Secondo Harold Bloom esiste una rifonda discontinuità fra Gesù di Nazareth, Gesù Cristo e Yahvè. Il primo è una figura storica, un ebreo vissuto nel I Secolo, le cui vicende terrene sono raccontate nei Vangeli ed in pochissimi altri testi, mentre le altre due sono figure divine, al centro del culto, rispettivamente dei cristiani e degli ebrei. Il primo è il redentore dei cristiani, mentre il secondo è il protagonista del Tanakh, la Bibbia degli ebrei. Secondo Bloom, tutte le informazioni disponibili su Yeshua di Nazareth non sono completamente attendibili, perché provengono da fonti, come i Vangeli, che non possono essere considerate a rigore storiche, biografiche, in quanto la loro finalità è fondamentalmente apologetica, ossia quella di fare proseliti, di convincere i lettori a credere che Yeshua fosse il Figlio di Dio, il Messia mandato su questa Terra per salvare l’umanità. Pertanto, chi cerca il Gesù storico riesce a ricostruire una figura inevitabilmente frammentaria, nella quale, come in uno specchio, ritroviamo quello che siamo, vediamo quello che vogliamo vedere. Al contrario, Gesù Cristo, il Dio della teologia cristiana, è una figura costruita da Paolo e da tutti gli altri Padri della Chiesa cercando di fondere, di armonizzare il monoteismo ebraico con la filosofia greca, in particolare, Platone. Infine, Yahvè, è, al contrario, un Dio molto poco teologico, se si intende per teologia una sistema di metafore, di concetti filosofici, ma piuttosto un Dio umano, troppo umano, è una personalità e non un concetto.
Il rapporto fra Antico Testamento e Nuovo Testamento è, secondo Bloom, segnato dalla angoscia dell’influenza, caratteristico legame fra due opere letterarie dedicate allo stesso tema che si succedono nel tempo; tale angoscia consiste in un rapporto ambiguo di identificazione e distacco, dove, appunto, coesistono il tentativo di porsi sia come superamento che come compimento del testo precedente. In definitiva, il Nuovo Testamento si fonda necessariamente su un fraintendimento della Bibbia ebraica. Esso punta a sostituire, come figura-chiave. Gesù Cristo a Yahvè e, pertanto, la Bibbia ebraica viene costantemente re-interpretata in maniera spesso forzata e fuorviante, alla luce di tale necessità. Infatti, ad esempio, l’ordine dei libri dell’A.T. è diverso da quello del Tanakh ebraico. L’A.T. cristiano si conclude con il li Libro di Malachia, che annuncia il ritorno di Elia, nelle vesti di Giovanni Battista, il precursore di Cristo, mentre la Bibbia ebraica si conclude con il Libro delle Cronache, con l’esortazione a partire per Gerusalemme al fine di ricostruire in tempio di Yahvè, che all’epoca dell’organizzazione del testo del Tanakh, il II-III Secolo d.C, era stato distrutto dai Romani nel 70 d.C. . In definitiva, si tratta di testi costruiti a posteriori per finalità ideologiche ben precise, fra l’altro, come si vede, molto diverse, altro che rivelazione divina.