Un primo programma di modernizzazione forzata dell'Iran fu impostato negli anni '30 dallo Scià Reza Pahlavi che lo perseguì con metodi dittatoriali ed espropriando le proprietà dei notabili Qajar. Tra le altre cose Reza Pahlavi creò un esercito moderno, fondò l'Università di Teheran e costruì la ferrovia Trans-Iraniana, ma promosse anche una laicizzazione della società ed una riduzione del potere religioso che gli valse l'ostilità del clero sciita militante (in particolare dell'Ayatollah Modarres che fu arrestato ed assassinato in carcere). Nel 1941 le simpatie di Reza Pahlavi per la Germania nazista (e l'intento di utilizzare la ferrovia Trans-Iraniana per i fini militari del Corridoio persiano) portarono all'invasione anglo-sovietica del Paese ed al crollo senza resistenza del regime.
Negli anni '50, un secondo tentativo di modernizzazione fu tentato dal Primo Ministro Mohammad Mossadeq, che nazionalizzò l'industria petrolifera allora controllata dalla britannica Anglo-Persian Oil Company e diede origine alla Crisi di Abadan. In politica interna Mossadeq promosse una serie di riforme per modernizzare e laicizzare il Paese che portarono alla rottura del blocco politico che lo aveva sostenuto ed alla contrapposizione con il clero sciita militante guidato dall'Ayatollah Kashani. Nello scontro, lo Scià Mohammad Reza Pahlavi fuggì in esilio a Roma, ma Mossadeq fu deposto, nel 1953, da un colpo di Stato sostenuto dalla CIA a favore dello Scià. Le esportazioni petrolifere furono da allora gestite dal Consorzio per l'Iran composto dalle principali compagnie petrolifere del tempo: le Sette sorelle.
Rientrato a Teheran dall'esilio, Mohammad Reza Pahlavi riprese in mano il governo del Paese. Pur sospendendo di fatto le garanzie costituzionali nei primi anni lo Scià governò con prudenza e moderazione e grande rispetto del clero sciita. Dopo la morte dell'Ayatollah Kashani divenne il padrone incontrastato della Persia e riprese la politica di modernizzazione forzata del Paese che era stata del padre lanciando, nel 1963, la cosiddetta "Rivoluzione bianca". Il progetto dello Scià era quello di introdurre una serie di profonde riforme sociali ed economiche mirate a rigenerare la società persiana e di trasformare l'Iran in una moderna potenza industriale. Egli promosse quindi lo sviluppo di un'industria pesante controllata dallo Stato, la nazionalizzazione delle foreste, una campagna di alfabetizzazione e scolarizzazione delle popolazioni rurali, l'emancipazione femminile, lo sviluppo di un sistema sanitario nazionale e, soprattutto, una riforma agraria mirata ad espropriare la terra ai latifondisti per distribuirla ai contadini.
Nonostante la ricchezza petrolifera, la modernizzazione e lo sviluppo economico a tappe forzate provocarono forti squilibri sociali e malcontento, mentre l'opposizione non rinunciava a contrastare il suo assolutismo. Mohammad Reza Pahlavi quindi attuò una forte repressione, in particolare contro i gruppi religiosi che si erano opposti sia alla riforma agraria, che aveva espropriato anche molti beni di manomorta controllati dalle gerarchie religiose, sia alle riforme laiche e scolastiche. Contro il clero militante furono messe in atto dure repressioni e numerosi esponenti religiosi furono uccisi o costretti all'esilio.
La Rivoluzione bianca consisteva in 19 grandi riforme da introdurre nell'arco di 15 anni. Di queste 6 furono avviate subito nel 1963 dopo essere state confermate dal popolo in un plebiscito dall'imbarazzante risultato di 99,9 per cento di voti favorevoli. Tra le riforme spiccano:
La Riforma agraria per l'abolizione del Feudalesimo e la distribuzione delle terre ai contadini. Il programma toccò 9 milioni di iraniani, il 40% della popolazione;
La nazionalizzazione delle foreste e dei pascoli e delle fonti idriche;
La privatizzazione delle imprese controllate dallo Stato, mirata a creare una nuova classe di industriali;
La compartecipazione degli operai ai profitti delle imprese;
Il diritto di voto alle donne;
Il sostegno economico alla maternità;
La creazione di un "Esercito degli insegnanti" (Literacy Corps) volontari che, in alternativa al servizio militare, si recavano nei villaggi rurali ad aprire delle scuole;
L'educazione pubblica obbligatoria fino a 14 anni;
La creazione di un sistema sanitario nazionale e la previsione della sicurezza sociale obbligatoria per tutti;
La stabilizzazione dei prezzi;
La lotta alla corruzione nella Pubblica Amministrazione.
Lo Sciá promuove il programma di scolarizzazione
Lo Scià distribuisce le terre ai contadini
Il regime repressivo dello Scià conobbe negli anni '70 un'ulteriore involuzione. Nel tentativo di fare dell'Iran la potenza principale del Medio Oriente, lo Scià accentuò il carattere nazionalista e autocratico del suo regno, impegnando la maggior parte delle risorse economiche del Paese nella costruzione di un potente e modernissimo esercito e nell'autocelebrazione della monarchia. La sua politica di modernizzazione della società, in particolare la cosiddetta Rivoluzione bianca, gli valse anche la crescente ostilità del clero sciita, che pure lo aveva sostenuto nel 1953 nella crisi che lo aveva contrapposto al Primo Ministro nazionalista Mohammad Mossadeq.
L'Iran aveva infatti ottenuto dagli Stati Uniti d'America (che necessitavano nella zona di un nuovo "poliziotto" dopo il ritiro della Gran Bretagna dal Golfo Persico) l'assenso per l'acquisto di ogni tipologia di armamento, ad eccezione di quelli atomici, e i sontuosi festeggiamenti per i 2500 anni della monarchia persiana nel 1971 costarono alle casse dello Stato 250 milioni di dollari. Al crescente malcontento della popolazione, le cui condizioni di povertà si erano aggravate negli ultimi anni, il sovrano decise di rispondere con la forza. Negli anni Settanta la polizia segreta (SAVAK) compì arresti in massa, migliaia di cittadini vennero torturati e molti (si stima circa 7.000) vennero uccisi. Nel 1975 lo scià dichiarò illegali tutti i partiti politici, dissolvendo di fatto ogni forma di opposizione legale e favorendo la nascita di movimenti clandestini di resistenza.
Tutte le forze di opposizione al monarca - di ispirazione religiosa, nazional-liberale e marxista - si riunirono intorno alla figura carismatica dell'Ayatollah Khomeini, confinato in esilio, prima a Najaf in Iraq poi a Parigi, per aver apertamente criticato lo sciá fin dal 1963. Le proteste di massa iniziarono nel 1978 proprio in reazione ad un articolo della stampa di regime che dileggiava l'Ayatollah Khomeini avviando una spirale di manifestazioni-repressione-nuove manifestazioni di protesta che portarono al blocco del Paese. A guidare la guerriglia furono all'inizio i fedayyin-e khalgh (volontari del popolo) d'ispirazione marxista, che presto decisero di unirsi ai mujaheddin islamici per coinvolgere nella lotta sempre più ampi strati della popolazione ed allargare così le basi della protesta. Le forze di sinistra ritennero erroneamente di poter gestire e limitare il potere del clero in un paese ormai laico e moderno, dove l'applicazione della sharia sembrava un'ipotesi lontana dal potersi effettivamente realizzare, ma il clero sciita divenne in breve tempo l'unico riferimento della rivolta esautorando i gruppi di ispirazione politica.
Il 19 agosto del 1978 circa 430 persone persero la vita nella città di Abadan, a causa di un incendio di origine dolosa scoppiato all'interno del cinema "Rex". La strage venne attribuita allo Scià e al SAVAK. In tutto l'Iran scoppiarono sommosse e manifestazioni represse duramente dalla polizia, finché l'8 settembre in Piazza Djaleh a Tehran intervenne l'esercito che aprì il fuoco sulla folla di manifestanti compiendo un orrendo massacro. La rivolta divenne allora inarrestabile.
Khomeini dal suo esilio parigino incitava alla rivoluzione, attraverso messaggi registrati su audiocassette che venivano diffuse in tutto il Paese, mentre lo scià compiva l'ultimo disperato tentativo di salvare il suo trono mediante la nomina del democratico Shapur Bakhtiar a primo ministro, il quale accettò a condizione che il sovrano lasciasse temporaneamente il Paese. Reza Pahlavi partì quindi per il Marocco nel 1979, ma la popolazione, seppure entusiasta per l'avvenimento, non cessò la lotta, considerando la partenza dello Scià un'ulteriore prova della debolezza e dell'imminente crollo della monarchia.
Bakhtiar concesse la libertà di stampa, indisse libere elezioni e bloccò la fornitura di petrolio a Israele e Sudafrica, ma Khomeini non riconobbe il suo governo e annunciò il prossimo ritorno in patria, che avvenne il 31 gennaio 1979. Le manifestazioni a favore dell'ayatollah si moltiplicavano mentre sempre più numerose erano le diserzioni nell'esercito, che l'11 febbraio annunciò il proprio disimpegno dalla lotta. A Bakhtiar non restò che darsi alla fuga.
Khomeini, capo del consiglio rivoluzionario, assunse di fatto il potere, sebbene Mehdi Bazargan fosse stato nominato alla carica di primo ministro provvisorio. Mentre gli uomini del vecchio regime venivano sommariamente processati e giustiziati a centinaia, il 30 marzo un referendum sancì la nascita della Repubblica Islamica dell'Iran con il 98% dei voti; vennero banditi bevande alcoliche, gioco d'azzardo e prostituzione, iniziarono le persecuzioni contro gli omosessuali e chiunque assumesse comportamenti non conformi alla sharia.
Se aveste dovuto scegliere quale regime scegliere quale avreste optato? La monarchia dispotica di Reza Pahlavi o la repubblica islamica?