Megaliti e miti dell'antica Inghilterra
Templi del Dio Sole o antichi osservatori astronomici?
Stonehenge - Immagine dal sito http://naturalpatriot.org/
di Antonio Manera
Il triangolo magico formato da Glanstonbury-Avebury-Stonehenge, sito nel sud dell'Inghilterra, è una delle zone più interessanti e misteriose del mondo. Le campagne e le colline delle contee di Hampshire, Wiltshire, Somerset e Dorset sono oggi il centro mondiale del fenomeno dei pittogrammi nel grano ma sono anche i luoghi dei miti e delle leggende celtiche: re Artù, i cavalieri della Tavola Rotonda, il Santo Graal. Testimoni e intermediari tra la storia e la leggenda sono i tanti megaliti ultramillenari che si trovano in questi luoghi. I megaliti sono composti di enormi pietre, a volte informi, a volte squadrate, che le antiche culture nord europee erigevano per scopi non ancora del tutto chiari. Questi popoli non hanno lasciato testimonianze scritte e solo l'archeologia moderna, pur fra notevoli difficoltà, consente, in parte, di dare una spiegazione sul motivo dell'edificazione di questi complessi.
Quello di Stonehenge (letteralmente "la pietra sospesa") in piena campagna del Wiltshire, 12 km a nord di Salisbury, è senza dubbio il più famoso complesso megalitico del mondo. È formato da un cerchio di 30 monoliti e alcuni triliti. L'opera era, forse, destinata al culto solare. Sebbene alcuni ritengono che risalga al 3500 a. C., la maggior parte dei ricercatori ritiene che la parte più antica sia stata costruita attorno al 2800 a.C. I massi proverrebbero da una cava sita sulla costa occidentale del Galles, a 220 chilometri di distanza in linea d'aria, pari a 380 chilometri di strada carrabile, dal luogo in cui fu eretta Stonehenge. Appena fuori dall'entrata di questo complesso venne eretta anche la prima pietra verticale, la "Heelstone" (la pietra del sole, dal celtico heol = sole). Dalle Prescelly Mountains (nel nord del Galles) furono trasportati 80 massi di turchese, dapprima per via marittima, poi per via fluviale a bordo di enormi zattere. I blocchi furono quindi trascinati (probabilmente facendoli scorrere su rulli) per tutto il percorso che conduceva a Stonehenge, dove vennero eretti a formare due cerchi concentrici. Un'altra opera titanica fece seguito a breve distanza da questa. I massi di turchese furono rimossi per far posto ad altri enormi blocchi di pietra, pesanti circa 25 tonnellate, trasportati dal nord del Wiltshire. Questi ultimi, attualmente visibili nel complesso, vennero sistemati collocando una pietra orizzontale a guisa di architravi sopra due pietre verticali originando così i triliti (vale a dire composti da tre pietre). I triliti vennero sistemati a formare esternamente un cerchio e internamente un ferro di cavallo, disposizione ancora oggi riconoscibile. Circa 1500 anni dopo la prima costruzione, all'interno del cerchio di pietre, di fronte a uno dei triliti, venne posta quella che oggi è conosciuta come la "Pietra dell'Altare", un grosso masso di arenaria verde, anch'esso proveniente dal Galles. Gli studiosi sono concordi nel sostenere che Stonehenge venne abbandonata attorno al 1.000 a.C. Perso anche il ricordo della civiltà che lo aveva realizzato, il monumento cominciò a decadere inesorabilmente e lo scopo per cui era stato costruito divenne un vero e proprio enigma. L'opera venne riscoperta soltanto nel XVII secolo, da re Giacomo I, il quale, durante un soggiorno nell'attuale Wiltshire, fu incuriosito da quel gruppo di pietre che, si diceva, erano lì fin dalla notte dei tempi.
Secondo una lettura geomantica del luogo (ovvero la divinazione del futuro mediante l'osservazione di segni particolri tracciati in terra) questo posto è "l'ombelico dell' Inghilterra", poiché effettivamente sorge all'incrocio di tre antichissime "vie reali" inglesi: la Harroway, la South Down Ridgeway e la Icknield Way, strade che attraversano il paese da Ovest a Est e da Nord a Sud da prima ancora dell'arrivo dei Romani. Alcuni archeologi suppongono che Stonehenge fosse un luogo centrale di culto simile a quelli greci di Delfi o Eleusi, verso i quali i fedeli affluivano in occasione delle feste, durante le quali ne venivano celebrati i misteri. Si pensa che a Stonehenge le solennità fossero presiedute da una dinastia di alti sacerdoti o di arcidruidi, di cui l'ultimo rappresentante sarebbe, secondo la leggenda, mago Merlino.
Nel suo libro The Geomantic of Atlantis il filosofo John Mitchell sostiene che Stonehenge sia stata eretta secondo un sistema di "geometria sacra", come più tardi doveva avvenire per la cattedrale di Glastonbury. A suo giudizio non si tratta solo di un tempio del Sole e della Luna, ma di un "Modello dell'Universo"; sarebbe un tempio cosmico dedicato alle dodici divinità dello Zodiaco, rappresentando quindi la perfetta e completa immagine dell'Universo. Certo è che i costruttori di Stonehenge possedevano notevoli conoscenze e una grande abilità: il megalito è stato costruito in modo tale che nel giorno del solstizio d'estate, al centro del cerchio di pietre, il sole appare sopra lo "Heelstone" e avanza lungo l'asse del tempio, penetrando nel santuario interno, forse inteso a quei tempi come "orifizio femminile". In questo modo avvenivano le "nozze sacre" fra il Cielo e la Terra. Da questa unione nascevano energie che, irradiandosi lungo le "leylines", che sono le vie percorse dalle energie della Terra, giungevano in ogni parte del mondo, rinnovandone la fecondità.
A nord di Stonehenge sorge Avebury, un santurio della preistoria ancora più antico, risalente forse a 2000 anni prima dell'osservatorio di Stonehenge. Si trova al centro del più gigantesco complesso di viali e cerchi costruiti con le pietre e, nell'insieme, sembra un serpente che attraversa il disco del Sole. Molti dei poderosi monoliti di Avebury arrivano a pesare 60 tonnellate e hanno dimensioni maggiori delle abitazioni costruitevi dentro e intorno, che formano il piccolo villaggio omonimo. Al cerchio centrale conducono dei viali pavimentati con enormi pietre, simili a volti umani. Al centro sorgeva Silbury Hill che, con i suoi 45 metri costituisce la più grande collina di culto eretta da mani umane in Europa. Silbury Hill è sorta attorno al 2600 a.C. e, in un primo tempo, aveva l'aspetto di una piramide conica a sette strati digradanti. Né di essa né del complesso megalitico si conoscono fino a oggi le funzioni e il significato. Di sicuro si sa soltanto che non può trattarsi di un tumulo funerario, perché sia gli scavi effettuati, sia i più moderni sondaggi elettronici non hanno rivelato la presenza di scheletri umani e di corredi mortuari. In compenso, già ai primi del secolo Moses Cotsworth, nel suo The Rational Almanac, affermava che analizzando le ombre che cadono sulla pianura a nord della collina, Silbury Hill poteva essere utilizzata in modo ottimale come osservatorio del Sole. In effetti il meridiano del monumento interseca la chiesa di Avebury che sorge sul lato opposto della vasta pianura, costruita a sua volta sul basamento di una cappella sassone del IX secolo. Al IX secolo pare risalga anche il fonte battesimale della chiesa, decorato con un particolare motivo ornamentale: vi è raffigurato un vescovo che scaccia due draghi alati con il suo bastone pastorale. Nel Medio Evo il drago rappresentava il paganesimo, in quanto i pagani lo adoravano come simbolo delle energie della Terra. I cristiani sugli antichi luoghi di culto pagani hanno eretto chiese e cappelle consacrate a San Michele, il mitico eroe che sconfisse e uccise il drago. Le leggende dei draghi quindi sono parte integrante del folclore del Wiltshire, alcune di esse narrano di semplici cittadini usciti vincitori dalla lotta con il drago e in molte chiesette di paese sono conservate da secoli le reliquie di tali uccisioni, per lo più lance e spade in pesante ferro. Ancora oggi le antichissime "linee dell'energia" che attraverserebbero la regione sono dette, nel gergo popolare, "vie del drago" e la fossa di Avebury, è chiamata "fossa del drago". Sulle armi si trova inciso di frequente il "drago sulla ruota", un simbolo che ricorda un po' l'aspetto originario del complesso in pietra di Avebury. Quest'ultimo, evidentemente, poteva essere anche un tempio dedicato al drago, il che spiegherebbe la sua struttura serpentiforme.
Uno dei primi studiosi di Avebury è stato l'archeologo massone William Stukeley, notevole personalità del XVIII secolo. Egli era convinto che gli antichi Druidi avessero fondato Avebury al fine di farne un paesaggio sacro, e i templi e le statue non erano altro che la rappresentazione dei loro dèi. Tali opere sarebbero state ben più durature di altre meno antiche; in effetti opere come il tempio d'oro di Salomone, la torre di Babele di Babilonia, il tempio di Diana a Efeso, il Giove capitolino a Roma sono andati distrutti, mentre i resti giunti fino a noi di Avebury - pur essendo più antica di tutti questi colossi - sono più che sufficienti per dare all'uomo moderno la stessa impressione che faceva ai suoi antenati..
Come Avebury, anche Glastonbury è situata su una delle antiche "linee di energia", e precisamente quella di St. Michael, che al tempo collegava i centri più importanti, da un capo all'altro dell'Inghilterra, dalla Cornovaglia a Occidente, all'Hopton l'Essex, ad Est. Glastonbury è la mitica Avalon della leggenda di re Artù, il re della Britannia celtica vissuto forse nel VI sec. Le sue vittorie contro i Sassoni ne fecero un personaggio leggendario intorno al quale s'imperniò il ciclo dei cavalieri della Tavola rotonda, alla cui rinascita in questo secolo ha contribuito in misura cospicua Marion Zimmer Bradley, con i suoi romanzi così ricchi di notizie.
Nel Medio Evo Glastonbury era la più importante meta di pellegrinaggi di tutta la Gran Bretagna. L'abbazia sorgeva al centro della città ed era stata costruita, secondo la leggenda, sopra una chiesa fondata da Giuseppe da Arimatea nel 37 d.C. Sul luogo si venera ancora oggi un arbusto spinoso, che dovrebbe discendere da un germoglio del bastone di Giuseppe che il santo era solito conficcare nel terreno quando pregava. Sta di fatto che il "Rovo di Glastonbury", a detta dei botanici, appartiene a una specie originaria della Palestina ma sconosciuta in Europa. Avrebbe dunque la leggenda un fondamento di verità? Nel VII secolo San Patrizio andò in visita ai monaci di Glastonbury, discendenti di quelli cui Giuseppe di Arimatea aveva evangelizzato. Il santo ne trovò la tomba, ancor oggi venerata, e su questa fece costruire una chiesa più grande, tutta in legno e artisticamente decorata, che resistette fino al XII secolo, quando un catastrofico incendio la ridusse in cenere. Allora i monaci sopravvissuti decisero di ricostruirla in pietra e più sontuosa di prima, con annessa abbazia. Durante i lavori, fu riportata alla luce una croce tombale su cui era incisa una scritta in latino: "HIC IACET INCLITUS REX ARTURIUS IN INSULA AVALONIA" (Qui nell'isola di Avalonia è sepolto il famoso re Artù). Mentre della croce di piombo, dopo tanti secoli, non è rimasta traccia, la tomba esiste tuttora e si può ancor oggi visitare. È sopravvissuta perfino alla distruzione dell'abbazia, avvenuta nel 1539, per volere del re Enrico VIII, che non tollerava in seno alla sua riforma anglicana quel santuario cristiano, meta di tanti pellegrinaggi.
Avalon (letteralmente "l'isola delle mele") nel VI secolo era veramente un'isola circondata da laghi e acquitrini che più tardi furono prosciugati. Tra le tante leggende che vivono in questi luoghi anche quella relativa alla cima del monte Tor, sul quale nel Medio Evo era stata eretta un cappella consacrata a San Michele, ritenuta la porta d'ingresso al Cielo, ovvero la via di passaggio verso il mondo dell'oltretomba o di un'altra dimensione. Il Tor, più un colle che un monte con i suoi 170 metri di altezza, è una specie di piramide di epoca anteriore alla venuta dei Celti, di forma allungata e in perfetto allineamento con la "linea di St. Michael" che punta diritta su Avebury. Non essendo mai stati effettuati scavi sul Tor, finora, non si sa se l'intero monte sia stato costruito artificialmente, ammucchiando terra scavata altrove o se il lavoro sia consistito semplicemente nello scolpire a terra un'altura preesistente. In ogni caso, se da lontano può sembrare una piramide a gradini, da vicino si accorge che a darle tale aspetto sono sentieri che si avvolgono a spirale verso l'alto, con brevi deviazioni tortuose, come un labirinto.
Ricerche e ipotesi sui megaliti
Agli inizi del Novecento l'astronomo inglese sir Joseph Norman Lockyer pubblicò un'opera intitolata Stonehenge e altri megaliti in Inghilterra. Nel libro egli sosteneva che molti cerchi megalitici inglesi erano curiosamente orientati nella direzione del Sole e di altre stelle. Lokyer si era già dedicato allo studio degli allineamenti astronomici dei monumenti antichi e aveva condotto ricerche sulle piramidi egizie, anch'esse orientate con il Sole. L'opera dello scienziato inglese conteneva molte imprecisioni ma spianò la strada ad altri ricercatori che si cimentarono nella disciplina, relativamente recente, chiamata astroarcheologia. Tra questi Gerald Hawkins, professore di astronomia presso l'università di Boston, il quale sviluppò negli anni Sessanta una teoria basata su rigorosi calcoli matematici. Secondo Hawkins, Stonehenge era un sofisticatissimo strumento per osservare il cielo. Una sorta di osservatorio utilizzato per eseguire calcoli astronomici, in pratica un computer di pietra. Con l'aiuto di un moderno calcolatore, l'astronomo decodificò la posizione della Luna, del Sole e delle stelle come dovevano essere nel 1500 a.C., mettendo in relazione la posizione di alcuni massi con il sorgere del Sole a metà inverno, o con i tramonti della Luna. Di conseguenza la struttura di Stonehenge poteva essere utilizzata anche per prevedere le eclissi lunari e solari. Ma non era tutto, attraverso questra struttura gli antichi abitanti della regione potevano sapere la posizione delle stelle nei vari periodi e quindi conoscere le date più importanti dell'anno.
Il professor Richard Atkinson, dell'università di Cardiff, in un primo tempo sottovalutò le scoperte del collega di Boston, liquidandole come fantasie ma, in seguito, cambiò idea, pur continuando a sostenere che era difficile accettare l'idea che in pieno Neolitico una civiltà in Europa possedesse conoscenze astronomiche e matematiche così profonde. A quell'epoca infatti, solo in Medio Oriente sarebbero esistite civiltà abbastanza evolute. L'Europa avrebbe dovuto essere ancora in uno stadio molto vicino alla barbarie, ma evidentemente non era cosi. Nel 1976 il dottor Euan MacKie, dell'Hunterian Museum di Glasgow, scoprì presso Durrington Walls, un sito preistorico vicino a Stonehenge, tracce di un insediamento vecchio di 4500 anni, che attesterebbe la presenza di uomini organizzati in una società più evoluta di quelle del resto della regione. Una società di uomini che potrebbe essere l'autrice dei megaliti. Resta il mistero di come facessero i costruttori di megaliti a tramandare le loro conoscenze senza conoscere la scrittura. A questo proposito Richard Atkinson ipotizza che le nozioni astronomiche e matematiche venissero tramandate oralmente. E qui entrano in gioco i Druidi, i sacerdoti degli antichi popoli celtici della Gallia, della Britannia e dell'Irlanda, che, secondo quanto ci riferisce anche Giulio Cesare (giunto in Britannia 1500 anni dopo l'ultima costruzione di Stonehenge), avevano notevoli capacità mnemoniche che utilizzavano per trasferire oralmente ai propri discepoli il loro patrimonio di conoscenze. L'ipotesi che i Druidi potessero essere gli eredi degli antichi costruttori di megaliti potrebbe avere qualche fondamento. Purtroppo, della loro cultura si sono conservati solo dei frammenti.
Osservatorio astronomico, tempio dei Druidi o luogo di mistero - qualunque cosa sia stata un tempo Stonehenge - "in un certo senso sono la stessa cosa", sostiene l'archeologo, professor Atkinson. "Stonehenge è principalmente un tempio, quindi una struttura in cui gli uomini di allora riuscivano a mettersi in contatto e a comunicare con esseri o forze extraterrestri." Indipendentemente dal modo in cui il professor Atkinson è giunto a questa convinzione, sorprende che, proprio nel cielo sovrastante il cerchio di pietre, vengano oggi spesso avvistate misteriose luci e dischi luminosi. Quale collegamento dunque esiste tra queste antiche civiltà e il fenomeno degli UFO? C'è chi ha voluto associare le conoscenze dei Druidi ad antichi contatti con extraterrestri, portando come prova il disegno inciso sul suolo del "Cavallo Bianco" di Uffington, nel Berkshire, in Inghilterra. Un'immagine visibile solo dall'alto, realizzata scavando il terreno sino in profondità. Analoghi disegni sono presenti in altre zone dell'Inghilterra, alcune rappresentanti figure umane. Il fatto che siano visibili solo dall'alto è forse un tentativo di comunicazione con il cielo, come per i disegni di Nazca in Perù? Ed è questa anche la funzione dei megaliti, essere un "mezzo di contatto" tra Cielo e Terra? Probabilmente un ipotesi priva di fondamento, ma anche nelle cultura e nelle leggende celtiche esistono tracce di presunti contatti con esseri provenienti da altri mondi.
Nel Libro delle Conquiste, un antichissimo manoscritto irlandese, si narra che "in un giorno di maggio, dall'altra sponda dell'oceano arrivò la stirpe dei Tuatha dè Danan". I nuovi venuti fecero dono ai nativi di oggetti atti a favorirne lo sviluppo e di armi magiche, fra cui la spada Nuadu, la lancia di Lug e la conca di Dagda. Non è improbabile che si tratti di armi assimilabili a quelle narrate nel Mahabharata e in tutta la letteratura vedica. Il manoscritto afferma che alcuni Tuatha dè Danan fossero arrivati a bordo di apparecchi volanti, come Re Bran, sceso da "un velivolo che non sfiorava mai l'acqua", o come suo fratello Manannan che si spostava "su una barca senza remi e senza vela". A questo proposito altre tradizioni irlandesi accennano all'antigravità. Esse parlano dei tempi in cui "gli uomini percuotendo l'astre d'oro potevano volare leggeri nell'aria, trasportati dal suono". Le antiche cronache parlano anche della Roth Ramrach, un'enorme ruota con mille giacigli in ognuno dei quali stava un uomo, e che poteva trasportare mille uomini per terra e per mare. Forse in queste cronache non c'è niente di storico e si riferiscono unicamente alle credenze e alle aspettative degli antichi uomini della regione, ma la descrizione di questi veivoli non può non ricordarci i fenomeni avvistati oggi nei cieli di tutto il mondo.
Ancora più esauriente è Ecateo di Abdera (300 a.C. circa): "Di fronte alla terra dei Celti , in mezzo all'attiguo Oceano del Nord, sorge un'isola più o meno grande come la Sicilia. Su quest'isola c'è un magnifico boschetto sacro, dedicato al dio Sole, con nel mezzo un singolare tempio a pianta circolare. Nei tempi antichi, ogni dodici anni, cioè quando in cielo Sole e Luna si trovavano nella stessa posizione, Apollo faceva la sua visita all'isola". Non riesce difficile identificare in quel circolare "Tempio al Sole" Stonehenge. E per finire nel suo Gli Dei dello Spazio Raymond Drake rifacendosi a una cronaca dello storico greco Diodoro Siculo, scrive: "Si diceva che il sacerdote Abaris l'iperboreo, proveniente da un'isola nell'oceano Atlantico, volasse per il cielo sulla freccia di Apollo e che non toccasse mai cibo terrestre". Questa descrizione sembra coincidere con quella di un extraterrestre su un'astronave. Ma l'accenno all'isola nell'oceano Atlantico e altri indizi concorrono a ipotizzare che la Britannia fosse invece una colonia della mitica Atlantide. Secondo alcuni ricercatori potrebbe essere stata proprio la civiltà atlantidea a lasciare le sue tracce nei templi megalitici della zona. Ma anche quest'ultima ipotesi non sembra avere molto seguito, soprattutto tra i ricercatori più ortodossi e contrari alle suggestive teorie dei sostenitori della "paleoastronautica".
Il fenomeno moderno: i pittogrammi
Attorno ai cerchi di pietre e ai tumuli dei britannici antenati dei Druidi, apparvero, a partite dagli anni Settanta, impressi sui campi di grano maturo o sull'erba alta dei prati più rigogliosi, segni e simboli misteriosi. Questi fenomeni ebbero inizio a Warminster, cittadina situata ai piedi della Cley Hill, al centro del triangolo Glastonbury-Avebury-Stonehenge. La città è circondata da sei colline, che portano nomi significativi, come "Heaven's Gate" (Cancello del Cielo), "Lord's Hill" (Collina del Signore"), "Jacob's Ladder" (Scala di Giacobbe"), "Star Hill" (Collina delle Stelle) o "Cradle Hill" (Collina della Culla). L'ondata di apparizioni UFO su Warminster sembrò quasi un preludio del fenomeno dei pittogrammi. Essa ebbe inizio la notte di Natale del 1964 quando Rachel Attwell, moglie di un pilota dell'aeronautica, destata da un forte rimbombo, si alzò dal letto e notò alla finestra, sospeso nel cielo notturno, un oggetto volante sigariforme "più luminoso di una stella". In quella stessa notte Roger Rump, capo del locale ufficio postale venne bruscamente strappato dal sonno. "Balzai a sedere sul letto allarmatissimo, con l'impressione che le tegole del tetto fossero divelte con violenza e trascinate giù lungo la Hillwood Lane", riferiva Rump più tardi ad Arthur Shuttllewood, redattore del Warminster Journal. Uno shock analogo lo subì anche una casalinga, mentre entrava in chiesa e, due settimane dopo, i vicini di Rump furono svegliati di soprassalto da un fracasso che faceva pensare a "sassi o pezzi di carbone che rotolassero giù per i muri della casa". In seguito cominciarono a manifestarsi strani fenomeni. Alcune persone del luogo riferirono di avere dei disturbi mentali, altri addirittura di aver avuto delle visioni mistiche. Chi osservava il cielo poteva assistere al passaggio di luci colorate che, a grande velocità, eseguivano manovre bizzarre.
Nell'agosto 1965 Gordon Faulkner, allora operaio di una fabbrica, ebbe la fortuna di poter riprendere in volo un corpo metallico volante a forma di disco. Consegnò poi la foto al Warminster Journal che la passò al più noto quotidiano Daily Mirror per la pubblicazione. Un mese più tardi fu lo stesso Shuttlewood a scorgere con i propri occhi, dalla finestra della redazione, un enorme oggetto a forma di sigaro, splendente di luci bianche e gialle, che attraversava il cielo. Da quel giorno in poi raccolse tutte le notizie che riguardavano avvistamenti di UFO nella zona, pubblicandole sul suo giornale. Nel solo mese di settembre del 1965 Shuttlewood venne a sapere che oltre duecento suoi concittadini avevano avuto degli avvistamenti. Le notizie di avvistamenti di UFO a Warminster rese note dal giornale locale attirarono l'attenzione di turisti e ufologi che affluirono in massa nel Wiltshire. Un esperienza particolare fu vissuta dai londinesi Steve Evans e Roy Fisher; accanto ai numerosi avvistamenti di UFO, furono testimoni di un incontro ravvicinato molto particolare. Si verificò nel 1971 mentre stavano sulla cima della Cradle Hill, con gli occhi fissi al cielo. "Un campo di energia serpeggiò come un fulmine attraverso l'erba, con un forte crepitio simile a quello che emette l'elettricità statica", così descrisse poi Evans quell'esperienza. "Zigzagò tino ai piedi di Roy, lasciando dietro di sé traccia del percorso fatto, poi compì un brusco scarto a destra. Le pecore che pascolavano sul prato, girarono su se stesse al suo passaggio. Ai primi chiarori dell'alba, vedemmo che la parte d'erba schiacciata formava un disegno, come di traccia lasciata dall'atterraggio di un corpo pesante." Non era che l'inizio. L'anno successivo, nel 1972, fu scoperto il primo cerchio nel grano. Un fenomeno che doveva segnare l'inizio di una serie di apparizioni che negli anni successivi si sarebbero verificate con sempre maggiore frequenza in questa regione, divenendo il più sbalorditivo mistero dei nostri tempi.
Dal sito http://digilander.iol.it/ovnidomus/