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    La scuola paritaria inferiore a quella statale? Ecco la bufala di Salvo Intravaia (“Repubblica”)


    19 aprile, 2012
    Nella tematica della scuola e dell’istruzione da anni c’è una guerra ideologica da parte di alcune fazioni della società, contro la libertà di scelta e di educazione. Lo ha spiegato bene mons. Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro, parlando di comunismo e dello Stato assoluto: «la scuola deve venire assoggettata al pieno arbitrio dei governanti, a seconda dell’ideologia che domina. Questo è il fondamento dello statalismo scolastico, sia dei paesi liberal-borghesi che in quelli totalitari. La scuola serve a un’omologazione culturale, a far dimenticare una varietà di forme tradizionali e culturali, per assimilare tutto a un’unica forma, quella dello Stato» (“False accuse alla Chiesa”, Piemme 1997, pag. 69). Questi i motivi per cui sostenere la libertà di educazione delle famiglie, senza ovviamente delegittimare l’ottimo servizio offerto dalla scuola pubblica, seppur anch’essa poco sostenuta finanziariamente dallo Stato.

    Affermare però che questo sia causato dall’esistenza delle scuole paritarie, è una bufala, come abbiamo già dimostrato: le risorse destinate (nel 2009) alla scuola statale ammontano a più di 54 miliardi di euro, per le scuole paritarie sono destinati invece 530 milioni (molti meno in realtà). Tuttavia, se si desse alle scuole paritarie la cifra che a esse spetterebbe in base alla percentuale dei suoi iscritti (il 10% degli studenti italiani), il contributo dovrebbe ammontare a oltre 5,4 miliardi di euro, dieci volte in più di quanto viene riconosciuto attualmente. Dunque sul bilancio totale dell’istruzione, la scuola paritaria costa allo Stato meno dell’1%,, ma serve ben più alunni di quanto i contributi a essa concessi coprano (il 10% del totale, per l’appunto).

    Il leitmotiv del giornalista Salvio Ingraio, al soldo di “Repubblica”, recita da tempo così: le private (paritarie) in Italia sono le peggiori d’Europa e quindi va abolito ogni finanziamento. Questa è un‘affermazione infondata, come vedremo, ma è suggestivo il fatto che Ingraio dimentichi sempre di informare che le private in Italia sono anche le uniche in Europa a non ricevere un contributo adeguato da parte dello Stato. Negli altri Paesi europei infatti (a parte Grecia e Scozia) il finanziamento statale è totale o comunque copre buona percentuale delle spese: in Belgio e nei Paesi bassi, ad esempio, la parificazione tra istituti pubblici e privati (di carattere confessionale o meno che siano) è totale, in Danimarca il contributo statale copre l’80-85% dei costi delle private, in Austria i due terzi delle spese delle scuole private sono a carico dello stato (che garantisce però per intero il pagamento degli insegnanti), il governo francese invece copre per intero gli stipendi del corpo docente, in Germania il finanziamento pubblico è spettanza esclusiva delle autorità regionali, che comunque coprono mediamente il 40 e il 50% delle spese, e così via. Questo spiega quel che il militante Salvo Intravaia non capisce nei suoi continui attacchi (pare comunque che lui riceva forti censure dal quotidiano di Ezio Mauro). I dati dimostrano anche che, laddove è riconosciuto il ruolo delle paritarie, come nel resto d’Europa, esse svettino come eccellenze rispetto a quelle statali: accade nel Regno Unito, accade negli USA, accade in Spagna e in Germania, e così via.

    Questi attacchi, esclusivamente italiani, alle scuole paritarie (in particolare da “Repubblica” e meno vistosamente da “Il Corriere della Sera”) dimostrano proprio l’opposto di quel che vorrebbero, cioè rilevano che è più che mai necessario uniformarsi all’Europa e avviare un finanziamento corretto. Roberto Pasolini, membro del gruppo di lavoro per la parità scolastica presso il MIUR, ha comunque fatto notare che le accuse di “inferiorità”, oltre ad essere controproducenti, sono anche per la maggior parte sostenute da tesi infondate. Nel 2010 ad esempio “Repubblica” ha titolato: “Nella scuola pubblica si impara di più. L’Italia in basso per colpa delle private” (autore sempre Salvo Intravaia), mentre “Il Corriere”: “Efficienza e qualità. La scuola statale batte quella privata”, basandosi sui dati dell’indagine Ocse-Pisa. Diversi ricercatori, come Luisa Ribolzi (docente di sociologia dell’educazione, Università di Genova), Giorgio Vittadini (docente di statistica metodologica, Università Bicocca) e Norberto Bottani (già alto funzionario OCSE, ex Direttore dello SRED di Ginevra, tra i più noti ricercatori europei nel campo dell’istruzione) hanno tuttavia dimostrato l’infondatezza scientifica, l’inaffidabilità del campione e la sua non rappresentatività delle scuole paritarie. Si ricorda poi che i dati “oggettivi”, non di un campione, ma basati sul numero reale di studenti che hanno sostenuto l’esame di terza media, dimostrino proprio l’opposto, cioè che gli studenti delle scuole paritarie sono meglio preparati. Lo riporta, ad esempio, Tommaso Agasisti, ricercatore nel dipartimento di Ingegneria gestionale del Politecnico di Milano, basandosi sui dati rilevati dall’”Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione” (INVALSI), su incarico del ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca: per ogni materia e per ogni area del Paese italiano, i punteggi medi delle scuole paritarie sono superiori a quelli delle scuole statali. Lo stesso, occorre dirlo, è riconosciuto dall’articolista de “Il Corriere della Sera” nell’articolo già citato, seppure in tre righe nel finale dell’articolo. L’Osce dice una cosa, dunque, ma si basa su un campione controverso e non rappresentativo, l’INVALSI si basa sul totale degli studenti e rileva la superiorità delle paritarie in termini di istruzione.

    Negli articoli di Salvo Intravaia & Co, c’è però una cosa vera, un dato di fatto: le scuole statali possono avvalersi, nel loro insieme, di strumentazione tecnologica in quantità notevolmente più consistente. Come si diceva sopra, questo dimostra appunto che -al contrario di quanto avviene in Europa- in Italia i finanziamenti alle paritarie scarseggiano ingiustamente (nonostante esse servano il 10% degli studenti). Nessuna agevolazione per loro nell’acquisto di strumentazioni legate all’innovazione tecnologica, né per l’aggiornamento dei propri docenti, anche se bisogna ricordare che non è la lavagna interattiva ad assicurare una miglior istruzione, per cui non può nemmeno dirsi dimostrata l’equazione tecnologia = maggior istruzione. Oltretutto è possibile avere strumenti avanzati e non usarli e infatti, dai dati emersi, c’è il forte sospetto che l’utilizzo di tale strumentazione tecnologica da parte degli studenti della scuola pubblica e paritaria, sia sostanzialmente simile (nonostante vi sia maggior disponibilità di strumentazione in quella pubblica). Rimane il fatto che il progetto educativo e formativo delle scuole paritarie è maggiormente attento all’alunno, alle sue esigenze formative ed educative e alle relazioni umane, questo i genitori lo sanno e infatti si registra un vero e proprio boom di iscrizioni per la scuola privata tra l’anno scolastico 2004/2005 e 2010/2011. Alla faccia delle lavagne interattive.

    La scuola paritaria inferiore a quella statale? Ecco la bufala di Salvo Intravaia (“Repubblica”) | UCCR
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  2. #2
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    Predefinito Re: La scuola paritaria inferiore a quella statale? Ecco la bufala di Salvo Intravaia

    Come mai l'UCCR prende i risultati dell'INVALSI (autosomministrati dagli istituti) e non invece i PISA e i dati della fondazione agnelli sulla preparazione all'università degli istituti superiori italiani che dicono tutt'altro.

    http://www.fga.it/uploads/media/FOND...TO_SINTESI.pdf

    che termina con

    Nonostante la presenza di alcune realtà di chiara eccellenza, l’analisi conferma la performance deludente
    della maggior parte delle scuole non statali rispetto a quelle statali.


    Un piccolo esempio dal mio paese in emilia romagna.

    Liceo statale 3 in classifica u 179
    Liceo paritario(suore) 175 su 179
    Ultima modifica di Darwin; 20-04-12 alle 00:12

  3. #3
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    Predefinito Re: La scuola paritaria inferiore a quella statale? Ecco la bufala di Salvo Intravaia

    Scuole cattoliche, un'inferiorità sospetta

    di Massimo Introvigne19-04-2012


    La stampa nazionale italiana - in testa, al solito, Repubblica - ha annunciato con notevole rilievo che un'indagine della Fondazione Giovanni Agnelli fornirebbe - finalmente - la "prova" che la scuola superiore cattolica è di qualità notevolmente inferiore rispetto alla scuola statale. L'indagine, datata marzo 2012, ha per titolo "Valutare le scuole secondarie di II grado a partire dalle performance dei loro diplomati immatricolati negli atenei italiani". E' la terza del suo genere, si riferisce al Piemonte, alla Lombardia e all'Emilia Romagna, e conclude in effetti che "nonostante la presenza di alcune realtà di chiara eccellenza, l'analisi conferma la performance deludente della maggior parte delle scuole non statali rispetto a quelle statali". In Piemonte, per esempio, gloriose scuole cattoliche che a Torino sono da anni o anche da secoli considerate di alta qualità finiscono nella classifica della ricerca oltre il centesimo posto. Com'è possibile?

    Osserviamo subito che la Fondazione Giovanni Agnelli è una realtà molto seria, e che i suoi ricercatori accompagnano la breve relazione sulla ricerca che è stata fornita alla stampa e agli operatori del settore - l'unica che ho potuto consultare, e che è ora disponibile anche su Internet - con una serie di messe in guardia che ne denunciano con chiarezza i limiti. Ma è abbastanza ovvio che queste cautele siano ignorate dai giornali, sempre lieti di riprodurre tabelle e classifiche, e non solo da quelli ideologicamente orientati. Da sociologo, e senza mettere in dubbio la professionalità degli autori della ricerca - che offre anzi molti spunti interessanti -, vorrei dunque proporne una lettura alternativa, e in parte critica.

    L'indagine fornisce due classifiche diverse, una per "effetto scuola" e una "finale". È importante notare che le due classifiche sono molto diverse. Per esempio in Piemonte il Liceo Classico Statale Silvio Pellico di Cuneo è al posto numero 168 della classifica "effetto scuola" ma riesce ad arrivare settimo nella classifica finale. Benché nella tabella allegata alla relazione le scuole siano disposte secondo il ranking "finale" - e dunque è questa la classifica che ha colpito l'attenzione dei giornalisti - nella relazione si dice che il ranking più significativo è quello "effetto scuola". Il "ranking finale" è un dato meno interessante, in quanto fotografa non le capacità della scuola ma l'ambiente complessivo in cui la scuola opera: per esempio, questo potrà essere favorevole a causa del posizionamento geografico della scuola, il che evidentemente non ha nulla a che fare con l'offerta formativa o la qualità degli insegnanti.

    Tuttavia neppure l'"effetto scuola" è un dato obiettivo. Il dato obiettivo di partenza, seguendo la metodologia della ricerca, dovrebbe essere il risultato universitario, espresso in voti e in velocità di percorso accademico - elementi che i ricercatori hanno deciso di fare pesare ciascuno per il cinquanta per cento -, conseguito dagli studenti provenienti da un determinato istituto nel loro primo anno di università. Questo dovrebbe permettere una classifica obiettiva delle scuole superiori. E questa è la "materia prima" su cui l'indagine ha lavorato, ma che non è fornita al lettore almeno nel rapporto riassuntivo.

    L'"effetto scuola" di cui si parla infatti non si ricava soltanto da questo dato obiettivo. È invece questo dato dopo essere stato - come si dice in linguaggio sociologico - ponderato, cioè "depurato dal contributo di altre possibili determinanti", che la ricerca riassume in tre "effetti": "effetto studenti", cioè risultati scolastici degli studenti nella scuola superiore e sesso (perché è un dato ormai noto che le ragazze rendono all'università più dei ragazzi, e dunque le scuole con maggiore presenza femminile sarebbero per definizione avvantaggiate), "effetto territorio" (si è ritenuto che chi si trova in provincia, specie in una zona rurale, da una parte abbia più difficoltà ad accedere all'università rispetto a chi si trova in città, ma dall'altra quando decide di sostenere gli sforzi e i costi necessari per accedere all'ateneo lì s'impegni di più) ed "effetto tipo di scuola" (al liceo si chiede di più che all'istituto tecnico). Al di là di queste tre ponderazioni - che portano ad attribuire punti che si traducono in posizioni guadagnate o perse, indicate nella tabella, ce n'è un altra importante - e ragionevole - ma non quantificata nella tabella, che tiene conto del fatto che ci sono sia università sia facoltà più facili e più difficili.

    Con quali criteri siano stati attribuiti questi punteggi di ponderazione non è dichiarato. Si constata per esempio che la "depurazione" dell'"effetto territorio" non ha nuociuto ad alcune scuole di provincia: in Piemonte al primo posto c'è un ITC di Cuneo e al secondo un istituto superiore di Saluzzo. Una prima conclusione è che i dati ponderati implicano sempre un certo grado di arbitrarietà del ricercatore e che, non conoscendo appieno i criteri con cui è stata effettuata la ponderazione, è difficile valutare i risultati, ancorché la serietà della Fondazione che li propone induca a prenderli sul serio, nei limiti che la ricerca stessa indica.

    Ma c'è un secondo profilo critico che mi sembra ancora più importante, e che consente di sollevare perplessità sul dato che riguarda in particolare - ma non solo - le scuole cattoliche. Sembrerebbe - il condizionale è d'obbligo, in attesa di potere esaminare una relazione più completa - che si sia considerato soltanto il risultato universitario degli ex allievi delle varie scuole, non tenendo conto del numero di questi ex allievi che si iscrive all'università. Mi spiego con un esempio. Ammettiamo che la scuola A, su cento allievi, veda solo i dieci migliori iscriversi all'università, mentre su cento allievi della scuola B s'iscrivono all'università in novanta. Questo, si potrebbe e forse si dovrebbe affermare, è un grande merito della scuola B. Ma la media dei risultati universitari di novanta ex allievi su cento della scuola B - non tutti primi della classe - sarà naturalmente meno brillante della media dei dieci bravi allievi della scuola A. La ricerca ha cercato di ovviare a questo problema escludendo le scuole da cui meno di dieci allievi sono passati all'università. Ma non basta.

    Utilizzando la metodologia descritta, si penalizzeranno sempre le scuole da cui un numero superiore di allievi passa all'università. Ed è più che possibile che fra queste ci siano le scuole cattoliche, perché se i genitori sono motivati a investire nei figli sostenendoli nella scelta della scuola superiore cattolica - che, non per colpa loro né della scuola cattolica, ma di un sistema politico iniquo nei confronti della libertà di educazione, comporta notevoli oneri - saranno più propensi a sostenerli anche nell'ingresso all'università.

    La ricerca stessa ci fornisce un importante indizio del fatto che le cose stanno proprio così. L'ultima colonna della tabella, che può facilmente sfuggire all'attenzione, valuta il "tasso di copertura", attribuendo da una a cinque stellette alle scuole a seconda del numero minore o maggiore di ex allievi che si sono iscritti all'università. Se si esaminano i licei cattolici ci si accorge che hanno quasi tutti cinque stellette, dunque hanno mandato all'università il massimo degli ex allievi. E non è un caso - prendendo ancora come esempio la graduatoria del Piemonte - che al primo posto ci sia un istituto tecnico che ha una sola stelletta - dunque gli ex allievi che si sono iscritti all'università sono pochi, verosimilmente i più bravi - e al secondo posto un istituto superiore di provincia che ha due stellette, poco più del minimo.

    Da questo punto di vista, anche se il dato "bruto" - non pubblicato - della mera media dei risultati universitari degli ex allievi delle varie scuole dovesse avere qualche rapporto con la graduatoria della Fondazione Agnelli, questo non basterebbe a convalidare le critiche alle scuole cattoliche. La media dei risultati non basta, e occorre considerare quanti ex allievi di ogni scuola si iscrivono all'università.
    Si tratta di un limite che i ricercatori stessi evidenziano osservando che per le scuole con pochi ex allievi che s'iscrivono all'università "il risultato può risentire positivamente o negativamente della presenza di alcuni studenti particolarmente brillanti o carenti". Mi permetto di osservare che è più facile che proseguano in direzione dell'università gli studenti "brillanti" rispetto a quelli "carenti", ancorché certamente si debbano considerare anche fattori economici e familiari. E che questa osservazione induce anche a sollevare un dubbio sulla portata di un altro risultato molto pubblicizzato della ricerca: l'eccellenza degli istituti tecnici, che spesso hanno risultati migliori dei licei, tanto che sia in Piemonte sia in Lombardia al primo posto assoluto della graduatoria c'è un istituto tecnico commerciale (ITC). Ma, come si è accennato, almeno in Piemonte l'ITC che si è classificato al primo posto riceve nell'ultima colonna della tabella una sola stelletta. Dunque ha mandato all'università pochi ex alunni: bravi, ma pochi. È sufficiente per dire che questo ITC è una scuola migliore - per rimanere nell'ambito del Piemonte, e delle sole scuole pubbliche - per esempio di un liceo classico prestigioso come il D'Azeglio di Torino, che non entra nei primi venti posti della graduatoria ma che con le sue cinque stellette ha visto un numero molto maggiore di ex allievi - magari non tutto bravissimi - proseguire verso l'università?

    Come si vede, una lettura accurata e critica della ricerca non può prescindere da questo dato: lo studio ci fornisce interessanti informazioni sul primo anno di università degli ex allievi delle varie scuole - con un certo grado di arbitrarietà nella scelta dei fattori di ponderazione, che però c'è in ogni ricerca - ma, pur rilevandolo con il sistema delle stellette, considera meno rilevante per la sua classifica il dato di quanti ex allievi per ogni scuola vanno all'università, e magari proseguono oltre il primo anno. La ricerca della Fondazione Agnelli fornisce senz'altro alcuni dati interessanti. Ma considerarla una "prova" della complessiva qualità peggiore della scuola cattolica rispetto a quella statale - o dei licei rispetto agli istituti tecnici - è insieme prematuro e infondato.

    La Bussola Quotidiana quotidiano cattolico di opinione online: Scuole cattoliche un'inferiorità sospetta
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    Predefinito Re: La scuola paritaria inferiore a quella statale? Ecco la bufala di Salvo Intravaia

    insomma è la solita ciofeca dei militanti ateosinistri per gettare fango sui cattolici.
    Ultima modifica di TEBELARUS; 20-04-12 alle 22:53
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    Predefinito Re: La scuola paritaria inferiore a quella statale? Ecco la bufala di Salvo Intravaia

    Ragazzi , a me sembra una replica molto tirata per i capelli , cercando di prendere casi isolati e limitati quando la statistica dice che le scuole paritarie danno una preparazione inferiore alla media degli istituti statali.

    Poi fate come vi pare , mandate pure i vostri figli nelle paritarie , che dal momento che siamo in Italia la qualità dello studio non è il fattore più importante per trovare lavoro ma sono le conoscenze e le spinte.

    PS: in tutti i casi io sono stato fortunato di poter mandare i miei figli in quello che è risultato il terzo istituto della mia regione , e posso testimoniare la realtà della classifica , il liceo delle suore a 400 metri da quello statale è quintultimo e a buon ragione , ma il discorso si potrebbe fare anche a livello di medi inferiori , almeno nelle mie zone.

  6. #6
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    Predefinito Re: La scuola paritaria inferiore a quella statale? Ecco la bufala di Salvo Intravaia

    darwin ma quindi se qualche statistica dicesse che le scuole cattoliche sono le migliori tu manderesti i tuoi figli alle scuole cattoliche?
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    Predefinito Re: La scuola paritaria inferiore a quella statale? Ecco la bufala di Salvo Intravaia

    Citazione Originariamente Scritto da CESAR Visualizza Messaggio
    darwin ma quindi se qualche statistica dicesse che le scuole cattoliche sono le migliori tu manderesti i tuoi figli alle scuole cattoliche?
    Le statistiche danno la situazione generale ed è utilissima per fare ragionamenti.
    La scelta viene fatta su scuole ben precise e prende in cosniderazione tanti fattori fra cui anche la vicinanza.
    Ad esempio i miei figli alle materne perchè io e mia moglie la reputavamo la migliore.
    Le altre scelte sono state fatte con la stessa logica.

  8. #8
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    Predefinito Re: La scuola paritaria inferiore a quella statale? Ecco la bufala di Salvo Intravaia

    Citazione Originariamente Scritto da Darwin Visualizza Messaggio
    Le statistiche danno la situazione generale ed è utilissima per fare ragionamenti.
    La scelta viene fatta su scuole ben precise e prende in cosniderazione tanti fattori fra cui anche la vicinanza.
    Ad esempio i miei figli alle materne perchè io e mia moglie la reputavamo la migliore.
    Le altre scelte sono state fatte con la stessa logica.
    Concorderai con noi, immagino, che se le scuole paritarie in Italia godessero dello stesso trattamento che tutti i paesi occidentali riservano alle loro private, probabilmente il panorama sarebbe ancora diverso.
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  9. #9
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    Predefinito Re: La scuola paritaria inferiore a quella statale? Ecco la bufala di Salvo Intravaia

    Citazione Originariamente Scritto da UgoDePayens Visualizza Messaggio
    Concorderai con noi, immagino, che se le scuole paritarie in Italia godessero dello stesso trattamento che tutti i paesi occidentali riservano alle loro private, probabilmente il panorama sarebbe ancora diverso.
    Concordo con la costituzione italiana:

    Art. 33.

    L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.

    La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.

    Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.

    La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.

    È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.

    Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
    Art. 34.

    La scuola è aperta a tutti.

    L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.

    I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.

    La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

  10. #10
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    Predefinito Re: La scuola paritaria inferiore a quella statale? Ecco la bufala di Salvo Intravaia

    Citazione Originariamente Scritto da Darwin Visualizza Messaggio
    Concordo con la costituzione italiana:

    Art. 33.

    L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.

    La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.

    Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.

    La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.

    È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.

    Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
    Art. 34.

    La scuola è aperta a tutti.

    L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.

    I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.

    La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
    Considerando il fatto che, a tutt'oggi, la scuola paritaria fa RISPARMIARE qualche centinaio di milioni di euro allo Stato italico, direi che almeno una parte di questi fondi la Repubblica li potrebbe ridare agli istituti benemeriti...
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