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  1. #231
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    Abbattere gli idoli contemporanei: un saggio di Martino Mora per non morire liberal



    Lo si dica con buona pace di tutti: viviamo tempi di profondissima involuzione rivoluzionaria (sovversiva e degenerativa) e non da oggi. Lo dicevo in una conferenza tenuta presso il Christus Rex di Verona nel marzo 2016: viviamo tempi calamitosi e mostruosi e tempi mostruosi generano, com’è naturale, mostri, che oggi affollano le nostre città, le nostre strade, i nostri media, i nostri social network.

    Non a caso la copertina di quest’ottimo saggio del coraggioso amico Martino Mora, pubblicato per i tipi di Radio Spada, attinge alle categorie dell’horrendum, dello splatter, del trash, del freak.

    Su uno sfondo rosa shocking, individui dal sesso incerto, avvolti nell’immancabile e quanto mai deprecata bandiera dell’Unione Europea, stanno a significare il mondo che si sta costruendo in questi anni pezzo per pezzo, mattone su mattone, sofisma su sofisma, delitto su delitto.

    Se il Monstrum in passato aveva la sua cittadinanza nella società degli uomini ma solo come polo negativo da limitare, da incatenare e se possibile da rendere inoffensivo in maniera totalizzante (come ad esempio nella narrativa pedagogica per l’infanzia), oggi invece viene idolatrato come sublime manifestazione della libertà umana, come naturale, festosa e pacificante realizzazione del proprio ego, di una gran folla di ego, bramosi tutti di autoaffermarsi a qualunque costo, egoticità infelici che troviamo affastellate nel nostro contesto urbano e suburbano.

    Come nei peggiori B movies americani, l’ideologia degli affabulatori francofortesi si è saldata con il comunismo (ormai ridotto a ben più eversivo progressismo) e con tutti i cascami della borghesia degenere occidentale (passata allegramente dal già empio liberalismo ottocentesco al neolibertinismo contemporaneo).

    Il risultato è una società dove gli zombies dell’autoreferenzialità onanistica imperversano, dottoreggiando, pontificano e legiferano, creando tendenze e nuovi stili di vita.

    Proprio nel momento in cui l’assalto di questa generale e anomica sovversione si faceva più parossistico, il più grande e forse l’unico antemurale di Civitlà e di Verità che esisteva nelle nostre martoriate contrade ovvero la Chiesa cattolica ha de facto, nell suo aspetto gerarchico ufficiale e visibile, SPOSATO la causa rivoluzionaria, attraverso una serie ciclica di desistenze, rese, deboli difese e palesi tradimenti. Anche di quest’aspetto si occupa Martino Mora in un saggio che è certamente una silloge composita e talvolta estemporanea dei suoi scritti ma che al contempo ritrova in queste chiavi di lettura una piena organicità, la ruvida franchezza del pamphlet e l’esaustività del saggio accademico non pedante.

    Come già scrissi a proposito de “La questione zingara” di Raimondo Gatto, anche questo libro di Martino Mora, in una società ben ordinata o restituita ai suoi valori, potrebbe essere adottato nei licei come manuale di educazione civica. Penso che per un giovane docente come Lui, votato appunto alla formazione e all’educazione delle giovani menti, non vi possa essere apprezzamento migliore.

    A Martino Mora che con presenza di spirito ha scelto di stampare con noi, incappando negli anatemi del politicamente corretto e nelle beghe da ballatoio dell’integrismo italiano, le nostre più vive felicitazioni per quest’opera ad servizio del Bene e del Vero.

    A Voi, cari lettori, il compito di far vostro questo libro, ben più che con l’acquisto, con l’intima adesione intellettuale e morale alle posizioni che propugna con tanta ricchezza di argomenti e con tanta passione. Buona lettura!


  2. #232
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    Octo abhinc annos: Lettera ai soci di Radio spada per l’anno 2020



    Questa lettera per i soci di Radio Spada, non avendo ricevuto obiezioni alla divulgazione da parte dei soci stessi, viene oggi offerta a tutto il pubblico del nostro blog. Buona lettura!

    Cari Soci,

    dal momento che il tesseramento di Radio Spada quest’anno ha assunto un aspetto di maggiore organicità e ha aggiunto un maggior numero di sodali alla nostra associazione, vogliate accettare da parte mia due righe di consuntivo mentre questo tormentato anno volge molto lentamente alla sua conclusione. Questa lettera è per voi ma – ove lo riteneste opportuno – diffonderemmo il presente bilancio sui nostri media per aprire, anche ai lettori, un ulteriore varco da cui osservarci. Se non manifesterete opposizione a questa ipotesi, col Consiglio Direttivo saremmo orientati a pubblicarlo sul sito già nei prossimi giorni.

    Veniamo a noi: vi risparmio un tedioso e posato “discorso della Corona” per entrare nel vivo delle questioni che tanto ci stanno a cuore. Quest’anno la nostra civiltà ha dovuto subire la più drammatica e devastante crisi che si sia vista dal Dopoguerra e ancora oggi sono incerti gli sviluppi e gli esiti di questi avvenimenti così perniciosi e tragici. Malgrado questo, la nostra casa editrice ed il nostro blog non solo non hanno arretrato di un passo, ma hanno incrementato le loro attività, garantendo al pubblico cattolico un costante presidio intellettuale e morale della realtà ecclesiale e temporale.

    Se il 2018 era stato l’anno dell’impegnativo (e impavido) mantenimento delle posizioni e il 2019 l’anno di una ripresa sempre più costante ed impetuosa, il 2020 ha segnato un ulteriore cambio di passo sotto il segno dell’incremento, della crescita, del potenziamento delle nostre attività. Radio Spada è cresciuta in tanti ambiti: sui social dove abbiamo consolidato la nostra presenza su Facebook, rafforzato la nostra presenza su Instagram e amplificato pioneristicamente la nostra presenza su Telegram. Siamo cresciuti con le nostre edizioni per le quali abbiamo dato alle stampe più di una decina di poderosi testi in un solo anno solare (sia negli ambiti dei grandi classici dell’apologetica che nell’ambito dell’attualità) e stiamo per raggiungere la fatidica quota di sessanta libri con l’ultimo saggio di Luca Fumagalli “Dio strabenedica gli inglesi. Note per una storia della letteratura cattolica britannica tra XIX e XX secolo” che uscirà a cavaliere tra fine dicembre 2020 e inizio gennaio 2021 nella collana “L’osteria volante”. Siamo cresciuti con i nostri articoli dove abbiamo spaziato in tutti gli ambiti, con uno sguardo disincantato e attento su tutto quello che sta avvenendo senza arrendevolezze ma anche senza inutili protagonismi e senza ancor più facili e redditizi isterismi. Siamo cresciuti inaugurando, prima del diluvio epidemico, l’Enciclopedia di Radio Spada, una rassegna di più di duecento sezioni e sottosezioni (e oltre duemila elementi), frutto di un lavoro diuturno e immane, e che spazia in tutti gli ambiti dello scibile apologetico e della cultura cattolica, con spiccata attenzione alla Tradizione e con felici innesti sulla contemporaneità.

    Abbiamo “cantato” sempre fuori dal coro e senza accodarci e accordarci con nessuna consorteria, nemmeno tradizionalistica, quando sarebbe stato facile “cantare” i motivetti oggi più in voga. L’abbiamo fatto però senza arroccarci in una solitaria, illusoria e in ultima analisi “tragica” suggestione di purezza ma collaborando, con classica sprezzatura integristica, con tutte quelle realtà (amiche e non) che mostrassero a qualunque titolo leale attenzione e apertura verso le nostre battaglie.

    Questa libertà ha però dei costi umani ed economici elevati: non facciamo ovviamente querule questue ma vi chiediamo di combattere con noi, pregando con noi e diffondendo alla massima potenza e con un impegno da “guerra totale” la Buona stampa, in momenti cui la peste vaticansecondista (assai più pericolosa del Coronavirus) raggiunge il suo acme durante il carnevale di morte bergogliano.

    Che cosa ci aspettiamo dal futuro? Tutto e nulla ma sappiamo una cosa: sino all’ultimo respiro, sino all’ultimo brandello delle nostre energie, sin quando l’ultimo frantume del nostro spirito riverbererà luce e Fede, ci impegneremo per combattere con Radio Spada ad maiorem Dei gloriam.

    Piergiorgio Seveso,
    Presidente

    23 novembre 2020
    San Clemente I, Papa e Martire

  3. #233
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    Morte di don Ennio Innocenti (1932-2021): l’omaggio di Radio Spada



    Carico d’anni e di gravi malanni, ha concluso oggi il suo pellegrinaggio terreno, lasciando la desolata e scalcinata scena di questo mondo, Don Ennio Innocenti, studioso certamente insigne per continuità di pubblicazioni e per l’impegno “militante” al servizio di molte battaglie del cattolicesimo romano. E’ certamente anche grazie a Lui se l’attenzione del mondo cattolico tradizionalista, genericamente inteso, si è fissata sui pericoli storici dello gnosticismo e della nuova gnosi, ampiamente presente nella rivoluzione neomodernistica e conciliare. Con la sua benemerita e autonoma associazione editoriale “Sacra Fraternitas Aurigarum” ha spaziato nell’arco di decenni su temi di spiritualità, di storia ecclesiastica antica e contemporanea, su revisionismo storico e apocalittica coeva. Rimane memorabile la sua critica alla filosofia maritainiana e al suo incapacitante liberalismo. La stessa Radio Spada si onorò di ospitare una sua intervista a cura del carissimo Pietro Ferrari che ripresentiamo ai nostri lettori in calce a questo articolo.

    Alcuni di voi saranno stupiti dal tono fortemente encomiastico di questa commemorazione. Don Innocenti infatti non era “dei nostri”, era abbastanza lontano dalle battaglie del cattolicesimo integrale contro la sovversione conciliare e contro le “autorità” che l’avevano cullata, nutrita, amplificata e che oggi la custodivano. Se il suo sguardo storico su questo e quel periodo della storia della Chiesa era spesso spigoloso, ingeneroso o tranchant, giunto ai tempi correnti diveniva ben più sfumato e per nulla risolutorio. Anche Lui non ebbe quella forza, quei lumi, quella avventurata e spericolata determinazione per “fare quel passo” irrevocabile che ha segnato in maniera indelebile le nostre esistenze. Nondimeno stima, apprezzamento e preghiera per LUI per il bene compiuto rimangono intatti, nè mai ci sogneremmo di indulgere a stilemi da portineria o da lupanare pseudo-integristico per commemorarne la figura. Requiescat in pace.

    Piergiorgio Seveso – Presidente SQE di Radio Spada

    Intervista di Pietro Ferrari a don Ennio Innocenti: https://www.radiospada.org/2013/12/esclusiva-don-ennio-innocenti-intervistato-da-pietro-ferrari/

    Fonte immagine: sacromontedivarallo.org

  4. #234
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    Nota di Radio Spada: Alla vigilia del 12 gennaio e in occasione d’una nuova rappresentazione scaligera della Traviata secondo la fortunata ed ormai trentennale regia di Liliana Cavani, proponiamo ai nostri lettori un ironico divertissment d’attualità d’un nostro redattore che rivisita alcune importanti scene dell’opera. In calce i nostri lettori potranno anche ascoltare con diletto il video dell’originale (Piergiorgio Seveso)

    Scena tredicesima. Violetta che ritorna affannata, indi Alfredo

    VIOLETTA SPADA:

    Invitato a qui seguirmi,

    Verrà desso? vorrà udirmi?

    Ei verrà, ché l’odio atroce

    Puote in lui più di mia voce.

    ALFREDO R.:

    Mi chiamaste? che bramate?

    VIOLETTA SPADA:

    Questi luoghi abbandonate.

    Un periglio vi sovrasta.

    ALFREDO R.:

    Ah, comprendo! Basta, basta.

    E sì vile mi credete?

    VIOLETTA SPADA:

    Ah no, mai.

    ALFREDO R.:

    Ma che temete?

    VIOLETTA SPADA:

    Temo sempre del Barone

    ALFREDO R.:

    È tra noi mortal quistione.

    S’ei cadrà per mano mia

    Un sol colpo vi torrìa

    Coll’amante il protettore.

    V’atterrisce tal sciagura?

    VIOLETTA SPADA:

    Ma s’ei fosse l’uccisore?

    Ecco l’unica sventura

    Ch’io pavento a me fatale!

    ALFREDO R.:

    La mia morte! Che ven cale?

    VIOLETTA SPADA:

    Deh, partite, e sull’istante.

    ALFREDO R.:

    Partirò, ma giura innante

    Che dovunque seguirai

    i passi miei.

    VIOLETTA SPADA:

    Ah, no, giammai.

    ALFREDO R.:

    No! giammai!

    VIOLETTA SPADA:

    Va’, sciagurato.

    Scorda un nome ch’è infamato.

    Va’ mi lascia sul momento

    Di fuggirti un giuramento

    Sacro io feci

    ALFREDO R.:

    E chi potea?

    VIOLETTA SPADA:

    Chi diritto pien ne avea.

    ALFREDO R.:

    Fu CORVO?

    VIOLETTA SPADA: (con supremo sforzo)

    Sì.

    ALFREDO R.:

    Dunque l’ami?

    VIOLETTA SPADA:

    Ebben, l’amo

    ALFREDO R.: (Corre furente alla porta e grida)

    Or tutti a me.

    Scena quattordicesima. Violetta, Alfredo, e tutta l’ASSEMBLEA DEI SANTI che confusamente ritorna

    TUTTI:

    Ne appellaste? Che volete?

    ALFREDO R.: (additando Violetta che abbattuta si appoggia al tavolino)

    Questa donna conoscete?

    TUTTI:

    Chi? Violetta?

    ALFREDO R.:

    Che facesse non sapete?

    VIOLETTA SPADA:

    Ah, taci

    TUTTI:

    No.

    ALFREDO R.:

    Ogni suo aver tal femmina

    Per amor mio sperdea.

    Io cieco, vile, misero,

    Tutto accettar potea.

    Ma è tempo ancora! tergermi

    Da tanta macchia bramo.

    Qui testimoni vi chiamo

    Che qui pagata io l’ho.

    (Getta con furente sprezzo un LIBELLO ai piedi di Violetta, che sviene tra le braccia di PIERGIORGIO SEVESO e del dottor LUCA FUMAGALLI. In tal momento entra Monsignor GUÉRARD DES LAURIERS)

    Scena quindicesima. Detti e Monsignor GUÉRARD, ch’entra all’ultime parole

    TUTTI:

    Oh, infamia orribile

    Tu commettesti!

    Un cor sensibile

    Così uccidesti!

    Di donne ignobile

    Insultator,

    Di qui allontanati,

    Ne desti orror.

    GUÉRARD: (con dignitoso fuoco)

    Di sprezzo degno se stesso rende

    Chi pur nell’ira la Donna offende.

    Dov’è mio figlio? più non lo vedo:

    In te più Alfredo – trovar non so.

    (Io sol fra tanti so qual virtude

    Di quella misera il sen racchiude.

    Io so che l’ama, che gli è fedele,

    Eppur, crudele, – tacer dovrò!)

    ALFREDO R.: (da sé)

    (Ah sì che feci! ne sento orrore.

    Gelosa smania, deluso amore

    Mi strazia l’alma più non ragiono.

    Da lei perdono – più non avrò.

    Volea fuggirla non ho potuto!

    Dall’ira spinto son qui venuto!

    Or che lo sdegno ho disfogato,

    Me sciagurato! – rimorso n’ho.

    VIOLETTA SPADA: (riavendosi)

    Alfredo, Alfredo, di questo core

    Non puoi comprendere tutto l’amore;

    Tu non conosci che fino a prezzo

    Del tuo disprezzo – provato io l’ho!

    Ma verrà giorno in che il saprai:

    Com’io t’amassi confesserai.

    Dio dai rimorsi ti salvi allora;

    Io spenta ancora – pur t’amerò.

    BARON CORVO: (piano ad Alfredo)

    A questa donna l’atroce insulto

    Qui tutti offese, ma non inulto

    Fia tanto oltraggio – provar vi voglio

    Che tanto orgoglio – fiaccar saprò.

    TUTTI (a Violetta):

    Ah, quanto peni! Ma pur fa core.

    Qui soffre ognuno del tuo dolore;

    Fra cari amici qui sei soltanto;

    Rasciuga il pianto – che t’inondò. (FINE – APPLAUSI)



    dal minuto 1.27.40

  5. #235
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    Non siamo né una bocciofila, né un ordine monastico, siamo semplicemente un’associazione culturale che si sforza di essere cattolica, in tempi in cui tutto congiura all’opposto. Gli uomini dabbene, i padri e le madri di famiglia vi troveranno quell’ortoprassi culturale e libraria, sicuro rifugio per i loro cari in tempi di grande confusione. Gli anziani testimoni degli anni pionieristici del postconcilio e del carnevale montiniano vi troveranno la consolazione di vedere quel loro combattimento continuare, con modalità diverse, con idee arricchite, con nuove forze e con lena rinnovata. I giovani vi troveranno una ricca messe pedagogica, un nido di fraternità (non massonica ma nemmeno settaria nel senso integristico del termine), una scuola di stile cattolico romano a tutto tondo che faccia di voi dei guerrieri, non delle statue di sale e nemmeno delle goffe e grottesche caricature. (Piergiorgio Seveso)

  6. #236
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    Caro Bergoglio, Dio non si è contaminato con l’umanità!

    Rinnovellando i tristi fasti della Madonna (la concepita senza peccato originale) che non sarebbe nata santa, e del Gesù “un po’ scemo”, stamattina Bergoglio si è nuovamente prodotto in un discorso blasfemo.

    Dio è Colui che si “contamina” con la nostra umanità ferita e non ha paura di venire a contatto con le nostre piaghe. “Ma padre, cosa sta dicendo? Che Dio si contamina?”. Non lo dico io, lo ha detto San Paolo: si è fatto peccato (cfr 2 Cor 5,21). Lui che non è peccatore, che non può peccare, si è fatto peccato. Guarda come si è contaminato Dio per avvicinarsi a noi, per avere compassione e per far capire la sua tenerezza

    Anzitutto va chiarito che Dio non si è contaminato con l’umanità. Il Concilio di Calcedonia sta contro questa bestialità e ci spiega bene in che modo il Verbo ha assunto la natura umana:

    Seguendo, quindi, i santi Padri, all’unanimità noi insegniamo a confessare un solo e medesimo Figlio: il signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo, composto di anima razionale e del corpo, consostanziale al Padre per la divinità, e consostanziale a noi per l’umanità, simile in tutto a noi, fuorché nel peccato, generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e in questi ultimi tempi per noi e per la nostra salvezza da Maria vergine e madre di Dio, secondo l’umanità, uno e medesimo Cristo signore unigenito; da riconoscersi in due nature, senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili, non essendo venuta meno la differenza delle nature a causa della loro unione, ma essendo stata, anzi, salvaguardata la proprietà di ciascuna natura, e concorrendo a formare una sola persona e ipostasi; Egli non è diviso o separato in due persone, ma è un unico e medesimo Figlio, unigenito, Dio, verbo e signore Gesù Cristo, come prima i profeti e poi lo stesso Gesù Cristo ci hanno insegnato di lui, e come ci ha trasmesso il simbolo dei padri.

    Diranno i normalisti, gli ermeneuti perpetui del pensiero bergogliano, gl’improvvisati maestri del Sacro Palazzo della domenica, che papa Francesco non voleva certo negare la distinzione delle nature nell’unica persona divina del Cristo, ma solo evidenziare il mistero dell’incarnazione. E magari ci vorranno inculcare che come si è eretto contro i novatori tedeschi, quasi novello Canisio, oggi ci appare quale un novello Epifanio contro gli gnostici!
    Lasciamo ad altri le ermeneutiche, atte più che altro alla distruzione della materia cerebrale, e rileviamo solamente la bestemmia dell’immagine di Dio che si sporca, che si contamina: Dio non si è sporcato nemmeno in senso lato nell’assumere misericordiosamente la fragile natura umana, per il fatto che l’ha assunta senza il motivo della contaminazione che è il peccato.
    E non può giustificare l’uso di una tanto spregevole espressione il riferimento all’autorità (abusatissima) di san Paolo. Infatti l’espressione indica semplicemente (ci sia permesso di usare questo avverbio in riferimento all’abisso del divino disegno dell’umana redenzione) che “[Dio Padre] trattò [Gesù] come se fosse stato il più gran peccatore, meglio il peccato in persona (Isai. LIII, 6;1 Piet. II, 24)“[1].

    [1] Padre M. M. Sales op, La Sacra Bibbia. Il Nuovo Testamento. Volume II. Le Lettere degli Apostoli – L’Apocalisse, Torino, 1914, p. 209

    Fonte: Caro Bergoglio, Dio non si e contaminato con l’umanita! | Radio Spada

  7. #237
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    Citazione Originariamente Scritto da Luca Visualizza Messaggio
    [AI PIEDI DEL TRONO VUOTO] Il generale Bethlehem e la Sede vacante

    Questa rubrica ormai triennale di Radio Spada, agile collezione di appunti sparsi, schegge e notarelle epigrammatiche, è nata non senza una pretesa che, nel suo piccolissimo – per non dire infimo –, ha avuto del rivoluzionario. Per la prima volta, infatti, due laici, con toni volutamente leggeri, senza alcuna pretesa d’esaustività, consegnano ai lettori una sorta di autodiagnosi del cosiddetto mondo “sedevacantista” italiano. Lo fanno, si diceva, con quel poco di acume che Dio ha avuto la benevolenza di donare loro, consapevoli che in tempi ferrigni come quelli in cui stiamo vivendo, ormai privati di tutto, persino della dignità, l’autoironia è forse l’unica cosa che rimane: non ridarà la speranza, non risolleverà i cuori, ma almeno – si spera – strapperà un sorriso e, chissà, magari toglierà un po’ di polvere dalle menti appassite. A tal proposito è bene precisare che non è intenzione degli autori offendere nessuno. Saranno elencati numerosi limiti di un mondo marginale, angusto, a tratti persino fetido, ma un mondo a cui loro sentono irrevocabilmente d’appartenere. Ci potranno essere persino sferzate indelicate. Nel qual caso saranno date con la medesima asprezza di quelle che pure loro meriterebbero. Ogni difetto evidenziato è quindi anche e soprattutto loro, anzi, forse loro stessi sono il peggio che questo piccolo mondo antico abbia mai prodotto. Non è falsa modestia: in tempi di mediocrità diffusa come quelli in cui viviamo, essere pessimi è pur sempre un segno di distinzione [RS].



    di Luca Fumagalli e Piergiorgio Seveso

    Questa rubrica tra poco tempo taglierà il traguardo dei tre anni di vita: ci sembrava giusto fare una piccola ricollezione tematica, quasi con delle composizioni di luogo a mo’ degli esercizi di Sant’Ignazio, per festeggiare questa meta raggiunta, prima di riprendere il cammino.

    Come sanno i lettori di Radio Spada, questa è una rubrica per molti ma non per tutti: per il semplice motivo che si rivolge ad una porzione dei nostri lettori naturalmente più ridotta, quella che in qualche modo si riconosce nelle posizioni del sedevacantismo (sia esso Cassiciacum che simpliciter, visto che siamo in Italia la distinzione è d’obbligo) o che ha una prassi ecclesiale preponderantemente o totalmente non una cum.

    Le nostre descrizioni sociologiche e di costume, i nostri bozzetti caratteristici, le nostre ricostruzioni d’ambienti e di stili, il nostro tratteggiare di tipi, tipetti e tipacci (ci vorrebbe un Teofrasto redivivo) del sedevacantismo italiano ha interessato e incuriosito ed è stato il volano per riflessioni e suggestioni nel cuore di molti. All’esterno i non sedevacantisti ci hanno spesso domandato lumi e chiesto chiarimenti (spesso alle chiassose e festose giornate di cultura radiospadista ma anche in colloqui privati) che ben volentieri abbiamo dato, spesso hanno ritrovato gli stessi stilemi, gli stessi tic (“Specchio specchio delle mie brame”), le stesse innocenti (o colpevoli) manie nel loro stesso mondo, magari a livello minore e con un grado minore di paranoide parossismo.

    A tutti abbiamo consigliato benevolenza e pazienza, un po’ di sprezzatura e un po’ di divertita rassegnazione, dal momento che nel naufragio della Chiesa siamo tutti drammaticamente coinvolti, per citare un vecchio pezzo sul capovolgimento del Poseidon, Inutile prendersela coi mulini a vento, specie quando sono inceppati.

    All’interno del mondo sedevacantista invece i frutti sono stati maggiori e più cospicui: ne vediamo e ne ammiriamo le forme, i colori gradevolissimi, ne suggiamo il nettare, ne gustiamo felici la polpa.

    Accanto alla inevitabile radicalizzazione negativa, fidelitaria e fideistica del “Non leggere-non guardare-non pensare”, altri hanno letto, guardato e pensato e questo è già stato molto importante.

    Pur nella maniera ironica, buffa e informale con cui abbiamo operato, si è innalzata una bandiera, un’altra bandiera (o meglio un’altra forma della medesima bandiera) e quando ci sono due bandiere in campo, ben si sa, già un risultato è ottenuto: l’una impatta visivamente con l’altra, la neutralizza, la relativizza, la depotenzia, togliendone l’unicità e distogliendo l’attenzione generale. Hoc erat in votis.

    Se volevamo portare un po’ di sole, di profumi e di colore nelle catacombe (e nelle osterie), ci siamo riusciti, anche perché di questo sole, di questo colore, di questa deflagrante dirompenza, sempre si parla e questo è un gran bene.

    E il tempo è una macina che lavora inesorabilmente e provvidenzialmente, gli animi sono come un fertile terreno dove la semente gettata cresce nei modi e nei tempi più imprevisti e più sorprendenti.

    Anche perché, in questi tempi più liquidi come questi, basta un solo “click” per entrare, come Alice, in un mondo di meraviglie.

    Compatibilmente con l’azione di Radio Spada e con le ricerche e le mansioni di entrambi, questa rubrica ha avuto un suo lento e progressivo sviluppo, anzi abbiamo avuto il piacere di portare, come era prevedibile e legittimo, la nostra analisi su un piano internazionale, con traduzioni di alcuni articoli in francese, inglese, spagnolo e polacco (anche perché il nostro piccolo Barnum si ripropone con diversi protagonisti anche all’estero).

    Certamente ci sono ancora delle puntate preannunziate che aspettano di essere portate a termine, come “Estetica del sedevacantismo”, “Stato d’eccezione e Sede vacante” e “Sedevacantismo e politica”, e altre che nelle nostre quotidiane conversazioni affiorano. Se avessimo confinato questi nostri articoli solo in un libro, li avremmo resi meno fruibili, esponendo il libro stesso alle fatwe e alle interdizioni di qualche ayatollah bisinfio. Non sarebbe stato né utile, né efficace.

    Adeguandoci al clima un po’ vacanziero (Coronavirus permettendo), oggi dedichiamo la puntata alla figura del “malvagio” in alcune distopie post- apocalittiche cinematografiche. (ovviamente questi scenari sono “prefigurazione” della suprema distopia che stiamo vivendo ovvero la vacanza della Sede Apostolica)

    Il malvagio in questione di solito usurpa o, forse meglio, riempie il vuoto d’autorità creato dalla sparizione del potere costituito, dalla sparizione di qualsiasi potere legittimo (o almeno vagamente legittimato) o con la forza, con l’astuzia, o con una sorta di carismatico potere, circondandosi spesso di una milizia (con un passaggio tangibile da “chiesa militante” a “chiesa miliziana”).

    I nostri lettori ed ascoltatori più attenti avranno già individuato che si tratta di una riflessione che conduciamo ormai da diversi anni su Radio Spada, individuando via via figure che per un aspetto o un altro possono rientrare in questa caratterizzazione generale.

    Abbiamo spesso usato la figura di Golia contrapposto a quella del giovane Davide (non a caso nella nostra aula abbiamo una riproduzione dello splendido quadro di Tanzio Da Varallo con Davide che regge la testa mozzata del Gigante) oppure quella del Re Saul, roso dal tarlo della malevolenza, sempre opposta all’innocenza del futuro Re Davide, oppure a quella del generale Oloferne cui la coraggiosa ed astuta Giuditta mozza il capo nel campo avversario, oppure, passando decisamente dal sacro al profano, quella del capitano Philip Francis Queeg in “The Caine Mutiny” di Edward Dmytrik con le sue tormentanti e tormentate biglie d’acciaio.

    Anche nelle distopie cinematografiche post-apocalittiche avevamo una vasta scelta di personaggi cui fare riferimento: il “Duca” di New York contro cui si trova a combattere il coraggioso Iena Plissken (Kurt Russell) in “1997: fuga da New York”, “Lord” Humungus che in “Interceptor – Il guerriero della strada” viene sconfitto da “Mad” Max (Mel Gibson), il Diacono di “Waterworld” che perde la vita scontrandosi con Mariner (Kevin Costner).

    Volendo poi passare dall’acqua al ghiaccio, dalle barche ai treni, in “Snowpiercer”, un film veramente significativo, Wilford e la sua collaboratrice ginecocratica, la spietata Mason, alla fine periscono, sconfitti dall’eroe Curtis (Chris Evans), come anche viene distrutto il cyborg Terminator da Kyle Reese (Michael Biehn) nel film omonimo.

    Abbiamo scelto infine il generale Bethlehem, magistralmente interpretato da Will Patton ne “L’uomo del giorno dopo – The postman” perchè assomma in sì tutte le caratteristiche sopra descritte.

    In seguito ad un cataclisma (forse nucleare) gli Stati Uniti hanno cessato di esistere come entità politica ed il potere è esercitato, con forza ed una buona dose di arbitrarietà e violenza, dalle milizie holniste capeggiate dal “generale” Bethlehem che hanno creato anche una legislazione orale ad hoc di tipo oligarchico, detenendo il monopolio della forza e quindi anche del diritto.

    Sarà un attore vagante e fuggitivo, peraltro non privo di ombre e di meschinità antieroiche, improvvisatosi postino degli Stati Uniti (Kevin Costner) a creare nelle popolazioni angariate o semplicemente abbandonate a loro stesse la nostalgia dell’ordine e della legittimità perdute. E lo farà creando un sistema di “postini” (radiospadisti?) che consegni la corrispondenza tra le popolazioni fino a quel momento isolate tra loro.

    Il Generale prima sottovaluta il pericolo, poi si avvede che qualcosa sta montando tra le popolazioni, intravede ad esempio delle caricature sbeffeggianti che lo riguardano (“la satira”), imbastisce quindi reazioni furiose, facendo impiccare parecchi postini, e alla fine viene vinto in una sorta di battaglia finale.

    Il Portalettere gli risparmierà la vita ma il Generale la perderà comunque, vittima di un atto estremo di orgoglio che lo spingerà a tentare di colpirlo alle spalle.

    In questo la fine di Bethlehem non è dissimile da quella del Vescovo corrotto (un Thomas Becket a rovescio) in “LadyHawke” che non sopporta l’onta non di essere vinto ma di essere umiliato da una donna e per questo viene trafitto proprio da una SPADA, scagliata da Etienne Navarre (Rutger Hauer) sulla sua cattedra.

    Sono, possono essere, potranno essere vicende tipiche di un’epoca ecclesiale come la nostra, dove la legittima autorità cattolica (e non certo dai tempi di Bergoglio ) è venuta meno e quindi vi è una generale e inevitabile particolarizzazione e segmentazione autocratica e persino autocefala del tessuto ecclesiale dove tutti sono un po’ maestri senza cattedra e apostoli senza missione.

    Volendo però chiudere questa divagazione non peregrina con una nota assai meno cruenta preferiamo pensare che alla fine al dramma si sostituisca la commedia come nel finale morale di “Per vincere domani - The Karate Kid” (che compare all'inizio del secondo film della saga) dove il maestro Miyagi (Pat Morita) sconfigge l'iniquo Sensei John Kreese, titolare del Kobra Kai, in un modo esemplare e ispirato da carità e giustizia, come potreste vedere nel filmato qui sotto.



    dal minuto 2.25

    Nella festa di Sant’Elena imperatrice e vedova

    durante l’Ottava dell’Assunzione di Maria Santissima.

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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali

    Uno speciale ringraziamento al Maestro Giovanni Gasparro



    Pubblichiamo di seguito il ringraziamento di Piergiorgio Seveso al Maestro Giovanni Gasparro per avere offerto come immagine di copertina de La vittoria sul paganesimo, la lotta alle eresie, l’ordine monastico il suo dipinto San Nicola di Bari schiaffeggia l’eresiarca Ario, abilmente fotografato da Luciano e Marco Pedicini. Un’opera d’arte che incarna lo spirito giusto con cui prendere in mano questo testo.

    Nei giorni in cui vede la luce il sessantaquattresimo volume delle nostre edizioni ovvero La vittoria sul paganesimo, la lotta alle eresie, l’ordine monastico (Volume 2, prima parte, di Storia universale della Chiesa) dell’eminentissimo cardinale Hergenröther, riprendo in mano il calamo per ringraziare di tutto cuore il carissimo Maestro Giovanni Gasparro per la sua disponibile generosità.

    Il libro infatti si può fregiare della riproduzione fotografica di una nota opera gasparriana ovvero il quadro di San Nicola di Bari che schiaffeggia l’eresiarca Ario. Fuor di ogni artifizio retorico, fuori di posa encomiastica, Giovanni Gasparro rappresenta oggi, specie nei suoi esiti più felici, la punta di diamante per la rinascita di una arte figurativa sacra nelle nostre terre. In mezzo ad un deserto di raccapriccianti deformazioni postmoderne e di brutture pastellose e insignificanti, il Gasparro ci riporta alla purezza, al recupero del centro dell’arte tardo rinascimentale e barocca, ovviamente riattualizzata e rivatalizzata nelle concezioni e anche negli estri di un pittore contemporaneo.

    In questo pieno ritrovarsi della corporeità nella sua traboccante pienezza ma trasfigurata dalla Verità cattolica, vediamo una pista valida per la restaurazione dell’arte sacra, anch’essa immeschinita e imbrattata dalla rivoluzione conciliare, quando sul mondo saranno tornate a brillare come sole radiante le chiavi petrine.

    Non sono queste (per fortuna mia, vostra e del Gasparro) le parole di un critico d’arte ma di franco sodale nella buona battaglia. È quindi con questa profonda stima, con ammirazione fanciullesca di fronte alle meraviglie dell’Arte, con cordiale amicizia, arricchita da amene e al contempo profonde conversazioni e condivisioni negli anni delle prove e delle sanguinose battaglie, che vergo queste righe.

    Ancora grazie, Maestro Giovanni!

    Piergiorgio Seveso,

    Presidente delle Edizioni Radio Radio Spada

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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali




    Volentieri riprendiamo da Il Talebano questa intervista con Piergiorgio Seveso, Presidente SQE di RS:

    Grazie caro Piergiorgio di concederci questa intervista. Tu sei stato protagonista negli anni 2000 dell’ ala Tradizionalista del leghismo un vero e proprio ponte tra il Centro Studi Davide Abertario e il MUP (Movimento Universitario Padano) della Cattolica diventato CAP (Comunità antagonista padano) con la rivista “Il Cinghiale Corazzato”. Vuoi parlarci di questa esperienza?

    Anzitutto grazie a Te per le parole immeritate e a “Il Talebano” per farmi ricordare di momenti assai entusiasmanti. Non so se io sia stato protagonista, di certo ci sono stato e ciò è quello che davvero conta. Come cofondatore e segretario del centro studi “Davide Albertario” (nato il 28 gennaio 2002) mi sono trovato quasi accidentalmente ad essere tramite e punto di raccordo tra questo Centro studi cattolico integrale (nato dall’iniziativa dell’Istituto Mater Boni Consiilii) e il gruppo degli Universitari Padani dell’Università Cattolica di cui sono diventato viceresponsabile nel maggio 2003. La cosa produsse tantissime buone cose: ad esempio un doppio ciclo annuale di conferenze che portarono a parlare in Cattolica personaggi molto rilevanti di entrambi gli ambiti (parliamo ovviamente degli anni 2002-2004): Andrea Rognoni, Don Ugo Carandino, Mario Spataro, Gilberto Oneto, Don Ugolino Giugni, Federico Bricolo, Don Thomas Cazalas, Sergio Terzaghi, Don Giuseppe Murro, Lorenzo Busi, Don Francesco Ricossa, Paolo Bassi, Martino Mora, solo per citarne alcuni.

    Erano gli anni in cui l’allora leader Umberto Bossi tuonava contro il “Concilio Vaticano Secondo” e i “massoni” che l’avevano generato, c’era una rubrica cattolica integrale su Radio Padania, le iniziative cattoliche tradiizionaliste erano seguite da media padani, c’erano Messe in latino “Non una cum” a molte iniziative della Lega Nord, c’erano banchetti librari sedevacantisti sia a Pontida che a Venezia (tra tutti ricordiamo quello del maggio 2003 che balzò all’onore delle cronache per alcuni libri assai controcorrente). In questo gran fervore d’opere, in questa particolare “sintonia”, in questo prodigioso “allineamento dei pianeti”, era naturale che si creasse un laboratorio di collaborazione politica tra cattolicesimo integrale e il giovane leghismo dell’epoca. E questo luogo fu senza alcun dubbio l’allora Movimento Universitario Padano dell’Università Cattolica (anche se vi furono altri episodi specie nel Triveneto).

    Non posso dimenticare che in quel gruppo, governato da una profonda Amicizia metapolitica, elementi pagani, laici e cattolici integrali si confrontavano quotidianamente su questioni politiche e sulle grandi Verità che illuminano la vita e devo ringraziare Fabrizio Robbiani e Davide Alemanni, i due resposabili di allora, per aver accolto con rispetto e con stima le nostre iniziative.

    Poi si sa, il contatto tra politica quotidiana e i grandi valori assiali e veritativi del Cattolicesimo integrale genera cambiamento, “conversione”, miglioramento: alla fine l’accodarci al liberalismo berlusconiano ci stava stretto, il progressivo (e allora meno percepibile) trasformarsi della Lega Nord da movimento identitario localista a movimento neo nazionalista (filo americano e filo sionista in politica estera, filo atlantista in poliitca europea, securitario e neocons in politica interna) ci stava ancora più stretto, Così il 20 marzo 2006, per una serie di molteplici occorrenze, ci trasformammo in Comunità Antagonista Padana e abbiamo festeggiato da poco i quindici anni di vita. Riacquistata una piena libertà d’azione tematica e politica, abbiamo vissuto anni meravigliosi, testimoniati dalle copertine del nostro giornale “Il Cinghiale corazzato”. Col passare degli anni anche l’elemento cattolico romano confessionale divenne indiscusso protagonista delle nostre iniziative.

    Libera dall’interesse verso la politica italiana, la CAP ha potuto condurre in questi anni campagne contro le aggressioni americano-sioniste ai paesi del Mediterraneo e del vicino Oriente (Libia, Siria, Libano, Iraq e Iran), a favore della rinascita russa e dei movimenti identitari nell’est Europa e, in ambito culturale, a favore del revisionismo storico per le piccole patrie preunitarie (specialmente contro il “risorgimento” ma anche per la libera ricerca in genere, ad esempio sull’omicidio rituale ebraico grazie a Luca Fumagalli). In una Università come la nostra, dilaniata dalla Scilla del modernismo e dalla Cariddi tecnocratico aziendalistica, abbiamo cercato di portare la viva testimonianza della Res publica christiana.

    Il proseguimento di questa esperienza è stata Radio Spada. Di cosa si tratta?

    Esattamente così. Nel naturale svilupparsi delle dinamiche umane del nostro gruppo, era normale che tra i laureati e quelli che erano arrivati o erano rimasti in Università si volesse creare qualcosa che rinsaldasse il nostro legame e portasse anche fuori dalle muraglie rosso mattone della nostra Università le nostre battaglie. Così nel giugno 2012 abbiamo fondato il Blog Radio Spada con lo scopo di farne nel breve termine una casa editrice controcorrente, apartitica, antagonista e confessionalmente cattolica integrale, lontana sia dallo pseudo-restaurazionismo ratzingeriano che dalle pulsioni neoconservatrici e benpensanti di molti nostri ambienti, spesso più pericolose della rivoluzione stessa.

    L’esperienza delle Edizioni Radio Spada che hanno sede in Insubria a Cermenate, molto impegnativa dal punto vista umano e intellettuale, ha dato i suoi frutti, dal momento che abbiamo pubblicato più di novemila articoli e navighiamo ben oltre i sessanta titoli pubblicati.

    Tra i piccoli ma fondamentali meriti di questa casa edtrice (un’editrice tra le tante ma sotto certi aspetti unica) c’è quello di aver contribuito a mettere in movimento l’ambiente cattolico tradizionalista italofono, legittimamente soverchiato dal neo modernismo trionfante nell’epoca bergogliana e altrettanto naturalmente incline all’ipnosi della coazione a ripetersi e al minimalismo della sopravvivenza.

    Infatti, o per emulazione o per antagonismo, molte iniziative sono state messe in campo dopo la nostra nascita e questo aver “smosso le acque” non ci può che rendere lieti: per il resto parlo con pudore di questa nostra casa editrice perchè detesto fortemente le dinamiche autopromozionali, amando molto la vita ritirata.

    Da questo buon ritiro, esco raramente. Se c’è un buon motivo per uscirne, è per tutelare l’unico vero sovranismo che mi sta cuore, da cui ovviamente i sovranismi “minori” dovrebbero trarre linfa vitale, grazie per scegliere, dottrine da custodire, linee guida per agire, ovvero la sovranità di Cristo Re ed il suo Sacro Cuore sui singoli e sugli Stati. Grazie ancora.

  10. #240
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    Predefinito Re: Prose cattoliche romane integrali



    Antichi fasti (intervista - febbraio 2017)

 

 
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