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Discussione: Pinocchio massone

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    Predefinito Pinocchio massone

    Tratto dal libro “Pinocchio in arte mago”

    La massoneria viene ritenuta una scuola d’iniziazione, in stretto legame con la parte più intima dell’essere umano e di coloro i quali vogliono comprendere il significato della vita.
    Del segreto della massoneria rimane traccia soprattutto nell’ermetismo e nell’esoterismo conosciuto in Francia nel XVIII secolo, che si basa sull’idea di trasformazione spirituale assimilata alla trasmutazione di metalli.
    Le corporazioni rappresentavano un punto d’incontro in cui erano trasmessi ideali profondi e spesso non comunicabili all’esterno. Per questo motivo, la corporazione muratoria, base della massoneria, consentì un fiorire di strutture nelle quali spesso erano introdotti simbolo ed emblemi rappresentativi della cultura di quel periodo. In tutta Europa, ebbero particolare rilievo queste congregazioni, che sotto differenti nomi, si riunivano in segreto per discutere di simboli, arte e architettura. Il simbolismo contenuto in queste varie discipline era parte integrante anche dell’opera dei Maestri Muratori, che traduceva i valori numerologici, astrologici, filosofici nelle opere architettoniche.
    Si deve al lavoro di questi Maestri la bellezza e la varietà artistica presente soprattutto nell’arte gotica, ove ogni formella rappresenta un simbolismo ermetico, profondo e rappresentativo di ogni singolo concetto dell’esistenza.
    I Maestri furono, di conseguenza, guidati da quest’istinto geometrico, considerato come la chimica della storia o l’elemento archetipale del Paradiso.

    La parola, nell’arte, è soggetta a metriche esatte, misurate attraverso alcuni strumenti, come per esempio il compasso, la squadra, l’archipendolo, attrezzi divenuti, poi, simboli esoterici legati alla massoneria operativa.
    I membri delle logge effettuavano cicli di discussione su temi di natura esoterica, e ogni loggia aveva i suoi riti di riconoscimento su come camminare, stringersi le mani, posizionare le mani sul corpo. Vi erano anche vestiti particolari, raccomandati per accrescere le conoscenze individuali.
    Quando un massone si presentava presso logge straniere doveva farsi riconoscere bussando tre volte, rispondere correttamente a tre domande, e solo dopo di ciò, il cancello si sarebbe aperto. Questo rituale, viene descritto anche nella storia di Pinocchio, quando egli si trova all’osteria del Gambero rosso e sta sognando la moltiplicazione delle monete che, per consiglio del Gatto e della Volpe, ha intenzione di seminare la mattina seguente.
    Mentre egli sta sognando “si trovò svegliato all’improvviso da tre violentissimi colpi dati nella porta della camera” alla mezzanotte. Questi tre colpi richiamano la ritualistica appena citata, ma anche la cosiddetta triplice “batteria” (una sorta di battimano) dell’Apprendista, nel Rito Scozzese e Francese, dal momento che Pinocchio si sta preparando alla “morte iniziatica”, che avverrà, quando sarà impiccato alla grande Quercia.
    Appena entrati nella loggia, i massoni dovevano sostenere un esame di geometria, che corrispondeva ad una sorta d’iniziazione. Bisognava disegnare le radici simboliche su una pietra preparata, spandere queste o potenziarle, e inserirvi all’interno il proprio marchio distintivo. Se l’adepto superava l’esame veniva accettato nella nuova loggia.

    Prima del suo avanzamento, lo studioso doveva effettuare almeno tre viaggi e differenti lavori. In termini di tradizione massonica, ciò significava realizzare tre lavori di ricerca esoterica, prima di procedere e divenire Maestro.
    I tre viaggio rappresentavano i tre esami attraverso i quali il novizio doveva passare, superando la paura della morte, dell’Acqua, del Fuoco e dell’Aria, dominando questi elementi, ed essere pronto per accettare la luce.
    I lavori delle logge erano tenuti segreti, per cui poco si sa sulle esatte attività di ognuna di queste e della portata dei loto intendimenti.
    Queste tre prove risultano anche nella storia collodiana, infatti, diverse volte Pinocchio deve affrontare il pericolo dell’Acqua, per esempio, quando sta fuggendo dai carabinieri, dopo essere stato incolpato di aver ferito alla testa il suo compagno di scuola. Egli, dopo aver salvato dall’annegamento il mastino che lo perseguitava, si trova a nuotare verso una grotta ove incontrerà il Pescatore verde. Pinocchio è attratto da quella meta, in quanto gli pare di scorgere il Fuoco.
    Inoltre, proprio verso la fine del racconto, il burattino, viene inghiottito dal Pescecane e dovrà, poi, fare un’enorme traversata, insieme ala babbo.
    Il Fuoco agisce quasi all’inizio della storia, bruciando i piedi di Pinocchio, quando questi li appoggia sul caldano.
    Questo elemento è ancora presente nella figura minacciosa di Mangiafuoco e nel fuoco stesso che il burattino sta preparando, dove Pinocchio e Arlecchino rischiano di essere buttati.
    Il fuoco viene appiccato dagli assassini, che vogliono impadronirsi delle monete d’oro di Pinocchio, il quale rischia ancora di bruciare.

    Ed infine, egli è ad un passo dall’essere buttato dentro il fuoco, dal Pescatore verde, che lo vuole friggere come un pesce.
    L’Aria è presente nel volo del pulcino, quando Pinocchio rompe il guscio all’uovo, spinto dall’enorme appetito. Questo elemento, lo troviamo, poi, in tutti i volatili presenti nella fiaba: il Pappagallo, la Civetta, il Corvo, il Falco. Inoltre, il Colombo è proprio l’animale che porta Pinocchio in alto nel cielo, massimo raggiungimento di obiettivi, legato all’Aria che, in più, sta solcando il mare, in stretto collegamento con l’elemento Acqua.
    Vi sono, poi, tutta una serie di rituali e comportamenti legati alla massoneria, che ritroviamo durante la storia. Tra gli altri, occorre ricordare gli strumenti che usa il falegname per costruire il burattino e il fatto che gli stessi Falegnami appartenessero ad una Corporazione, collegata ai Maestri Muratori Massoni.
    Proseguendo è interessante notare che Pinocchio procede solamente su piani orizzontali, con un cammino ravvisabile in quello dell’Apprendista o Compagno, mentre solo una volta sale volontariamente su un albero (piano verticale), quando fugge dagli assassini, attuando un cammino tipico del Maestro, che si muove, al contrario dell’Apprendista, nello spazio.
    La stessa Isola delle Api operose, potrebbe essere ravvisata nel Tempio di Hiram, leggendario architetto di re Salomone, il cui simbolismo ha pervaso tutto l’Ordine iniziatico massonico. Infatti, la tradizione vuole che nel Tempio suddetto, siano presenti duecento melagrane, divise in due ordini, attorno a ciascun capitello, in tutto, quattrocento. Non a caso i panini preparati dalla Fata sono proprio di questo numero. Anche le duecento tazze di caffè e latte richiamano questo ordine numerico, ma anche un valore cromatico. Infatti, il caffè è nero, mentre il latte è bianco. Il nero e il bianco sono i colori del Tempio. Questi sono ravvisabili nel pavimento a forma di scacchiera, che indica l’eterna conflittualità tra bene e male, ma anche la necessaria complementarità e fusione, affinché queste due forze antagoniste, lavorino positivamente per erigere templi alla virtù.

    Il bacio che la Fata dà in sogno a Pinocchio, la notte prima della sua trasformazione in ragazzo, appare in linea al bacio massonico, che è sempre uno solo, ed è legato a molte forme di iniziazione, non esclusa quella Templare (il famoso bacio in ore). Indica un messaggio orale, che ha lo stesso valore del soffio vitale e della parola trasformatrice, così come avviene la mattina seguente, per Pinocchio.
    Andare “in sonno” è un altro gergo massonico, che significa ritirarsi per un certo periodo dall’Ordine, a causa di impedimenti di varia natura, ma continuare a credere, e soprattutto proseguire un comportamento in linea ai dettami della Confraternita. Anche Pinocchio va “in sonno” diverse volte. Intanto, quando gli si bruciano i piedi e quindi viene eliminata la possibilità di movimento. Poi, ancora, all’osteria del Gambero rosso, poco prima di un passaggio iniziatici (morte simbolica), quando viene impiccato.
    Un altro sonno significativo avviene quando sta per essere trasmutato in ragazzo, proprio la note precedente.
    Anche il concetto di morte evoca il messaggio legato all’iniziazione massonica, ove muore il profano e nasce l’iniziato. Per questo, appare decisamente essenziale l’impiccagione, attraverso la quale Pinocchio sale di stato, morendo da un certo punto di vista; ma, dopo la purificazione (purga), rinasce come iniziato, con tutta la serie di prove che, poi, dovrà affrontare.
    Osserviamo, tra l’altro il fatto che, nella storia di Pinocchio, si fa spesso riferimento ad Ordini settari, per esempio, vengono citati gli Assassini, che erano, appunto, un’antica setta.
    La setta degli Assassini di Djebel Ansarieh, si trovava nella contea di Tripoli. Si afferma che, attraverso il contatto con questa famosa setta, l’equivalente islamico dei Templari, essi strinsero legami precisi con il mondo mussulmano.
    La struttura dei due ordini era uguale, e identici erano i gradi, per cui è ritenuto di vedere in essi un elemento di unità che può avere favorito lo scambio, anche iniziatico-esoterico, tra le due culture che essi rappresentavano
    (…)

    Proseguendo su questa analisi, possiamo osservare l’incontro di Pinocchio con gli altri burattini, che lo definiscono fratello, gergo massonico per definire gli appartenenti alla stessa loggia. Quando il burattino giunge nel teatro viene accolto con clamore. “E’ il nostro fratello Pinocchio”, “vieni a buttarti tra le braccia dei tuoi fratelli di legno!”
    “E’ impossibile figurarsi gli abbracciamenti, gli strizzoni al collo, i pizzicotti di amicizia e le zuccate della vera e sincera fratellanza che Pinocchio ricevè…” rituale significativo della Confraternita massonica.
    Questa congregazione di burattini è capitanata dal temibile Mangiafuoco, minaccioso ed oscuro, ma dal cuore umano e compassionevole, così come ogni buon Maestro, che si prende cura dell’Apprendista. Infatti, prima lo minaccia, affinché Pinocchio possa comprendere l’errore fatto, ma poi, commosso, gli ridona la possibilità di continuare il suo percorso, regalandogli le cinque monete, che il burattino aveva sperperato incautamente.
    Proseguiamo, quindi, con altri simbolismo che riguardano la ritualistica massonica e che collegano alla storia di Pinocchio.
    Uno di questi, appare proprio all’inizio della storia, ed è uno dei pochi strumenti del lavoro di falegnameria, che viene citato nel libro, ovvero l’ascia. Infatti, testualmente è scritto: “detto fatto, prese (maestro Ciliegia) subito l’ascia arrotata per cominciare a levargli la scorza e digrossarlo”.
    Questa frase evoca il cammino alchemico di cui si è trattato precedentemente, che è affine a quello massonico, ovvero lo sgrezzamento della materia, affinché questa divenga levigata. Come dicevamo, uno dei pochi attrezzi di cui si descrive, sia un questo capitolo, che successivamente, è appunto l’ascia.

    Il culto di questo arnese risale all’epoca preistorica ed era in connessione con il fulmine, a sua volta collegato a Zeus. Si possono riscontrare similitudini anche coi raggi solari e, per questo molti simboli di questa natura, come il cavallo, la ruota, la svastica, erano in analogia all’ascia.
    Questo simbolismo percorse la cultura celtica e romana, dove la formula sub ascia, incisa sulle tombe, le rendeva sacre e, quindi inviolabili.
    Si tratta di uno dei simboli, non solo massonico, ma universale, tra i più antichi. Questo evoca l’operato del Maestro tagliatore, che lavorava per costruire le antiche tombe, sulle quali doveva tracciare la sigla di un’ascia, altrimenti il compratore l’avrebbe restituita.
    Un altro importante simbolo massonico è la Spada Fiammeggiante. Questa vibra da ogni parte per custodire la via dell’albero della vita (Genesi, III, 24). I Cherubini, secondo le Sacre Scritture, hanno, appunto, una spada di fuoco. La Spada Fiammeggiante massonica è una rappresentazione di quella dei guardiani angelici, ecco perché la una forma ondulata, ad evocare il fuoco. Questa è un’arma simbolica, la quale significa che, l’insubordinazione, il vizio ed il delitto devono essere respinti dai Templi. Troviamo un collegamento con questa arma e la frusta di Mangiafuoco, fatta di serpenti e code di volpe attorcigliate insieme. Anche la sua funzione è quella di mettere ordine nel teatrino-Tempio, non dimenticando la situazione di fratellanza tra i burattini. Una volta che l’ordine viene ristabilito, vi è il perdono, la salvezza e la gratificazione.
    Un altro simbolo massonico è in relazione allo spoliazione dell’Apprendista dei metalli, e cioè questi deve consegnare tutto il denaro, in metallo e in carta, i gioielli e gli oggetti metallici, in quanto deve comprendere che tutto si paga, e non si può sperare di ricevere senza dare.
    Questa spoliazione simboleggia anche l’abbandono dell’attaccamento alle idee preconcette, e il distacco da ogni passione, prima di entrare nella loggia. La stessa cosa avviene a Pinocchio, nel momento in cui semina le monete d’oro nella terra, per cui dovrà continuare il suo percorso, al di là dei beni materiali e delle abitudini. Solamente alla fine della cerimonia, i metalli vengono restituiti, così come accade al burattino, che, verso la fine del racconto dona i suoi quaranta soldi di rame e, una volta divenuto ragazzo, li riceve indietro, trasformati in monete d’oro. In questo modo, il suo patrimonio viene moltiplicato e diviene prezioso, come ilo metallo aureo.

    Proseguendo l’analisi sugli emblemi massonici, troviamo “la benda”, che copre gli occhi dell’iniziando. Ciò significa che il profano non sa vedere e ascolta troppo spesso le parole del mondo, per cui, avendo bisogno di una guida, egli afferra consideratamente il primo che gli si presenta. Dal momento che l’iniziazione porta alla Luce, la benda verrà tolta proprio durante questo passaggio.
    Il Gatto, compagno malfattore della Volpe, infatti, è cieco in tutte e due gli occhi. Per cui, anche se si sta trovando su un cammino iniziatico, col suo comportamento ha perso la possibilità di vedere la Luce, e la benda simbolica continuerà ad avvolgerlo sempre, facendolo rimanere nelle tenebre.
    Inoltre, va considerato che la Volpe, a sua volta, è zoppa e ciò evoca un altro simbolo massonico legato a questo concetto. Infatti, il profano che sta per accedere all’iniziazione, deve avere gamba e ginocchio destro nudo e piede sinistro scalzo. La nudità del ginocchio vuole che, piegandolo, egli entri a diretto contatto con un terreno sacro, calpestato dal piede scalzo. Inoltre, i primi passi dell’iniziazione vanno eseguiti zoppicando, solo dopo di ciò il cammino può diventare regolare.
    La Volpe, quindi, sta compiendo un eterno cammino zoppicante e, quindi, non ha la possibilità di accedere ad un altro livello di comprensione. La sua mente è limitata e oscurata dai bisogni materiali, per cui continuerà sempre ed inesorabilmente ad essere zoppa ed incapace di compiere una vera e propria iniziazione.
    Molto diverso è lo zoppicare di Geppetto, che va dalla sua officina a quella dell’amico Maestro Ciliegia, e viceversa, proseguendo un suo percorso creativo e trasmettendo agli altri la sua Materia Prima, assumendo, così il ruolo di collegamento da un’azione all’altra.

    Un simbolo pregnante del tempio massonico è la volta stellata, ovvero sul soffitto del tempio è dipinto il cielo, la notte e le stelle. Ciò rappresenta il cosmo, in tutte le religioni, e ha lo scopo di portare serenità di spirito e di stimolare, non tanto il sogno, bensì la meditazione. Per questo, la volta stellata dei Templi massonici è emblema di universalità e di trascendenza.
    In Pinocchio, troviamo l’evocazione di ciò nel Campo dei Miracoli, o Campo della stella, più volte citato, ove si enuncia la possibilità di una trasformazione e, qui, il burattino perde i metalli (monete). Questo concetto, viene ribadito più volte, ma il punto saliente è quello finale, all’uscita dal Pescecane, ove il cielo, oltre che tema di meditazione, diviene guida verso la meta.
    (…)
    Proseguendo in questo viaggio simbolico, passiamo ad analizzare un altro momento della storia, ovvero quando Pinocchio si trova dentro al Pescecane e soprattutto nel momento in cui incontra il vecchio padre. Questo luogo ha delle similitudini col Gabinetto di Riflessione massonico, in cui l’Apprendista è introdotto, prima dell’iniziazione, ovvero del passaggio di stato. Intanto, la scena che viene descritta nella fiaba è la seguente:

    “Trovò una piccola tavola apparecchiata, con sopra una candela accesa infilata in una bottiglia di cristallo verde, e seduto a tavola un vecchiettino tutto bianco come se fosse di neve e panna montata”
    Il Gabinetto di Riflessione, è nero, così lo stomaco del Pescecane. Vi sono poste delle ossa, un cranio, un tavolino su cui giace un pezzo di pane, una brocca d’acqua e del sale. Anche nello stomaco dell’animale sono presenti resti di ogni tipo, ad indicare la temporaneità dell’esistenza e che tutto è destinato ad essere trasformato.
    Nel Gabinetto sono poste alle pareti queste frasi: “Se la curiosità ti ha condotto qui, vattene”, ad indicare che non deve essere questa l’intenzione con cui l’Apprendista inizia il suo percorso massonico, così come Pinocchio non deve essere più motivato da questa condizione, ma proseguire secondo coscienza.
    La seconda frase è: “Se la tua anima ha provato spavento, non andare più oltre”, ovvero non superare gli stessi limiti che contraddistinguono ogni personalità.
    Pinocchio, infatti, è spaventato, ma motivato nel proseguire nel suo intento, senza più farsi irretire da falsi messaggi.
    “Se perseveri, sarai purificato dagli Elementi, uscirai dall’abisso delle Tenebre, vedrai la Luce” è la terza frase, che pare abbastanza eloquente, soprattutto messa a confronto con quello che sta per succedere a Pinocchio. Infatti, egli è stato purificato dagli elementi, come abbiamo visto, Fuoco, Aria, Terra, Acqua. Uscirà dallo stomaco dell’animale (Tenebre) e vedrà la Luce, ovvero le stelle in cielo che lo guideranno, insieme alla luna che appare quanto mai splendente.

    Anche la candela infilata in una bottiglia di cristallo verde evoca il simbolo della luce all’interno delle tenebre. Il verde, poi, nella terminologia massonica rappresenta il testo della Tavola di Smeraldo, di Ermete Trismegisto, padre di ogni scienza magica, il quale affermava :

    E’ vero senza menzogna, è certo è tutto verissimo quello che dicono;
    Ciò che è in basso è come ciò che è in alto,
    e ciò che è in alto è come ciò che è in basso;
    con queste cose si fanno i miracoli di una cosa sola.

    Di conseguenza, il verde è il colore dello smeraldo e del Sacro Graal. Questo colore si lega ai quattro elementi e, in particolare, all’Acqua (Pescatore verde). Si connette anche alla decomposizione dei corpi e, per questo, diventa simbolo di rigenerazione, dal momento che la vita nasce dalla morte.

    Pinocchio massone

  2. #2
    INVICTIS VICTI VICTURI
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    Predefinito Re: Pinocchio massone

    ghiandola pineale
    terzo occhio

  3. #3
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    Predefinito Re: Pinocchio massone

    E l'albero dal quale si ricava il burattino uomo è il nervo vago...

    God-man : the word made flesh
    "Tutto è luce. In uno dei suoi raggi c'è il destino delle nazioni, ogni nazione ha il suo raggio in quella grande fonte di luce che vediamo come il Sole. E ricordate: nessun uomo che sia esistito è morto" - Nikola Tesla -

  4. #4
    Patria...
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    Predefinito Re: Pinocchio massone

    Citazione Originariamente Scritto da Atlantideo Visualizza Messaggio
    ghiandola pineale
    terzo occhio
    ficata
    ...Parafilia

  5. #5
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    Predefinito Re: Pinocchio massone

    una discussione molto interessante, come contributo allego qui di seguito un articolo apparso sulla Review of Freemasonry

  6. #6
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    Predefinito Re: Pinocchio massone

    PINOCCHIO, mio Fratello,

    L'iniziazione massonica e la favola di Pinocchio
    del Fr. Giovanni Malevolti




    Pinocchio, mio Fratello

    Trascorsi i primi undici anni della mia vita a Pescia, praticamente ad un tiro di schioppo da Collodi, e quindi posso dire di aver respirato l’aria di Pinocchio nel vero senso della parola. Non solo Collodi era la meta di frequenti passeggiate a piedi, tagliando per il colle e riscendendo dalla parte opposta con appena un’ora di cammino, ma “Le avventure di Pinocchio” era allora spesso e volentieri letto nelle scuole elementari, prima che sedicenti poeti o anonimi cinesi vari infestassero i libri di testo e le “bibliotechine” di classe.

    Anche la vita quotidiana, e non solo per quel che riguardava la scuola, faceva di questo personaggio un essere ogni e sempre presente: nei rimproveri dei genitori… “studia o ti crescono le orecchie lunghe e pelose”, nei consigli di una mamma premurosa… “…butta giù la medicina sennò vengono i coniglioli neri a portarti via”, o nelle serate fredde e buie d’inverno… “Sta’ attento col caldano che ti bruci i piedi come Pinocchio”.
    pinocchio

    Poi gli anni passarono: io venni via da Pescia e mi trasferii a Livorno, i termosifoni presero il posto dei caldani di brace, inventarono le medicine al gusto di prugna e ciliegia e se non studiavo l’unica cosa che cresceva erano i due sulla pagella. Ma Pinocchio, il mio vecchio compagno di birichinate, non mi aveva abbandonato del tutto: troppo era stato con me, durante le sassaiole sul greto del fiume, o quando c’era da scaricare qualche vigna, o imbambolati e senza una lira davanti a una giostra, a sognare il Paese dei Balocchi ed alberi ridondanti di zecchini d’oro. Troppo lo avevo assimilato per poterlo dimenticare, e lui me. Purtroppo i fatti della vita ci portarono a un distacco durato decenni fino a quando, qualche tempo fa, capitandomi per caso un brano di Giuseppe Prezzolini lessi “…Pinocchio, il più grande capolavoro della letteratura italiana”. Mi tornò allora presente l’amico burattino e la voglia di rileggerne le avventure. Andai in libreria e comprai un’edizione classica che assomigliava al vecchio libro della mia infanzia. Cominciai a leggerlo quasi con vergogna, nascondendomi alla vista dei miei figli e con l’intima preoccupazione che non sarei riuscito a portare a termine quella lettura, così leggera, futile, sciocca…

    Non è andata così; anzi le pagine mi scorrevano via ed ogni tanto mi fermavo a pensare e a rileggere, analizzavo il testo attentamente come se esso ora mi parlasse in una lingua nuova e mi svelasse cose che, quasi cinquant’anni prima, non ero riuscito ad afferrare e comprendere… e quando finalmente, arrivato all’ultimo rigo, ho chiuso il libro, dentro di me ho pensato “Pinocchio, tu sei mio Fratello”.

    Esistono secondo me due chiavi di lettura per “Le avventure di Pinocchio”: la prima chiamiamola “profana”, nella quale il lettore, certamente un bambino, prende coscienza di quelle che io definirei “disavventure”, piuttosto che avventure, del povero burattino di legno. La seconda è una lettura in chiave massonica dove uno spiccato simbolismo si integra, pur senza sostituirla, in quella che è la semplice e lineare narrazione dei fatti. L’appartenenza di Carlo Collodi alla Massoneria, pur non comprovata da alcun documento ufficiale, è universalmente riconosciuta e i riferimenti in tal senso sono numerosissimi. Aldo Mola, non massone ma che comunemente viene definito come lo storico ufficiale della Massoneria italiana, dà per certa l’appartenenza dello scrittore alla Famiglia Massonica. Alcuni fatti biografici inoltre sembrano convalidare questa tesi: la fondazione nel 1848 di un periodico liberale intitolato “Il Lampione”, che come ebbe a dire il Lorenzini stesso doveva “far lume a chi brancolava nelle tenebre”, la partecipazione alle prime due guerre d’indipendenza, con i volontari toscani nel ’48 e come volontario arruolato nell’esercito piemontese nel ‘59, e la sua estrema vicinanza ideologica con il Mazzini per la quale egli stesso si definiva “Mazziniano sfegatato”.

    Ma qual era allora l’intenzione primaria del Collodi, comporre una storia per bambini o uno scritto massonico?

    Difficile rispondere, anche perché se si tiene presente la prima stesura del libro “Storia di un burattino”, che al capitolo XV°, sui 36 dell’opera definitiva, si concludeva con la morte di Pinocchio impiccato alla grande quercia, non possiamo parlare né di storia per bambini, perché essa non è certo divertente né tanto meno didattica nella sua estrema truculenza; né possiamo vedere in essa un alcunché di esoterismo massonico perché ne manca la filosofia di fondo. Allora forse la risposta è in quei 20 centesimi a riga che lo scrittore percepiva dall’editore. Ma nel 1881 il Collodi riprende il suo vecchio scritto, lo cambia e lo amplia portando a termine quell’opera che tutti conosciamo. C’era stato quindi nell’autore un ripensamento: da una storiella sterile, cupa, senza speranza, era nata quella che diventerà nel volgere di pochi anni la storia più famosa del mondo.

    Rifacciamoci allora la domanda: Comporre una storia per bambini o uno scritto massonico? Ritengo vera e naturale la prima delle due ipotesi, ma altrettanto vero è che egli abbia voluto descrivere e criticare uno spaccato della società del suo tempo ed è infine naturale il fatto che egli abbia trasferito nella narrazione della storia quegli elementi simbolici ed esoterici propri della cultura dell’Istituzione di cui faceva parte, riuscendo a fondere i due elementi in misura così profonda per cui questi ultimi possono risultare evidenti solamente a chi, come l’autore, sia stato educato ad un certo modo di vedere e interpretare le cose. Nel corso degli anni molti critici hanno dato del romanzo un’interpretazione religiosa in senso cattolico; ultimo della serie il Cardinale Giacomo Biffi: non mi sembra proprio, almeno che per religiosità non si intendano quei concetti e quei valori, quali la bontà, la generosità, il perdono, la famiglia, che sono alla base anche di ogni istituzione civile. Nel romanzo però non appare nessun personaggio legato al mondo della religione, e tutti sappiamo quale importanza non solo spirituale ma anche politica avesse la Chiesa nell’800 e come essa cercasse di influire sulla cultura e sull’educazione nazionale: sarebbe stato quindi normale che in una storia che vede per protagonista un burattino-bambino che vive in un paesino di campagna, si inserisse in qualche modo la figura di un prete, o come minimo si facesse accenno a qualche attività connessa alla religione praticata: al contrario, di preti, chiese, immagini sacre, feste, cerimonie e pratiche religiose, neppure l’ombra, e direi che questo è stato deliberatamente voluto, anche perché il Lorenzini non era certamente all’oscuro di manifestazioni e teorie religiose, avendo studiato presso gli Scolopi per qualche anno.

    Analizzando bene tutta la struttura del libro, questa risulta imperniata su tre componenti fondamentali: la LIBERTA’, perché Pinocchio è un essere libero che ama la libertà; l’EGUAGLIANZA sia perché l’unica aspirazione di Pinocchio è di essere simile agli altri sia perché nessun personaggio prevale sull’altro né per importanza, né per rango o ceto sociale; la FRATERNITA’, perché questo è il sentimento principale per cui agiscono i personaggi della storia nelle più disparate situazioni.

    Che cos’è quindi “Le avventure di Pinocchio”? Apriamo il libro ed entriamo in un Tempio Massonico, un Tempio dove sta per svolgersi la cerimonia più importante della vita massonica, cioè un’Iniziazione, un’iniziazione completa, cioè nei suoi tre gradi. E chi sta per essere iniziato? Pinocchio forse? No! …ma procediamo con ordine.

    “C’era una volta…” – “un re….” – “no…, un pezzo di legno!”, o forse sarebbe meglio dire “all’inizio c’è un Maestro”, Mastro Antonio, detto Maestro Ciliegia che potrebbe essere benissimo il Maestro Venerabile di questa ipotetica Loggia. Mastro Antonio è un bravo falegname che si trova tra le mani un pezzo di legno; se fosse stato uno scalpellino avrebbe avuto certamente a che fare con una pietra. Fatto sta che da questa “pietra” il nostro Maestro vuole ricavarne qualcosa di buono, anzi di utile come una zampa di tavolino: e così –dice il Collodi- prese un’ascia arrotata per cominciare a digrossarlo. Ma il bravo Maestro falegname si accorge ben presto che quel pezzo di legno, quasi informe, un semplice pezzo da catasta, non un legno di lusso, ha però in sé nascosta una qualità eccezionale: è vivo; dovrà quindi servire a qualcosa di più importante che non diventare una zampa da tavolino o finire addirittura nel focolare.

    “In quel punto fu bussato alla porta” – “Si bussa da profano alla Porta del Tempio”. Ed ecco entrare il nostro bussante, Geppetto.

    Geppetto è un vecchietto bizzosissimo, facile a diventare subito una bestia e non c’è più verso di tenerlo, non è che la tolleranza sia il suo forte ma fondamentalmente è un brav’uomo. A chi meglio di lui potrebbe il venerabile maestro Antonio affidare l’incarico di digrossare quel pezzo di legno e farne qualcosa di buono? Ed è così che Geppetto si porta il suo rozzo pezzo di legno, o se vogliamo la sua pietra grezza, nella sua misera casa che guarda caso assomiglia molto ad un <gabinetto di riflessione>, “…una stanzina terrena che pigliava luce da un sottoscala, una seggiola cattiva, un tavolino tutto rovinato, un fuoco acceso ma dipinto, come dipinta è la pentola dell’acqua che bolle, come altrettanto dipinto è il fumo che essa manda fuori. Qui Geppetto compila il suo Testamento: fabbricherò un burattino, lo voglio chiamar Pinocchio, il nome gli porterà fortuna; ho conosciuto una famiglia di Pinocchi, tutti se la passavano bene… il più ricco chiedeva l’elemosina. E, trovato il nome al suo burattino, Geppetto comincia a lavorare a buono, armato di semplici arnesi e tanta volontà, in mezzo a tanti dubbi e a tante speranze; passando attraverso varie difficoltà, riesce finalmente a digrossare il pezzo di legno e a farne un burattino, un burattino perfetto nel suo essere burattino, ma pur sempre un burattino. Nasce Pinocchio dunque, un burattino di sani costumi, ma non del tutto formato, e suscettibile quindi di essere spesso traviato dai richiami allettanti della vita profana. Da questo momento in poi Geppetto e la sua creatura vivono quasi in simbiosi, l’artefice si identifica con la sua opera, soffrono l’uno delle sofferenze dell’altro, gioiscono delle reciproche speranze, affrontano le stesse traversie, sia pure in modi e luoghi diversi. Nel capitolo VI°, mentre Geppetto è in prigione, Pinocchio si trova ad affrontare un ventaccio freddo e strapazzone, una catinellata d’acqua ed infine il fuoco che gli brucerà i piedi: aria, acqua, fuoco… può essere tutto questo casuale?

    Sgrossata la pietra grezza, Geppetto è riuscito a passare dal primo al secondo grado: ha fatto indubbiamente progressi ma è ancora lontano dalla perfezione a cui idealmente aspirava; egli comunque non è più il tipo irascibile descritto nei primi capitoli, così come il burattino abbandona progressivamente la sua mentalità di rozzo pezzo di legno per assumere, almeno a sprazzi, larvati comportamenti mentali umani. Con i piedi rifatti, dopo essere passato attraverso la prova del fuoco, Pinocchio comincia a fare dei ragionamenti: “Vi prometto, babbo, che anderò a scuola, studierò e mi farò onore… imparerò un’arte e che sarò la consolazione e il bastone della vostra vecchiaia”. Come non cedere a simili prospettive? E così Geppetto pur di vedere la sua opera realizzata, e lui stesso in essa, non esita un attimo a vendere la vecchia casacca per comprare l’abbecedario, e da questo momento in poi tutto il succo della vicenda sarà imperniato sulla scuola, sull’istruzione, sulla maturazione del burattino fino alla completa trasformazione. Ma quante prove ancora, e tutte imperniate sul trinomio aria-acqua-fuoco, dovrà egli affrontare?!?! Rischia di essere bruciato nel barbecue di Mangiafuoco o di essere bruciato dal falò acceso dagli assassini (Il Gatto e la Volpe), ondeggia al vento impetuoso di tramontana impiccato alla Grande Quercia, si libra nell’aria a cavalcioni di un colombo, si getta in mare per raggiungere il babbo, sarà gettato in mare sotto le sembianze di ciuchino per essere affogato, e poiché attraverso queste prove egli passerà dopo una qualche malefatta dovuta alle tentazioni della vita profana, esse assumono una funzione purificatrice ed infatti da ognuna di queste prove egli uscirà progressivamente sempre più rafforzato e migliorato.

    E la Fatina dai Capelli Turchini? Possibile che di questo personaggio così importante ci siamo dimenticati fin qui? No assolutamente, perché pur senza mai nominarla direttamente essa è stata sempre presente; essa è l’anima della nostra esposizione: essa è la personificazione della Massoneria, è l’espressione della Ragione: i suoi interventi non sono ispirati né dalla fede, né dalla speranza né tanto meno dalla carità. Essi sono improntati al massimo del Razionalismo, una razionalismo esasperato nella sua semplicità (vedi cap. XXV°). Nella narrazione la Fatina interviene per la prima volta quando, battendo tre colpi, dà il segno per soccorrere Pinocchio appeso per il collo alla Grande Quercia: lo accoglie nella sua casa luminosa e piena di delizie ma prima ha bisogno di tre dottori che le confermino se egli è vivo o morto. Le diagnosi, sia pur positive nel complesso, lasciano tuttavia adito a qualche perplessità per cui il burattino deve prendere coscienza di che cosa vuol dire rimanere a vivere in quella casa: Pinocchio ottiene lo zuccherino ma subito dopo deve ingerire la medicina amara e di lì a poco la Fatina, raffigurata in questa prima apparizione come una bambina, dirà a Pinocchio: “Tu sarai il mio Fratellino…”: è tale la corrispondenza con il rituale di iniziazione che non è pensabile che questo riferimento da parte del Collodi sia inconsapevole e casuale.

    La seconda volta che Pinocchio incontra la Fatina, questa non è più bambina ma è diventata donna ed è a lei che Pinocchio esprime per la prima volta il desiderio di divenire un bambino vero, un uomo. La Fata gli premette che dovrà superare alcune prove e dovrà soprattutto e prima di tutto andare a scuola ed imparare; Pinocchio promette, giura e… spergiura. Effettivamente il comportamento del burattino sembra intraprendere la strada giusta, tanto che un bel giorno la Fatina gli annuncia che il giorno dopo egli diventerà un bambino in carne ed ossa: addirittura si prepara la festa e si fanno gli inviti, ma ancora una volta il mondo profano attrae fatalmente Pinocchio trasportandolo nel Paese de’ Balocchi. Dopo questa paurosa esperienza avrà inizio la redenzione e Pinocchio rivedrà solo indirettamente una terza volta la Fata dai Capelli Turchini ma nelle sembianze di una capretta che lo assiste e cerca di aiutarlo mentre sta per essere inghiottito dal pescecane, avviandosi così verso la sua catarsi definitiva.
    pinocchio

    Entrando nelle fauci del terrificante pesce, Pinocchio inizia il passaggio al terzo grado, la morte e la definitiva rinascita. “Pinocchio –scrive il Collodi- battè un colpo così screanzato da restarne sbalordito per un quarto d’ora”. Quando ritorna in sé si trova immerso in un buio così nero e profondo da sembrare entrato in un calamaio pieno d’inchiostro. Immerso in questa oscurità totale, con il terrore di essere “digerito” dal pesce, finalmente Pinocchio vede una specie di chiarore, un lumicino, “forse qualche compagno di sventura che aspetta anche lui di essere digerito…”, “Voglio andare a trovarlo. Non potrebbe darsi il caso che fosse qualche vecchio pesce capace di insegnarmi la strada per fuggire?”. E così Pinocchio si mette a percorrere quella strada indicata dal lumicino e, riporto testualmente, “più andava avanti, più il chiarore si faceva rilucente e distinto”. Il burattino arriva finalmente alla fonte di quella luce: è una candela accesa da Geppetto, raffigurato come un vecchiettino tutto bianco in condizioni pietose. L’artefice e la sua opera sono di nuovo insieme, uniti e pronti per vedere finalmente la luce che appare loro sotto forma di un cielo stellato e un bellissimo lume di luna. Geppetto viene preso a cavalluccio da Pinocchio e portato in salvo: l’artista torna alla vita per tramite della sua opera.

    Ora il burattino è pronto per diventare uomo; la pietra grezza è stata completamente digrossata; manca solamente l’ultimo passaggio, la levigatura. Pinocchio infatti comincia a studiare e lavorare forte per suo padre e contemporaneamente manda i frutti della sua fatica alla buona Fata che ha bisogno di lui anzi, per aiutarla, rinuncia a comprarsi un vestito nuovo. E il momento è arrivato: una mattina Pinocchio apre gli occhi e si accorge di non essere più un burattino di legno ma un ragazzo; non è più in una capanna dalle pareti di paglia ma vede una bella camerina ammobiliata e agghindata con una semplicità quasi elegante; è ricco perché i quaranta soldi mandati alla Fatina gli sono ritornati sotto forma di quaranta zecchini d’oro: gli sono stati resi i metalli. Pinocchio corre dal povero babbo nella stanza accanto e si trova davanti un Geppetto sano e arzillo e di buon umore. E così il passaggio al Terzo Grado è compiuto, l’iniziazione si è completata.

    La scena si chiude nel Tempio con il buon Geppetto che soddisfatto da una parte contempla Pinocchio divenuto uomo, cioè la pietra ben squadrata e finalmente levigata, dall’altra osserva il vecchio burattino di legno, appoggiato, rigirato, con le braccia ciondoloni e le gambe incrocicchiate. In questo sta l’originalità del romanzo: Pinocchio non ha subito una metamorfosi, non si è trasformato in “umano”: è nato invece un nuovo essere ed il burattino è rimasto là quasi a testimoniare un messaggio di continuità. E’ nell’ultima frase del romanzo, che il Collodi fa dire a Pinocchio, che si racchiude e si concentra l’orgoglio di essere iniziato Fratello Libero Muratore: “Com’ero buffo, quando ero un burattino! E come ora son contento di essere diventato un ragazzino perbene!…”.

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    Predefinito Re: Pinocchio massone

    il colto parere di Ellemire Zolla:

    «Il burattino framassone»
    Zolla: la storia di un´iniziazione ispirata a Apuleio

    di Silvia Ronchey





    «IL Pinocchio di Collodi è un miracolo letterario dalla profondità esoterica quasi intollerabile». Elémire Zolla, l'intellettuale italiano più introdotto nei segreti di Pinocchio (si veda il suo Uscite dal mondo pubblicato da Adelphi), risponde da iniziato, scegliendo le parole con cautela quasi sacrale e lasciando al fondo un che di enigmatico, un'eco di mistero. «Un bambino che legga con tutto il cuore questo libro ne esce trasformato. Diventa un'altra persona di cui non è lecito parlare».



    Che genere di altra persona?



    «Una persona con una mentalità da martire. In quale altro libro si insegna al bambino a diffidare di tutte le autorità terrene? E chi altro può vivere disdegnando quasi completamente la giustizia umana?».



    Forse lei dice «bambino» nell'accezione sacra per cui è «puer» il non iniziato.



    «Ovviamente Pinocchio è la storia di un'iniziazione. Come le Metamorfosi di Apuleio. Ha presente le pagine finali? Il latino del grande retore diventa una lingua infantile quando narra l'epifania di Iside, la madre universale, colei che compare nei sogni se si sogna rettamente... Che poi in Collodi è la fata dai capelli turchini».



    Un momento. Chi è la fata dai capelli turchini?



    «È la prefigurazione della capra sullo scoglio nel mare in tempesta, che compare nel libro molto più tardi, e che pure ha il pelo azzurro».



    Perché Collodi rappresenterebbe Iside come capra, oltre che come fata?



    «Iside, nel mondo pagano, è la grande mediatrice, rappresentante di tutto il mondo animale, o meglio dell'indistinzione tra animale e umano».



    In effetti in Apuleio il protagonista è trasformato in asino. Non vorrà dire che anche le orecchie d'asino di Pinocchio vengono di lì?



    «Certo. Il che significa semplicemente che provengono dalla cultura di base della cerchia massonica cui Collodi apparteneva. Vede, una loggia di Firenze, al tempo di Collodi, non era luogo di modesta cultura. Certe letture erano comuni, elementari addirittura. La massoneria ferveva di una rinascita del pitagorismo antico, culminata poi in Arturo Reghini, grande scrittore e matematico in lite con Mussolini e con Evola».



    Vuol dire che la letteratura antica era un codice?



    «Era linguaggio elettivo per comunicare all'interno dell'ambiente massonico. E lì le cose su cui si posavano gli occhi si trasmutavano. C'è un passo di Marco Aurelio: "Ricordati che colui che tira i fili è questo Essere celato in noi, è Lui che suscita la nostra parola, la vita nostra, è Lui l'Uomo... Cosa ben più divina delle passioni che ci rendono simili a marionette e nient'altro". Si attaglia alla storia del burattino, ne è la chiave».



    Ma allora «Pinocchio» è un libro per bambini o una parabola massonica?

    «Entrambe le cose, è questo il miracolo. La semplicità della lingua toscana in Pinocchio nasce dal fatto che Collodi sta trasmettendo una verità esoterica è non può che esprimerla così, come la narrerebbe a un bambino. È il ritegno di chi sta parlando di cose indicibili che produce questo particolare linguaggio, in Collodi come in Apuleio».



    In questa chiave esoterica, che significa il nome Pinocchio? e Lucignolo? e il Gatto e la Volpe?



    «In latino pinocolus significa pezzetto di pino. Per un pagano è l'albero sempreverde che sfida la morte invernale. Lucignolo è un Lucifero miserello, a misura di puer, cioè di pre-iniziato, e il Gatto e la Volpe sono Legbà e Shù, grandi personaggi della mitologia africana che si ritrovano anche nel Vudù. Allora si leggeva, e di libri sul Vudù l'America di fine Ottocento era piena. Qualche massone d'oltreoceano poteva avere informato Collodi. La vita di loggia è molto strana, è segreta e piena di incontri».



    Vuol dire che «Pinocchio» non può comprendersi del tutto senza conoscere la massoneria?



    «No, voglio dire che Pinocchio continua un'antichissima tradizione sotterranea della letteratura italiana. In rapporto ai rituali massonici si chiarisce il significato della poesia medievale - Federico II, Dante e Cavalcanti - così come l'esoterismo della Rinascenza in tutti quei grandi che vissero l'integrazione di Bisanzio nella cultura occidentale ai tempi del concilio di Ferrara e Firenze e intorno a Enea Silvio Piccolomini, un grande gnostico: pensi alla lettera veramente esoterica che scrisse al sultano ottomano, al neopaganesimo di Pienza... Tutti, anche gli alti prelati sanno che dal culto di Iside deriva la Madonna, che la leggenda dei magi testimonia come l'atto fondante della cristianità sia l'innesto dello zoroastrismo, come può vedersi, proprio vicino a Pienza, nei rilievi della pieve di Corsignano!».



    La prego, torni a «Pinocchio».



    «Pinocchio, come dicevo, continua la lignée esoterica, gnostica, isiaca e neopagana, nel senso più spirituale, che è al centro della nostra letteratura».



    Il che varrebbe a dire che la grande letteratura italiana è essenzialmente massonica?



    «Varrebbe a dire che spesso noi italiani ci lamentiamo di non avere una letteratura all'altezza, ad esempio, di quella inglese o tedesca. Ma il fatto è che la nostra migliore letteratura, quella laica, è sotterranea e segreta, perché a differenza degli inglesi e dei tedeschi ha dovuto sottrarsi alla censura dell'ala meno illuminata e elitaria della cultura cattolica».

 

 

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