Moschea e Minareto a Milano: il sì di Angelo Scola
Don Abbondio Scola, cardinale di Milano, già distintosi per aver pensato più a fare gli "auguri per il Ramadan" che ad estendere il Summorum Pontificum alla diocesi ambrosiana, arretra nuovamente di fronte all'islam:
Il minareto? Io non farei grandi problemi su questo, basta che non lo facciano in piazza del Duomo.
Un virile silenzio no, eh?
E pensare che la CEI un anno fa gli aveva mandato le felicitazioni per l'elezione a Papa...
Prende dunque sempre più consistenza il nuovo corso post-conciliare rinunciatario e calabraghe, che dimostra la ingravescente inconsistenza da parte delle più autorevoli gerarchie ecclesiastiche della vis identitaria nella confessione della nostra Fede.
Chiesa e post concilio: Moschea e Minareto a Milano: il sì di Angelo Scola
Ci può essere un “papa buono” alla volta. Tutto il resto è noia
Di Antonio Margheriti Mastino
Solo ieri facevo la summa delle riduzioni giornalistiche sui tg circa le canonizzazioni di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Seguo la ricostruzione delle ragioni delle canonizzazioni di oggi per bocca di quell’arrogante ideologo furioso di Marco Roncalli, nipote del santo e storico di una chiesa che vive solo nella sua immaginazione, e malgrado ciò invitato in via ufficiale dal Vaticano ad esprimersi. Secondo i paradigmi del solo “dogma” rimasto in piedi da qualche tempo, il Super-Dogma del Concilio, evento santificante di massa per il solo fatto di esserci stato.
Stando a costui e ai tg:
Giovanni diventa santo perché aprì il Concilio;
Giovanni Paolo II perché vi partecipò;
Paolo potrebbe esserlo perché lo concluse;
Francesco, un domani, perché lo ha portato alle estreme conseguenze.
Benedetto manca all’appello: cercò di renderlo cattolico. Un’eresia.
Dio ci salvi dai nipoti dei santi!
Poi è arrivata questa domenica. Ho visto qualche spezzone nei tg.
Ho avuto l’impressione che può sopravvivere solo un “papa buono” per volta. Che a nessuno ricordava né interessava davvero niente di ciò che era stato, salvo la solita melassa di parata, la fuffa sentimentalistica su papa Giovanni origliata qua e là; che questa mattina fosse un tantino forzato per non dire in certa misura artificiale persino l’entusiasmo su Giovanni Paolo (esclusi i polacchi, per ovvie ragioni), era qualcosa che percepivi con un certo imbarazzo: il suo “mito”, l’icona mediatica è sempre icona di cartapesta, ed è, indubitabilmente, in fase calante e già pronta per essere sacrificata alla mitologia del nuovo “papa buono” vivente, il vero protagonista di questa giornata: Francesco.
Nessuno ricorda più niente né gli interessa. Sento una fedele, emblematica: «Non s’è mai visto un papa che va dalla gente, che tocca i malati, vuole bene ai poveri… come papa Francesco». Hanno dimenticato completamente tutto degli altri, anche dei canonizzati odierni, tutte quelle cose per le quali venivano celebrati e che oggi si riconoscono, vero o falso che sia, a Francesco. Dimenticano persino che il culto del “papa buono” nacque da una visita di Giovanni ai bambini dell’ospedale Bambin Gesù come primo atto dopo la sua elezione.
Anche mia madre ascolta, e concorda: «E’ vero, non ci sono mai stati papi come questo, a fare quelle cose…». Poi aggiunge: «Adesso dice vuole pure che i divorziati prendano la comunione: fa bene, quelle creature! Se gli è andato male il matrimonio che colpa ne hanno?». Già, è colpa del destino cinico e baro.
Le dico che il matrimonio non è un contratto ratificato tra sposi e chiesa, ma tra sposi e Dio, il prete lì fa solo da tramite e niente più, e in quell’occasione hanno giurato “di essere fedeli l’uno all’altra nella buona e cattiva sorte”. A Dio, non al papa.
Le dico anche che il matrimonio non è una benedizione, gli oggetti si benedicono, è una consacrazione, perché le persone si consacrano, Dio le consacra.
Le dico anche che l’ordine viene da Gesù stesso nel Vangelo: “Sarete un corpo solo e un’anima sola: l’uomo non separi ciò che Dio ha unito per sempre”. E che comunque la comunione non si dà ai divorziati risposati, non a quelli che vivono in castità. E in caso la separazione è accettata dalla chiesa.
La cosa deve sembrarle del tutto irrilevante se mi dice “le cose cambiano”. Le parole di Gesù non cambiato, le dico. Non l’ho convinta: il papa può cambiarle a secondo dei tempi, specie questo che «fa cose che nessun papa ha mai fatto: si avvicina ai malati, alla gente, mangia coi poveri…». E aggiunge: «Papi così non ce ne sono mai stati». Già! In un certo senso ha pure ragione....
Ho memoria bastante per ricordare che morto Giovanni Paolo II – giacché le cose e la memoria dei telespettatori (ché così dobbiamo definirli oggi, non “fedeli”) sono governati dai sentimentalismi e dagli emozionalismi eterodiretti, i quali presto evaporano nell’oblio – morto Wojtyla, dunque, la stessa donna osò e disse «papi così non ce ne sono mai stati». E aggiunse: «L’unico che si avvicinava ai malati, alla gente, mangiava coi poveri». Non ero nato quando è morto papa Luciani, ma sono certo che avrà detto la stessa cosa, di poi dimenticandosene, della cosa e del papa stesso, pure allora.
Mentre scorrono i filmati, gli amarcord telegiornalistici… questa donna vede anche le immagini di un papa che viene ferito in piazza San Pietro dai colpi di Alì Agcà, me lo indica e dice «ecco, quell’altro papa bravo, quello che lo uccisero tanti anni fa».
Che poi, occhio e croce, dovrebbe essere quello che hanno canonizzato oggi. Giovanni Paolo II. Che notoriamente morì di malattia già vecchio.
E’ la memoria emozionale dei fedeli che sono diventati telespettatori, bellezza!
Ci può essere un ?papa buono? alla volta. Tutto il resto è noia | Qelsi
Il Foglio del 26/04/2014
Giovanni XXIII: un Papa “imprudente” che “tradì il suo Concilio”
Intervista a Roberto de Mattei
In una sua recente intervista al mensile Catholic Family News Lei ha sostenuto che in materia di canonizzazioni la Chiesa non è infallibile e che dunque quella di Roncalli è legittimamente criticabile, perché il pontificato di Giovanni XXIII ha rappresentato un “oggettivo danno alla chiesa”. Ci riassume in poche parole la questione dell’infallibilità?
La canonizzazione di un Papa implica la sua santità non solo nella vita privata, ma anche nella vita pubblica, ovvero l’esercizio eroico delle virtù nel munus che gli è proprio, quello di Sommo Pontefice. Come autore di un storia del Concilio Vaticano II, ho studiato il breve pontificato di Giovanni XXIII, dal 28 ottobre 1958 alla sua morte, il 3 giugno 1963, e sono convinto che egli non abbia esercitato le virtù cristiane in modo eroico, a cominciare dalla virtù della prudenza. Questo pone naturalmente un problema, dal momento che si parla di infallibilità delle canonizzazioni. Alcuni tradizionalisti pretendono di risolvere la questione in maniera semplicistica: dal momento che Giovanni XXIII non fu un buon Papa e viene canonizzato, vuol dire che chi oggi lo canonizza non è un vero Papa. Io sono lontano da questa posizione. L’infallibilità delle canonizzazioni è una tesi maggioritaria tra i teologi, ma non è un dogma di fede, e può essere legittimamente tenuta l’opinione contraria. E’ invece dogma di fede che non può esservi contraddizione tra la fede e la ragione. Un’analisi oggettivamente razionale dei fatti dimostra la mancanza di eroicità di virtù di Papa Roncalli. Se, per fideismo, dovessi negare ciò che impone la ragione, reciderei i fondamenti razionali della mia fede. Mantengo dunque, in coscienza, i miei dubbi e le mie perplessità sulla canonizzazione di Giovanni XXIII.
Padre Lombardi nella sua conferenza stampa del 22 aprile ha dichiarato che negare l’infallibilità delle canonizzazioni significa ritenere che i Papi canonizzati siano all’inferno.
Credo che si trattasse di una battuta da parte di padre Lombardi. E’ evidente infatti che non essere elevato alla gloria degli altari non significa andare all’inferno, Dovremmo credere altrimenti che ben pochi tra i Papi e ancor meno tra i fedeli si salvino! Solo Dio conosce la sorte ultraterrena delle anime. Ciò su cui io avanzo dei dubbi non è la salvezza eterna di Giovanni XXIII, ma l’eroicità delle sue virtù nel governare la Chiesa. Aggiungo che negare l’infallibilità delle canonizzazioni non significa affermare che esse siano in generale false od errate. Io ritengo al contrario che la Chiesa non sbagli quando proclama i santi e i beati, ma che vi possono essere casi concreti eccezionali, che non contraddicono la regola. E oggi viviamo in un momento eccezionale della storia della Chiesa.
L’oggettivo “danno alla chiesa” provocato da Papa Angelo Roncalli di cui ha parlato nell’intervista citata al Catholic Family News è secondo Lei unicamente riassumibile nella convocazione del Vaticano II con quel che ne è conseguito per la Chiesa universale, o c’è dell’altro? Anche la “Pacem in terris”, l’enciclica del 1963 che affronta temi per così dire non dottrinali, ma di natura storico-politca, in un momento cruciale di snodo geopolitico, al punto di svolta della Guerra Fredda, va annoverata tra i “danni oggettivi” del pontificato?
Lasciamo stare la “santità personale” di Roncalli, su cui mi permetto nutrire forti dubbi e partiamo dal Concilio Vaticano II. L’indizione di una assemblea di tale vasta portata era una decisione che non poteva essere presa affrettatamente, ma che presupponeva profonde riflessioni e ampia consultazione. Così era accaduto quando Pio IX aveva deciso di convocare il Concilio Vaticano I e quando Pio XI e Pio XII avevano esaminato la possibilità di riprenderne i lavori, per poi entrambi accantonare l’ipotesi. Così invece non fu per Giovanni XXIII, che annunciò inaspettatamente la convocazione del Concilio, solo tre mesi dopo la sua elezione, senza averne parlato con nessuno. Egli era convinto poi che il Concilio avrebbe risolto in pochi mesi alcune questioni puramente pastorali. “A Natale possiamo concludere!” disse al cardinale Felici, alla vigilia dell’apertura. Ciò dimostra, come minimo, una mancanza di lungimiranza. Il Concilio Vaticano II si rivelò poi, al di là delle intenzioni del Pontefice, una oggettiva catastrofe in molti campi. Mi limiterò a citarne uno: la mancata condanna del comunismo. Un Concilio che voleva essere pastorale tacque sul problema più drammatico della sua epoca: l’imperialismo sovietico che minacciava il mondo. Mentre Mosca installava i suoi missili a Cuba e veniva innalzato il muro di Berlino nel cuore d’Europa, Giovanni XXIII nell’estate del 1962, attraverso il cardinale Tisserant, stipulava un accordo con il patriarcato di Mosca, impegnandosi a non parlare del comunismo in Concilio. L’ultima enciclica di Giovanni XXIII, la Pacem in Terris del 9 aprile 1963, aprì la porta ad una collaborazione tra cattolici e comunisti. Essa giungeva all’indomani dell’udienza personale concessa dal Papa ad Alexej Adjubei, direttore dell’“Izvestia”, ma soprattutto genero di Krusciov e suo privato ambasciatore. Questo incontro non portò ad alcuna conclusione sostanziale, ma ebbe uno straordinario impatto mediatico. In Italia, le elezioni del 28 aprile 1963 videro una forte avanzata del Partito comunista e un altrettanto significativo regresso della Democrazia cristiana. Per i comunisti, Papa Giovanni era il “Papa buono” e il Vaticano II era identificato con il “Concilio della pace”. Non mi sembra che neppure in questo caso Giovanni XXIII abbia eroicamente esercitato la virtù della prudenza e, nel caso delle canonizzazioni, le virtù eroiche devono essere tutte, non possono essere scelte selettivamente.
Vi sono altri elementi che possano a suo parere inficiare la santità di Papa Roncalli?
Nel suo pontificato Giovanni XXIII non dimostrò grande spirito soprannaturale. Ricordo due episodi. Il primo è il suo rifiuto di far conoscere al mondo il Terzo segreto di Fatima, malgrado le richieste della Madonna a suor Lucia. Giovanni XXIII ne prese conoscenza nell’estate del 1959, ma preferì non divulgarlo. Papa Roncalli giudicò di rinviare la diffusione del testo perché c’era un contrasto stridente tra il Messaggio apocalittico di Fatima e l’ottimismo con cui egli si apprestava ad inaugurare il Concilio Vaticano II. Il secondo episodio è l’incomprensione per la figura spirituale di padre Pio da Pietrelcina, in seguito beatificato e canonizzato. Padre Pio subì nel corso della sua vita numerose incomprensioni e calunnie, per le quali dovette subire umilianti ispezioni canoniche. Tra di esse vi fu quella promossa da Giovanni XXIII, che dal 13 luglio al 2 ottobre 1960 inviò, come visitatore apostolico a San Giovanni Rotondo, mons. Carlo Maccari, allora Segretario del Vicariato di Roma. Quel periodo sarà ricordato come quello di più dura persecuzione nei confronti del santo di Pietrelcina. Giovanni XXIII non comprese mai la santità di padre Pio.
Il cardinale Siri ne ricorda una battuta quando fu eletto: “Io di questioni dottrinali non mi occuperò, perché ha già fatto tutto Pio XII”. Secondo lei non ha tenuto fede all’impegno? Nel caso, che cosa ha “modificato” di essenziale nella dottrina cattolica?
Questa battuta mi ricorda quella di papa Francesco, secondo cui non avrebbe mai compreso l’espressione “valori non negoziabili”. Sono frasi pericolose perché sembrano accreditare il primato della prassi sulla dottrina. Giovanni XXIII non modificò la dottrina cattolica, ma la prassi pastorale. Ma la modificazione della prassi comporta inevitabilmente un’alterazione della dottrina. Ne è una riprova il rapporto del cardinale Kasper all’ultimo Concistoro straordinario. La tesi di Kasper è che poiché, in tema di divorziati risposati, esiste una differenza tra la dottrina della Chiesa e la pratica di molti cattolici, occorre adeguare la dottrina al comportamento oggi diffuso. Questo principio dell’adattamento della prassi è in nuce nel discorso Gaudet mater Ecclesiae, con cui l’11 ottobre 1962 Giovanni XXIII inaugurò il Concilio Vaticano II.
Un aspetto sempre taciuto di Roncalli è ad esempio che, non proprio progressista, credeva fermamente nella centralità del latino e nella liturgia forgiata sul canto gregoriano. La sua Costituzione apostolica “Veterum sapientia” del 1962 su questi temi dovrebbe piacerle. Poi cos’è successo? E se, al contrario di quanto ripetono i “bolognesi” (grosso modo: il Concilio di Roncalli “tradito” in senso anti progressista da Montini), fosse stato il contrario? Il Concilio “pacelliano” tradito in seguito dai progressisti?
Giovanni XXIII, senza essere un conservatore, non amava le riforme liturgiche che mons. Annibale Bugnini aveva già iniziato a promuovere sotto il pontificato di Pio XII. La costituzione apostolica Veterum sapientia del 22 febbraio 1962 costituì una inaspettata risposta ai fautori dell’introduzione del volgare nella liturgia. In questo documento Giovanni XXIII sottolineava l’importanza dell’uso del latino, “lingua viva della Chiesa”, raccomandava che le più importanti discipline ecclesiastiche dovessero essere insegnate in latino (n. 5) e che a tutti i ministri della Chiesa Cattolica, del clero sia secolare che regolare, fosse imposto “lo studio e l’uso della lingua latina”. Con questi provvedimenti Giovanni XXIII si mostrava chiaramente scontento dell’indirizzo preso dalla Commissione liturgica. Ma poi Giovanni XXIII nulla fece per vigilare sull’applicazione di tale documento che, si può dire, evaporò nel nulla.
Insomma Lei ritorna al suo giudizio di quantomeno “imprudenza” di Roncalli nell’avvio e nella gestione del processo conciliare. Eppure, da un punto di vista storico va ricordato un aspetto cruciale di continuità con un percorso già iniziato nella Chiesa e anche indirizzato da Pio XII. E' un fatto che la “Mystici Corporis" di Pacelli sia considerata la base su cui poggerà la costituzione dogmatica “Lumen Gentium”. E’ un altro fatto che fu la “Divino Afflante Spiritu”, anno 1943, a dare impulso agli studi storico-critici delle Scritture che tanta parte avranno nel Vaticano II, e pure in certi rischi di ‘protestantizzazione’ del cattolicesimo. Anche la riforma liturgica che arriverà con la costituzione conciliare “Sacrosanctum Concilium” fu stimolata da Pio XII, estremamente sensibile, come si sa, alla materia. Dunque l’”imprudenza” di Roncalli non nasce proprio dal nulla. Poi che cosa è successo a suo avviso?
E’ evidente che esiste una continuità, o una coerenza, tra certe riflessioni già impostate da Pio XII e il punto di partenza di Roncalli. E c’è continuità nel lavoro di elaborazione degli “Schemi preparatori” del Concilio. Il problema è che tutto questo si interrompe non ‘dopo’ o a metà Concilio, ma subito. Quando si parla di ‘tradimento’ del Concilio va detto che ciò che fu tradito fu il Concilio preparato dalle commissioni romane, i cui schemi di costituzione, approvati dallo stesso papa Roncalli, furono buttati a mare, con un vero e proprio colpo di mano, nell’ottobre del 1962, subito dopo l’inaugurazione dell’assemblea. Fu Giovanni XXIII a tradire, per primo, il suo Concilio.
BENVENUTO PAPA!
F.COLAFEMMINA,
Nel marzo 2013 – una data certo significativa – è apparso nelle sale cinematografiche un film dal titolo “Benvenuto presidente!”, interpretato da un comicissimo Claudio Bisio, su sceneggiatura di Fabio Bonifacci. Si tratta di una pellicola non certo ambiziosa nei contenuti che tuttavia sfrutta un elemento comico classico: quello dello “scambio di persone”. Si prende un uomo “del popolo” e lo si pone in una posizione di “élite”, di potere. Svariate sono le pellicole statunitensi nelle quali un anonimo cittadino diventa Presidente per un giorno, o quelle nelle quali un non-politico riesce a sedurre le masse fino a diventare Presidente degli States (penso a “L’uomo dell’anno” con Robin Williams del 2006 o a “Dave – Presidente per un giorno” del 1993 interpretato da Kevin Kline). Ma senza ricorrere necessariamente all’espediente politico-presidenziale possiamo osservare lo stesso meccanismo comico nel film “Il marchese del Grillo”, nell’esilarante episodio dello scambio fra il carbonaio e il Marchese. O ancora nella classica commedia attica di Aristofane “Ecclesiazusae”, dove le donne sostituiscono gli uomini in parlamento.
Il modello politico è tuttavia quello più calzante all’attuale situazione: un uomo preso dalla strada viene, per un caso imprevedibile, nominato ai vertici di una istituzione percepita come decadente o decaduta, lontana dal popolo e dalle sue esigenze, ammantata da formalismi eccessivi ed elitari. L’uomo della strada si rivelerà un capo carismatico capace di affascinare il popolo, di parlare come il popolo vuole, di superare formalismi inutili, di rivalutare istituzioni decadute, di assicurare insomma un nuovo corso alla Nazione o all’istituzione che presiede, partendo dal basso. Alla fine, tuttavia, siccome ogni bel gioco dura poco, l’uomo della strada ritornerà sulla strada e si concluderà la narrativa comica.
Dal mese di marzo del 2013 nella Chiesa sta accadendo praticamente la stessa cosa. Con una differenza sostaziale: Bergoglio non era fino al marzo 2013 un uomo “della strada”, bensì un “principe” della Chiesa. Ad ogni modo da marzo 2013 ha assunto su di sé la maschera dell’uomo della strada assurto al vertice della Chiesa Cattolica, dunque si comporta in maniera conforme al ruolo della narrativa corrispondente: niente vacui formalismi, nuovo linguaggio più vicino al popolo e opportunamente pittoresco, offre l’immagine di un rivoluzionario popolare osteggiato da un gruppo di avidi incanagliti rappresentanti del potere decadente, del vecchio corso, fa telefonate a destra e a manca (una caratteristica questa tipica di tutti i film statunitensi del genere e naturalmente anche di quello di Bisio), regala denaro (anche i 50 euro ai barboni per assicurar loro qualche buona confezione di Tavernello), si occupa dei clochard (Bisio li ospita nel salone del Quirinale), degli immigrati, degli “emarginati”, riforma l’istituzione ed è osannato dal popolo come sua diretta espressione.
Naturalmente questa analisi ci pone dinanzi ad un quesito: Papa Francesco ci è o ci fa? Sarà anche un uomo vicino al popolo, essenziale nei modi, austero nello stile di vita, vicino agli ultimi e di indefettibile fede, ma di certo non possiamo considerarlo un “uomo della strada” che per un caso fortuito, per un colpo del destino, sfidando la maggioranza di coloro che vogliono preservare il potere così com’è, raggiunge un ruolo elitario. E’ stato infatti eletto con una maggioranza schiacciante proprio da coloro che nella narrativa comica avrebbero dovuto ostacolarne l’ascesa o da coloro che nell’attuale narrativa farsesca dei giornali sarebbero terrorizzati dall’azione riformista di colui che hanno eletto. Di più, secondo recenti rivelazioni di Marco Tosatti, Bergoglio sarebbe entrato in Conclave già da Papa, addirittura dopo aver fatto un briefing con alcuni cardinali per valutare i profili dei prefetti delle romane congregazioni. Dunque non può esserci. Semplicemente ci fa.
E con lui “ci fanno” anche tutti i Cardinali che lo hanno eletto e numerosi vescovi. Ci fanno tutti con una insolita disinvoltura, come se non aspettassero altro che questo “rompete le righe”, questa trasformazione teatrale: la necessità di interpretare la realtà della vita, della morte, del peccato dell’uomo alla luce di una parabola sul potere e le sue conseguenze, sulla riforma del potere come veicolo per rendere più efficace il messaggio cristiano. Come se fossero tutti in attesa, nel nome della collegialità, di un carismatico capo popolare capace di riprodurre la narrativa comica, già attualizzata in politica dall’ascesa in Italia del movimento dei grillini, nella realtà ecclesiale.
Conosciamo così il plot e gli attori. Sappiamo anche che – in teoria – dovrebbe durare poco. Ancora ignoti sono i registi e gli sceneggiatori. Come pure i produttori di questa pellicola che potremmo intitolare “Benvenuto Papa!”. Siamo certi però che almeno i primi e i secondi si trovino nel collegio cardinalizio. E siano anche numerosi. Tuttavia non vediamo l’ora che giunga qualcuno a dirci, come al termine di ogni commedia latina: “Acta est fabula, plaudite!”.
Benvenuto Papa! | Fides et Forma
CATTOLICO
A soli tre giorni dalla canonizzazione di Angelo Roncalli e Karol Wojtyla una pesante croce eretta in onore di quest’ultimo (in perfetto stile modernista: pericolosa, oltre che brutta) crolla addosso ad un giovane disabile, uccidendolo sul colpo. Si viene subito a sapere, inoltre, che il ragazzo abitava in via Giovanni XXIII, a Lovere, sul lago d’Iseo (nella provincia che ha dato i natali ad Angelo Roncalli). La disgrazia è avvenuta a Cevo, laciltà dell’alta Val Camonica, nel parco dell’Adamello, in provincia di Brescia.
Altro fatto inquietante: da qualche tempo un dipinto della Madonna incoronata, a Campocavallo, frazione di Osimo, non molto distante da ancona, muove gli occhi. Diverse persone hanno assistito al prodigio, riferendone al Rettore del Santuario. Sembra che quel quadro della Madonna abbia già mosso gli occhi altre volte, verso la fine dell’800.
Questo prodigio ricorda molto le analoghe mariofanie avvenute nel 1796 a Roma e negli stati pontifici, subito prima dell’arrivo delle armate napoleoniche. Tra l’altro, il caso più eclatante, perché coinvolse direttamente Napoleone, avvenne proprio ad Ancona, quando Napoleone era alle porte, dopo aver già conquistato Bologna e Ferrara. Lì, nella chiesa di San Ciriaco, il 25 giugno 1796, un quadro della Madonna iniziò a muovere gli occhi. Il prodigio durò circa sei mesi. I giacobini locali sottrassero di nascosto il miracoloso dipinto per farlo vedere a Napoleone, che avrebbe così dimostrato che si trattava di un imbroglio dei preti. Napoleone dette subito ordine che il quadro venisse distrutto, ma prima volle vederlo egli stesso: ebbene, presolo in mano, tutti lo videro impallidire improvvisamente e, cosa inusuale per il suo carattere, revocò l’ordine e disse di limitarsi solo a coprire ilo quadro, senza distruggerlo; inoltre restituì alla Vergine tutti gli onori che le aveva tolto. Si veda in proposito l’ottimo libro “Gli occhi di Maria”, di Vittorio Messori e Rino Cammilleri, Edizioni Piemme.
In quell’occasione, la Madre di NSGC e Madre nostra volle avvertire gli abitanti dell’Urbe e degli stati pontifici dell’imminente persecuzione dei giacobini francesi e dei loro (pochi) fiancheggiatori italiani. Si trattò quindi di una messa in guardia da un pericolo imminente per la Chiesa e per i fedeli.
Alla luce di queste considerazioni mi sorge spontanea una domanda: semplici coincidenze, quelle attuali, o inviti alla riflessione, alla messa in guardia da qualche pericolo imminente per la fede e per la Chiesa?
Personalmente, non mi sento di archiviare il tutto come semplici coincidenze, la disgrazia di Cevo e la mariofania di Campocavallo; troppo acceso il dibattito sull’imminente duplice canonizzazione, molto aspra la contesa tra il mondo cattolico tradizionalista ed i progressisti al potere nella Chiesa sull’opportunità (o addirittura sulla legittimità) di tanta tempestività di queste canonizzazioni, mentre altre aspettano da molti anni, o sono ormai state archiviate per evidenti motivi ideologici: si vedano, ad esempio, i processi canonici di Merry Del Val, Segretario di stato di San Pio X e suo stretto collaboratore nella battaglia antimodernista, del vescovo di Arezzo Giovanni Volpi, anch’egli stretto collaboratore di Papa Sarto, e di Eugenio Pacelli, Pio XII (il cui processo di beatificazione sembra sia fortemente osteggiato dalla massoneria ebraica), il papa che ha proclamato il quarto dogma mariano (L’Assunzione di Maria SS.ma al Cielo in anima e corpo).
Quando la pastorale può cambiare la dottrina? Per esempio parlando ad una persona e poi il mondo lo viene a sapere.
Comunione “senza problemi”. L’ha detto il papa al telefono
di Sandro Magister
Non poteva restare senza una rettifica il racconto fatto dall’argentina Jakelin Lisbona di una sua telefonata con papa Jorge Mario Bergoglio.
La dichiarazione fatta la mattina di giovedì 24 aprile dal direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, un giorno e mezzo dopo che le parole della donna avevano fatto il giro del mondo con grande clamore, è la seguente:
“Parecchie telefonate hanno avuto luogo, nell’ambito dei rapporti personali pastorali del papa Francesco.
Non trattandosi assolutamente di attività pubblica del papa non sono da attendersi informazioni o commenti da parte della sala stampa.
Ciò che è stato diffuso a questo proposito, uscendo dall’ambito proprio dei rapporti personali, e la sua amplificazione mediatica conseguente, non ha quindi conferma di attendibilità ed è fonte di fraintendimenti e confusione.
È perciò da evitare di trarre da questa vicenda conseguenze per quanto riguarda l’insegnamento della Chiesa”.
Ma che cosa aveva detto Jakelin Lisbona, in un’intervista all’emittente argentina Red Am910 di Buenos Ares?
Sposata civilmente con un divorziato, aveva detto di aver scritto lo scorso settembre al papa una lettera in cui lamentava di aver trovato in parrocchia un prete che le negava la comunione.
Papa Francesco le aveva telefonato nei giorni scorsi. E – stando al racconto della donna – l’avrebbe incoraggiata ad avvicinarsi alla comunione “senza problemi”. “Mi ha detto di andare a prendere la comunione in un’altra parrocchia”.
“Ci sono dei preti più papisti del papa”, avrebbe commentato Francesco. Il quale avrebbe assicurato alla donna che “si sta occupando dell’argomento”, con riferimento al prossimo sinodo sulla famiglia, e avrebbe utilizzato allo scopo anche la sua lettera.
Le parole di padre Lombardi non smentiscono niente del racconto di Jakelin Lisbona. Semplicemente lo definiscono “fonte di fraintendimenti e confusione”.
Perché in effetti, stando così le cose, è come se papa Francesco avesse già messo in pratica la prima delle due vie d’accesso alla comunione per i divorziati risposati caldeggiate dal cardinale Walter Kasper nel concistoro dello scorso febbraio, ma ancora tutte da discutere in un sinodo le cui conclusioni sono previste nel 2016.
MiL - Messainlatino.it: Quando la pastorale può cambiare la dottrina? Per esempio parlando ad una persona e poi il mondo lo viene a sapere.
I giorni del dolore – di Faramir
By Riscossa Cristiana
Il Papa telefona a Marco Pannella.
Marco Pannella è il fondatore del Partito Radicale italiano e poi di quello transnazionale. Fra tutte le altre follie di cui si è reso colpevole negli ultimi 60 anni, vi sono i seguenti delitti:
1) introduzione del divorzio e quindi distruzione della famiglia;
2) introduzione dell’abortismo, con la legge 194 e quindi morte di milioni di innocenti e propagazione della cultura della morte;
3) libera circolazione della droga e antiproibizionismo, e quindi morte di un numero immenso di giovani e fallimento della vita di altri milioni;
4) chiusura dei manicomi, avvenimento che ha messo nelle strade folli disadattati quando non assassini, o li ha rimandati nelle famiglie rovinando la vita ai poveri familiari;
4) propagazione dell’omosessualismo;
5) guerra in ogni modo alla famiglia naturale e alla vita;
6) progetto di legge del partito transnazionale radicale che prevedeva, già una ventina di anni fa, la legalizzazione della pedofilia “non violenta”;
7) cultura dell’indultismo, il cui fine evidente è quello della depenalizzazione della violenza criminale allo scopo della fomentazione del caos e del terrore nella società civile.
In generale, è il più diretto responsabile di tutti i mali civili e morali della nostra società.
Non si è mai pentito di nulla, anzi, ormai più che ottuagenario, continua imperterrito la sua lotta.
Il suo stesso aspetto demoniaco è specchio della sua anima.
Inutile continuare a propalare la barzelletta che Gesù andava dai peccatori e quindi anche il papa fa lo stesso. Quando il Signore andava dai peccatori aveva come unico scopo la loro piena conversione, non il dialogo interculturale e di pace, e tanto meno cedeva o sorvolava sui principi.
Pannella è stato ripreso per tutte le sue orrende colpe? È stato almeno redarguito? Gli è stato almeno detto di tentare di cambiare vita e pentirsi prima della morte e del giudizio di Dio?
No. È stato invitato a curarsi e a lottare ancora per l’ennesimo indulto.
Non vi possono essere parole per descrivere quanto accaduto.
Sono curioso, anzi, ansioso, di vedere i commenti e le giustificazioni che apporteranno vaticanisti veri e vaticanisti aspiranti e sognanti, direttori di agenzie cattoliche, carrieristi e ottimisti, buonisti e papolatri vari. Mi dispiace invece, e profondamente, per tutti quei cattolici che sinceramente amano il papato, ma che purtroppo confondono con leggerezza sentimentale il papato con il papa, l’istituzione con l’uomo, l’amore alla Verità – che è Cristo – con l’amore alla creatura.
I giorni del dolore ? di Faramir | Riscossa Cristiana
Piero Vassallo scrive:
26 aprile 2014 alle 13:19
Negli anni Cinquanta del xx secolo le vocazioni al sacerdozio erano in aumento, l’ortodossia era rispettata, l’editoria cattolica era in espansione, la pornografia non esisteva, il papato era onorato, i giudizi del papa apprezzati (e temuti dagli avversari), la maggioranza degli italiani rifiutava l’ideologia comunista, la ricostruzione era avviata a felice esito, la società rurale resisteva al richiamo delle metropoli corrotte. Poi venne un uomo chiamato papa buono e … se gli alberi si giudicano dai frutti…
Ariel S. Levi di Gualdo scrive:
26 aprile 2014 alle 23,05
Caro Piero Vassallo.
… invece oggi, nel 2014, se un ragazzo è stato chiamato da Dio con una autentica vocazione al sacerdozio ed è ricolmo di veri doni di grazia, bisogna dissuaderlo dall’entrare in seminario affinché i rettori in jeans, scarpe da ginnastica e maglioncino non lo obblighino a studiare i testi di “spiritualità” di Enzo Bianchi e non lo licenzino dal seminario dopo avere scoperto che di nascosto leggeva i libri di metafisica di Antonio Livi.
L’editoria cattolica pubblica testi eterodossi di autori protestanti e le librerie paoline facenti capo alla Pia Società San Paolo vendono nelle loro librerie “cattoliche” i libri di Vito Mancuso e di Andrea Gallo.
In quanto alla pornografia … beh, basti pensare a quella clericale, per esempio ai preti filmati ai festini gay nel quartiere romano del Testaccio mentre cacciavano le mani dentro le mutande dei cubisti che danzavano sul palco in perizoma.
Oggi si stanno imponendo tali e devastanti ideologie che sulla musica di “Noi vogliam Dio Vergin Maria” verrebbe voglia di cantare: “aridatece i vecchi comunisti” che un’etica e una morale comunque ce l’avevano, ne sa qualche cosa Pier Paolo Pasolini che per certi suoi vezzi fu sbattuto fuori dal Partito.
Anche oggi la ricostruzione è avviata: le vecchie canoniche e case parrocchiali di campagna che fino alla fine degli anni Settanta avevano un parroco, oggi sono state trasformate in agriturismi perché dalla fine degli anni Ottanta i vescovi non potevano più garantire neppure un prete che vi celebrasse una Messa di domenica, quindi sono state soppresse come parrocchie; molti vecchi conventi e monasteri sono stati trasformati in hotel e in lussuose case-vacanza.
Oggi ci sono preti ultra ottantenni che da soli celebrano la Messa in tre diverse parrocchie e tra dieci anni, in certe diocesi, il clero sarà dimezzato e non sarà possibile garantire anche e solo il servizio liturgico domenicale in molte chiese parrocchiali.
Pur malgrado, pur avendo tutte queste evidenze innegabili sotto gli occhi, continuano indomiti a vestirsi in jeans e scarpe da ginnastica e a mandare i pochi futuri preti a Bose per essere deformati dal falso profeta e dal cattivo maestro Enzo Bianchi …
Ha ragione lei, Caro Amico, gli alberi si giudicano dai frutti e noi stiamo raccogliendo ciò che è stato seminato.
Paola scrive:
27 aprile 2014 alle 25
La situazione è sempre più spaventosa.
E tutti i segni che continuano a pervenirci?
Vi ricordate il fulmine su S.Pietro la notte della elezione? C’è chi scrive che si tratta di un falso e c’è chi dice che è vero. E le colombe uccise? E i vari pellegrinaggi (P.Pio ecc.) con incidenti mortali? E la croce di G.P.II crollata uccidendo un ragazzo invalido che abitava in via Giovanni XXIII?
Gesù chiama ipocriti chi non sa riconoscere i segni!