi passaggi, necessari per garantire ed incentivare la partecipazione della collettività alle scelte fiscali, i più semplici possibile. L’aspetto inizialmente rilevante è che questi bilanci presentano, intersecandoli tra loro, momenti di democrazia diretta e momenti di democrazia rappresentativa
Ai fine della realizzazione del bilancio partecipativo, la partecipazione popolare si svolge in primo luogo a livello territoriale. Sulla base di questa prima premessa e partendo, pertanto, dalla considerazione dell’estensione del territorio comunale di Reggio Calabria, è possibile affermare che sono ben pochi i passaggi che devono essere indicati ed esaminati. L’unica base di partenza dovrebbe esclusivamente consistere nella determinazione di regolamenti interni che possono fornire e garantire regole organizzative chiare, anche se flessibili, nell'arco di ogni anno di discussione.
- Il primo passo dovrebbe consistere proprio nell’attribuzione del potere di promuovere l’iter per la realizzazione del bilancio partecipativo. Tale potere, in ambito comunale, deve spettare al Sindaco e alla Giunta, in modo, però, possibilmente vincolante se la richiesta proviene da un certo numero di consiglieri o assessori comunali. Ma, a ben vedere, sarebbe auspicabile che la richiesta di ricorrere ai bilanci partecipativi possa essere espressa anche dalle associazioni di categoria, dai sindacati e dai cittadini, i quali, a questo fine, devono presentare richiesta espressa scritta, affiancata dalla raccolta di un certo numero di firme.
N.B. Chiaramente, nel caso in cui, il ricorso al bilancio partecipativo dovesse diventare obbligatorio, il passo relativo all’attribuzione del potere di promuovere l’iter deve essere modificato, visto che attivazione dell’iter stesso non sarebbe più facoltativa ma obbligatoria dal punto di vista legale ed istituzionale.
- Il secondo passo potrebbe coincidere con la suddivisione del territorio comunale in quartieri, circoscrizioni o frazioni (per i comuni più piccoli).
- Proprio con riferimento a tali quartieri, circoscrizioni o frazioni, il terzo passo potrebbe consistere nell’istituzione di apposite assemblee di quartiere (da ora in poi solo di ‘quartiere’ ma da intendersi, in base alle circostanze, anche o di ‘circoscrizione’ o di ‘frazione’) alle quali la popolazione, in rapporto alla suddivisione del territorio di appartenenza, deve partecipare in occasione di riunioni pubbliche, al fine di esternare le proprie esigenze e di compiere le proprie valutazioni in ordine alle priorità indicate dal punto di vista dell’ambito fiscale. In questo contesto, pertanto, in una posizione di primo piano deve essere collocato il sano e, si spera, proficuo confronto tra i cittadini in merito alla proposte concrete che dalle assemblee di quartiere dovranno venire necessariamente fuori. Si potrebbe far ricorso anche a sistemi di votazione e discussione online – quindi da svolgersi su piattaforme telematiche – o a sondaggi tematici, che accompagnino, però senza sostituirlo, il percorso democratico delle assemblee di quartiere.
A conclusione della terza fase, si può procedere con la formazione di appositi consigli o comitati formati da un numero ristretto di singoli cittadini in qualità di rappresentanti degli abitanti dei quartieri (o delle circoscrizioni e frazioni), affiancati da tecnici ed esperti. Benché la formazione di tali organi si verifichi tra la terza e la quarta fase, la loro azione verrà a svolgersi in un momento successivo, ovvero a conclusione del quarto passaggio e verrà, pertanto, esposta in seguito. La motivazione essenziale per la quale la formazioni di tali organi dovrebbe essere svolta a cavallo tra le due fasi è da ricercarsi nella volontà di dare agli abitanti la possibilità, in base alla suddivisione del territorio di appartenenza, di procedere alla scelta dei cittadini che assumeranno, come poc’anzi anticipato, il ruolo di loro rappresentanti all’interno dei suddetti consigli o comitati che assumeranno, di conseguenza, anche questi, base territoriale. Altresì, nella stessa sede, i cittadini saranno chiamati anche ad esprimersi in merito alla nomina dei tecnici e/o degli esperti.
- Il quarto passo potrebbe, altresì, consistere nella promozione di apposite e specifiche assemblee, o sempre di quartiere o su base interamente comunale, che incentivino momenti di confronti inerenti determinate tematiche prestabilite. In questo senso sarà ancora più importante il coinvolgimento di comitati di quartiere, associazioni di categorie professionali o lavorative, cooperative sociali, sindacati, comitati di tecnici ed esperti e rappresentanti delle istituzioni, al fine di meglio definire gli ambiti di discussione e di stabilire le priorità nei vari campi o settori sociali – dall’ambiente alle infrastrutture, dal turismo al settore burocratico – in ordine a quelli che potranno essere i risvolti fiscali da dover considerare. La presenza dei rappresentanti delle istituzioni è da considerarsi obbligatoria, pur essendo esclusa la possibilità di influenzare la discussione popolare o di prendere parte alle operazioni di voto, in conformità al principio dell’autogestione.
N.B. Queste fasi, ovviamente, devono essere sottoposte al controllo non solo delle istituzioni, ma anche degli organi giudiziari e delle forze dell’ordine. Le cause di una simile precisazione sono effettivamente abbastanza chiare e concernono la volontà di fornire tutte le garanzie necessarie affinché questi momenti di discussione e confronto, partecipazione e decisione, non vengano inquinati – si pensi alla presenza sul territorio della criminalità organizzata – o influenzati dall’azione di lobbies e associazioni o di semplici cittadini che intendessero far valere una certa pressione all’interno di questi processi di dibattito democratico.
A conclusione della quarta fase, come poc’anzi preannunciato, si colloca l’attività dei consigli o comitati succitati, formati dai singoli cittadini affiancati da tecnici ed esperi. Consigli o comitati che hanno il compito, non solo di razionalizzare ed ultimare il lavoro delle assemblee, facendosi cosi portavoce delle proposte formulate e delle priorità indicate, ma anche di coordinarsi con gli altri comitati o consigli di quartiere al fine di definire sia le priorità e le esigenze complessive che la ripartizione delle spese e l’indicazione delle proposte.
Infine, come quinto ed ultimo passo, si avrebbe che le proposte cosi considerate – sia quelle dei singoli quartieri, sia quelle complessive di ripartizione – devono essere poste all’attenzione sia del Consiglio comunale, cui spetta l’approvazione definitiva del bilancio, che della Giunta comunale, la quale – per il tramite dell’assessore competente – formula la propria proposta di bilancio che dovrà essere sottoposta all’esame delle assemblee di quartiere, per poi essere successivamente armonizzata con le proposte delle suddette assemblee e con la proposta di ripartizione complessiva. Infine, la proposta finale in tal modo ottenuta verrà inoltrata al Consiglio comunale cui spetta l’approvazione definitiva.
In conclusione, come si può constatare, l’obiettivo fondamentale da tutelare è sostanzialmente quello di coinvolgere la cittadinanza, responsabilizzandola, e di sviluppare con intelligenza e trasparenza un sano confronto in ordine a tutte le differenti tematiche, essenziali e meno essenziali, che riguardano la vita dell’intera comunità.