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    Predefinito Rif: Storie di antiproibizionismo

    ITALIA - Dpa contro i rave party
    Notizia 27 aprile 2011 20:10

    Con gli strumenti messi a disposizione dalla legislazione vigente e' gia' possibile da parte delle Regioni e degli enti locali, in collaborazione con le forze dell'ordine, intervenire efficacemente sia in termini preventivi che repressivi sui rave party illegali: lo afferma il Dipartimento nazionale politiche antidroga (Dpa), in riferimento alla vicenda dei carabinieri aggrediti da quattro giovani dopo un rave a Sorano (1), nel grossetano, e alla richiesta del governatore toscano, Enrico Rossi, di una normativa ad hoc.
    'Anche in mancanza di nuove norme per i rave party - sottolinea il Dpa - basterebbe attuare quella già esistente, creando un forte coordinamento tra le forze dell'ordine e amministrazioni locali e prevedendo anche la partecipazione attiva dei cittadini, che spesso sono in grado di percepire e segnalare i fatti che preludono la preparazione sul territorio dei rave illegali nei giorni precedenti'.
    'Non si puó comunque perdere tempo in attesa di nuova legislazione - spiega il Dipartimento - ed è fondamentale mantenere fin da subito una costante opera di monitoraggio del territorio da parte delle amministrazioni locali e della polizia, che non devono quindi sottovalutare questi eventi e la pericolosità ad essa correlata, sia per l'uso di droghe e di grandi quantità di alcol che i partecipanti frequentemente fanno, sia per gli aspetti di sicurezza correlati ai siti dove vengono svolti questi raduni e alle attrezzature impiegate che mettono a rischio la salute dei giovani partecipanti'.
    Molti di questi rave party vengono pubblicizzati sul web ed è possibile quindi intercettarli con un po' di anticipo e fare in modo che vengano riportati a norma oppure, se non e' possibile, chiusi ed evitati.
    'Questo è quanto in questo ultimo anno ha fatto il Sistema di Allerta Nazionale del Dpa (a cui non partecipa la Regione Toscana) che ha intercettato e segnalato 25 rave party illegali, riuscendo ad impedirne dieci e, per altri sei, a fare in modo che vi fosse una corretta gestione anche da parte delle forze dell'ordine', conclude il Dpa.

    (1) ndr: e' stato smentito che quei giovani venivano da un rave party



    ADUC - Droghe - Notizia - ITALIA - Dpa contro i rave party

  2. #22
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    Predefinito Rif: Storie di antiproibizionismo

    RUSSIA - Nuovo farmaco contro dipendenza eroina ed oppiacei
    Notizia 28 aprile 2011 1:14

    Una sola iniezione al mese per rimanere 'lontani' dall'eroina e altri oppiacei: e' la nuova formulazione del farmaco anti-dipendenza naltrexone testata con successo su pazienti. La dose mensile e' piu' semplice e quindi permette al paziente di aderire alla terapia molto piu' facilmente che non la somministrazione classica giornaliera.
    La sperimentazione clinica di fase tre, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Lancet, e' stata condotta da Evgeny Krupitsky, Professore di Psichiatria alla universita' di San Pietroburgo.
    Il naltrexone, spiega lo psichiatra Paolo Cioni docente alla Scuola di Specializzazione in Psichiatria di Firenze, consente di bloccare gli effetti di oppiacei (eroina, morfina e altre sostanze), favorendo cosi' il mantenimento della non dipendenza in individui disintossicati, cioe' ex-tossicodipendenti. E' anche indicato nel programma di trattamento globale per la dipendenza da alcol per ridurre il rischio di recidive e ridurre il bisogno di assumere alcolici. La dose raccomandata giornaliera e' di 50 mg (1 compressa al di'). Si deve essere certi che il paziente abbia rispettato un periodo di astinenza di 7-10 giorni prima dell'inizio del trattamento.
    La nuova somministrazione, spiega Cioni, e' una sospensione iniettabile a rilascio prolungato che si fa una volta al mese.
    'Cio' facilita ovviamente la compliance (aderenza del paziente alla terapia) in questa tipologia di pazienti in cui la compliance e' per definizione inaffidabile', spiega Cioni.
    La sperimentazione clinica, che ha coinvolto 250 pazienti, dimostra che il naltrexone in questa nuova somministrazione e' efficace nel mantenere l'ex-tossicodipendente lontano dal pericolo di una ricaduta.
    Il farmaco in questa somministrazione, commenta anche Gian Luigi Gessa, neuropsicofarmacologo professore emerito dell'universita' di Cagliari, e' un'ottima cosa in quanto il naltrexone e' sgradito ai pazienti perche' toglie un po' la gioia di vivere (abbatte l'effetto delle endorfine prodotte dall'organismo) e quindi spessissimo i pazienti interrompono la terapia; data solo una volta al mese, e' molto piu' facile seguirla.



    ADUC - Droghe - Notizia - RUSSIA - Nuovo farmaco contro dipendenza eroina ed oppiacei

  3. #23
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    Predefinito Rif: Storie di antiproibizionismo

    ITALIA - Cannabis Terapeutica. Scambio di opinioni tra malato di Sla e Dpa
    Notizia 29 aprile 2011 143

    25 aprile 2011
    A Giovanni Serpelloni
    Capo Dipartimento Politiche Antidroga - Presidenza Consiglio dei Ministri

    Il 29 giugno 2010 una pattuglia di carabinieri perquisiva la mia abitazione, alla ricerca di sostanze stupefacenti, per aver acquistato on-line semi di canapa. Se non hanno trovato piante nè cannabis illegalmente detenuta è solo perchè sono una delle rare persone, l'unico in Puglia per mesi, che è riuscita a superare gli ostacoli e curare legalmente la propria sclerosi multipla con la cannabis medicinale olandese fornitagli dalla Asl. Se invece fossi stato uno dei tantissimi che ancora non c’è riuscito, i carabinieri avrebbero trovato ben altro e certamente la vicenda avrebbe preso tutt'altra piega, come per tutti gli altri pazienti incriminati.
    Il riscontro - popolare, mediatico e perfino politico che questa assurda vicenda creò, mi fece comprendere ancor di più quanto fosse necessario fermare la follia del proibizionismo. La perquisizione mi convinse quanto fosse infame, liberticida e pericolosa la legge Fini-Giovanardi. Iniziai a battermi per difendere la mia incolumità e indirettamente, proteggere gli altri miei simili, che sono nelle mie stesse condizioni.
    Dopo la perquisizione mi contattò telefonicamente Giovanardi per esprimermi la sua solidarietà dimenticando che se avevo ricevuto tutto ciò era proprio grazie alla sua legge. Vorrei avere un confronto (anche televisivo) per smontare tutte le sue tesi (come quelle di matrix) che non corrispondono per nulla alla realtà. Ma si vede che il mio alzarmi dalla SAR potrebbe smontarla.
    Cordiali saluti.
    Andrea Trisciuoglio
    --------------------------------------------------------

    26 aprile 2011
    Egregio sig. Trisciuoglio

    Grazie delle sue riflessioni anche se le ritengo non condivisibili sia nei toni che nei contenuti. La sua malattia, che per questioni professionali conosco bene, può usufruire sicuramente e positivamente di farmaci a base di THC e questo la legge da Lei criticata lo prevede chiaramente. Io sono stato uno degli artefici, assieme al sottosegretario Giovanardi (anche se questo le sembrerà strano), a fare in modo che ciò avvenisse.

    Altro frangente è invece permettere la coltivazione domestica non controllata di una pianta il cui principio attivo è in assoluto il più abusato in italia. La sua condizione sanitaria ha bisogno di farmaci che siano però stati sperimentati e preparati da aziende specializzate che assicurino a lei, come a tutte le persone malate di qualsiasi malattia, che i prodotti che vengono usati siano prima di tutto sicuri, stabili nella composizione ed efficaci. Mi dispiace contraddirla ma il "fai da te" della coltivazione in proprio non può assicurare questo e pertanto è indispensabile assicurare che queste regole vengano sempre rispettate, come faremo per qualsiasi medicinale. Se riflette un momento non troverà nessun altra patologia al mondo che preveda la possibilità in maniera autorizzata di fabbricarsi in casa in maniera artigianale i propri farmaci. Forse troviamo questo approccio nei villaggi dei paesi in via di sviluppo ma non certamente nei paesi industrializzati. E perché questa cosa dovrebbe essere permessa per la Cannabis e non per tutte le altre varie cure che utilizzano farmaci a base vegetale? Mi sembra chiaro che in questa finta battaglia di libertà c'è qualche cosa di poco chiaro.

    Il Dipartimento che dirigo si sta battendo affinchè questi farmaci, già prescrivibili ed utilizzabili in Italia, possano essere resi disponibili da parte delle Regioni (che hanno facoltà di farlo) gratuitamente a tutti coloro che ne hanno realmente bisogno ma altrettanto fortemente ci stiamo battendo perchè questo bisogno non venga strumentalizzato da quelle organizzazioni che invece utilizzano impropriamente questo bisogno medico, per permettere che altre persone, sicuramente non malate, possano produrre a scopi voluttuari e per puro divertimento (oltre che per proprio profitto) piante non controllate, coltivate e utilizzate non per scopi medici , come nel suo caso, ma esclusivamente per ottenere effetti psicoattivi e alterazioni dello stato di coscienza. Tutto ciò esponendo se stessi e terze persone a rischi e danni per la salute che, come Lei è purtroppo sicuramente in grado di comprendere, un Stato non puo accettare avvenga addirittura legittimato da una legge che si renda piu tollerante verso l'uso di droghe a mero scopo di divertimento.
    Pertanto io credo fortemente che le persone come Lei debbano avere a disposizione gratuitamente e tempestivamente tutti i farmaci che necessitano compresi quelli a base di THC, verso cui non c'è alcun pregiudizio, ma altrettanto fermamente credo che chi strumentalizza le sofferenze di persone malate per ottenere sconti dalla giustizia al fine di poter drogarsi piu tranquillamente o coltivare le sue piantine magari per farne anche un ricco mercato, debba essere ostacolato e messo in condizioni di non nuocere a se stesso e agli altri.
    Personalmente mi sto impegnando con il Ministero della Salute per trovare nuove procedure ancora piu agevolate e semplificate per avere questi farmaci. Comunque sappia che sono le Regioni e la ASL che possono, di propria iniziativa, rendere tali farmaci disponibili e gratuiti e questa non è una scelta che dipende dal Ministero ne tantomeno dal nostro Dipartimento.
    Mi dispiace molto di questa sua sofferenza e spero lei possa trarne beneficio da quello che sta facendo.
    Come vede la legge che Lei tanto criticava in realtà è quella che le permette di utilizzare tali farmaci ma, se mi permette un consiglio, non cada nella "trappola antiproibizionista", qui non si tratta di liberalizzare una droga con la scusante dell'uso medico, qui si tratta di due cose ben distinte e che devono essere tenute tali: da una parte di assicurare cure tempestive, efficaci e gratuite alle persone malate che ne hanno veramente bisogno, ma dall'altra di impedire la diffusione e l'aumento di produzione illegale per scopi che non sono medici ma esclusivamente quelli di procurarsi stati alterati di coscienza.
    Credo che ora possa comprendere che strumentalizzare le sofferenze delle persone malate come lei, per ottenere "sconti di giustizia" sia semplicemente disdicevole. Se pensa che le mie parole siano esagerate la prego di dare uno sguardo in internet a tutti quei siti dei negozi che reclamizzano e vendono attrezzature e vari ammennicoli per la coltivazione della cannabis e che tanto si battono per i malati come Lei. Si renderà presto conto che sono tutte offerte ed oggetti indirizzate a persone che certamente non soffrono di sclerosi. Allora sig. Trisciuoglio lei pensa veramente che queste persone e questo organizzazioni si stiano battendo per salute dei nostri malati e per rendere più sicure e facilitate le cure mediche o non le viene il sospetto che si stiano facendo i loro sporchi affari sulla pelle della gente?
    Cordiali saluti.
    Giovanni Serpelloni
    -----------------------------------------------------

    27 Aprile 2011
    Egr. dr. Serpelloni,
    grazie della sollecita e cortese risposta. Tenterò di rispondere alle Sue osservazioni con ordine. Innanzi tutto la mia patologia può usufruire sicuramente e positivamente degli effetti del THC e degli altri 70 cannabinoidi non psicoattivi presenti nella pianta. Il video proiettato a Matrix mostrava una signora su SAR che fumava proprio una sigaretta di cannabis, nonostante il Suo commento a caldo lo escludesse.

    Nel nostro Paese, la legge consentirebbe alle Asl di importare farmaci naturali direttamente dal produttore, ma come Lei ben sa, solo poco più di un centinaio sono i pazienti che sono concretamente riusciti a farlo, in ben 5 anni. Gli ostacoli? la indisponibilità delle direzioni ospedaliere, delle Asl, delle Regioni, del Ministero, dei medici. Tutti si riempiono la bocca della famosa centralità del malato, ma poi quando si tratta di applicare semplicemente la normativa vigente, e di tener conto delle necessità di migliaia di malati, si sceglie di non farlo con mille pretesti. E' vero, io ricevo le infiorescenze medicinali standardizzate dalla mia Asl grazie alla legge nazionale, ma sono una rara mosca bianca, tutti gli altri malati mi chiedono come ho fatto, e di aiutarli per carità.
    La cannabis ha agevolato tanto i sintomi della mia sclerosi multipla ma le garantisco che oltre ad aver fatto sparire neuropatia, spasmi e tanti altri sintomi invalidanti sul fisico, mi ha aiutato tanto anche sull'umore (indispensabile per affrontare meglio anche la malattia) e credo che se l'avessi utilizzata anche prima non sarei neanche finito su SAR e non avrei reagito così tanto negativamente alla diagnosi della malattia. Già conoscevo la cannabis (illegalmente reperita) e i suoi benefici, la cannabis auto-coltivata mi creava addirittura migliori benefici di quella per me importata dall'Olanda. Allora penso che la salute è la mia e la vorrei gestire io senza intrusioni, minacce e ritorsioni da parte dello Stato, e senza vedermi piombare in casa 5 carabinieri all'alba. E garantisco che ci sarebbe un conseguente risparmio da parte della sanità, non le parlo dei costi del proibizionismo e dei suoi tanti "effetti collaterali". Potrebbe non finire più questa e-mail. Vorrei far inoltre presente che mi agevola anche per il banalissimo mal di testa, mentre su molte donne è efficace p.es. per i dolori del ciclo mestruale. Questo intendo come terapeutica. Non si deve arrivare su SAR, o essere un malato terminale, o soffrire di dolori fortissimi e cronici, per affermare il diritto alla salute. Sapendo che conosce bene l'inglese, Le propongo la lettura in lingua originale di questa sentenza sulla incostituzionalità della legge antidroga Canadese, che tuttora ostacola l'accesso alla terapia da parte dei malati. Il Canada prevede ampio accesso dei malati alla cannabis medicinale previa prescrizione medica e registrazione, ed è incomparabilmente più avanti come civiltà giuridica rispetto a quella del nostro Paese, ma un malato rischiava una condanna. (Fonti: Reuters 13 Aprile 2011, Winnipeg Free Press 14 Aprile 2011)

    Non è giustificabile da alcun punto di vista, prevedere il carcere per chi utilizza a proprio beneficio ciò che si coltiva, per di più smettendo di finanziare le mafie. Non c'è niente di poco chiaro, chiediamo semplicemente che, finchè anche ad un solo malato verrà di fatto impedito di fruire legalmente di questa terapia, la coltivazione "fai da te" per uso personale, pur restando una fattispecie di reato, nello specifico caso venga considerata non punibile. E' un principio di umanità, civiltà e buon senso, di poco chiaro ci sono solo gli interessi che stanno dietro la criminalizzazione dei cittadini che decidono di coltivarsi il proprio fabbisogno nonostante la legge favorisca acquisti continui al mercato nero, e punisca severamente chi si produce la medesima quantità. Quegli occulti interessi non tengono in alcun conto, le necessità dei malati.
    Mi scuserà se, da difensore dei diritti civili e seguace della non-violenza, cito il Mahatma Gandhi: "La disobbedienza civile diviene un dovere sacro quando lo stato diviene dispotico o, il che è la stessa cosa, corrotto. E un cittadino che scende a patti con un simile stato è partecipe della sua corruzione e del suo dispotismo."

    Non è chiaro chi potrebbe utilizzare impropriamente il bisogno medico dei malati, per permettere che altre persone, sicuramente non malate, possano produrre a scopi voluttuari e per puro divertimento (oltre che per proprio profitto) piante non controllate. Nè chi possa strumentalizzare le sofferenze di persone malate per ottenere sconti dalla giustizia al fine di poter drogarsi piu tranquillamente o coltivare le sue piantine magari per farne anche un ricco mercato. Chiediamo che non esista più il reato di coltivazione casalinga ad uso terapeutico personale, convinti, come siamo, che se un diritto c'è debba esserci per tutti e non solo per alcuni.
    Io do la stessa risposta di Luca Coscioni a chi, come lei sta facendo con me, lo accusava di essere strumentalizzato: STRUMENTALIZZATECI TUTTI!!! Perchè ne siamo 58.000 in Italia con sclerosi multipla, un nuovo caso ogni 4 ore. Quindi con un po' di "eccessiva modestia" le rispondo "siamo tutti Andrea Trisciuoglio". Avrei desiderato conoscere anche prima i benefici della cannabis. Grazie a questo oscurantismo ascientifico lo si può conoscere solo grazie alle associazioni di medici e pazienti che ci informano.
    Apprezzo che Lei si stia impegnando con il Ministero della Salute per trovare nuove procedure ancora piu agevolate e semplificate per avere questi farmaci, un tavolo tecnico di confronto con le associazioni sarebbe dovuto partire già da anni, le rinnoviamo la disponibilità al confronto anche in questa occasione.

    Andrea Trisciuoglio
    Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica

  4. #24
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    Predefinito Rif: Storie di antiproibizionismo

    ITALIA - Dipendenze e consumi. Le conclusioni del convegno del Gruppo Abele
    Notizia 29 aprile 2011 156

    Sovraffollamento carcerario, narcotraffico, prevenzione, trattamenti e riduzione del danno: dalla due giorni nazionale del Gruppo Abele su dipendenze e consumi arrivano forti denunce, ma anche proposte. Un doppio binario sul quale si sono mossi i lavori di oggi, che produrranno un documento finale relativo ad ogni tema affrontato dai 30 relatori e dai lavori che hanno coinvolto gli oltre 500 partecipanti. Leopoldo Grosso, vicepresidente del Gruppo Abele, anticipa i contenuti del documento.
    Seguiranno le dichiarazioni conclusive di don Luigi Ciotti, presidente del Gruppo Abele.
    Carcere
    Sono i numeri, più di tutti, a parlare chiaro: negli istituti penitenziari italiani ci sono 67.600 detenuti per 45.320 posti. Nelle carceri europee l’indice di sovraffollamento è pari al 99%, mentre in Italia è del 149%. Non solo: mentre nell’Ue la custodia cautelare tocca il 28,8% dei detenuti, nel nostro Paese si arriva al 41,7%. Con un aumento dei procedimenti pendenti pari al 28,8% e un vero e proprio crollo degli affidamenti terapeutici. “Chi oggi parla di detenzione sociale - spiega il vicepresidente del Gruppo Abele - non può purtroppo essere smentito”.
    Ma come è possibile oggi evitare l’ingresso in carcere? “Servono anzitutto modifiche legislative - chiarisce Grosso - la Fini Giovanardi e l’ex Cirielli vanno riviste e cambiate. Ma serve anche una più completa applicazione dell’articolo 89 che consente di evitare la custodia ad una persona tossicodipendente sottoposta a processo per direttissima che abbia intenzione di sottoporsi a terapia. Una possibilità molto importante soprattutto per i giovani. I servizi, però, devono essere messi nella condizione di fare il loro lavoro in questo senso: supportare e seguire queste persone diventa indispensabile”.
    La scarsità di risorse sta togliendo spazio anche alle misure alternative: “Sono sottoutilizzate - denuncia Grosso - i Sert non hanno più soldi, gli operatori non riescono a garantire continuità ai progetti”. E poi ci sono le persone straniere, per le quali molti giuristi parlano di “doppio ordinamento giudiziario: non hanno permessi premio né misure alternative. Per loro, il carcere, è più duro che per gli altri”.
    Dal 2007 al 2010 in tutti gli istituti penitenziari del nostro Paese si registra un peggioramento drastico della qualità vita, complice la riduzione della spesa media annua. “Siamo passati – denuncia il Gruppo Abele - dai 13.170 euro pro capite spesi nel 2007 ai 6257 euro nel 2010. La spesa è stata dimezzata, e questa riduzione ha effetti importanti e drammatici sulla qualità della vita nelle carceri. La condanna detentiva non priva il detenuto del diritto alla salute e cura: si tratta di una pena aggiuntiva arbitraria”. Oggi per ogni educatore ci sono 250 detenuti e solo il 25% delle persone in carcere ha accesso al lavoro, per qualche ora e a rotazione. “Esiste anche – chiude Grosso – un problema di rapporto tra “dentro e fuori”: il detenuto che esce spesso non ha residenza né diritti . C’è un reale, forte problema sanitario dell’uscita dal carcere di cui dobbiamo tener conto e su cui occorre lavorare”.
    Narcotraffico
    Il narcotraffico è l’affare illegale più redditizio al mondo e una delle voci più rilevanti dell’economia globale. Nel mondo vi sono interi Paesi strangolati dalle “narcocrazie”: in Messico, dal 2006, sono stati registrati 34mila omicidi, 15.273 vittime solo nell’ultimo anno, un morto ogni 34 minuti.
    “In Russia - denuncia il Gruppo Abele - muoiono per droga 30mila persone all’anno, e in tutta Europa sono 10mila. Anche per questo oggi la lotta non può concentrarsi solo sui sequestri ma dev’essere lotta al riciclaggio: nessuno, oggi, traccia i soldi. Servono norme contro l’autoriciclaggio, ossia il reato di chi in Italia investe e reinveste i profitti derivanti da un atto illecito. Occorre andare nella direzione del superamento del segreto bancario, ratificare la convenzione di Strasburgo, estendere a livello europeo il riutilizzo sociale dei beni confiscati e uniformare i controlli doganali.
    Prevenzione
    Al di là delle prove di efficacia dei diversi interventi preventivi, su cui il dibattito è aperto e più che mai vivo, la due giorni di studio del Gruppo Abele ha evidenziato due problemi di base: il primo è quello relativo agli investimenti. “In Olanda - denuncia il vicepresidente dell’associazione - alla prevenzione è riservato l’ 1% degli investimenti, in Svezia il 3%, mentre per l’Italia i dati non sono stati resi noti. Oltre alla scarsità dei fondi, esiste anche un problema di continuità dei progetti: la prevenzione è efficace soltanto se è continua e durevole. Degli scarsissimi fondi usati oggi per la prevenzione, poi, si fa un uso inefficace, a forte rischio di effetto boomerang: basta vedere le ultime campagne in onda oggi sui network nazionali”.
    La due giorni di studi, nel suo documento finale, ribadisce la necessità di una pluralità delle prevenzioni. “Informazione ed educazione - chiarisce Leopoldo Grosso - sono assi portanti, insieme alla cultura della comunità locale. La prevenzione è sfida di vicinanza, e soprattutto offerta di opportunità”.
    Trattamenti
    Il convegno del Gruppo Abele ha espresso forte orgoglio per quello che i servizi in tema di trattamenti hanno saputo costruire in 35 anni di storia. “Quello dei trattamenti – chiarisce Grosso – è il più ricco, ma anche il meno integrato dei servizi. Una sorta di bellissimo impianto idraulico con tanta dispersione. Siamo certamente orgogliosi per la tenuta dei nostri servizi, ma sappiamo che questa tenuta non si è tradotta nella rappresentazione sociale che ad esempio troviamo in Olanda”. Il sistema si è molto trasformato ma oggi – denuncia il Gruppo Abele - è in fase di crisi per i tagli pesanti che delegittimano i servizi. “Sui territori si taglia come prima cosa proprio sui servizi di frontiera. I nuovi operatori, poi, sono precari e spesso con ritardi fortissimi sugli stipendi. Insomma non sono messi nelle condizioni di appassionarsi”.
    Ribadita anche la necessità del protagonismo degli operatori, pur tra le difficoltà legate ai tagli. “Ciò non vuol dire - chiarisce Grosso - cancellare i vincoli giuridici, ma chiarire bene la distinzione dei ruoli di ciascuno”.
    Riduzione del danno
    La riduzione del danno non è mai stata accettata come “quarto pilastro” per la lotta alle dipendenze. “Storicamente scontiamo una difficoltà di rapporti tra cura e riduzione; mai siamo riusciti a creare una sinergia costruttiva, come tutta l’esperienza di questi anni dimostra. Vogliamo ribadire l’idea di una riduzione del danno come bene comune – ha detto Grosso - che fa gli interessi di tutti ed è utile a tutti. Occorre far partire davvero una rete di riduzione del danno che diventi centro di riferimento culturale di elaborazione e proposizione”.
    È anche sulla necessità di un riequilibro dei costi economici che si è concentrata l’attenzione dei lavori: se in Olanda per i trattamenti vengono investite il 13% delle risorse per la lotta alle tossicodipendenze e in Svezia il 15%, per la riduzione del danno scendiamo rispettivamente al 9% e al 3%. “Per la repressione, invece – denuncia il Gruppo Abele - si concentrano il 76% degli investimenti”.
    Quanto alla riduzione del danno sociale, si è tornato a parlare della proposta di concessione di residenza, anche solo nominale, per i senza dimora: “La concessione della residenza - chiarisce Grosso - segna un bivio importante tra inclusione ed esclusione. Siamo contrari alle liste dei “senza dimora” , che segnalano il forte emergere di percorsi di non inclusione”.

    E se nel 2009, a Vienna, l’Onu ha ammesso “insoddisfazione per i risultati raggiunti dalla cosiddetta lotta alla droga”, è proprio da qui che il Gruppo Abele intende ripartire. “Occorre riequilibrare gli investimenti e pensare a nuove modalità per la lotta alle dipendenze - ha chiuso Grosso - aprire una fase post proibizionista è una sfida possibile”.

    Intervento conclusivo di Luigi Ciotti al convegno “Dipendenze e consumi. A 35 anni dall legge 685”
    «Dobbiamo tornare a farci sentire». Questo l’appello di Luigi Ciotti agli oltre 400 operatori sociali presenti al convegno nazionale sulle dipendenze che si è concluso oggi alla Fabbrica delle “e”, la sede del Gruppo Abele a Torino. «Dobbiamo farci sentire e farci capire anche fuori dai nostri contesti, usare linguaggi accessibili ai “non addetti ai lavori”, come non sempre siamo stati capaci di fare in passato». Un’esigenza di comunicare tanto più forte perché, accanto alle forme “tradizionali” di dipendenza, la società fa oggi i conti con altre e più pericolose “droghe”: «La droga di una politica troppo spesso ostaggio dei privilegi dei singoli o di casta. La droga di un’economia che mortifica e spolpa i servizi sociali. La droga di un’informazione che, senza voler generalizzare, in molti casi non informa ma deforma, distrae, nasconde.» E ancora «La droga del lavoro senza sicurezza e diritti. La droga di una cultura che riduce tutto al metro del successo, della ricchezza e dei soldi. La droga della disuguaglianza accettata come una fatalità. La droga delle illusioni vendute come speranze.» Ma soprattutto, sottolinea don Ciotti, quella droga che ci impedisce di ribellarci e combattere tutte le altre: «la droga dell’indifferenza, dell’assuefazione, della rassegnazione».

    Contro queste “nuove droghe”, e contro «la trasformazione delle questioni sociali in problemi penali, in temi di ordine pubblico», don Luigi chiama gli operatori dei servizi sociali – «pubblici e privati, senza differenze, perché tutti noi svolgiamo un servizio pubblico» – a scendere di nuovo nelle piazze e nelle strade, «che sono sempre state per noi il luogo di incontro con i bisogni e le fragilità delle persone, ma anche la nostra università, il nostro primo luogo di formazione». In quelle strade infatti «c’è una grande voglia di cambiamento, una grande rabbia positiva e propositiva che chiede solo di essere raccolta, di trovare progetto e parole credibili». «Oggi siamo qui – conclude allora don Ciotti richiamando la mobilitazione del Gruppo Abele che stimolò la nascita delle legge 685 – per ricordare e ricordarci, a 35 anni di distanza da quel digiuno, che la nostra fame di giustizia sociale, di dignità, di verità è ancora in gran parte da saziare».



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  5. #25
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    Predefinito Rif: Storie di antiproibizionismo

    Scienza e droga, le forzature medico patologiche

    L'articolo di Giorgio Bignami per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 27 aprile 2011. La ricerca su cannabis e schizofrenia del BMJ.
    Fonte: Il Manifesto, di Giorgio Bignami 27/04/2011

    Proviamo a tastare il polso della più recente letteratura scientifica pertinente ai problemi della droga, sia nel campo della neurobiologia biochimica che in quello epidemiologico. Indubbiamente la qualità di molti lavori è buona o addirittura eccellente: ma ci si chiede perchè non di rado gli autori - e più spesso i commentatori - si appiglino a questo o quel dato decontestualizzandolo, promuovendo nel meno peggiore dei casi una visione medico-patologica del fenomeno droga, ammucchiando in un unico calderone le varie tipologie di consumo più o meno problematiche. Prendiamo allora due esempi.

    Il gruppo canadese di Steven Laviolette pubblica da qualche anno su importanti riviste ottimi lavori che riguardano il ruolo della trasmissione cannabinergica - cioè i fenomeni innescati dall'attivazione o dal blocco dei recettori cerebrali dei cannabinoidi - nella elaborazione delle memorie associative rilevanti per le esperienze affettive, in particolare di quelle delle esperienze che suscitano paura. (L'ultimo lavoro, dal quale si risale anche ai precedenti: Huibing Tan et al, The Journal of Neuroscience, 6/4/2011, vol. 31, pp. 5300-5312). Perchè gli autori estrapolano strizzando l'occhio alla letteratura clinica ed epidemiologica che sostiene un ruolo determinante dei cannabinoidi "nei disturbi psicopatologici come la schizofrenia, che sono caratterizzati da profondi disturbi nelle regolazioni emozionali", dato che da tempo immemorabile tale tipo di estrapolazioni sono state fatte a pezzi dagli esperti più qualificati? Si tratta di una inconsapevole introiezione di messaggi ideologico-politico demonizzanti, o di trucchetti per "vendere" meglio i propri prodotti peraltro eccellenti, o di altro ancora? Ai posteri.... ; ma regolarmente c'è subito chi scende in picchiata per amplificare la forzatura, come per esempio nel lancio di un importante sito delle università canadesi.

    Andiamo all’altro polo, cioè ai lavori epidemiologici già spesso commentati in questa rubrica, secondo i quali l'uso anche moderato di cannabis durante l'adolescenza accrescerebbe il rischio di gravi disturbi mentali, in particolare quello di schizofrenia. (L'ultimo: R. Kuepper et al., Britsh Medical Journal, 2011;342 :d738 - doi: 10 :1136). In primo luogo va notato che anche gli studi meglio controllati - cioè prospettici di lunga durata, di coorte con numerosissimi soggetti, con particolare attenzione per il possibile ruolo di fattori confondenti - sono sempre studi osservazionali da prendere con le molle. Ne testimonia per esempio il caso tristemente famoso e alquanto imbarazzante degli studi osservazionali che mostravano "inoppugnabilmente" i benefici degli estrogeni in menopausa, ma i cui risultati furono non solo smentiti, ma addirittura ribaltati quando finalmente si condussero vere e proprie sperimentazioni cliniche (con gruppo di controllo, randomizzate, in “doppio cieco”). In secondo luogo, non si può non tener conto della entità dell'aumento di rischio: cioè se è di parecchie volte, è meno probabile che venga smentito dagli studi sperimentali (che per ovvii motivi di etica medica non si possono fare nel caso di droghe); ma se è più limitato, invece, resta a forte rischio di smentita. Nel caso del rapporto cannabis-psicosi, gli studi osservazionali meglio controllati danno in media un aumento di rischio intorno a 1,4, mentre secondo il rapporto della fondazione Beckley (Cannabis Policy, Moving beyond stalemate, da poco pubblicato dalla Oxford University Press), nessuno studio ha potuto tener conto di tutti i possibili fattori di confondimento. L'ultimo, del British Medical Journal, conclude per aumenti di rischio di 1,9 e di 2,2 rispettivamente per l'insorgenza e la persistenza di sintomi psicotici dopo uso di cannabis, ma con limiti fiduciali inferiori - cioè quelli ai quali il valore può scendere tenendo conto della probabilità statistica - rispettivamente di 1,1 e 1,2: cioè un super-piuma rispetto al non-rischio, che facilmente volerebbe via (o addirittura potrebbe rovesciarsi) se si dovesse tener conto di qualche fattore di confondimento non identificato, o se fosse lecito ed eticamente accettabile procedere a veri e propri studi sperimentali come nelle prove sui nuovi farmaci.

    La morale di questa brutta favola la possono agevolmente trarre i lettori.



    Scienza e droga, le forzature medico patologiche - fuoriluogo.it
    Ultima modifica di motorino radicale; 02-01-12 alle 16:16

  6. #26
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    Predefinito Rif: Storie di antiproibizionismo

    Il «rave» come capro espiatorio

    Stefano Bertoletti commenta per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 4 maggio 2011 la vicenda dell'aggressione ai carabinieri a Grosseto.
    Fonte: Il Manifesto, di Stefano Bertoletti 04/05/2011

    Due carabinieri sono stati massacrati a bastonate per un ritiro di patente che stavano effettuando dopo l’alcoltest: l’aggressione barbara avvenuta a Manciano, vicino a Grosseto, da parte di quattro ragazzi (tre minorenni) ad un posto di blocco colpisce per il grado di violenza e per la dimensione di rabbia folle che rivela. E’ però sbagliata l’associazione fatta dai media (e da politici importanti come il presidente della Regione Toscana) con la presenza di un rave party nella zona, come se questo fosse il vero responsabile dell’episodio. Ero presente a quel rave come operatore del Progetto Extreme, che, insieme ad altri servizi di riduzione dei rischi sul territorio nazionale, riesce ancora a raggiungere questo tipo di eventi divenuti sempre più rari e nascosti: il “Pasquatek”, un technival storico quest’anno alla sua prima edizione in Toscana, è iniziato sotto la pioggia nella serata del 23 Aprile per durare fino al 25 in un’area privata concessa agli organizzatori, una radura piuttosto ampia circondata da boschi. Partecipavano 500 persone, progressivamente in aumento: una situazione complessivamente tranquilla e gestibile, con una presenza di forze dell’ordine efficiente ma discreta e non scoraggiante per chi voleva vivere l’evento. Quanto all’aggressione ai carabinieri, si è scoperto che i ragazzi autori del fatto erano sì diretti al rave provenienti da una discoteca fiorentina, ma non l’hanno mai raggiunto. Un aspetto che non cambia assolutamente la gravità dell’episodio, ma rende insensata la rappresentazione fornita da tutti giornali: il rave è stato messo sul banco degli accusati, indicato come l’origine dell’episodio criminale.
    Non vi è invece relazione tra l’aggressione e il rave e, su un piano più generale, ci appare semplicistico e rischioso considerare i rave, insieme ad altri ambienti del divertimento, come un problema da risolvere, banalmente, proibendo. Il che non toglie che si debba riflettere seriamente sulla crescita degli episodi di violenza negli ultimi anni sia negli ambienti del divertimento che in altri ambienti pubblici, piazze, stadi: sembra diffondersi (anche) tra gli adolescenti un sentimento di rabbia che spesso sfocia in violenze a volte dure e imprevedibili, insieme a una incapacità di riconoscere limiti, leggi o di rispettare coloro che li devono tutelare. Senza affrontare questi temi non è possibile garantire seriamente sicurezza ai cittadini e alle forze dell’ordine quotidianamente impegnate in strada.
    Anche per i rave e le feste autorganizzate qualcosa si può fare. La maggioranza sia degli organizzatori di eventi che dei frequentatori è disponibile –penso- a collaborare per modificare gli aspetti maggiormente rischiosi che possono compromettere l’andamento delle attività e della vita quotidiana. Per questo pare una buona idea quella suggerita dal Presidente della Regione Toscana, di varare leggi regionali che possano regolare in modo più preciso eventi e manifestazioni come i rave party: a patto che questo significhi pensare a come rendere accessibili spazi pubblici o privati per svolgere questo tipo di manifestazioni rispettando regole precise riguardo alla gestione dello spazio con i servizi necessari per la loro sicurezza. Attualmente questo non accade, perché le leggi vigenti e le attuali politiche di divieto rendono praticamente impossibili i rave: tanto da aver creato la progressiva fuga nel “sommerso”degli eventi, che avvengono ormai in situazioni di totale occultamento e in assenza di ogni criterio di sicurezza. In altri casi, come a Manciano, i rave si tengono in spazi privati presi in affitto, al pari di altri eventi che però non subiscono gli stessi processi di stigmatizzazione. Seguendo questa strada, le Regioni interessate potrebbero, come si è detto, avere la sorpresa di trovare una disponibilità anche da parte di chi organizza questo tipo di eventi e la comprensione da parte di coloro che li frequentano, non più costretti a nascondersi. Sarebbero ben disponibili anche gli operatori dei servizi di riduzione dei rischi, che ormai da più di un decennio lavorano concretamente per garantire la salute pubblica. Anche in quei contesti del divertimento dove a qualcuno sembra inutile intervenire, preferendo la (assai pericolosa) scorciatoia della proibizione.

  7. #27
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    Predefinito Rif: Storie di antiproibizionismo

    ITALIA - Proibire coltivazione tabacco e vite? Radicali versus Dpa
    Notizia 3 maggio 2011 118

    Claudia Sterzi, segretaria della Associazione Radicale Antiproibizionisti, ha inviato una richiesta urgente al Dipartimento Politiche Antidroga, che riportiamo di seguito:

    All’attenzione dell’ Onorevole Sottosegretario Carlo Giovanardi e del Dottor Giovanni Serpelloni
    Gentili signori,
    considerato che:
    -la tossicodipendenza da alcol, detta anche alcolismo, uccide 20.000 persone ogni anno, in media, in Italia (dati dell’ aprile 2011, Osservatorio Nazionale Alcol - CNESPS dell’Istituto Superiore di Sanità con la collaborazione di SIA, AICAT ed Eurocare e con il supporto del Ministero della Salute);
    - la tossicodipendenza da tabacco, detta anche tabagismo o nicotinomania, uccide tra le 70.000 e le 83.000 persone ogni anno, in media, in Italia (dati del Ministero della Salute, Italia);
    - la tossicodipendenza da canapa, detta anche cannabismo, oltre a essere controversa nella sua stessa esistenza, non ha mai ucciso nessuno.
    Inoltre, considerato che:
    - “In Italia il 30% dei decessi per incidenti stradali e il 50% degli incidenti non mortali, secondo i dati della Commissione Europea e le elaborazioni dell'Istituto Superiore di Sanita', hanno una correlazione con l'uso di alcol. Inoltre: piu' di 1 incidente su 4 in Europa e' causato dall'uso di alcol alla guida (circa 10.000 ogni anno). Oltre 1 decesso su 4 in Europa registrato tra i ragazzi e 1 su 10 tra le ragazze e' causato dall'alcol.L'alcol rappresenta la prima causa di morte tra i giovani di eta' compresa tra i 15 e i 29 anni”;
    - tale correlazione non è dimostrabile per quanto riguarda i cannabinoidi, dato che i test rilevano un uso antecedente al controllo, di più giorni e settimane;

    si invita il Dipartimento Politiche Antidroga, che tanto ha a cuore la salute dei ragazzi e la sicurezza stradale, e tanto fa per impedire che “persone, sicuramente non malate, possano produrre a scopi voluttuari e per puro divertimento (oltre che per proprio profitto) piante non controllate, coltivate e utilizzate non per scopi medici “ (risposta del dottor Giovanni Serpelloni ad Andrea Trisciuoglio), a considerare seriamente la proibizione assoluta della coltivazione di vite (e di ogni altra pianta dalla quale sia possibile ottenere l’etanolo, come orzo, grano, patate ecc.) e tabacco, così come avviene per la canapa. Grazie per l’attenzione.

  8. #28
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    Predefinito Rif: Storie di antiproibizionismo

    ITALIA - Candidati Pdl consiglio comunale Campania arrestati per droga e armi illegali Notizia 3 maggio 2011 19:07

    E' bufera politica a Napoli dopo gli arresti di due candidati del Pdl al Consiglio comunale di Quarto: Salvatore Camerlingo, cugino del boss Salvatore Licciardi, accusato di spaccio di droga e detenzione illegale di armi, e Armando Chiaro, accusato di essersi intestato beni del clan Polverino facendo da prestanome.
    A poco meno di due settimane dalle elezioni amministrative, l'arresto dei due candidati del centrodestra, sospesi dal partito subito dopo l'esecuzione delle misure cautelari, riapre il dibattito sulla 'questione morale' e sull'assenza di regole, nell'attuale legge elettorale, che impediscano a persone su cui gravano precedenti di polizia di candidarsi.
    Se il coordinatore provinciale di Napoli del partito, Luigi Cesaro, annuncia che nelle prossime ore saranno convocati i candidati sindaco di Napoli e provincia "per confrontarsi e mettere in atto controlli ancora piu' serrati su tutti i candidati", l'arresto di due esponenti politici viene giudicata dal procuratore di Napoli, Giovandomenico Lepore, "un fatto preoccupante".
    In particolare Lepore, che ha coordinato l'operazione, sottolinea che "c'e' responsabilita' di chi compila le liste e conosce i candidati e i loro eventuali legami. Noi non possiamo intervenire perche' la legge elettorale permette le candidature di persone con precedenti di polizia, a meno che non siano accusate di particolari reati. Nella legge elettorale c'e' dunque qualche cosa che non va: bisognerebbe modificarla. La questione e' morale, ripeto: chi compila le liste dovrebbe essere piu' attento e rigoroso".
    Dal canto suo, il coordinatore provinciale del Pdl precisa: "Abbiamo chiesto a tutti i candidati le autocertificazioni, non potevamo controllare per ognuno di loro. E poi alcuni problemi della giustizia non vengono fuori neanche dal certificato del casellario giudiziario. Ci siamo fidati delle autocertificazioni".
    Intanto il senatore Carlo Sarro, componente della Commissione parlamentare Antimafia, e' stato nominato garante per la Legalita' per il Pdl di Quarto: "A lui - aggiungono Cesaro e il vice vicario Enzo Nespoli - spettera' il compito di supervisionare lo svolgimento della campagna elettorale, assicurando che il Pdl sia al riparo da ogni contaminazione con la malavita. Nel seguire con la massima attenzione gli sviluppi giudiziari in atto a Quarto, intendiamo, con la nomina di Carlo Sarro, assicurare una risposta immediata del partito ad ogni rischio di infiltrazione".
    Dura la reazione del Pd, che attraverso il commissario cittadino e responsabile Giustizia del partito, Andrea Orlando, definisce gli arresti dei due esponenti del centrodestra come "l'ulteriore conferma della pervasivita' della camorra nella politica napoletana e, in particolare, nell'area del centrodestra".
    "Con il responsabile nazionale della Sicurezza Emanuele Fiano, ho chiesto al ministro dell'Interno Maroni di essere ricevuto al piu' presto - aggiunge Orlando - affinche' sia garantita la massima attenzione degli organi di pubblica sicurezza sul proseguo della competizione elettorale".
    Per il segretario regionale Pd Campania Enzo Amendola, "i legami e la connivenza tra il centrodestra e la camorra diventano ogni giorno piu' inquietanti e sono il frutto del sistema di potere guidato da Nicola Cosentino da cui Gianni Lettieri non puo' chiamarsi fuori: siamo stanchi delle scuse del giorno dopo".
    Sulla vicenda e' intervenuto anche il vicepresidente di Fli Italo Bocchino, che ha sottolineato come "i fatti di Quarto, dove due candidati del Pdl sono stati arrestati perche' esponenti del clan dei Polverino, dimostrano che la legalita' non e' al primo posto nella scala dei valori dei partiti italiani. E' questo uno dei motivi -aggiunge- per cui abbiamo deciso di costituire Futuro e liberta' che ha fatto della legalita' uno dei suoi principi fondanti'.
    Per il coordinatore regionale e il presidente regionale di Sel Campania, Arturo Scotto e Dino Di Palma, "e' chiaro che il Pdl in Campania somiglia sempre di piu' alla Dc di Vito Ciancimino nella Palermo degli anni Settanta: armi, droga, appalti. Due candidati arrestati a Quarto nell'ambito della retata al clan Polverino, di cui uno addirittura coordinatore cittadino del partito di Berlusconi, sono la conferma evidente di quanto da tempo andiamo denunciando".
    "La politica deve farsi carico ed essere responsabile della questione morale e contrastare ogni presenza nelle liste elettorali di persone che possano avere collegamenti con la criminalita'" secondo il dirigente nazionale di Forza del Sud, Salvatore Ronghi.

  9. #29
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    Predefinito Rif: Storie di antiproibizionismo

    ITALIA - Cannabis Terapeutica. Dpa contro autocoltivazione Notizia 5 maggio 2011 20:10

    Il reato di coltivazione di sostanze stupefacenti, 'sulla base del quale, nel 2005 e' stato condannato il signor F.P., non e' stato affatto introdotto dalle legge di riforma del Testo unico in materia di sostanze stupefacenti che porta il nome di Fini e dell'allora ministro Giovanardi ma era gia' previsto nella formulazione previgente dell'art. 73, come modificato dalla legge26 giugno 1990 n. 162 (cosiddetta Iervolino-Vassalli)'. E' quanto si legge in una nota del Dipartimento Politiche Antidroga, che interviene sulla condanna della Corte di Appello di F. P. per la coltivazione sul balcone di casa di 8 piante di canapa nel 2005, con la giustificazione di utilizzare tale droga per curare una sindrome fibromialgica.
    'Peraltro -spiega la nota- successivamente al 2006, con due chiarissime pronunce, a sezioni Unite (Sentenze delle Sezioni unite penali, 24 aprile 2008, n. 8 'Di Salvia' e n. 10 'Vallett'a), la Suprema Corte di Cassazione (e non il legislatore) ha ribadito la illiceita' penale della condotta di coltivazione, prescindendo dal numero di piante messe a dimora, dalle modalita' di coltivazione e dalla destinazione all'uso personale del 'raccolto''.
    'Si condivide comunque pienamente -si legga ancora nella nota del Dap- quanto riferito dal pm Marika Ponziani nell'udienza dello scorso 24 febbraio che si e' svolta presso il Tribunale di Chieti: "il contenuto di principio attivo nelle piante sequestrate sul balcone di F.P. certamente superava le sue necessita' mediche ed il limite previsto dalle tabelle, non lo autorizzavano comunque a violare la legge. Le condizioni di salute di P. non rendono lecita la detenzione della cannabis, tanto piu' che il reato di coltivazione, confermato dalla Cassazione -Sezioni Unite - e' previsto anche per una singola pianta".
    'Il Dipartimento -si legge ancora nella nota- chiarisce che e' pienamente convinto che sia necessario poter mettere a disposizione dei malati i farmaci a base di THC solo pero' per le indicazioni mediche previste ed approvate e come farmaci di seconda scelta rispetto ad altri presidi farmacologici che si sono dimostrati piu' attivi e comunque sempre ed esclusivamente su prescrizione medica. Il Dpa e' anche d'accordo e sta operando in tale senso in collaborazione con il ministero della Salute, affinche' vi siano procedure piu' snelle e che le regioni possano concedere tali terapie, se necessarie, gratuitamente ai pazienti'.
    'E' comunque totalmente da escludere -rimarca il Dpa- per ragioni di sicurezza e di qualita' e stabilita' dei farmaci (legata all'obbligo di assicurare ai malati prodotti realizzati con tecniche e modalita' di controllo sulla base di standard famacologici internazionali), la possibilita' di introdurre la coltivazione domestica, lasciando quindi all'auto-cura e al 'fai da te' sia la produzione dei principi attivi che il trattamento di patologie gravemente invalidanti e particolarmente serie'.
    'Proporre l'introduzione di queste coltivazioni non controllate -sottolinea ancora il Dipartimento- e l'auto-somministrazione fuori dal controllo medico di piante con principi attivi in grado di produrre, oltre che supposti benefici per i pazienti malati, comunque importanti effetti collaterali e fenomeni di abuso, e' proporre di tornare al Medioevo e lasciare spazio a strumentalizzazioni demagogiche sulla malattia delle persone nel tentativo di far passare una inaccettabile liberalizzazione della cannabis per usi voluttuari'.
    'Il Dpa -conclude la nota- pertanto rigetta totalmente l'accusa di "accanimento contro i pazienti" che vengono usati in questo caso come scudi umani, per giustificare la politica antiproibizionista che arriva addirittura ad apostrofare come "assassino" o "nazista" chi in realta' sta combattendo giornalmente contro la diffusione delle droghe e per la difesa dei diritti dei malati compresi i tossicodipendenti'.

  10. #30
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    Citazione Originariamente Scritto da motorino radicale Visualizza Messaggio
    RUSSIA - Nuovo farmaco contro dipendenza eroina ed oppiacei
    Notizia 28 aprile 2011 1:14

    Una sola iniezione al mese per rimanere 'lontani' dall'eroina e altri oppiacei: e' la nuova formulazione del farmaco anti-dipendenza naltrexone testata con successo su pazienti. La dose mensile e' piu' semplice e quindi permette al paziente di aderire alla terapia molto piu' facilmente che non la somministrazione classica giornaliera.
    La sperimentazione clinica di fase tre, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Lancet, e' stata condotta da Evgeny Krupitsky, Professore di Psichiatria alla universita' di San Pietroburgo.
    Il naltrexone, spiega lo psichiatra Paolo Cioni docente alla Scuola di Specializzazione in Psichiatria di Firenze, consente di bloccare gli effetti di oppiacei (eroina, morfina e altre sostanze), favorendo cosi' il mantenimento della non dipendenza in individui disintossicati, cioe' ex-tossicodipendenti. E' anche indicato nel programma di trattamento globale per la dipendenza da alcol per ridurre il rischio di recidive e ridurre il bisogno di assumere alcolici. La dose raccomandata giornaliera e' di 50 mg (1 compressa al di'). Si deve essere certi che il paziente abbia rispettato un periodo di astinenza di 7-10 giorni prima dell'inizio del trattamento.
    La nuova somministrazione, spiega Cioni, e' una sospensione iniettabile a rilascio prolungato che si fa una volta al mese.
    'Cio' facilita ovviamente la compliance (aderenza del paziente alla terapia) in questa tipologia di pazienti in cui la compliance e' per definizione inaffidabile', spiega Cioni.
    La sperimentazione clinica, che ha coinvolto 250 pazienti, dimostra che il naltrexone in questa nuova somministrazione e' efficace nel mantenere l'ex-tossicodipendente lontano dal pericolo di una ricaduta.
    Il farmaco in questa somministrazione, commenta anche Gian Luigi Gessa, neuropsicofarmacologo professore emerito dell'universita' di Cagliari, e' un'ottima cosa in quanto il naltrexone e' sgradito ai pazienti perche' toglie un po' la gioia di vivere (abbatte l'effetto delle endorfine prodotte dall'organismo) e quindi spessissimo i pazienti interrompono la terapia; data solo una volta al mese, e' molto piu' facile seguirla.



    ADUC - Droghe - Notizia - RUSSIA - Nuovo farmaco contro dipendenza eroina ed oppiacei
    Smettere di farsi le pere è proibizionismo?
    Preferisco di no.

 

 
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