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    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Moschea e Minareto a Milano: il sì di Angelo Scola
    Don Abbondio Scola, cardinale di Milano, già distintosi per aver pensato più a fare gli "auguri per il Ramadan" che ad estendere il Summorum Pontificum alla diocesi ambrosiana, arretra nuovamente di fronte all'islam:
    Il minareto? Io non farei grandi problemi su questo, basta che non lo facciano in piazza del Duomo.
    Un virile silenzio no, eh?
    E pensare che la CEI un anno fa gli aveva mandato le felicitazioni per l'elezione a Papa...
    Prende dunque sempre più consistenza il nuovo corso post-conciliare rinunciatario e calabraghe, che dimostra la ingravescente inconsistenza da parte delle più autorevoli gerarchie ecclesiastiche della vis identitaria nella confessione della nostra Fede.
    Chiesa e post concilio: Moschea e Minareto a Milano: il sì di Angelo Scola

    Ci può essere un “papa buono” alla volta. Tutto il resto è noia
    Di Antonio Margheriti Mastino
    Solo ieri facevo la summa delle riduzioni giornalistiche sui tg circa le canonizzazioni di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Seguo la ricostruzione delle ragioni delle canonizzazioni di oggi per bocca di quell’arrogante ideologo furioso di Marco Roncalli, nipote del santo e storico di una chiesa che vive solo nella sua immaginazione, e malgrado ciò invitato in via ufficiale dal Vaticano ad esprimersi. Secondo i paradigmi del solo “dogma” rimasto in piedi da qualche tempo, il Super-Dogma del Concilio, evento santificante di massa per il solo fatto di esserci stato.
    Stando a costui e ai tg:
    Giovanni diventa santo perché aprì il Concilio;
    Giovanni Paolo II perché vi partecipò;
    Paolo potrebbe esserlo perché lo concluse;
    Francesco, un domani, perché lo ha portato alle estreme conseguenze.
    Benedetto manca all’appello: cercò di renderlo cattolico. Un’eresia.
    Dio ci salvi dai nipoti dei santi!
    Poi è arrivata questa domenica. Ho visto qualche spezzone nei tg.
    Ho avuto l’impressione che può sopravvivere solo un “papa buono” per volta. Che a nessuno ricordava né interessava davvero niente di ciò che era stato, salvo la solita melassa di parata, la fuffa sentimentalistica su papa Giovanni origliata qua e là; che questa mattina fosse un tantino forzato per non dire in certa misura artificiale persino l’entusiasmo su Giovanni Paolo (esclusi i polacchi, per ovvie ragioni), era qualcosa che percepivi con un certo imbarazzo: il suo “mito”, l’icona mediatica è sempre icona di cartapesta, ed è, indubitabilmente, in fase calante e già pronta per essere sacrificata alla mitologia del nuovo “papa buono” vivente, il vero protagonista di questa giornata: Francesco.
    Nessuno ricorda più niente né gli interessa. Sento una fedele, emblematica: «Non s’è mai visto un papa che va dalla gente, che tocca i malati, vuole bene ai poveri… come papa Francesco». Hanno dimenticato completamente tutto degli altri, anche dei canonizzati odierni, tutte quelle cose per le quali venivano celebrati e che oggi si riconoscono, vero o falso che sia, a Francesco. Dimenticano persino che il culto del “papa buono” nacque da una visita di Giovanni ai bambini dell’ospedale Bambin Gesù come primo atto dopo la sua elezione.
    Anche mia madre ascolta, e concorda: «E’ vero, non ci sono mai stati papi come questo, a fare quelle cose…». Poi aggiunge: «Adesso dice vuole pure che i divorziati prendano la comunione: fa bene, quelle creature! Se gli è andato male il matrimonio che colpa ne hanno?». Già, è colpa del destino cinico e baro.
    Le dico che il matrimonio non è un contratto ratificato tra sposi e chiesa, ma tra sposi e Dio, il prete lì fa solo da tramite e niente più, e in quell’occasione hanno giurato “di essere fedeli l’uno all’altra nella buona e cattiva sorte”. A Dio, non al papa.
    Le dico anche che il matrimonio non è una benedizione, gli oggetti si benedicono, è una consacrazione, perché le persone si consacrano, Dio le consacra.
    Le dico anche che l’ordine viene da Gesù stesso nel Vangelo: “Sarete un corpo solo e un’anima sola: l’uomo non separi ciò che Dio ha unito per sempre”. E che comunque la comunione non si dà ai divorziati risposati, non a quelli che vivono in castità. E in caso la separazione è accettata dalla chiesa.
    La cosa deve sembrarle del tutto irrilevante se mi dice “le cose cambiano”. Le parole di Gesù non cambiato, le dico. Non l’ho convinta: il papa può cambiarle a secondo dei tempi, specie questo che «fa cose che nessun papa ha mai fatto: si avvicina ai malati, alla gente, mangia coi poveri…». E aggiunge: «Papi così non ce ne sono mai stati». Già! In un certo senso ha pure ragione....
    Ho memoria bastante per ricordare che morto Giovanni Paolo II – giacché le cose e la memoria dei telespettatori (ché così dobbiamo definirli oggi, non “fedeli”) sono governati dai sentimentalismi e dagli emozionalismi eterodiretti, i quali presto evaporano nell’oblio – morto Wojtyla, dunque, la stessa donna osò e disse «papi così non ce ne sono mai stati». E aggiunse: «L’unico che si avvicinava ai malati, alla gente, mangiava coi poveri». Non ero nato quando è morto papa Luciani, ma sono certo che avrà detto la stessa cosa, di poi dimenticandosene, della cosa e del papa stesso, pure allora.
    Mentre scorrono i filmati, gli amarcord telegiornalistici… questa donna vede anche le immagini di un papa che viene ferito in piazza San Pietro dai colpi di Alì Agcà, me lo indica e dice «ecco, quell’altro papa bravo, quello che lo uccisero tanti anni fa».
    Che poi, occhio e croce, dovrebbe essere quello che hanno canonizzato oggi. Giovanni Paolo II. Che notoriamente morì di malattia già vecchio.
    E’ la memoria emozionale dei fedeli che sono diventati telespettatori, bellezza!
    Ci può essere un ?papa buono? alla volta. Tutto il resto è noia | Qelsi

    Il Foglio del 26/04/2014
    Giovanni XXIII: un Papa “imprudente” che “tradì il suo Concilio”
    Intervista a Roberto de Mattei
    In una sua recente intervista al mensile Catholic Family News Lei ha sostenuto che in materia di canonizzazioni la Chiesa non è infallibile e che dunque quella di Roncalli è legittimamente criticabile, perché il pontificato di Giovanni XXIII ha rappresentato un “oggettivo danno alla chiesa”. Ci riassume in poche parole la questione dell’infallibilità?
    La canonizzazione di un Papa implica la sua santità non solo nella vita privata, ma anche nella vita pubblica, ovvero l’esercizio eroico delle virtù nel munus che gli è proprio, quello di Sommo Pontefice. Come autore di un storia del Concilio Vaticano II, ho studiato il breve pontificato di Giovanni XXIII, dal 28 ottobre 1958 alla sua morte, il 3 giugno 1963, e sono convinto che egli non abbia esercitato le virtù cristiane in modo eroico, a cominciare dalla virtù della prudenza. Questo pone naturalmente un problema, dal momento che si parla di infallibilità delle canonizzazioni. Alcuni tradizionalisti pretendono di risolvere la questione in maniera semplicistica: dal momento che Giovanni XXIII non fu un buon Papa e viene canonizzato, vuol dire che chi oggi lo canonizza non è un vero Papa. Io sono lontano da questa posizione. L’infallibilità delle canonizzazioni è una tesi maggioritaria tra i teologi, ma non è un dogma di fede, e può essere legittimamente tenuta l’opinione contraria. E’ invece dogma di fede che non può esservi contraddizione tra la fede e la ragione. Un’analisi oggettivamente razionale dei fatti dimostra la mancanza di eroicità di virtù di Papa Roncalli. Se, per fideismo, dovessi negare ciò che impone la ragione, reciderei i fondamenti razionali della mia fede. Mantengo dunque, in coscienza, i miei dubbi e le mie perplessità sulla canonizzazione di Giovanni XXIII.
    Padre Lombardi nella sua conferenza stampa del 22 aprile ha dichiarato che negare l’infallibilità delle canonizzazioni significa ritenere che i Papi canonizzati siano all’inferno.
    Credo che si trattasse di una battuta da parte di padre Lombardi. E’ evidente infatti che non essere elevato alla gloria degli altari non significa andare all’inferno, Dovremmo credere altrimenti che ben pochi tra i Papi e ancor meno tra i fedeli si salvino! Solo Dio conosce la sorte ultraterrena delle anime. Ciò su cui io avanzo dei dubbi non è la salvezza eterna di Giovanni XXIII, ma l’eroicità delle sue virtù nel governare la Chiesa. Aggiungo che negare l’infallibilità delle canonizzazioni non significa affermare che esse siano in generale false od errate. Io ritengo al contrario che la Chiesa non sbagli quando proclama i santi e i beati, ma che vi possono essere casi concreti eccezionali, che non contraddicono la regola. E oggi viviamo in un momento eccezionale della storia della Chiesa.
    L’oggettivo “danno alla chiesa” provocato da Papa Angelo Roncalli di cui ha parlato nell’intervista citata al Catholic Family News è secondo Lei unicamente riassumibile nella convocazione del Vaticano II con quel che ne è conseguito per la Chiesa universale, o c’è dell’altro? Anche la “Pacem in terris”, l’enciclica del 1963 che affronta temi per così dire non dottrinali, ma di natura storico-politca, in un momento cruciale di snodo geopolitico, al punto di svolta della Guerra Fredda, va annoverata tra i “danni oggettivi” del pontificato?
    Lasciamo stare la “santità personale” di Roncalli, su cui mi permetto nutrire forti dubbi e partiamo dal Concilio Vaticano II. L’indizione di una assemblea di tale vasta portata era una decisione che non poteva essere presa affrettatamente, ma che presupponeva profonde riflessioni e ampia consultazione. Così era accaduto quando Pio IX aveva deciso di convocare il Concilio Vaticano I e quando Pio XI e Pio XII avevano esaminato la possibilità di riprenderne i lavori, per poi entrambi accantonare l’ipotesi. Così invece non fu per Giovanni XXIII, che annunciò inaspettatamente la convocazione del Concilio, solo tre mesi dopo la sua elezione, senza averne parlato con nessuno. Egli era convinto poi che il Concilio avrebbe risolto in pochi mesi alcune questioni puramente pastorali. “A Natale possiamo concludere!” disse al cardinale Felici, alla vigilia dell’apertura. Ciò dimostra, come minimo, una mancanza di lungimiranza. Il Concilio Vaticano II si rivelò poi, al di là delle intenzioni del Pontefice, una oggettiva catastrofe in molti campi. Mi limiterò a citarne uno: la mancata condanna del comunismo. Un Concilio che voleva essere pastorale tacque sul problema più drammatico della sua epoca: l’imperialismo sovietico che minacciava il mondo. Mentre Mosca installava i suoi missili a Cuba e veniva innalzato il muro di Berlino nel cuore d’Europa, Giovanni XXIII nell’estate del 1962, attraverso il cardinale Tisserant, stipulava un accordo con il patriarcato di Mosca, impegnandosi a non parlare del comunismo in Concilio. L’ultima enciclica di Giovanni XXIII, la Pacem in Terris del 9 aprile 1963, aprì la porta ad una collaborazione tra cattolici e comunisti. Essa giungeva all’indomani dell’udienza personale concessa dal Papa ad Alexej Adjubei, direttore dell’“Izvestia”, ma soprattutto genero di Krusciov e suo privato ambasciatore. Questo incontro non portò ad alcuna conclusione sostanziale, ma ebbe uno straordinario impatto mediatico. In Italia, le elezioni del 28 aprile 1963 videro una forte avanzata del Partito comunista e un altrettanto significativo regresso della Democrazia cristiana. Per i comunisti, Papa Giovanni era il “Papa buono” e il Vaticano II era identificato con il “Concilio della pace”. Non mi sembra che neppure in questo caso Giovanni XXIII abbia eroicamente esercitato la virtù della prudenza e, nel caso delle canonizzazioni, le virtù eroiche devono essere tutte, non possono essere scelte selettivamente.
    Vi sono altri elementi che possano a suo parere inficiare la santità di Papa Roncalli?
    Nel suo pontificato Giovanni XXIII non dimostrò grande spirito soprannaturale. Ricordo due episodi. Il primo è il suo rifiuto di far conoscere al mondo il Terzo segreto di Fatima, malgrado le richieste della Madonna a suor Lucia. Giovanni XXIII ne prese conoscenza nell’estate del 1959, ma preferì non divulgarlo. Papa Roncalli giudicò di rinviare la diffusione del testo perché c’era un contrasto stridente tra il Messaggio apocalittico di Fatima e l’ottimismo con cui egli si apprestava ad inaugurare il Concilio Vaticano II. Il secondo episodio è l’incomprensione per la figura spirituale di padre Pio da Pietrelcina, in seguito beatificato e canonizzato. Padre Pio subì nel corso della sua vita numerose incomprensioni e calunnie, per le quali dovette subire umilianti ispezioni canoniche. Tra di esse vi fu quella promossa da Giovanni XXIII, che dal 13 luglio al 2 ottobre 1960 inviò, come visitatore apostolico a San Giovanni Rotondo, mons. Carlo Maccari, allora Segretario del Vicariato di Roma. Quel periodo sarà ricordato come quello di più dura persecuzione nei confronti del santo di Pietrelcina. Giovanni XXIII non comprese mai la santità di padre Pio.
    Il cardinale Siri ne ricorda una battuta quando fu eletto: “Io di questioni dottrinali non mi occuperò, perché ha già fatto tutto Pio XII”. Secondo lei non ha tenuto fede all’impegno? Nel caso, che cosa ha “modificato” di essenziale nella dottrina cattolica?
    Questa battuta mi ricorda quella di papa Francesco, secondo cui non avrebbe mai compreso l’espressione “valori non negoziabili”. Sono frasi pericolose perché sembrano accreditare il primato della prassi sulla dottrina. Giovanni XXIII non modificò la dottrina cattolica, ma la prassi pastorale. Ma la modificazione della prassi comporta inevitabilmente un’alterazione della dottrina. Ne è una riprova il rapporto del cardinale Kasper all’ultimo Concistoro straordinario. La tesi di Kasper è che poiché, in tema di divorziati risposati, esiste una differenza tra la dottrina della Chiesa e la pratica di molti cattolici, occorre adeguare la dottrina al comportamento oggi diffuso. Questo principio dell’adattamento della prassi è in nuce nel discorso Gaudet mater Ecclesiae, con cui l’11 ottobre 1962 Giovanni XXIII inaugurò il Concilio Vaticano II.
    Un aspetto sempre taciuto di Roncalli è ad esempio che, non proprio progressista, credeva fermamente nella centralità del latino e nella liturgia forgiata sul canto gregoriano. La sua Costituzione apostolica “Veterum sapientia” del 1962 su questi temi dovrebbe piacerle. Poi cos’è successo? E se, al contrario di quanto ripetono i “bolognesi” (grosso modo: il Concilio di Roncalli “tradito” in senso anti progressista da Montini), fosse stato il contrario? Il Concilio “pacelliano” tradito in seguito dai progressisti?
    Giovanni XXIII, senza essere un conservatore, non amava le riforme liturgiche che mons. Annibale Bugnini aveva già iniziato a promuovere sotto il pontificato di Pio XII. La costituzione apostolica Veterum sapientia del 22 febbraio 1962 costituì una inaspettata risposta ai fautori dell’introduzione del volgare nella liturgia. In questo documento Giovanni XXIII sottolineava l’importanza dell’uso del latino, “lingua viva della Chiesa”, raccomandava che le più importanti discipline ecclesiastiche dovessero essere insegnate in latino (n. 5) e che a tutti i ministri della Chiesa Cattolica, del clero sia secolare che regolare, fosse imposto “lo studio e l’uso della lingua latina”. Con questi provvedimenti Giovanni XXIII si mostrava chiaramente scontento dell’indirizzo preso dalla Commissione liturgica. Ma poi Giovanni XXIII nulla fece per vigilare sull’applicazione di tale documento che, si può dire, evaporò nel nulla.
    Insomma Lei ritorna al suo giudizio di quantomeno “imprudenza” di Roncalli nell’avvio e nella gestione del processo conciliare. Eppure, da un punto di vista storico va ricordato un aspetto cruciale di continuità con un percorso già iniziato nella Chiesa e anche indirizzato da Pio XII. E' un fatto che la “Mystici Corporis" di Pacelli sia considerata la base su cui poggerà la costituzione dogmatica “Lumen Gentium”. E’ un altro fatto che fu la “Divino Afflante Spiritu”, anno 1943, a dare impulso agli studi storico-critici delle Scritture che tanta parte avranno nel Vaticano II, e pure in certi rischi di ‘protestantizzazione’ del cattolicesimo. Anche la riforma liturgica che arriverà con la costituzione conciliare “Sacrosanctum Concilium” fu stimolata da Pio XII, estremamente sensibile, come si sa, alla materia. Dunque l’”imprudenza” di Roncalli non nasce proprio dal nulla. Poi che cosa è successo a suo avviso?
    E’ evidente che esiste una continuità, o una coerenza, tra certe riflessioni già impostate da Pio XII e il punto di partenza di Roncalli. E c’è continuità nel lavoro di elaborazione degli “Schemi preparatori” del Concilio. Il problema è che tutto questo si interrompe non ‘dopo’ o a metà Concilio, ma subito. Quando si parla di ‘tradimento’ del Concilio va detto che ciò che fu tradito fu il Concilio preparato dalle commissioni romane, i cui schemi di costituzione, approvati dallo stesso papa Roncalli, furono buttati a mare, con un vero e proprio colpo di mano, nell’ottobre del 1962, subito dopo l’inaugurazione dell’assemblea. Fu Giovanni XXIII a tradire, per primo, il suo Concilio.



    BENVENUTO PAPA!
    F.COLAFEMMINA,
    Nel marzo 2013 – una data certo significativa – è apparso nelle sale cinematografiche un film dal titolo “Benvenuto presidente!”, interpretato da un comicissimo Claudio Bisio, su sceneggiatura di Fabio Bonifacci. Si tratta di una pellicola non certo ambiziosa nei contenuti che tuttavia sfrutta un elemento comico classico: quello dello “scambio di persone”. Si prende un uomo “del popolo” e lo si pone in una posizione di “élite”, di potere. Svariate sono le pellicole statunitensi nelle quali un anonimo cittadino diventa Presidente per un giorno, o quelle nelle quali un non-politico riesce a sedurre le masse fino a diventare Presidente degli States (penso a “L’uomo dell’anno” con Robin Williams del 2006 o a “Dave – Presidente per un giorno” del 1993 interpretato da Kevin Kline). Ma senza ricorrere necessariamente all’espediente politico-presidenziale possiamo osservare lo stesso meccanismo comico nel film “Il marchese del Grillo”, nell’esilarante episodio dello scambio fra il carbonaio e il Marchese. O ancora nella classica commedia attica di Aristofane “Ecclesiazusae”, dove le donne sostituiscono gli uomini in parlamento.
    Il modello politico è tuttavia quello più calzante all’attuale situazione: un uomo preso dalla strada viene, per un caso imprevedibile, nominato ai vertici di una istituzione percepita come decadente o decaduta, lontana dal popolo e dalle sue esigenze, ammantata da formalismi eccessivi ed elitari. L’uomo della strada si rivelerà un capo carismatico capace di affascinare il popolo, di parlare come il popolo vuole, di superare formalismi inutili, di rivalutare istituzioni decadute, di assicurare insomma un nuovo corso alla Nazione o all’istituzione che presiede, partendo dal basso. Alla fine, tuttavia, siccome ogni bel gioco dura poco, l’uomo della strada ritornerà sulla strada e si concluderà la narrativa comica.
    Dal mese di marzo del 2013 nella Chiesa sta accadendo praticamente la stessa cosa. Con una differenza sostaziale: Bergoglio non era fino al marzo 2013 un uomo “della strada”, bensì un “principe” della Chiesa. Ad ogni modo da marzo 2013 ha assunto su di sé la maschera dell’uomo della strada assurto al vertice della Chiesa Cattolica, dunque si comporta in maniera conforme al ruolo della narrativa corrispondente: niente vacui formalismi, nuovo linguaggio più vicino al popolo e opportunamente pittoresco, offre l’immagine di un rivoluzionario popolare osteggiato da un gruppo di avidi incanagliti rappresentanti del potere decadente, del vecchio corso, fa telefonate a destra e a manca (una caratteristica questa tipica di tutti i film statunitensi del genere e naturalmente anche di quello di Bisio), regala denaro (anche i 50 euro ai barboni per assicurar loro qualche buona confezione di Tavernello), si occupa dei clochard (Bisio li ospita nel salone del Quirinale), degli immigrati, degli “emarginati”, riforma l’istituzione ed è osannato dal popolo come sua diretta espressione.
    Naturalmente questa analisi ci pone dinanzi ad un quesito: Papa Francesco ci è o ci fa? Sarà anche un uomo vicino al popolo, essenziale nei modi, austero nello stile di vita, vicino agli ultimi e di indefettibile fede, ma di certo non possiamo considerarlo un “uomo della strada” che per un caso fortuito, per un colpo del destino, sfidando la maggioranza di coloro che vogliono preservare il potere così com’è, raggiunge un ruolo elitario. E’ stato infatti eletto con una maggioranza schiacciante proprio da coloro che nella narrativa comica avrebbero dovuto ostacolarne l’ascesa o da coloro che nell’attuale narrativa farsesca dei giornali sarebbero terrorizzati dall’azione riformista di colui che hanno eletto. Di più, secondo recenti rivelazioni di Marco Tosatti, Bergoglio sarebbe entrato in Conclave già da Papa, addirittura dopo aver fatto un briefing con alcuni cardinali per valutare i profili dei prefetti delle romane congregazioni. Dunque non può esserci. Semplicemente ci fa.
    E con lui “ci fanno” anche tutti i Cardinali che lo hanno eletto e numerosi vescovi. Ci fanno tutti con una insolita disinvoltura, come se non aspettassero altro che questo “rompete le righe”, questa trasformazione teatrale: la necessità di interpretare la realtà della vita, della morte, del peccato dell’uomo alla luce di una parabola sul potere e le sue conseguenze, sulla riforma del potere come veicolo per rendere più efficace il messaggio cristiano. Come se fossero tutti in attesa, nel nome della collegialità, di un carismatico capo popolare capace di riprodurre la narrativa comica, già attualizzata in politica dall’ascesa in Italia del movimento dei grillini, nella realtà ecclesiale.
    Conosciamo così il plot e gli attori. Sappiamo anche che – in teoria – dovrebbe durare poco. Ancora ignoti sono i registi e gli sceneggiatori. Come pure i produttori di questa pellicola che potremmo intitolare “Benvenuto Papa!”. Siamo certi però che almeno i primi e i secondi si trovino nel collegio cardinalizio. E siano anche numerosi. Tuttavia non vediamo l’ora che giunga qualcuno a dirci, come al termine di ogni commedia latina: “Acta est fabula, plaudite!”.
    Benvenuto Papa! | Fides et Forma



    CATTOLICO
    A soli tre giorni dalla canonizzazione di Angelo Roncalli e Karol Wojtyla una pesante croce eretta in onore di quest’ultimo (in perfetto stile modernista: pericolosa, oltre che brutta) crolla addosso ad un giovane disabile, uccidendolo sul colpo. Si viene subito a sapere, inoltre, che il ragazzo abitava in via Giovanni XXIII, a Lovere, sul lago d’Iseo (nella provincia che ha dato i natali ad Angelo Roncalli). La disgrazia è avvenuta a Cevo, laciltà dell’alta Val Camonica, nel parco dell’Adamello, in provincia di Brescia.
    Altro fatto inquietante: da qualche tempo un dipinto della Madonna incoronata, a Campocavallo, frazione di Osimo, non molto distante da ancona, muove gli occhi. Diverse persone hanno assistito al prodigio, riferendone al Rettore del Santuario. Sembra che quel quadro della Madonna abbia già mosso gli occhi altre volte, verso la fine dell’800.
    Questo prodigio ricorda molto le analoghe mariofanie avvenute nel 1796 a Roma e negli stati pontifici, subito prima dell’arrivo delle armate napoleoniche. Tra l’altro, il caso più eclatante, perché coinvolse direttamente Napoleone, avvenne proprio ad Ancona, quando Napoleone era alle porte, dopo aver già conquistato Bologna e Ferrara. Lì, nella chiesa di San Ciriaco, il 25 giugno 1796, un quadro della Madonna iniziò a muovere gli occhi. Il prodigio durò circa sei mesi. I giacobini locali sottrassero di nascosto il miracoloso dipinto per farlo vedere a Napoleone, che avrebbe così dimostrato che si trattava di un imbroglio dei preti. Napoleone dette subito ordine che il quadro venisse distrutto, ma prima volle vederlo egli stesso: ebbene, presolo in mano, tutti lo videro impallidire improvvisamente e, cosa inusuale per il suo carattere, revocò l’ordine e disse di limitarsi solo a coprire ilo quadro, senza distruggerlo; inoltre restituì alla Vergine tutti gli onori che le aveva tolto. Si veda in proposito l’ottimo libro “Gli occhi di Maria”, di Vittorio Messori e Rino Cammilleri, Edizioni Piemme.
    In quell’occasione, la Madre di NSGC e Madre nostra volle avvertire gli abitanti dell’Urbe e degli stati pontifici dell’imminente persecuzione dei giacobini francesi e dei loro (pochi) fiancheggiatori italiani. Si trattò quindi di una messa in guardia da un pericolo imminente per la Chiesa e per i fedeli.
    Alla luce di queste considerazioni mi sorge spontanea una domanda: semplici coincidenze, quelle attuali, o inviti alla riflessione, alla messa in guardia da qualche pericolo imminente per la fede e per la Chiesa?
    Personalmente, non mi sento di archiviare il tutto come semplici coincidenze, la disgrazia di Cevo e la mariofania di Campocavallo; troppo acceso il dibattito sull’imminente duplice canonizzazione, molto aspra la contesa tra il mondo cattolico tradizionalista ed i progressisti al potere nella Chiesa sull’opportunità (o addirittura sulla legittimità) di tanta tempestività di queste canonizzazioni, mentre altre aspettano da molti anni, o sono ormai state archiviate per evidenti motivi ideologici: si vedano, ad esempio, i processi canonici di Merry Del Val, Segretario di stato di San Pio X e suo stretto collaboratore nella battaglia antimodernista, del vescovo di Arezzo Giovanni Volpi, anch’egli stretto collaboratore di Papa Sarto, e di Eugenio Pacelli, Pio XII (il cui processo di beatificazione sembra sia fortemente osteggiato dalla massoneria ebraica), il papa che ha proclamato il quarto dogma mariano (L’Assunzione di Maria SS.ma al Cielo in anima e corpo).

    Quando la pastorale può cambiare la dottrina? Per esempio parlando ad una persona e poi il mondo lo viene a sapere.
    Comunione “senza problemi”. L’ha detto il papa al telefono
    di Sandro Magister
    Non poteva restare senza una rettifica il racconto fatto dall’argentina Jakelin Lisbona di una sua telefonata con papa Jorge Mario Bergoglio.
    La dichiarazione fatta la mattina di giovedì 24 aprile dal direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, un giorno e mezzo dopo che le parole della donna avevano fatto il giro del mondo con grande clamore, è la seguente:
    “Parecchie telefonate hanno avuto luogo, nell’ambito dei rapporti personali pastorali del papa Francesco.
    Non trattandosi assolutamente di attività pubblica del papa non sono da attendersi informazioni o commenti da parte della sala stampa.
    Ciò che è stato diffuso a questo proposito, uscendo dall’ambito proprio dei rapporti personali, e la sua amplificazione mediatica conseguente, non ha quindi conferma di attendibilità ed è fonte di fraintendimenti e confusione.
    È perciò da evitare di trarre da questa vicenda conseguenze per quanto riguarda l’insegnamento della Chiesa”.
    Ma che cosa aveva detto Jakelin Lisbona, in un’intervista all’emittente argentina Red Am910 di Buenos Ares?
    Sposata civilmente con un divorziato, aveva detto di aver scritto lo scorso settembre al papa una lettera in cui lamentava di aver trovato in parrocchia un prete che le negava la comunione.
    Papa Francesco le aveva telefonato nei giorni scorsi. E – stando al racconto della donna – l’avrebbe incoraggiata ad avvicinarsi alla comunione “senza problemi”. “Mi ha detto di andare a prendere la comunione in un’altra parrocchia”.
    “Ci sono dei preti più papisti del papa”, avrebbe commentato Francesco. Il quale avrebbe assicurato alla donna che “si sta occupando dell’argomento”, con riferimento al prossimo sinodo sulla famiglia, e avrebbe utilizzato allo scopo anche la sua lettera.
    Le parole di padre Lombardi non smentiscono niente del racconto di Jakelin Lisbona. Semplicemente lo definiscono “fonte di fraintendimenti e confusione”.
    Perché in effetti, stando così le cose, è come se papa Francesco avesse già messo in pratica la prima delle due vie d’accesso alla comunione per i divorziati risposati caldeggiate dal cardinale Walter Kasper nel concistoro dello scorso febbraio, ma ancora tutte da discutere in un sinodo le cui conclusioni sono previste nel 2016.
    MiL - Messainlatino.it: Quando la pastorale può cambiare la dottrina? Per esempio parlando ad una persona e poi il mondo lo viene a sapere.

    I giorni del dolore – di Faramir
    By Riscossa Cristiana
    Il Papa telefona a Marco Pannella.
    Marco Pannella è il fondatore del Partito Radicale italiano e poi di quello transnazionale. Fra tutte le altre follie di cui si è reso colpevole negli ultimi 60 anni, vi sono i seguenti delitti:
    1) introduzione del divorzio e quindi distruzione della famiglia;
    2) introduzione dell’abortismo, con la legge 194 e quindi morte di milioni di innocenti e propagazione della cultura della morte;
    3) libera circolazione della droga e antiproibizionismo, e quindi morte di un numero immenso di giovani e fallimento della vita di altri milioni;
    4) chiusura dei manicomi, avvenimento che ha messo nelle strade folli disadattati quando non assassini, o li ha rimandati nelle famiglie rovinando la vita ai poveri familiari;
    4) propagazione dell’omosessualismo;
    5) guerra in ogni modo alla famiglia naturale e alla vita;
    6) progetto di legge del partito transnazionale radicale che prevedeva, già una ventina di anni fa, la legalizzazione della pedofilia “non violenta”;
    7) cultura dell’indultismo, il cui fine evidente è quello della depenalizzazione della violenza criminale allo scopo della fomentazione del caos e del terrore nella società civile.
    In generale, è il più diretto responsabile di tutti i mali civili e morali della nostra società.
    Non si è mai pentito di nulla, anzi, ormai più che ottuagenario, continua imperterrito la sua lotta.
    Il suo stesso aspetto demoniaco è specchio della sua anima.
    Inutile continuare a propalare la barzelletta che Gesù andava dai peccatori e quindi anche il papa fa lo stesso. Quando il Signore andava dai peccatori aveva come unico scopo la loro piena conversione, non il dialogo interculturale e di pace, e tanto meno cedeva o sorvolava sui principi.
    Pannella è stato ripreso per tutte le sue orrende colpe? È stato almeno redarguito? Gli è stato almeno detto di tentare di cambiare vita e pentirsi prima della morte e del giudizio di Dio?
    No. È stato invitato a curarsi e a lottare ancora per l’ennesimo indulto.
    Non vi possono essere parole per descrivere quanto accaduto.
    Sono curioso, anzi, ansioso, di vedere i commenti e le giustificazioni che apporteranno vaticanisti veri e vaticanisti aspiranti e sognanti, direttori di agenzie cattoliche, carrieristi e ottimisti, buonisti e papolatri vari. Mi dispiace invece, e profondamente, per tutti quei cattolici che sinceramente amano il papato, ma che purtroppo confondono con leggerezza sentimentale il papato con il papa, l’istituzione con l’uomo, l’amore alla Verità – che è Cristo – con l’amore alla creatura.
    I giorni del dolore ? di Faramir | Riscossa Cristiana





    Piero Vassallo scrive:
    26 aprile 2014 alle 13:19
    Negli anni Cinquanta del xx secolo le vocazioni al sacerdozio erano in aumento, l’ortodossia era rispettata, l’editoria cattolica era in espansione, la pornografia non esisteva, il papato era onorato, i giudizi del papa apprezzati (e temuti dagli avversari), la maggioranza degli italiani rifiutava l’ideologia comunista, la ricostruzione era avviata a felice esito, la società rurale resisteva al richiamo delle metropoli corrotte. Poi venne un uomo chiamato papa buono e … se gli alberi si giudicano dai frutti…

    Ariel S. Levi di Gualdo scrive:
    26 aprile 2014 alle 23,05
    Caro Piero Vassallo.
    … invece oggi, nel 2014, se un ragazzo è stato chiamato da Dio con una autentica vocazione al sacerdozio ed è ricolmo di veri doni di grazia, bisogna dissuaderlo dall’entrare in seminario affinché i rettori in jeans, scarpe da ginnastica e maglioncino non lo obblighino a studiare i testi di “spiritualità” di Enzo Bianchi e non lo licenzino dal seminario dopo avere scoperto che di nascosto leggeva i libri di metafisica di Antonio Livi.
    L’editoria cattolica pubblica testi eterodossi di autori protestanti e le librerie paoline facenti capo alla Pia Società San Paolo vendono nelle loro librerie “cattoliche” i libri di Vito Mancuso e di Andrea Gallo.
    In quanto alla pornografia … beh, basti pensare a quella clericale, per esempio ai preti filmati ai festini gay nel quartiere romano del Testaccio mentre cacciavano le mani dentro le mutande dei cubisti che danzavano sul palco in perizoma.
    Oggi si stanno imponendo tali e devastanti ideologie che sulla musica di “Noi vogliam Dio Vergin Maria” verrebbe voglia di cantare: “aridatece i vecchi comunisti” che un’etica e una morale comunque ce l’avevano, ne sa qualche cosa Pier Paolo Pasolini che per certi suoi vezzi fu sbattuto fuori dal Partito.
    Anche oggi la ricostruzione è avviata: le vecchie canoniche e case parrocchiali di campagna che fino alla fine degli anni Settanta avevano un parroco, oggi sono state trasformate in agriturismi perché dalla fine degli anni Ottanta i vescovi non potevano più garantire neppure un prete che vi celebrasse una Messa di domenica, quindi sono state soppresse come parrocchie; molti vecchi conventi e monasteri sono stati trasformati in hotel e in lussuose case-vacanza.
    Oggi ci sono preti ultra ottantenni che da soli celebrano la Messa in tre diverse parrocchie e tra dieci anni, in certe diocesi, il clero sarà dimezzato e non sarà possibile garantire anche e solo il servizio liturgico domenicale in molte chiese parrocchiali.
    Pur malgrado, pur avendo tutte queste evidenze innegabili sotto gli occhi, continuano indomiti a vestirsi in jeans e scarpe da ginnastica e a mandare i pochi futuri preti a Bose per essere deformati dal falso profeta e dal cattivo maestro Enzo Bianchi …
    Ha ragione lei, Caro Amico, gli alberi si giudicano dai frutti e noi stiamo raccogliendo ciò che è stato seminato.

    Paola scrive:
    27 aprile 2014 alle 25
    La situazione è sempre più spaventosa.
    E tutti i segni che continuano a pervenirci?
    Vi ricordate il fulmine su S.Pietro la notte della elezione? C’è chi scrive che si tratta di un falso e c’è chi dice che è vero. E le colombe uccise? E i vari pellegrinaggi (P.Pio ecc.) con incidenti mortali? E la croce di G.P.II crollata uccidendo un ragazzo invalido che abitava in via Giovanni XXIII?
    Gesù chiama ipocriti chi non sa riconoscere i segni!

    Ultima modifica di Melchisedec; 30-04-14 alle 00:37

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    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    PREGHIERA
    di Camillo Langone
    Sta scritto: “Non tentare il Signore Dio tuo”. In Val Camonica lo scenografo Enrico Job e i suoi committenti ecclesiastici hanno osato e un ragazzo è morto sotto un gigantesco crocefisso che bastava guardarlo per prendersi paura: sia perché orrendo, sia perché ostentante disprezzo verso la forza di gravità. Lo scenografo è defunto da anni e io polemizzo più volentieri coi vivi quindi coi preti che insistono a commissionare opere di arte sedicente sacra ad architetti scimmiottanti Frank Gehry ossia Contini, Fuksas, Sartogo, Scagliarini, Zucchi, tutti quei progettisti le cui chiese ti spingono a guardare in alto ma non per cercare Dio bensì eventuali crepe, da tanto appaiono sfidanti la statica. E’ un’architettura rischiosa e costosa (costruire contronatura ha un prezzo) oltre che sottilmente anticristiana: se il cristianesimo è la religione della realtà, chi snobba la realtà del peso svela, se non un afflato satanico, un’ispirazione gnostica. Sta scritto: “Non tentare il Signore Dio tuo”. Ma vescovi e preti della Cei non ascoltano il Vangelo che leggono.
    Preghiera del 27 aprile 2014 - [ Il Foglio.it › Preghiera ]



    PREGHIERA
    di Camillo Langone
    Perché mi scaldo poco per i canonizzati di ieri? Perché sono proteso verso i canonizzati di domani, i santi ancora sconosciuti, i santi nuovi, i santi vivi. Avendo a disposizione Padre Pio, nell’Italia degli anni Cinquanta chi mai si sarà rivolto a San Potito, martire del Secondo secolo, o a san Trifone, martire del terzo? Uomini di Dio, certo, ma ogni tempo ha i suoi mali peculiari e i suoi peculiari tramiti del bene.
    Oggi forse servirebbe un santo che somigli al prete di “Padre vostro”, film croato a giorni in Italia: è un giovane sacerdote che cerca di rimediare al crollo demografico della sua parrocchia, un’isola della Dalmazia, bucando preservativi. Ovviamente il regista la butta sul ridere ma puoi ridere finché vuoi: il crollo demografico, di là e di qua dell’Adriatico, rimane. Prego perché spunti un santo che ai più risulti scandaloso e stolto: per trasformarlo in santino c’è sempre tempo.
    Preghiera del 29 aprile 2014 - [ Il Foglio.it › Preghiera ]

    PREDICHE
    Rino Cammilleri
    La sera del Giovedì Santo u.s. il Tg5 ha mostrato uno spezzone in cui il francescano Cantalamessa (nomen omen), predicatore ufficiale del papa, arringava i fedeli sullo "scandalo" di dirigenti che pigliano uno stipendio cinquanta volte superiore a quello dei loro dipendenti.
    C’è stato un posto in cui il dirigente pigliava quanto l’operaio, era l’Urss. Chissà quanto ha preso Renzo Piano per fare la mega-chiesa francescana di Padre Pio (soldi dei fedeli, tanti dei quali dipendenti e operai)…
    Antidoti » Blog Archive PREDICHE » Antidoti

    IGNORANZA, CIARLE E BANALITA’
    di L. P.
    Titoliamo così questo nostro servizio perché è impossibile, oramai, data la profluvie di amenità, di superficiale esegesi, di ignoranza e di schietta demagogìa che trabocca dai sacri palazzi, non cogliere quotidianamente lo spunto per interventi critici in funzione di corretta controinformazione.
    Già in altre numerose occasioni abbiamo, in merito, espresso la nostra opinione col corredo di autorevoli fonti quali la Scrittura innanzi tutto e i santi Padri. Qualche lettore potrebbe obiettarci che ai semplici fedeli laici non è consentito criticare il Magistero e, men che mai, il sommo Pontefice. Rispondiamo, affermando che non solo è consentito ma viene loro riconosciuto quale diritto, oltre che dovere, dal CJC che nel canone 212 § 3 così recita:
    “In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa, e di renderlo noto agli altri fedeli”.
    Ciò premesso per debita informazione, diamo corso alla nostra carrellata.
    DOMENICA DELLE PALME – OMELIA PAPALE
    Roma 13/4/2014
    La scorsa Domenica delle Palme, celebrata con la Santa Messa in Piazza San Pietro, papa Bergoglio ha svolto la sua omelìa incentrandola su una domanda: “E io chi sono?”. Nel passare in rassegna le varie possibili figure a cui paragonarsi o in cui identificarsi – Giuda, un popolano festante che accoglie Gesù con la palma, un fariseo, un soldato, un traditore – egli si è visto come Pilato col chiedersi: “Sono io come Pilato? Quando vedo che la situazione è difficile, mi lavo le mani e non so assumere la mia responsabilità e lascio condannare – o condanno io – le persone?” (O. R. 14/4/2014)
    A siffatta domanda è stato naturale e repentino pensare alla paradossale quanto biasimevole vicenda dei Frati Francescani dell’Immacolata, condannati da papa Bergoglio - lo stesso che ora si domanda se mai abbia condannato qualcuno lavandosi le mani e scaricando su altri l’onere della responsabilità - a un regime commissariale ed inquisitorio con cui, tramite la tetra figura del cappuccino padre Fidenzio Volpi, si sta sistematicamente demolendo, frazionando e disperdendo un Ordine religioso che ha la colpa di essere stato fedele e rigorosamente legato alla Tradizione. Per dirla in breve, il reato maggiore, e forse l’unico, consiste nella celebrazione della Messa secondo il Vetus Ordo, in latino, tanto è vero che la soppressione di questa è stata il primo, celere provvedimento, per non parlare, poi, della decisione di stampo sovietico, di esiliare il fondatore – “Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge” (Mt. 26,31) – e con lui, gli intelletti più eminenti, e di far pagare le spese della gestione commissariale allo stesso Ordine nello stile dei tiranni che fanno pagare la pallottola allo stesso condannato.
    Che la vicenda non sia un esempio di tenerezza e di misericordia e non sia una chiacchiera, è dimostrato dalla petizione, con cui si è chiesto l’allontanamento del commissario, e alla quale è arrivato il sostegno di almeno 10 mila firme di persone d’ogni estrazione sociale, compresi molti ecclesiastici.
    Ed allora noi aspettiamo che il Papa risponda alla domanda che si è posto. Se la darà? Sarà possibile conoscerla? Potrà dire: ”Non ho condannato alcuno”?
    LAVANDA DEI PIEDI IN COENA DOMINI
    Centro don Gnocchi – Roma 17/4/2014
    Giovedì santo, giorno in cui si commemorano la Cena, l’istituzione dell’Eucaristìa, la lavanda dei piedi, la consacrazione degli Apostoli quali pastori del gregge cattolico, lo svelamento del traditore e la cattura di Gesù: papa Bergoglio ha voluto officiare la lavanda dei piedi replicando l’eversiva variante del rito già messa in atto lo scorso anno quando, invece di celebrarla in San Giovanni in Laterano con dodici dei suoi cardinali, ha pensato, con colpo teatrale, di farla presso il carcere minorile di Roma, lavando i piedi a dodici detenuti fra cui una giovane islamica. La stampa mondiale ha, con risalto squillante, dato la notizia che anche quest’anno il Pontefice, “Servus servorum”, con atto di profonda umiltà e sublime carità, ha compiuto il gesto di lavare i piedi a dodici persone disabili, dai 16 agli 86 anni, ricoverate presso il “Centro don Gnocchi” in Roma, di diversa nazionalità, patologìa, incluso, naturalmente, un islamico.
    “E fa [Gesù] questo gesto del lavare i piedi – ha spiegato il Pontefice – che è un gesto simbolico: lo facevano gli schiavi, i servi ai commensali che venivano a pranzo o a cena, perché a quel tempo le strade erano di terra e quando si entrava in una casa era necessario lavarsi i piedi. E Gesù – ha proseguito – fa un gesto, un lavoro, un servizio di schiavo, di servo” (O. R. 17/4/2014).
    Questo è il pensiero centrale del suo discorso che assolve anche a una delucidazione storica. Osserviamo, però, in questa descrizione, una lieve discrepanza perché le strade, essendo polverose, la lavanda più che essere un atto simbolico, come afferma il papa, diventa una necessità igienica. Vedremo come Gesù ne farà, invece, un segno di sublime e sacra significanza.
    Il lettore penserà che l’aggettivo “eversivo”, sopra adoperato, sia, per tale vicenda e per la valenza dell’atto pontificio, particolarmente esagerato ed irriguardoso. Noi, Vangelo alla mano, dimostreremo come papa Bergoglio, qui come in tanti altri passi, abbia “interpretato” la parola di Cristo invece di accettarla ed adempierla nel suo chiaro ed inequivocabile significato.
    La lavanda dei piedi che Gesù compie ai suoi discepoli va letta, pertanto, nella sua reale ed unica espressione e di questa daremo ampia spiegazione.
    Vediamo, allora, come stanno le cose.
    Il Vangelo di Giovanni – 13, 1/20 – ci dice che Gesù lava i piedi ai suoi discepoli prima di tutto perché, come spiega a Pietro, diversamente, essi non purificati, non potrebbero “avere parte con Lui” nel Regno dei Cieli e poi per dare loro una profonda e sferzante lezione di umiltà e di carità.
    Ma perché la lavanda dei piedi e non quella della testa?
    Perché per il compimento della missione che Gesù, prima di salire al cielo, avrebbe affidato loro, sarebbe stato necessario “camminare” per il mondo mettendo in preventivo sofferenze, vesciche, piaghe e, perciò, quale segno – e non simbolo, Santità! - di consacrazione e di purezza Gesù lava loro i piedi. Lava i piedi ai suoi discepoli, a coloro che, in quanto “viatores”, viandanti, saranno la struttura umana prima, unica, perenne insostituibile della Chiesa militante; lava i piedi al futuro suo Vicario – Pietro che, una volta ravveduto, dovrà confermare i suoi fratelli (Lc. 22,32) – lava i piedi agli altri, i futuri vescovi che saranno consacrati, da lì a poco, con l’Eucaristìa e con l’ordine di andare missionarii presso tutte le genti. Lava i piedi soltanto ai suoi discepoli, a coloro che scelse all’inizio della predicazione, lava i piedi anche al suo traditore, e solo a loro, perché se avesse inteso diversamente, come intende papa Francesco, Egli avrebbe ordinato a Pietro o a Giovanni di andare per la strade di Gerusalemme e di condurgli dodici tra poveracci, malati, israeliti, pagani, uomini e donne a cui lavare i piedi. Ma non è così, perché Gesù vuole far intendere che la lavanda è destinata a coloro, agli apostoli, che nel camminare avranno bisogno di sostegno e di conforto. E saranno quei piedi lavati e doloranti che lasceranno l’impronta del sangue del martirio, per persistente e santa memoria dei quali, fino al febbraio del 2013, i Pontefici calzeranno pantofole di panno di rosso, dopo di che, il cristianesimo adulto, pauperistico ed aggiornato del nuovo Papa gesuita, ha pensato bene di metterle nella soffitta delle corbellerie antiquarie per far posto a banali, insignificanti ma telegeniche scarpe di cuoio nero. (Movenze e atteggiamenti che, tuttavia, stridono con quelle scene in cui, da capo della Chiesa, non si rifiuta di apparire al fianco dei potenti di questa terra – atei, massoni, guerrafondai, abortisti, re e regine, presidenti - di inviare messaggi di augurio agli esponenti delle cupole del mondialismo finanziario o di ricevere in udienze private e fraterne le eminenze del laicismo).
    Ma torniamo alla lavanda dei piedi. Diciamo e ripetiamo che la sede deputata alla cerimonia papale è la cattedra di San Giovanni in Laterano e non, absit injuria verbis, un qualsiasi carcere, un centro di recupero, o il lodevole e meritevole Centro Don Gnocchi. C’è un tempo per tutto, anche per gli emarginati e sofferenti, ma Cristo ha la precedenza su tutto e su tutti e non è lecito sottrarGli l’omaggio dovuto, pur con la più degna e santa motivazione, quale quella dei poveri perché, come Egli chiaramente dice, “i poveri li avete sempre con voi, ma non sempre avete me” (Gv. 12, 8).
    Ora, noi potremmo comprendere, ma non giustificare, l’entusiasmo e il consenso che siffatta celebrazione suscita presso le masse ondiflue dei cristiani, e presso la stampa mondialista, perché - e sono le statistiche a testimoniarlo - il 76,4 % di essi non apre mai il Vangelo e, quindi, non conosce il passo e non sa il significato della lavanda, e in quanto ai mezzi d’informazione, si capisce come tali ribaltamenti spettacolari piacciano e vengano esaltati ed amplificati, perché sono funzionali al gioco di quelle forze occulte che, in seno alla stessa Chiesa, come ha predetto la Vergine a La Salette e a Fatima, stanno, da decenni, corrodendo ogni segno che sappia di Tradizione.
    Ciò che ci turba e ci indigna è, invece, il silenzio vile e codardo di quanti, teologi, prelati, pastori, parroci, catechisti, che pur avvertendo aria di sovversione, tacciono ed annuiscono come compiaciuti cortigiani. Ma pure per costoro arriverà il “dies irae” quando dovranno dire, ma troppo tardi: “Vae mihi quia tacui!” (Is. 6, 5).
    IGNORANZA, CIARLE E BANALITA’ - di L. P.

    La Madonnina mutilata dalla corona del vescovo
    Scritto da Redazione
    Un incidente che ha destato preoccupazione tra i fedeli e che ha fatto parlare. Come riportato dal quotidiano Libero, sabato scorso, il giorno prima della santifiazione dei due papi, la Madonnina di Civitavecchia ha subito la mutilazione fortuita di una mano. È accaduto nel corso di una cerimonia con cui è stata depositata una corona sul capo della Madonnina, donata da monsignor Girolamo Grillo, che visse i giorni della famosa lacrimazione.
    Non appena la statua è stata ricollocata nella teca, la corona è caduta e ha colpito la mano che teneva la corona del rosario donato da Giovanni Paolo II. Un incidente a cui è stato subito posto rimedio, con un intervento di restauro della statua, ma che inevitabilmente ha fatto parlare, considerando che la domenica successiva a Roma si è svolta la cerimonia per la santificazione dei due papi.
    La Madonnina mutilata dalla corona del vescovo



    PREGHIERA
    di Camillo Langone
    C’era un ordine religioso che era una speranza della chiesa, composto da frati così devoti alla Vergine da chiamarsi frati dell’Immacolata: giovani (l’età media più bassa fra tutti gli ordini), in crescita numerica (altra felice eccezione), fedeli amanti di Madonna Povertà e quindi scalzi anche d’inverno, celebranti messe bellissime, alcune in latino e altre in italiano ma sempre misticissime, indossanti il saio grigio cenere che era il saio di san Francesco (nero e marrone sono colori venuti dopo), cosicché quando vedevi uno di loro camminare svelto per le vie di Firenze ti sembrava animarsi un quadro del Sassetta.
    Un brutto giorno l’ordine si è spaccato e la minoranza è riuscita a ottenerne il commissariamento: il commissario è stato scelto nella persona di un frate di ordine avverso e subito dopo ecco proibita la messa in latino, confinato il fondatore, esiliati i suoi collaboratori, diffusi innumerevoli comunicati dal linguaggio minaccioso e approssimativo (chi odia il latino spesso non ama nemmeno l’italiano), e infine chiuso il seminario, dispersi i seminaristi, distrutte le vocazioni, condannata Madonna Povertà e raschiato il Sassetta.
    Satana esiste.
    Preghiera del 14 dicembre 2013 - [ Il Foglio.it › Preghiera ]

    P.Stefano Manelli: il "regalo" del Commissario P. Volpi per l'81°compleanno
    Il compleanno di Padre Stefano Maria Manelli, uomo di grande Fede, sacerdote esemplare, infiammato di amore per l’Immacolata, la Santa Chiesa ed il Papa è stato il 1 maggio, primo giorno del mese mariano.
    In molti odiano P.Manelli e l'Ordine dei Francescani dell'Immacolata, ricco di vocazioni, perché quei Consacrati e quelle Consacrate vivono di carità volgendo lo sguardo solo a Colui che è stato trafitto sulla Croce per la nostra salvezza.
    La cocciuta ricerca di santificazione, nella semplicità e nella povertà di altri tempi, dei Frati e delle Suore Francescani dell'Immacolata che attingono la loro alta spiritualità dal Serafico Padre San Francesco e da San Massimiliano Maria Kolbe, fa infuriare, con odio quasi diabolico, tutti quelli che vorrebbero trascinare i Consacrati verso la voragine della sterilissima e nirea mondanità, anticamera della dissoluzione spirituale della Chiesa attraverso il solito iper-ossequio alla modernità fatto di adeguamenti e di aggiornamenti ...
    Disprezzando dunque le mode effimere e passeggere i frati dell'Immacolata (come il popolino ama chiamarli) sono ossequiosi del Magistero autentico della Chiesa di sempre senza giammai cadere nelle trappole della spettacolarizzazione della vita religiosa.
    Preghiamo per l’anziano uomo di Dio P.Stefano Manelli affinchè la sua sofferenza, obbedientemente accettata nel più assoluto riserbo, riceva la consolazione dalla Madonna Santissima Immacolata; in questo mese mariano abbiamo però il dovere di pregare cristianamente anche per i persecutori di P.Manelli, piccoli uomini in cerca di visibilità, perchè il Signore Risorto faccia loro riscoprire la vera via nella gioia e nella carità dell’amore fraterno.

    Religioso non può visitare la tomba del padre
    Padre Manelli fondatore Ffi, bloccato da Commissario Ordine.
    (ANSA) - NAPOLI, 2 MAG -
    Al fondatore dei Frati Francescani dell' Immacolata, Padre Stefano Maria Manelli, 81 anni, è stato vietato dal Commissario apostolico dell'Ordine, Fidenzio Volpi, di recarsi il 1 maggio a Frigento (Avellino) per visitare la tomba dei genitori, riconosciuti dalla Chiesa come Servi di Dio e celebrare una Messa.
    Lo ha reso noto l' avvocato Bruno Lucianelli.
    Il divieto sta provocando forti reazioni. Alcuni fedeli stanno valutando una denuncia alla Corte europea dei diritti dell' uomo.


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    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Gli ultimi preti pacelliani
    Nel 2012 le vacanze di Natale le ho trascorse in una casa di villeggiatura immersa tra le montagne, a mille chilometri di distanza da dove risiedo. Ero ospite di un lettore del blog che mi ha gentilmente invitato nella sua seconda casa per poter passare alcuni giorni di riposo, meditazione e preghiera in solitudine (alcuni giorni sono rimasto completamente solo come un eremita).
    Ad alcuni chilometri di distanza c'è un piccolo paesino nel quale nei giorni festivi viene celebrata una Messa. Una domenica è venuto a celebrare un anziano prete. Che edificazione!
    Era uno di quei preti vecchio stampo, formatosi ai tempi del grande Papa Pio XII. Nella mia diocesi i preti che usavano abitualmente la talare penso che ormai siano morti tutti. Dunque mi ha fatto piacere rivedere un prete diocesano vestito con il tradizionale abito ecclesiastico. Tra l'altro lo portava con decoro, ad esempio senza che i pantaloni sbucassero da sotto la veste talare. Anche il modo di celebrare era dignitoso, pronunciava le parole con tono grave e solenne come si conviene per un rito sacro. Mi è piaciuta molto la sua omelia incentrata sul tema della famiglia cristiana (era la domenica della Sacra Famiglia). Il suo gergo era tipicamente pacelliano, energico, combattivo, da vero cristiano militante, era un piacere ascoltarlo. Altro che le noiose e inconcludenti omelie "politicamente corrette" che vanno di moda in tante parrocchie italiane!
    Ormai ne sono rimasti pochi di questi "preti di una volta". Prima di uscire di chiesa ho dato un ultimo sguardo fugace in sacrestia per "immortalare" nella mia mente quel prete edificante. Chissà se mi capiterà di incontrare ancora un prete pacelliano.
    Cordialiter, il blog sulla Tradizione Cattolica: Gli ultimi preti pacelliani



    Francescani dell’Immacolata. La cattiveria allo stato puro: vietato a P. Manelli di recarsi a visitare la tomba dei genitori–
    di Michele Majno
    By Riscossa Cristiana
    Siamo curiosi di sapere cosa dirà ora il Kommissario che dal luglio dello scorso anno è intento alla demolizione dei Francescani dell’Immacolata. Quando si fanno le carognate – scusate il termine, ma non me ne vengono in mente altri – è un po’ difficile trovare giustificazioni. Perché la cattiveria, la carogneria, oltre che cattiva è stupida, non ha motivazioni, se non quell’astio che consuma gli animi degli uomini che si nutrono dei sentimenti peggiori.
    Il 1° maggio, lo ha ricordato anche Riscossa Cristiana, p. Stefano M. Manelli, il fondatore dei Francescani dell’Immacolata, ha compiuto 81 anni. Per l’occasione, dato che vive nell’assurda situazione di “confino”, tanto più assurda perché imposta a fronte di nessuna colpa e di tanti meriti spirituali, e deve chiedere al Kommissario l’autorizzazione per ogni movimento, p. Manelli aveva chiesto di potersi recare alla tomba dei genitori, entrambi, giova ricordarlo, Servi di Dio.
    Sembra incredibile che possa esserci tanta stupida cattiveria, ma purtroppo è vero: il permesso è stato negato. Il Kommissario, l’omarino che ha distrutto un tesoro della spiritualità francescana, quale era la congregazione dei Francescani dell’Immacolata, ha detto il suo “niet”. Forse si sarà guardato anche allo specchio, inebriato da questo esercizio di orgia del potere e si sarà congratulato con sé stesso (anche perché se non lo fa lui con sé stesso, chi volete che gli faccia le congratulazioni?).
    Come si sente, caro Kommissario, ora che crudelmente e stupidamente ha dato un dolore a un sant’uomo di 81 anni, che voleva celebrare una s. Messa sulla tomba dei propri genitori? Cosa dirà stavolta? Che ci siamo inventato tutto noi? Lo sa che addirittura c’è chi parla di fare un ricorso alla Corte europea per i diritti dell’uomo?
    Non ci preoccupiamo per p. Stefano, perché di sicuro saprà attingere dalla sua grande Fede la forza per sopportare questa ennesima cattiveria e anche per pregare per i suoi persecutori. Ci preoccupiamo per lei, caro Kommissario. Già, perché, indipendentemente dal fatto che lei ci creda ancora o no, le ricordiamo che, prima o poi, tutti dobbiamo render conto a Dio di ciò che abbiamo fatto.
    Francescani dell?Immacolata. La cattiveria allo stato puro: vietato a P. Manelli di recarsi a visitare la tomba dei genitori ? di Michele Majno | Riscossa Cristiana

    La Chiesa italiana vuole ancora preti o cerca assistenti sociali? Il "caso" don Ciotti
    Con il cuore sempre più angosciato per la sorte del Clero, nel nostro caso dei Sacerdoti italiani, che rappresentano il futuro per la salute di milioni di anime, pubblichiamo le considerazioni di un sacerdote giustamente preoccupato, anzi preoccupatissimo.
    Maria Mater Ecclesiae ora pro nobis.
    Oggi vado un po' controcorrente.
    Leggo che don Ciotti è intervenuto, perché regolarmente invitato, all'Incontro di preparazione della visita del Papa a Cassano all'Jonio.
    Non deve dare conto a me!
    E non deve dare neppure conto del suo essere diventato, in pochi mesi, l'icona della Chiesa italiana e del suo presbiterio. In tutti posso ravvisarmi, tranne che in don Ciotti.
    Si dirà che è questione di gusti.
    E siccome tutti invocano la libertà dei figli di Dio (che significa tutt'altra cosa) me la prendo pure io: don Ciotti non rappresenta affatto i preti italiani!
    Leggo anche questa sua affermazione: "Abbiamo solo questa vita per amare, amarci, per vivere la profezia del tempo che è vivere questo nostro tempo con responsabilità civile".
    Ecco, di questo chiedo conto. E con me migliaia di preti italiani.
    Lasciamo stare la bufala della profezia, tirata in ballo ad ogni occasione.
    Lasciamo stare anche la logica, e il tempo presente (cronolatria pura!).
    Ma dà proprio tanto fastidio ricordare che Cristo è morto per salvare anime e non per dare cittadini migliori al mondo?
    La salvezza non è disincarnata e il cristiano non è un uomo scisso.
    Questo lo sappiamo!
    Ma non sappiamo più se ancora derivi tutto dalla salvezza.
    La Chiesa italiana vuole ancora preti o cerca assistenti sociali?
    MiL - Messainlatino.it: La Chiesa italiana vuole ancora preti o cerca assistenti sociali? Il "caso" don Ciotti



    È l'ineguaglianza la radice del male sociale?
    Mundabor, ci ha segnalato un lungo articolo davvero graffiante, dal titolo “Inequality is the root of social evil,” riferito al Tweet del 28 aprile di @pontifex.it



    Mundabor ci va giù davvero duro. Mi limito a questo passaggio
    [...] Il cristianesimo ci insegna che il male - e, come conseguenza inevitabile, qualsiasi tipo di male sociale, come la povertà o l'odio sociale - è il risultato della imperfezione di questo mondo, che a sua volta è il risultato della caduta. La ribellione alla legge di Dio dei nostri progenitori - una ribellione che tutti noi ci portiamo dentro, e che è alla radice della peccaminosità dell'uomo - ha causato al mondo di essere afflitto da guerre, carestie, pestilenze, povertà, pervertiti, comunisti, preti modernisti e Jorge Bergoglio.
    [...] Quest'uomo sarebbe incredibilmente inadeguato perfino come un cosiddetto arcivescovo di Canterbury. La sua forma mentis, quando si guarda senza gli occhiali rosa del "ma lui è il Papa", è di un cristianesimo così imbevuto di pensiero laico, che dubito che un un anglicano dalle fede tiepida - certamente non più a sinistra di loro - avrebbe potuto ingoiare la metà delle sciocchezze che costui ci sta regalando da tredici mesi.
    Siamo stati puniti così spettacolarmente, così ovviamente, così alla luce del sole, che non capisco come ci può essere ancora in giro un'anima onesta che non conclude questo: Dio ci sta castigando nello stesso modo in cui abbiamo offeso Lui, dandoci una overdose di quella stupidità indicibile che la generazione del Vaticanodue ha pensato per noi così buona, conveniente, gratuita.
    Grande errore.
    Mundabor
    Tra l'altro in italiano suona così:
    Papa Francesco ‏@Pontifex_it Apr 28
    L’inequità è la radice dei mali sociali.
    Forse vorrebbe dire l'iniquità? Chi è deputato a questo settore dovrebbe almeno conoscere l'italiano. E la traduzione inglese (horizontal inequity), invece, fa pensare proprio all'ineguaglianza, così tradotta anche da altri blog anglofoni sempre su @pontifex.it, dà: "The horizontal inequity is the root of social ills."
    Chiesa e post concilio: È l'ineguaglianza la radice del male sociale?

    CENTRALINO SANTA MARTA – S.C.V.
    di L. P.
    E’ di pochi giorni fa la notizia di una telefonata di papa Bergoglio ad una signora argentina, sposata civilmente con un divorziato, alla quale il Pontefice ha consigliato di recarsi in altra parrocchia ove, almeno questo è l’intento sotteso al consiglio, non conosciuta, avrebbe potuto ottenere la comunione (ma non per questo avrebbe fatto fesso il Padreterno).
    Il capo Ufficio Stampa Vaticana, Padre Lombardi, così come tanti opinionisti e vaticanisti, hanno tenuto a precisare che, ancora una volta, il Santo Padre è stato frainteso. Ci risiamo: un canovaccio che si ripete da tempo, puntualmente e sempre, dopo ogni estemporanea uscita, telefonica o diretta, del Papa il quale sembra non esser capace di parlar chiaro e di aver bisogno dei filtri esegetici della sala stampa o dei tanti laici inebriati ed ammaliati dalla sua figura.
    Omettiamo, per questioni di spazio, e per averne scritto a suo tempo, l’elenco seppur incompleto delle tante telefonate partite dal centralino, vero “call center”, di Santa Marta. Ci soffermiamo, invece, sull’ultima, recentissima e fresca, con la quale papa Bergoglio si è voluto sincerare, personalmente, dello stato di salute del radicale Giacinto, alias Marco, Pannella reduce, sì, da intervento chirurgico ma, ed è questo il motivo dell’accorato intervento papale, in immediato e volontario stato di “astinenza” da acqua quale segno di protesta per le condizioni biasimevoli delle carceri italiane.
    Sua Santità si è sentito in ansia e allarmato dalla notizia, cosicché, contattato dalla radicale Emma Bonino – laurea in “abortologìa a pompa pneumatica cicloaspirante” – ha preso la cornetta – o lo smartphone – e, paternamente, ha raggiunto il santone digiunatore.
    Costui – personaggio benestante, privilegiato, cocco dei salotti e percettore di svariati milioni annui a vantaggio di Radio Radicale - da decenni ci ha abituati e nauseati a queste sortite, e le sue pratiche di inedia o di disidratazione hanno sempre puntato al conseguimento e al riconoscimento dei diritti dell’uomo, cioè: divorzio, aborto, eutanasìa, eugenetica, legalizzazione della droga, vincoli omosessuali, trasgressività, valori in perfetto allineamento con il pensiero laicista, massonico, giacobino. Mai che avesse digiunato per i diritti di Dio, cosa comprensibile soprattutto perché egli è un ateo convinto e nemico, pertanto, della Chiesa Cattolica.
    L’attuale astinenza dall’acqua tendeva a destare l’attenzione sulle condizioni disumane delle carceri italiane e, pertanto, un impegno del Parlamento e del Papa, avrebbe messo in moto un meccanismo di indagine e di iniziative allo scopo di sfoltire il numero dei detenuti. I quali – ricordate Lampedusa? – sono, per la maggior parte, clandestini condannati per reati che, per lo più, afferiscono al traffico della droga o al furto, alla violenza e all’alcoolismo.
    Papa Bergoglio, scrivono titolando in fotocopia le cronache (Il Giornale 26 aprile 2014, pag. 10 ), ha convinto il più anticlericale della politica a sospendere lo sciopero – diciamo noi – dell’acqua, assicurandogli che, sull’emergenza carceri, l’aiuterà, a patto che “sia coraggioso”. Ci mancava questa esortazione che fa il paio con l’altra con cui, settimane fa, sollecitava i cristiani ad aver “il coraggio della felicità”.
    “Una telefonata del papa < converte > il laico Pannella” scrivono compiaciuti tutti i quotidiani arieggiando quella battuta pubblicitaria che diceva “Una telefonata allunga la vita”.
    Strano e puntuale soccorso a uno che, fautore e assertore dell’eutanasìa e del diritto di decidere della propria vita, dovrebbe esser lieto di morire per una nobile causa mentre, invece, trova sempre al momento opportuno qualche buon samaritano che lo convince a salvarsi, a “farsi coraggio”. Oggi ha trovato papa Bergoglio il quale, di rimbalzo, si è intascato l’elogio del massone Giorgio Napolitano che gli ha espresso, nella domenica di canonizzazione di due pontefici, la propria gratitudine per aver portato aiuto e sollievo a un “radicale libero” in predicato di essere, da anni, martire laico! Mai, accidenti! chi lo esorti invece a continuare sino allo sfinimento.
    Non ci fa una bella figura il Pannella, specialmente se gli si accosti la figura impavida e stoica – seppur da condannare ai sensi dell’etica cristiana - dell’irlandese Robert Gerard Sands, detto Bobby (5 maggio 1981), che si lasciò morire d’inedia per identica causa civile, la protesta cioè contro le disumane condizioni a cui, dai protestanti inglesi, erano sottoposti i carcerati irlandesi repubblicani! I secondini anglicani ne rispettarono la volontà, figuriamoci. Ma Pannella è un italiota che conosce gli italioti pronti sempre a soccorrere il vincitore.
    Cari lettori, godetevi la seguente prosa dove tracima la cortigiana piaggerìa con cui ogni minimo fatto del Papa attuale diventa “evento”.
    “Roba da non crederci, il successore di Pietro riesce dove avevano fallito in tanti: presidenti della repubblica, sindaci, capi di partito, amici, avversari, persino Vasco Rossi, alla faccia della vita spericolata. Tutti negli anni impegnati – invano – a chiedere a Pannella di sospendere i ricorrenti scioperi della fame e della sete. Poi arriva la telefonata del papa – avvertito da Emma Bonino, e anche questa è una notizia – e lui, il leader del partito che ha combattuto per il divorzio e per l’aborto, l’uomo delle battaglie anticlericali che voleva abolire il Concordato, il paladino della disobbedienza civile – miracolo! – obbedisce”.
    (Massimo Malpica – Il Giornale, 26 aprile 2014).
    Che ve ne pare?
    Santi subito, tutti e due.
    Il primo per la santa umiltà dimostrata nell’obbedire a cotanto ordine, il secondo per essere riuscito, laddove molti fallirono, a salvare un peccatore inducendolo a bere un bicchiere d’acqua.
    Ora, se accostiamo la figura di questo radicale, integrato nella casta dei privilegiati, a quella macilenta di uno dei tanti uomini e/o bambini di quel terzo mondo affamato ed assetato, volti e visi scheletriti per vera e reale inedia e che, quotidianamente, le tv ci proiettano sollecitandoci al versamento filantropico di piccoli contributi, ci domandiamo con quale coraggio, spirito umanitario e con quale criterio di equità, se non quello dell’opportunismo politico ed espositivo, Bergoglio si sia tanto adoperato, in piena visibilità mediatica (era presente - e te pareva! - il direttore del Tg2 Marcello Masi che ha immortalato l’evento) a colloquiare con questi più che con un poveraccio morto di fame accasciato lungo una strada.
    Vogliamo, a questo punto, far notare come questa telefonata papale segua quel nauseante dialogo fraterno tenutosi, qualche giorno prima – 16 aprile 2014 - tra il direttore de L’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian e il Pannella in questione, e trasmesso su Radio Radicale su temi quali: il dialogo interreligioso, la situazione delle carceri italiane, il cattolicesimo liberale e la laicità.
    Da tutta la trasmissione è emersa la subalternità pavida, compiacente e accomodante del Vian il quale, tra le tante amenità sparate in accordo col Pannella, ha affermato essere, la laicità, una dimensione intrinseca al Cristianesimo; essere, l’Immacolata Concezione, l’origine del femminismo. Notevole, per quanto di indiziario in termini massonici, è poi la seguente sua affermazione:
    “La santificazione dei papi novecenteschi è una novità, nell’editoriale che stiamo per pubblicare non metteremo in luce quello che il corso storico deve ancora dimostrare sulla loro santità, ma il fatto che sono sicuramente figure straordinarie e la < fama sanctitatis > dei due è innegabile, e anche la loro fama di santità laica - (!) - sono gli unici due papi finiti su TIME, e chi li canonizza è il terzo papa che ci è finito”
    Avere capito?
    La pagina di TIME, rivista massonica, è il parametro e della fama e della “santità laica”. Se sconsolante è la prima affermazione, la seconda è completamente sciocca e tipica del salotto clericoprogressista ma altrettanto velenosa perché ipotizza come migliore tipo di evangelizzazione quella che si compie tramite la pubblicistica delle riviste patinate. Più foto in prima pagina e più conversioni.
    Abbiamo rivolto all’esimio direttore una nostra rimostranza rilevando, tra l’altro, la differenza di trattamento che il Papa riserva agli atei e a taluni dei suoi figli – vedi i frati dell’Immacolata – e come, tra i papi novecenteschi, c’è anche San Pio X. Aspettiamo una risposta. Ma siccome abbiamo siglato la missiva con un “vergogna!!!”, pensiamo che difficilmente avremo un riscontro. E questo a prova della mala fede con cui talune coscienze ecclesiali portano avanti la dissoluzione dogmatica e morale della Chiesa.
    CENTRALINO SANTA MARTA – S.C.V. - di L. P.


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    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Sulle spalle
    Pubblicato da Berlicche
    Cos’hanno in comune San Bernardo di Chiaravalle, Anne Catherine Emmerich e Padre Pio?
    Sono tutti e tre mistici, vissuti a secoli di distanza l’uno dall’altro. Gente con un filo diretto con lassù. E tutti e tre hanno parlato di un particolare della Passione di Cristo che i Vangeli passano quasi sotto silenzio.
    Sappiamo che Gesù ha portato la sua croce – forse la sola trave orizzontale a cui è stato poi appeso – nel suo percorso fino al Calvario. Sappiamo chè è caduto più volte, ed alla fine i soldati romani hanno cooptato un passante, tale Simone di Cirene, per aiutarlo nel tratto finale. Normalmente si dà per scontato che la ragione sia lo sfinimento per la flagellazione – una faccenda decisamente sanguinosa – e per le altre percosse e ingiurie subite, tra le quali la corona di spine.
    Ma se la ragione fosse un’altra?
    Bernardo di Chiaravalle, che con Gesù aveva conversazioni mistiche, gli chiese quali tra le sue piaghe fosse la più dolorosa. Gli fu risposto “Io ebbi una piaga sulla spalla, profonda tre dita, e tre ossa scoperte per portare la croce: questa piaga mi ha dato maggior pena e dolore di tutte le altre e dagli uomini non è conosciuta.”
    Da parte sua, la Emmerich, che ha avuto visioni decisamente dettagliate della vita di Cristo, riporta che “c’era una ferita spaventosa sulla spalla che aveva portato il peso della croce, e tutta la parte superiore del corpo era coperta di escoriazioni e profondamente segnata dai colpi di flagello.”
    Quanto a Padre Pio, un sacerdote con cui si intrattenne in conversazione riportò «Con Padre Pio abbiamo parlato solo delle stimmate. L’unica richiesta che ho fatto: quale stigmata gli faceva più male. Ero convinto fosse quella del cuore. Padre Pio mi ha sorpreso dicendo: “No, più male mi fa quella della spalla, di cui nessuno sa e che non è neppure curata”. È quella che faceva più male». Incidentalmente, quel prete allora sconosciuto sarebbe poi diventato Papa con il nome di Giovanni Paolo II.
    Che l’uomo della Sindone mostrasse tracce di lesioni alle spalle si sapeva da un pezzo. Però ora alcuni studiosi hanno pubblicato un articolo in cui si ipotizza che quelle ferite fossero molto peggiori di quanto ipotizzato. Gli scienziati, specialisti in anatomia e traumatologia, asseriscono che l’Uomo della Sindone, «ha subito una lussazione sottoglenoidea dell’omero e un abbassamento della spalla ed ha la mano piatta e un enoftalmo, condizioni che non sono state descritte finora, nonostante i numerosi studi sul soggetto. Queste lesioni indicano che l’Uomo ha sofferto un violento trauma al collo, al torace e alla spalla da dietro, causando danno neuromuscolare e lesioni all’intero plesso brachiale».
    In altre parole: aveva il braccio destro paralizzato e inutilizzabile, a causa di una violentissima botta. I nervi del collo lesionati, l’osso dislocato di più di tre centimetri. Forse una caduta, con un pesante legno sopra? In queste condizioni era assolutamente impossibile che potesse portare un peso come quello della croce – chi ha provato mai a sollevare un tronco anche di modeste dimensioni se ne può rendere conto. Se l’uomo della Sindone è veramente Cristo, non stupisce che si sia dovuto arruolare il Cireneo. Non stupisce che la ferita alla spalla fosse incredibilmente dolorosa, persino più delle altre. Di quelle alle mani e ai piedi, che gli stessi studiosi asseriscono essere causate non da uno solo ma da due chiodi. Di quella finale al costato.
    E’ veramente terribile leggere la descrizione di quanto ha subito quell’uomo. Non credo che riusciamo davvero ad immaginarlo. Figurarsi capirlo. Figurarsi capirlo.
    Sulle spalle | Berlicche



    LETTERA APERTA A PAPA GIOVANNI XXIII
    by guelfonero
    Santità, sono un fedele della Chiesa Cattolica, oggi nell’anno di grazia 2014. Sono trascorsi cinquant’anni da quando Voi siete comparso davanti al Giudizio di Dio, e da allora di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, soprattutto nel Tevere.
    Certo è inutile che io mi metta a raccontarVi anche solo le cose essenziali delle vicende di questi cinquant’anni che ci separano, perché Voi ovviamente sapete già tutto perfettamente.
    Vi scrivo semplicemente per comunicarVi alcuni pensieri che dagli ultimi giorni a questa parte – e Voi sapete meglio di tutti quello che è successo- mi sono venuti in mente, proprio su di Voi.
    Io non conosco ancora molto bene la Vostra vita, certo so della Vostra umile origine, dei Vostri anni giovanili, quando grazie al Vostro vescovo[1], che Voi avete sempre amato, siete andato a completare gli studi ecclesiastici a Roma[2]. So bene poi della stima e amicizia che nutrivate per don Ernesto[3], tanto da farlo Vostro prete assistente la prima volta che Voi offriste il Divino Sacrificio.
    Immagino che in quegli anni di fermento, quando le novità[4] si diffondevano, soprattutto tra i giovani leviti come Voi, proprio all’ombra della basilica della Cristianità, anche Voi foste affascinato da quelle nuove vie, e forse ne provaste anche un certo trasporto. Ma era già l’epoca in cui il mitissimo Pio, dal sommo trono, con l’apostolica Autorità lanciava l’anatema[5].
    E Voi da allora, e per molti anni, studiaste bene di non dare scandalo con queste novità: durante quella gita - così mi pare si narri- Voi non voleste andare a trovare l’autore[6] di quel romanzo che sicuramente Voi avevate letto più volte, perché tale cosa avrebbe potuto comprometterVi la carriera.
    So bene che sentimenti Voi provaste nell’ascoltare le lezioni di apologetica di quel santo gesuita[7], quando in una calda estate venne al seminario della sua città, mentre Voi già avevate dei ruoli[8], so bene che la santa intransigenza di quel friulano –che Dio l'abbia in Gloria!- Vi disgustava veramente tanto: costui non lasciava spazio al minimo dialogo con il mondo, certo e sicuro su una dottrina di venti secoli di lotte, vero milite della milizia divina sulla terra - la Chiesa Cattolica - ; mentre Voi nel vostro cuore nutrivate sentimenti ben più benevoli verso quel mondo che forse non appariva così brutto.
    Voi certo avete avuto in sorte di vivere in un periodo in cui “batteva la storia”, e di cose ne avete viste e fatte vedere tante. Di paesi anche ne avete visti molti, di riti pure, dall’oriente all’occidente[9]. Io non voglio pensare male: c’è chi dice che di riti Voi ne abbiate visti anche troppi[10], io voglio credere di no, e ad ogni modo cambierebbe poco.
    So poi dello stupore che Voi faceste provare nei palazzi patriarcali[11] quando invitavate i capi degli scismatici o delle false religioni, io voglio credere per mostrare loro la luce del santo Evangelo e la verità tutta intera, sicuramente li facevate sentire a loro agio, perché si dice ancora oggi, anzi oggi più che mai, del Vostro carattere “miracolosamente” buono.
    Alcuni insinuano che Voi desideravate ardentemente la somma cattedra della Chiesa Cattolica, molti altri invece dicono che Voi non Ve ne curavate, quando eravate principe. E così quando il grande Pio XII rese l’anima a Dio, poco dopo i signori cardinali elessero Voi, un “umile lavoratore nella vigna del Signore”.
    Certo non mostraste particolari emozioni, anzi le faceste provare agli altri quando decretaste la prima abolizione, e nessuno Vi baciò più la pantofola[12]. Poi serenamente Vi ritiraste “a recitare il rosario, il vespro e la compieta”, stando al racconto del Vostro fedele amico.[13]
    Io credo che Voi abbiate accettato veramente il Pontificato, senza nessuna riserva[14], anche se non siamo tutti concordi su questo, ma sicuramente dopo di Voi si fece e si fa altrimenti.
    Certo Voi avevate nel cuore anche il concilio di Trento, perché mai faceste un atto pubblico palesemente contro di esso. Con ancora più certezza Voi avevate nel cuore anche il mondo, tanto che mai faceste un atto pubblico palesemente contro di esso.
    Voi, caro Papa, quando vi siete trovato a dover obbedire solo a Dio, e tramite Egli alla Chiesa tutta, nella sua storia, sicuramente Vi siete trovato a disagio[15]. Infatti, oltre che ad Iddio, Voi avevate sempre obbedito anche a degli uomini: è un gran mistero di come in quei cinque anni Voi Vi regolaste.
    E così un anno prima di spirare Voi decideste di fare quello che faceste[16], ed è inutile che io Ve lo ricordi. Inutile ricordarVi quel gesto di quel cardinale genovese[17] che in intimità dal terrazzo vaticano Vi ammoniva sul confine che sarebbe sparito tra lo Stato vaticano e lo stato italiano, quasi a significare la fine della distinzione tra cose sacre e profane. Inutile ricordare alla Vostra anima, da mezzo secolo oramai non più sottoposta alla giurisdizione ecclesiastica, il tedio dei giorni che precedettero l’annuncio dell’evento al mondo, i mille dubbi che Voi, forse, aveste allora.
    Così mentre stava succedendo quello che successe – e ripeto che non voglio neppure nominare ciò che avvenne- Voi rendevate l’anima a Dio. Voglio credere come qualcuno dice, che sul letto di morte Voi abbiate detto: “ Mio Dio, cosa ho fatto!”. Voglio credere che di questo fatto mostruoso Voi vi siate debitamente pentito. Con tutto il cuore spero che Voi, dopo la purificazione che Dio stabilì, ora siate in Cielo, e possiate vedere faccia a faccia quel Dio che sulla terra Voi aveste l’onore e l’onere di rappresentare.
    Di là vediate la nostra miseria, e la miseria in cui Voi avete buttato la Chiesa. Di là vediate nel profondo la bestemmia mondiale che si è compiuta nel giorno in cui un tempo i neofiti deponevano le vesti immacolate[18]. Di là… vediate un po’ vicino a che persona hanno appeso il Vostro ritratto, quel giorno in cui la Chiesa è stata umiliata.
    E questa visione, ed è solo il mio auspicio, possa essere l’ultima dolorosissima ed umiliante prova da superare, prima di giungere al Cielo.
    In Domino
    Pacificus
    [1] Monsignor Giacomo Radini Tedeschi, vescovo di Bergamo, il quale si dimostrò benevolo nei confronti dei modernisti.
    [2] Il seminarista Angelo Roncalli, dopo aver studiato al Seminario diocesano di Bergamo, vinse una borsa di studio e si traferì all’Apollinare a Roma.
    [3] Don Ernesto Bonaiuti, capofila del modernismo italiano, poi scomunicato da Papa San Pio X
    [4] Ci riferiamo ovviamente al dilagare dell’eresia modernista nei primi anni del Novecento.
    [5] Ovvero l’Enciclica antimodernista Pascendi Dominici gregis del 1907
    [6] Antonio Fogazzaro, autore, tra l’altro, del romanzo “Il Santo”,posto all'Indice.
    [7] Ovvero Padre Guido Mattiussi SJ che tenne al seminario di Bergamo delle lezioni di apologetica nell’estate 1911
    [8] Insegnante di Storia della Chiesa presso il Seminario di Bergamo
    [9] Giovanni XXIII all’epoca era delegato apostolico in Bulgaria e Turchia.
    [10] Il riferimento alla presunta iniziazione massonica di Roncalli durante la sua permanenza in quelle terre.
    [11] Ci riferiamo a incontri privati dell’allora Patriarca di Venezia Roncalli con esponenti di altri culti e religioni.
    [12] Appena eletto, all’atto di obbedienza dei cardinali, dispensò i cardinali dal ”bacio del piede”.
    [13] Cioè il segretario, Loris Capovilla, oggi “cardinale”.
    [14] La papalità di Giovanni XXIII è discussa nel mondo cattolico integrale, secondo alcuni sarebbe vero Papa, secondo altri (in merito all’apertura del Concilio Vaticano secondo) non avrebbe avuto l’intenzione di fare il bene della Chiesa.
    [15] Cfr. Il mito del ?papa buono?: un articolo di Padre Innocenzo Colosio O.P. | Radio Spada
    [16] Vale a dire la convocazione del Concilio Vaticano II.
    [17] Il Cardinal Giuseppe Siri, arcivescovo di Genova.
    [18] Ci riferiamo alla domenica in Albis, quest’anno caduta il 27 aprile, giorno delle “canonizzazioni”.
    Lettera aperta a Papa Giovanni XXIII | Radio Spada



    USA, Kasper scatenato
    di Marco Tosatti
    Il cardinale Walter Kasper, scelto da papa Bergoglio come relatore alla recente riunione dei cardinali sul tema della famiglia è in un tour americano, dove il 5 maggio è stato ospite della Fordham University per un colloquio pubblico con Cathleen Kaveny, una studiosa del Boston College e per parlare del suo libro “Misericordia”. L’evento, molto ben pubblicizzato, si è svolto davanti a un pubblico numeroso ed è stato twittato dal vivo da Grant Gallicho, co-direttore di “Commonweal”, un sito cattolico americano. Alcune risposte sono state sorprendenti.
    di Marco Tosatti
    Il cardinale Walter Kasper, scelto da papa Bergoglio come relatore alla recente riunione dei cardinali sul tema della famiglia è in un tour americano, dove il 5 maggio è stato ospite della Fordham University per un colloquio pubblico con Cathleen Kaveny, una studiosa del Boston College e per parlare del suo libro “Misericordia”. L’evento, molto ben pubblicizzato, si è svolto davanti a un pubblico numeroso ed è stato twittato dal vivo da Grant Gallicho, co-direttore di “Commonweal”, un sito cattolico americano.
    E’ stato chiesto al cardinale qual è la sua posizione sui divorziati-risposati, e la risposta, twittata da Gallicho, è stata: “Papa Benedetto ha detto che possono essere in comunione spirituale con Cristo, e allora perché non l’eucarestia?”. E ancora: “Uno non può essere in uno stato di comunione spirituale con Cristo se è in peccato grave, perché questo non si può applicare alla ricezione dell’eucarestia?”. La logica del ragionamento ci pare sia questa: se papa Benedetto ha detto che sono in comunione spirituale, allora vuol dire che non sono in stato di peccato grave e quindi possono fare la comunione.
    Ma il porporato tedesco, che evidentemente non è tra i fan né di Benedetto né del Prefetto della Congregazione della Fede, il suo connazionale Gerhard Müller, ha parlato anche di teologia femminista e della suora, Elizabeth Jonhson, pubblicamente censurata nel 2011 dalla Commissione sulla Dottrina dei vescovi USA, guidata all’epoca dal cardinale Donald Wuerl, certamente non annoverato fra i super-conservatori. Kasper ha detto di stimarla molto, e sulla condanna ha aggiunto: “Questa non è una tragedia…Anche San Tommaso fu criticato, dunque è in buona compagnia”.
    Alla suora è stato assegnato il premio annuale della Leadership Conference of Womer Religious (LCWR), l’organizzazione più numerosa di suore americane, rimproverata severamente sia dal card. Gerhard Müller, che ha parlato di “provocazione” sia dal delegato pontificio arcivescovo Sartain. E Kasper ha criticato i colleghi: “Se c’è un problema con la leadership degli ordini religiosi femminili – ha detto – dovete discutere con loro, avere un dialogo con loro, uno scambio di idee. Forse devono cambiare qualche cosa. Forse anche la Congregazione (per la Dottrina della Fede) deve un poco cambiare la sua mentalità. Questo è il modo normale di fare le cose nella Chiesa. Sono per il dialogo. Il dialogo presuppone posizioni differenti. La Chiesa non è un’unità monolitica”.
    USA, Kasper scatenato ? di Marco Tosatti | Riscossa Cristiana



    E chi è Galantino per giudicare i cattolici?
    di Riccardo Cascioli
    «Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche, che praticano l’interruzione della gravidanza». Da non credere che a pronunciare queste parole sia stato il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino, in una intervista pubblicata dal Quotidiano Nazionale lunedì 12 maggio.
    Abbiamo aspettato 24 ore speranzosi in una smentita, in una dichiarazione che spiegasse magari di essere stato frainteso. Invece niente, bisogna rassegnarsi. Questo giudizio, che denota una mancanza di umanità che ti aspetti solo dal peggiore laicista, è proprio di monsignor Galantino. La lettera della donna che pubblichiamo in Primo Piano è la migliore risposta: la forza della testimonianza e della preghiera davanti all’arroganza clericale, che parla di misericordia (per i lontani) e dispensa disprezzo (per i vicini).
    Ma l’enormità della frase citata in apertura rischia di nascondere una serie di affermazioni di monsignor Galantino che meritano invece di essere messe in evidenza. Intanto, il giudizio tagliente su quanti pregano per la vita fa parte di un discorso in cui il segretario della Cei afferma che a proposito della vita, «ci siamo concentrati esclusivamente sul no all’aborto e all’eutanasia» dimenticando che «in mezzo c’è l’esistenza che si sviluppa». Quindi basta rosari davanti alle cliniche e più impegno «per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro». A parte il fatto che non esiste alcun “diritto alla salute” - casomai c’è un diritto a essere curati, ma è un’altra cosa – bisognerebbe aver chiaro che il diritto all’assistenza e al lavoro sono successivi e conseguenti al diritto alla vita, perché solo chi è in vita ha bisogno di un’occupazione e di medici. Senza considerare che i soldi pubblici spesi per finanziare l’aborto all’interno del sistema sanitario nazionale tolgono risorse per assistere i malati veri. Solo una astratta visione ideologica può far diluire il diritto alla vita nel diritto al lavoro o nel diritto all’assistenza. La verità è che si preferisce non parlare più di quella cosa politicamente scomoda che è l’aborto. Non a caso monsignor Galantino nell’intervista sembra aver anche timore di pronunciare quella parola: così dice “interruzione della gravidanza” e “quella pratica”, per indicare l’aborto.
    Peraltro ci piacerebbe sapere chi sono e dove sono tutti questi vescovi e parroci che in questi anni hanno continuamente parlato di aborto, eutanasia, dottrina morale. Probabilmente ci siamo distratti, ma a noi non vengono in mente. Se Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ne hanno parlato – e non certo esclusivamente - è perché si scontravano con una Chiesa che aveva completamente perso il senso del “Vangelo della Vita”, come del resto l’intervento di Galantino conferma.
    Sarebbe bello che il segretario della Cei provasse almeno a riflettere su queste parole della Beata Madre Teresa di Calcutta: «Sento che oggigiorno il più grande distruttore di pace è l'aborto, perché è una guerra diretta, una diretta uccisione, un diretto omicidio per mano della madre stessa. [...] Perché se una madre può uccidere il suo proprio figlio, non c'è più niente che impedisce a me di uccidere te, e a te di uccidere me».
    Ma non finisce qui. Il giornalista domanda qual è il suo augurio per la Chiesa italiana, ed ecco la risposta di Galantino: «Che si possa parlare di qualsiasi argomento, di preti sposati, di eucarestia ai divorziati, di omosessualità, senza tabù, partendo dal Vangelo e dando ragioni delle proprie posizioni».
    Non sarebbe meglio invece parlare, senza tabù, di Cristo visto che da quarant’anni si sta sempre lì a parlare di preti sposati, comunione ai divorziati risposati e omosessualità?
    Visto che anche monsignor Galantino è uno di quelli che ci tiene a recuperare il Cristianesimo delle origini, prendere a modello la Chiesa delle origini, capita a proposito la liturgia di questi giorni che ripropone la lettura degli Atti degli Apostoli. In particolare abbiamo ascoltato il martirio di Stefano e le persecuzioni che ne sono seguite. Ebbene, portato davanti al Sinedrio che già non nutriva particolari sentimenti di simpatia nei suoi confronti, sentiamo come Stefano cerca un dialogo con i lontani, ascolta le loro ragioni non presumendo di avere la verità: «Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l'avete osservata».
    Ci dice san Luca che «all'udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano», dopodiché lo afferrano, lo trascinano fuori città e lo lapidano, mentre Stefano chiede per loro il perdono di Dio. Se oggi celebriamo Stefano come martire è perché né lui né gli apostoli si vergognavano allora di Cristo, andavano all’essenziale non ponendosi troppi problemi sul come farsi accettare dal mondo; davanti alle persecuzioni scatenate come conseguenza dell’atteggiamento di Stefano, non c’è stato un solo apostolo che abbia recriminato sull’atteggiamento inutilmente provocatorio del primo martire, o che abbia detto che in fondo se l’era cercata. E da allora l’esempio di Stefano è stato seguito da tante altre migliaia e migliaia di cristiani, possiamo dire milioni, fino ai giorni nostri.
    Ma in Italia, in Occidente, oggi non ci si preoccupa più di giudicare il mondo e la sua resistenza allo Spirito Santo, anzi chi lo fa – magari pregando davanti a un ospedale dove si consumano «delitti abominevoli» - viene sbertucciato dai propri vescovi. Vescovi che invece mettono in cattedra i “gentili” per fare lezione ai cristiani, che imparino dal mondo invece di giudicarlo. Gli unici ad essere giudicati (male) sono i cattolici.
    E chi è Galantino per giudicare i cattolici?

    Giacomo Zucco
    “Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il Rosario fuori dalle cliniche che praticano l’interruzione di gravidanza”. Notare anche l'espressione ipocritamente corretta "interruzione di gravidanza". Questo è il nuovo segretario generale della CEI.
    Che dopo le prese di distanza contro queste cattivissime persone che, addirittura, si permettono di PREGARE per le vittime degli infanticidi di stato, si concentrerà sul "diritto alla salute e al lavoro", i veri temi di competenza dei cardinali, a quanto pare. La peggiore merda cattocomunista spadroneggia oramai indisturbata nella Chiesa cattolica italiana.



    BERGOGLIO BACIA LA MANO A "DON" MICHELE DE PAOLIS
    by kolbe
    Bergoglio si piega e bacia la mano a "don" Michele De Paolis, fondatore della comunità Emmaus, prete modernista foggiano sostenitore dell'omosessualismo come il defunto Andrea Gallo, che più volte ha esternato opinioni contrarie alla retta ragione e al Magistero solenne della Chiesa:
    Sono stupito del fatto che molti uomini di chiesa ignorano completamente il fenomeno dell’omosessualità, che ormai la scienza ha chiarito in modo inequivocabile: l’orientamento omosessuale non viene scelto liberamente dalla persona. Il ragazzo o la ragazza si scoprono così: è un orientamento profondamente radicato nella personalità, che costituisce un aspetto essenziale della propria identità: non è una malattia, non è una perversione. Il ragazzo o la ragazza omosessuali possono dire a Dio: «Tu ci hai fatto così!»
    (Don Michele De Paolis)
    Alcune persone di chiesa dicono: «Va bene essere omosessuali, ma non debbono avere rapporti, non possono amarsi!» È la massima ipocrisia. È come dire a una pianta che cresce: «Tu non devi fiorire, non devi dar frutto!». Questo sì, è contro natura!
    (Don Michele De Paolis)
    Ho cercato di entrare nella logica del Vangelo; ho voluto guardare le cose dalla parte di Dio. Ho capito che il Padre non esclude dal suo amore nessuno dei suoi figli e non valuta la persona in base ai suoi impulsi sessuali, che sono dotazioni di natura e non scelta volontaria.
    (Don Michele De Paolis)
    «Pochi minuti, ma intensissimi: gli ho parlato delle “pietre scartate”, con cui vivo; gli ho presentato i doni (un crocifisso, un calice e una patena in legno d’ulivo, bellissimi); gli ho comunicato le nostre iniziative in corso per gli immigrati di Lampedusa. E’ rimasto assai contento. Gli ho detto: ”Vorremmo tanto un’udienza per noi di Emmaus. E’ possibile?” “Tutto è possibile. Parlane con Card. Maradiaga e combini lui ogni cosa”. Poi, mi ha baciato la mano! Io l’ho abbracciato e ho pianto»
    (Don Michele De Paolis, sull'incontro con Papa Francesco)
    Bergoglio bacia la mano a ?don? Michele De Paolis | Radio Spada


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    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Interpretazioni autentiche
    di Patrizia Fermani
    Apprendiamo con sollievo da un editoriale di Introvigne sulla Bussola di ieri, del compito, forse meno impegnativo di quanto vorrebbe far credere l’autore, assunto ufficialmente dal suo giornale. Quello di fornire la interpretazione corretta del pensiero papale comunque e dovunque espresso. In piazza, in chiesa, ad alta quota o al microfono degli intervistatori di fiducia o in qualunque altra sede, istituzionale e non.
    L’iniziativa è stata presa generosamente da tempo, probabilmente per colmare la lacuna venutasi a creare dopo che Padre Lombardi, a rinuncia ancora calda, ha bruciato la propria credibilità abbandonandosi a spericolate e fantasiose anticipazioni sulle scelte estetiche e logistiche del futuro ex pontefice.
    Dunque, per sapere di volta in volta cosa intende dire veramente Bergoglio e ottenere così una seria interpretazione “autentica” vicaria, basta rivolgersi alla Bussola e a Introvigne in particolare, che non incontrerà nessuna difficoltà a formularla, almeno fino a quando non si presenti drammaticamente il caso di un “chi credete che io sia? ”. E non vorremmo allora essere nei panni dell’interprete, anche se della sua abilità nessuno può dubitare.
    Comunque il caso ultimo, ormai internazionalmente noto, che ha indotto il nostro ad un intervento chiarificatore, è stato quello di certe dichiarazioni del neo eletto segretario della Cei, delle quali è stata rilevata non a torto anche la scarsa signorilità. Non grave certamente quanto la “scarsa ecclesialità” che ai Francescani della Immacolata è costata lo scioglimento dell’ordine da parte dell’autorità pontificia, ma comunque capace di sollevare qualche dubbio sulla ortodossia cattolica del prelato. Ma il problema che si è presentato all’interprete ufficiale delle cose vaticane è stato ovviamente quello di allontanare il sospetto che il pensiero di Galantino possa essere in qualche modo assimilato a quello del Vescovo di Roma, dal quale bene o male il primo è stato portato dalla periferia calabra alle responsabilità del governo centrale della Chiesa. E, a quanto pare, non proprio in virtù di particolari attitudini teologiche, devozionali, mistiche o culturali.
    La radicale indifferenza, se non un certo disprezzo, ostentati da Galantino verso il tema dell’aborto e più in generale verso i “principi non negoziabili”, in via di essere trasferiti ai Musei Vaticani, secondo Introvigne non dovrebbe far pensare in alcun modo che essa sia condivisa dal vescovo di Roma. Come sarebbe dimostrato dai suoi numerosi riferimenti passati alla necessità che la vita sia difesa dal concepimento alla morte naturale. Riferimenti apprezzabile di certo, ma che di per sé, per vero, non includono affatto la condanna esplicita dell’aborto e la riprovazione di chi lo pratica o lo ha praticato. Anche le norme che tutelano la gravidanza della donna che lavora si preoccupano di salvaguardare il concepito, e anche la mancanza di acqua e di cibo con cui è stata soppressa Eluana sono cause naturali di morte. Dunque si tratta di una proposizione che richiederebbe almeno qualche specificazione.
    E vale anche la pena di ricordare che l’iniziativa “Uno di noi” la cui approvazione pubblica da parte di Bergoglio starebbe ad indicare una grande attenzione per la tutela della vita intrauterina, riguarda in realtà la proposta di non utilizzare gli embrioni umani per la sperimentazione. Ma gli embrioni in questione sono quelli sovrannumerari prodotti nel corso della fecondazione artificiale e normalmente destinati alla soppressione o al congelamento. Nell’ambito cioè di una pratica che rimane contro Dio, contro natura, e contro l’uomo, ma che pure viene via via sponsorizzata sempre più apertamente dalle alte sfere cattoliche per bocca delle proprie appendici giornalistiche.
    Può darsi che sullo sfondo della concorrenza tra collegialità e primato, le divisioni non siano solo di esercizio del potere ma riguardino anche i fondamenti della dottrina cattolica (se è ancora lecito usare un termine diventato imbarazzante nelle scuole teologiche aggiornate).
    Sta di fatto che i cinquantamila della Marcia per la Vita, conclusasi il 4 maggio scorso in piazza S.Pietro, non sembra siano rimasti particolarmente scossi dall’entusiasmo contenuto col quale sono stato accolti al Regina Coeli, dove pure si sono guadagnati un onesto sesto posto, dopo la più fortunata parrocchia di Parma, nelle attenzioni del Vescovo di Roma.
    Aspettiamo da Introvigne una adeguata illustrazione sugli aggiornamenti della etichetta vaticana.
    Interpretazioni autentiche* -* di Patrizia Fermani | Riscossa Cristiana

    Rita scrive:
    17 maggio 2014 alle 12
    Io alla Marcia per la Vita c’ero e sono rimasta molto delusa dalla scarsissima attenzione riservataci dal Papa. Così’ quelli che erano con me. Ci ha fatto male sentirlo così’ freddo nei nostri confronti, ma credo che sopravviveremo lo stesso e lavoreremo per essere di più’ il prossimo anno. E, sarebbe auspicabile, per avere un peso maggiore nella vita sociale e politica del nostro paese. Paese che ha drammaticamente bisogno di persone per bene.

    angelo scrive:
    17 maggio 2014 alle 16:40
    Anch’ io ero in piazza S.Pietro, dato che reggevo lo striscione principale e iniziale della Marcia per la Vita 2014 !
    Effettivamente il Santo Padre ci ha liquidato con un breve accenno !
    E pensare che per preparare la Marcia per la Vita occorre un anno di preparazione , tanti sacrifici, rinunce, sacrifici
    economici, ecc., ma con la convinzione ferrea di fare la cosa giusta, verso i bimbi non nati e verso Nostro Signore !

    IL COMITATO NO194 REPLICA AL TIEPIDO NUNZIO GALANTINO
    Il Comitato NO194 replica al tiepido Nunzio Galantino
    Ieri mons. Nunzio Galantino, segretario generale della CEI, ha dichiarato: Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il Rosario fuori dalle cliniche che praticano l’interruzione di gravidanza, ma con quei giovani che sono contrari a questa pratica e lottano per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro.
    Tale dichiarazione chiama direttamente in causa il nostro comitato (che conta oltre 20 000 iscritti - tutti visi inespressivi - sic!, NdR) che organizza dal novembre del 2012 una 9 ore di preghiera, dalle 9 alle 18, il primo sabato dei mesi dispari all'esterno di 20 ospedali dove si praticano aborti, uno in ogni regione, riportati nel nostro sito no194.org » Sito ufficiale del comitato referendario NO194 per l'abrogazione della L. 194, attraverso il quale ci si può anche iscrivere alla nostra iniziativa, finalizzata ad un nuovo referendum abrogativo della l. 194, che ha legalizzato l'interruzione volontaria di gravidanza nel nostro paese.
    Mi permetto di osservare a mons. Galantino che le sue affermazioni sono in contrasto con l'enciclica Evangelium Vitae del Santo Giovanni Paolo II, che ha sottolineato la centralità e non la marginalità nella dottrina cattolica della sacralità della Vita sin dal concepimento, invitando i cattolici a contrastare le leggi che violino questo principio.
    La preghiera, poi, pratica strettamente e ritualmente religiosa, in questo caso, è diretta ad affermare tali fondamentali prìncipi, il che rende davvero singolare la critica al suo utilizzo da parte dei credenti proveniente da un esponente della Chiesa.
    Quanto all'asserita inespressività dei volti, considerazione sarcastica se non sprezzante assai poco conforme alla carica che mons. Galantino occupa, tanto più perché rivolta contro fedeli intenti in una pratica religiosa, mi limito a sottolineare come durante la preghiera assumano un carattere centrale le parole della stessa e non la capacità recitativa dei fedeli, che deve ritenersi del tutto fuori luogo.
    Concludo invitando i miei iscritti e, da cattolico, i fedeli che condividano le nostre posizioni e le considerazioni sopra esposte, a pregare per mons. Galantino e per la Chiesa Cattolica, in quanto, a mio parere, anche loro, come noi tutti, ne hanno molto bisogno.
    Il Comitato NO194 replica al tiepido Nunzio Galantino | Radio Spada



    Il segretario generale della CEI non crede nel valore della preghiera?
    Mons. Galantino non si accontenta del solito aperturismo conformista ai temi d’obbligo per essere “à la page”. In un’intervista a QN parla in modo sconcertante dei fedeli che recitano il Rosario fuori dagli ospedali in cui si pratica l’aborto.
    di Michele Majno
    A prima vista si direbbe che non ci sia nulla di nuovo nell’intervista che il segretario generale della CEI, Mons. Nunzio Galantino, ha rilasciato ieri a QN. Caratteristica di un certo progressismo, perlomeno dal sessantotto in poi, è di essere prevedibile. Ecco quindi le affermazioni d’obbligo sulla Chiesa che deve parlare di qualsiasi argomento “senza tabù”. Gli argomenti sono ovviamente i soliti: preti sposati, eucarestia ai divorziati, omosessualità. Ovviamente “dando ragioni delle proprie posizioni”. Insomma, facciamo un bel confronto di idee –il sacro “dialogo” – la qual cosa è del resto assai più comoda e facile che insegnare la Verità. Amen. Fin qui, nihil sub sole novum. Ormai ci stiamo corazzando a tutto.
    Però leggiamo bene l’intervista e un passaggio ci colpisce anzi, direi più propriamente: ci scandalizza.
    Interrogato sui “valori non negoziabili”, Mons. Galantino risponde: “Pensiamo alla sacralità della vita. In passato ci siamo concentrati esclusivamente sul no all’aborto e all’eutanasia. Non può essere così, in mezzo c’è l’esistenza che si sviluppa. Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche che praticano l’interruzione della gravidanza, ma con quei giovani che sono contrari a questa pratica e lottano per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro”. Ripetiamo: “non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche che praticano l’interruzione della gravidanza”.
    Al di là del discorso un po’ contorto (cosa c’entrino, ad esempio, le “lotte per il lavoro” con l’aborto, non ci è chiaro, né è chiaro cosa voglia dire “l’esistenza che si sviluppa”), le parole sui fedeli che recitano il S. Rosario di fronte alle cliniche dove si praticano aborti sono chiarissime, e sprezzanti. Questi fedeli hanno, chissà perché, dei visi “inespressivi”. E in ogni caso con loro S. E. Il Segretario Generale della CEI non si identifica, sia ben chiaro.
    Ci hanno sempre insegnato che la preghiera, e in particolare il S. Rosario, se recitata con vera devozione, ha un valore oggettivo, che può essere spesso, come nel caso in oggetto, di riparazione per un peccato gravissimo che si sta commettendo e contro il quale i fedeli non possono far altro che rivolgere la loro preghiera alla Vergine. Forse Mons. Galantino non ha mai visto quanto è capitato di vedere a noi, davanti all’Ospedale Niguarda di Milano. Un gruppo di una decina di fedeli, tra cui alcune signore anziane e un sacerdote. Erano lì a recitare il S. Rosario, perché in quell’ospedale si stavano uccidendo bambini. Davanti a loro, un gruppo di femministe e degni compari, che insultavano e bestemmiavano. Qualche poliziotto gironzolava intorno per vigilare che nessuno venisse alle mani. Il piccolo gruppo di fedeli non ascoltava gli insulti, andava avanti a recitare il S. Rosario, per chiedere perdono per il crimine che si stava consumando, per chiedere che gli sciagurati che lo consumavano si ravvedessero, per chiedere a Dio di non scatenare la Sua ira davanti al fiume di male di cui è capace un’umanità impazzita.
    “La preghiera è la migliore arma che abbiamo; è una chiave che apre il cuore di Dio”. Questo l’ha detto il Santo Padre Pio di Pietrelcina.
    Monsignore, lei non si identifica con quei fedeli. Liberissimo di farlo, fatti suoi. Ma, se ha occasione, guardi meglio quei visi, tutt’altro che inespressivi. Stanno “lottando”, visto che questo verbo le piace, anche loro. Stanno lottando in riparazione di una malvagità che neppure hanno commesso. Sono lì a testimoniare la Fede, l’unica vera Fede, e per farlo sopportano gli insulti e le bestemmie. Quando non capiti di peggio.
    La Chiesa proseguirà nel suo cammino e vedremo dove andrà a finire. Se non sapessimo che le porte degli inferi non prevarranno, saremmo terrorizzati. La Chiesa andrà avanti sulla nuova strada del dialogo e del confronto delle “idee”. Ci saranno tuttavia sempre dei fedeli testardi che continueranno a tenere la corona tra le mani e a recitare tanti Ave Maria. Non saranno preparati nelle nuove dottrine sociopolitiche, non discuteranno di preti sposati, di divorzio e di omosessualità, perché sanno perfettamente che i preti non si sposano, che il Sacramento del matrimonio è indissolubile, che l’omosessualità è un peccato che grida vendetta a Dio.
    Andranno avanti a pregare; lei vedrà i loro volti come “inespressivi”, eppure loro pregheranno, anche per lei, Monsignore.
    Il segretario generale della CEI non crede nel valore della preghiera?* -* di Michele Majno | Riscossa Cristiana

    Diego scrive:
    13 maggio 2014 alle 21:20
    Ormai siamo all’apostasia generalizzata…non ci sono parole per descrivere ciò che stà succedendo…
    In ogni caso Galantino si ricordi quello che ha detto Gesù al riguardo dello scandalo (insultare coloro che recitano il Rosario contro l’aborto è assolutamente scandaloso da parte di un uomo di Chiesa di rango così elevato)!
    Galantino vorrebbe giovani contrari all’aborto ma che lottano per altre cose, tutte materiali (Gesù disse che delle cose materiali si preoccupano i pagani e che noi dobbiamo prima cercare il regno di Dio e la sua giustizia (Mt. 6, 31/34))!
    Io credo che molti alti prelati siano di fatto degli atei che cercano soltanto di piacere al mondo (san Pio X nella Pascendi Dominici Gregis disse che i modernisti sono agnostici che tendono a passare all’ateismo scientifico e storico).

    Cesaremaria Glori scrive:
    14 maggio 2014 alle 15
    D’Agostino, Galantino, Don Gallo, Don Ciotti, Don Farinella, e tanti altri da fare un dizionario, per poi risalire più indietro sino a Kueng, a Don Milani, a Rahner, Schillebbeex, Camara etc etc. da quale pianta sono sortiti? Chiediamocelo una volta per tutte. Non è forse dal Post Concilio? Anche questi sono suoi frutti.

    Fabio scrive:
    14 maggio 2014 alle 18
    Già, il Concilio……. Di frutti cattivi ne ha prodotti una infinità ma qualcuno riesce ad indicarne almeno uno positivo?

    cattolico scrive:
    14 maggio 2014 alle 9:02
    Caro Alberto, quel tal Galantino (a cui non voglio associare nessun titolo sacerdotale od ecclesiastico) mi fa venire in mente le parole dette dalla Madonna a La Salette a proposito dei cardinali “partigiani del diavolo”, che ci sarebbero stati negli ultimi tempi. Penso che il discorso valga anche per vescovi, arcivescovi e semplici sacerdoti. Quindi non si scoraggi e non si lasci provocare, ma segua il consiglio del sommo poeta Dante Alighieri “non ti curar di lor, ma guarda e passa”. Sia lodato Gesù Cristo.

    Fabio 2 scrive:
    14 maggio 2014 alle 6:02
    Galantino dovrebbe dimettersi. Le sue affermazioni sono di una gravità inaudita.
    E’ necessario fare una petizione da inviare al più presto alla Santa Sede per chiedere le dimissioni del presule.
    Io mi rifiuto di riconoscere in galantino un vescovo della Chiesa Cattolica.

    Oreste Sartore scrive:
    13 maggio 2014 alle 22:03
    non capisco come un presule possa dire cose così prive di verità e di carità. e comunque, da Kasper a Maradiaga a Braz de Aviz, osservateli: sono tutti sorridenti (sarà il sol dell’Avvenire?)
    forse è tempo di non limitarsi a commenti tutto sommato benevoli… visto ciò che è in gioco

    almer scrive:
    13 maggio 2014 alle 217
    Un rosario in riparazione delle eresie del Mons.Galantino. Parce Domine

    Federico Fontanini scrive:
    14 maggio 2014 alle 6:18
    Il Galantino pensi piuttosto all’espressione che N.S.Gesù Cristo potrebbe avere quando gli comparirà dinanzi nel giorno del giudizio personale. Galantino, convertiti e sii uomo di Dio, non del mondo. Mater ecclesiae ora pro nobis peccatoribus.

    Reazioni internazionali alle parole di Galantino
    Che le parole potessero essere pietre (e qualcosa di più) lo sapevamo. Ma forse mons. Galantino, fresco di nomina pontificia a segretario della CEI, non lo ha tenuto presente. Le sue sconvolgenti dichiarazioni hanno varcato i confini nazionali. Le prime reazioni dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti.
    di Rita Bettaglio
    Che le parole potessero essere pietre (e qualcosa di più) lo sapevamo. Ma forse mons. Galantino, fresco di nomina pontificia a segretario della CEI, non lo ha tenuto presente. Le sue improvvide e urticanti dichiarazioni hanno indignato, e non poco, tutte quelle persone di buona volontà che si spendono in difesa della vita e pregano davanti alle cliniche abortiste in riparazione dei crimini che ivi si commettono quotidianamente.
    Ma le sconvolgenti dichiarazioni del presule hanno varcato i confini nazionali.
    The Tablet, settimanale cattolico britannico, ha dato notizia di una lettera aperta a mons. Galantino da parte di John Smeaton, Chief Executive della Society for the Protection of Unborn Children. In essa (John Smeaton, SPUC director: My open letter to top Italian bishop on pro-life prayerful witness outside abortion clinics) Smeaton si identifica “con le persone che pregano il rosario fuori delle cliniche abortive, che siano persone inespressive o no”. L’inglese, col suo stile british, si offre d’inviare a Galantino un dettagliato rapporto che dimostra come le iniziative di preghiera diano risultati concreti. Propone inoltre al segretario della CEI un incontro, accompagnato da una collega che ha provato su di sè l’aborto, per discutere insieme dell’intera questione: “May I come to meet you, in the company of one of my colleagues who has had an abortion, and discuss the whole matter with you?” Smeaton invita le persone a scrivere a mons. Galantino tramite la sua diocesi di Cassano allo Ionio, che il Papa visiterà il prossimo 21 giugno.
    Reazioni anche dagli Stati Uniti, dove i vescovi cattolici sono in prima linea coi propri fedeli davanti alle cliniche, in particolar modo quelle di Planned Parenthood. LifeSiteNews (LifeSiteNews Mobile | Italian bishop: ?I do not identify with those who recite the Rosary? outside abortion facilities) che riferisce la vicenda, ha ricevuto molti commenti di lettori, tra cui uno di un non cattolico che esprime il proprio dolore all’udire “un arcivescovo denigrare i miei fratelli e sorelle cattolici che con così tanta devozione danno testimonianza contro il male dell’aborto”. Negli USA non si contano i vescovi cattolici che, inginocchiati sul marciapiede, pregano il rosario coi loro fedeli o celebrano Messa davanti alle cliniche abortiste.
    Basta fare un breve giro sulla rete per averne testimonianza. Il sito della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti ha un’intera, densissima pagina dedicata all’aborto, contenente non solo i pronunciamenti del Magistero, ma molti interventi di vescovi USA (Abortion).
    Molto interessante è la lettera (http://www.usccb.org/about/pro-life-...an-28-2014.pdf) del card O’Malley, arcivescovo di Boston, ai membri del Congresso, scritta all’indomani della grande Marcia per la Vita del 22 gennaio 2014 a Washington, per chiedere al governo federale di rispettare e difendere la vita. Erano mezzo milione a sfidare la neve e il freddo per la 41ma Marcia per la Vita.
    Pochi giorni dopo il cardinale ha preso carta e penna e ha invitato i membri del Congresso a dare il proprio supporto al cosiddetto H.R.7, il No Taxpayer Funding for Abortion Act, proposto dal repubblicano Chris Smith (R-NJ) e dal democratico Dan Lipinski (D-IL) e sostenuto da ben 163 altri congressisti. Questa legge stabilisce che le pratiche abortive non siano a carico dei contribuenti. In un precedente articolo abbiamo parlato della battaglia pro-life vinta nella Settimana Santa dall’arcivescovo Aquila, di Denver, Colorado.
    Direi che i presuli statunitensi non temono l’impopolarità e le eventuali derisioni, mentre pregano. Non le temono Robert Finn, arcivescovo di Kansas City, Joseph Kurtz, arcivescovo di Louisville, Kentucky, Thomas Olmsted, vescovo di Phoenix, Arizona né William Lori, vescovo di Baltimora, Henry Mansell, arcivescovo di Hartford, Michael Cote, vescovo di Norwich o Paul Chomnycky della Diocesi Cattolica Ucraina di Stamford, nè Kevin Joseph Farrell ,arcivescovo di Dallas. Questo solo per fare qualche esempio.
    Per ritornare alle desolanti dichiarazioni del segretario della patria conferenza episcopale rileviamo che ieri i social network erano roventi. Su facebook è nato un gruppo intitolato INESPRESSIVI che raccoglie foto di persone che pregano in riparazione dell’aborto. Le orgogliose dichiarazioni d’inespressività sono state moltissime.
    Reazioni internazionali alle parole di Galantino* -* di Rita Bettaglio | Riscossa Cristiana

    Diego scrive:
    15 maggio 2014 alle 191
    Ci voleva una reazione chiara e decisa alle esternazioni di Galantino!
    Ora, dopo gli appellativi “bacchettoni”, “farisei”, “cristiani ideologici”, “eticisti” e “neopelagiani autoreferenziali”, i veri Cattolici hanno guadagnato un nuovo titolo onorifico (disprezzato dal mondo ma sicuramente MOLTO gradito a Dio)!
    Preghiamo affinchè i “Visi Inespressivi” aumentino in modo esponenziale!!

    Dante Pastorelli scrive:
    15 maggio 2014 alle 20
    Inespressivi, nel senso che non hann’espresso almeno un po’ di stupore sulle parole di Galantino, son anche i vescovi italiani.

    maria scrive:
    15 maggio 2014 alle 19:05
    Meglio ” inespressivi ” che eretici.

    LE SUPERCAZZOLE DEL MONSIGNORE
    BY F.COLAFEMMINA
    di Antonio Margheriti Mastino
    Massì la dico la mia su mons. Nunzio Galantino, voluto da Francesco e forse anche da Bagnasco alla segreteria della CEI. La dico anche se onestamente mai avrei pensato di dover sperperare così parte del mio tempo. Ma siccome sta avendo i suoi 5 minuti di notorietà eccoci qui a dirne. Ne parlo, ma senza volerci perdere troppo tempo, e combattendo con gli sbadigli: comprendete la mia frustrazione se passo or ora dalla lettura di Jean Guitton a questo monsignore che per un lasso di tempo ha guadagnano il centro della inarrestabile fiumana di parole vaticana.
    Quando lo mandarono vescovo a Cassano allo Ionio, mi racconta un amico di quella diocesi, professore di lettere e orgoglioso antico ateo militante, la prima cosa che fece fu mettersi in mostra come fosse il capo dello stato mandando nelle scuole un suo video e laddove fu proiettato… si dovettero chiamare i rinforzi di bidelli per tenere a bada gli studenti che appena aveva aperto bocca già avevano deciso di ignorarlo dedicandosi ad altro. «E non potevo dar loro torto, viste le melensaggini giovanilistiche senza né capo né coda…». Insomma, la mondovisione scolastica di Galantino finì tra schiamazzi e missili di carta lanciati sullo schermo dagli studenti. E ci credo! Fra l’altro nel video affermava: “Noi veniamo guardati dai ragazzi e se loro non ci seguono è perché non trovano niente di entusiasmante APPRESSO A NOI”. Parole sante!
    Mò lo hanno messo alla guida della televisione della CEI, dove, racconta Magister, entra negli studi della rete e non solo si comporta da padrone del vapore lanciando ordini a destra e manca. Di che cosa sia capace di fare in tv, lo abbiamo visto a Ballarò, dove, un mio amico che lavora come tecnico dietro le quinte, mi ha detto “ha messo in imbarazzo tutti col cervellotico clericalese che usava, le capriole verbose che a momenti ci mandava a picco gli indici di ascolto in un paio di minuti e non si sapeva come farlo smettere”.
    Anche se, a onor del vero, un suo collaboratore CEI, da me interrogato, dice che con lui lì si è trovato, ai tempi di Benedetto, meglio che con gli altri, era simpatico, pratico, alla mano, e persino «mediamente ortodosso, per quanto possa esserlo un vescovo italiano». Gli è il fatto che all’epoca era un vescovo fra i tanti.
    Ha un sito personale: e da buon teologo dei poveri non può che avere una home page dove si presenta con una frase del protestante Bonhoeffer. Un teologo che proprio perché luterano e finito nei campi di concentramento – qualità queste che lo rendono “alla moda” il doppio – non può che, al solo evocarlo, di riflesso dare al nostro quell’aurea di cosmopolitismo che possa proiettarlo per incanto nel gotha dei massimi pensatori teologali di qui al XX secolo e da lì all’eternità. Citazioni che possono impressionare l’uomo della strada, anche se nell’oratoria di Galantino predomina una fraseologia frigida e logicamente sconnessa, un miscuglio inestricabile e incomprensibile di para-sociologismi, para-psicologismi e para-teologismi che a non pochi fa scappare la risa a sentirlo. In una parola: una supercazzola con scappellamento a sinistra. Volete una prova? Sentite:
    «Un sentimento religioso che poggia su tracce cristiane infantilistiche, anche nel linguaggio e nelle immagini, che rivelano tutta la loro inadeguatezza e tutta la loro marginalità rispetto a ciò che nel conta nel mondo adulto».
    L’ho postata sul mio profilo facebook, facendo crepare di risa fior di cattolici. A proposito di “mondanità spirituale che rende ridicoli”. Volete la super-mega-cazzola con scappellamento a sinistra che ha fatto il botto? Domandiamoci cos’è la fede? In termini inequivocabili il Galantino ce lo spiega seduta stante: «La fede, senza negare il valore che ha ogni conoscenza razionale, non può essere ridotta a questa, la fede infatti è esperienza di relazione, attraverso la quale il credente viene inserito in un dinamismo di comprensione e di condivisione responsabile».
    Avete capito? Questo è parlare chiaro, ma che dico: è poesia, pensiero in versi, teologia in rima. Dante Alighieri gli fa una pippa a queste supercazzole. Solo alcune cose, sciocchezze, piccolezze, particolari non abbiamo capito, nonostante l’abbiamo letta e riletta venti volte di seguito. Chiedo lumi ai miei cattolicissimi contatti facebook, i quali mi corrono in soccorso: «Relazione/dinamismo di comprensione/condivisione responsabile. Il segreto è tutto qui, in questi tre concetti», dice qualcuno. Sganasciandosi. Un altro quasi mi rimprovera, trattenendosi la panza: «Tu sei poco dinamicamente comprensivo e non condividi responsabilmente, di qui la tua scarsa esperienza di relazione. Questo è il problema tuo, in parole povere». Mi crepo pure io.
    Ci sarebbe da ridere per la successiva supercazzola, se non fosse ahimè tragica, pronunciata per rendersi “bello” agli occhi del suo capo, imitandolo e facendogli il verso nelle improvvide esternazioni lassiste, e va da sé inciampando nella sua livrea, fino a dover fare una penosa smentita poi, che oltre ad essere una notizia data due volte è anche peggiore dell’esternazione stessa:
    «Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il Rosario fuori dalle cliniche che praticano l’interruzione di gravidanza, ma con quei giovani che sono contrari a questa pratica e lottano per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro».
    Personalmente, io, guardo Galantino e non mi identifico con la sua espressività eppure lotto perché anche lui un giorno abbia diritto ad un lavoro dignitoso…
    Perché in pratica ha detto che dei ragazzi, che sono contrari all’aborto e lottano per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro, la cosa che a lui non piace sono i loro visi inespressivi mentre recitano il rosario. Un vaticanista commenta: «Visi inespressivi? Forse stanno pensando a quello che recitano…». Al contrario di tanti vescovi che recitano senza pensare. Viene un altro dubbio: il monsignore vorrebbe identificarsi “con quei giovani che sono contrari a questa pratica“: ma a quale “pratica” si riferisce, all’aborto o alla recita dei rosari? Per di più ha detto “interruzione di gravidanza” mica aborto: in questo attacco di clericalite acuta è riuscito pure ad essere politicamente corretto.
    Non sottovaluterei anche questo passo: «In passato ci siamo concentrati esclusivamente sul no all’aborto e all’eutanasia. Non può essere così, in mezzo c’è l’esistenza che si sviluppa». Come no! Tra l’aborto e la vita c’è la via di mezzo, il bambino metà vivo e metà morto. Tra l’eutanasia e la vita c’è il vecchio/malato mezzo vivo e mezzo morto. E la “qualità delle persone” che cos’è? La versione 2.0 della santità? “Siate qualitativi, come lo è il Padre mio nei Cieli“. Mah!
    Chi vuole prendere in giro con queste supercazzole con scappellamento a destra, a sinistra e laddove tira il vento? Come può essere considerato credibile se continua a fare simili dichiarazioni?
    Ha ragione il responsabile del sito Et-Et, quel Mallia che conclude: «Andando un po’ oltre, mi veniva in mente questa frase di McLuhan, riferita alla TV (ma buona per ogni media): “E’ il più grande strumento della secolarizzazione”. Quel grande cattolico, senza volere, ha detto una verità valida per molto clero: a contatto con i media, si secolarizzano quasi istantaneamente!».
    Non pensano a Dio quando parlano: ma a quell’autentico strumento di satana che è diventata la maledetta maleodorante “carriera vaticana”. Così questo vescovo pensa solo al papa, a compiacerlo imitandolo, così posticciamente che lo danneggia invece di lusingarlo. I prelati sono per loro natura siffatti, basta che uno di loro si alzi in piedi e detti la linea, e tutti si allineano se questo può incidere nelle loro carriere. Pastori sono pochi; ci stanno impiegati della Chiesa in attesa di uno scatto. Di carriera. Della quale nessuno presto si ricorderà. Contenti loro…
    Post scriptum di F. Colafemmina
    Caro Mastino, la supercazzola da te citata mi ricorda un cameo del Cardinal Braz de Aviz in Amici Miei, ma sì, il tipo sospettato di esser l’amante della moglie del Necchi, quello cui fan sorbire un brodino “corretto”… Una zingarata che oggi vedrebbe comodamente un Francescano dell’Immacolata al posto del Necchi. Ad ogni modo stiamo parlando di maschere tragicomiche che starebbero bene in una commedia di Monicelli, se non fossero inadeguate alla profondità intellettuale del regista. Così il Galantino, un nome che evoca un rinascimento in miniatura, ma che, tolto il rinascimento – presunto – della Chiesa francescana, rischia di restare una miniatura.
    Una Chiesa che miete consensi se si celebra una messa con don Ciotti e si grida: “che le chiese crollino pure, basta che la Chiesa non faccia affari con la politica”. E giù gli applausi vigorosi! Ma sì, prendiamoci pure per i fondelli, visto che don Ciotti risulta essere il primo politicizzato, il primo quanto ad affari con la politica. Uno che pur di piacere ai suoi politici non esita a cantare “bella ciao” al termine della messa.
    Così pure al buon Galantino, cresciuto all’ombra del liturgo Di Molfetta che di recente ha speso qualche centinaio di migliaio di euro per “adeguare” il suo Duomo edificandovi, tra l’altro, un trono episcopale che s’illumina come l’astronave di Star Trek, vien facile gridare “le chiese crollino!” quando lui, in occasione della sua ordinazione episcopale, ha visto il comune di Cerignola rimettere a nuovo la piazza del Duomo e si è fatto pure innalzare il presbiterio del Duomo di mezzo metro, grazie all’erezione di una pedana ricoperta di moquette grigia, pur di rendere ben visibili alle telecamere se stesso, l’ordinante Bagnasco, il liturgo Di Molfetta e il codazzo di vescovi, pugliesi e non, accorsi per addormirsi durante le due ore di sonnolenta cerimonia.
    Ma non si è fermato alla richiesta di un crollo delle chiese. In una climax ascendente di castronerie è riuscito a raggiungere vette degne di Messner. Salvo poi tentare una excusatio con le seguenti “accorate” parole: “spesso purtroppo è più comodo fare e proporre crociate che impegnarsi a “dare ragione della propria fede”, come ci ricorda San Pietro, il quale, aggiunge che bisogna farlo con delicatezza e con rispetto degli altri.”
    Delicatezza, tenerezza, rispetto, e tante analoghe melense buone intenzioni. Espressione di una Chiesa smidollata; i greci antichi avrebbero detto “malakì”, molle, effeminata. I greci moderni parlerebbero invece solo di “malakies”. Anche perché giova ricordare che San Pietro quelli che non tenevano conto delle sue direttive per il bene della Chiesa era solito fulminarli sul colpo, così almeno accadde ad Anania e Saffira.



    Insomma, la tristezza di questi tarapia tapioco è che credono di comunicare con le parole come se fossero antani posterdati con trazione per due a mo’ di supercazzola bitumata… E allora fanno i loro sermoncini e sparano le loro supercazzole con fuochi fatui… per sentirsi umili, quando in realtà farebbero solo bene a tacere! Caro Mastino, a noi non resta pertanto che fare una sola cosa: brindare alla supercazzola prematurata con scappellamento anafestico perché per dirla col conte Mascetti a noi di Galantino e compagni “c’importa sega!”.
    LE SUPERCAZZOLE DEL MONSIGNORE | Fides et Forma




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    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Il patron convertito della tv francese
    Fulvio Fulvi
    È uno degli artefici della TV francese, sce*neggiatore e produttore di documenta*ri, fiction e telefilm che spopolano nelle emittenti transalpine. Thiérry Bizot è un manager tra i più af*fermati nel suo setto*re in Europa. Ha fon*dato nel 1999 con Emmanuel Chain la società Elephant et cie con la quale ha realizzato il film*doc L’argent de la Resistente (2012), il telefilm
    La nouvelle blanche-nei*ge diretto da Laurent Beregui (2011); ha firmato la sceneggiatu*ra della serie TV La famille Zap*pon (2005). Figlio dell’ex governa*tore della Banca di Francia, prima di intraprendere la carriera di pro*duttore si è fatto le ossa come di*rigente dell’Oréal.
    La sua vita è piena di impegni, ha una moglie e tre figli, vive a Parigi. Viene da u*na famiglia borghese e sin da pic*colo non gli è mancato mai nulla. «Ma solo dopo l’incontro amoro*so con Cristo avvenuto sei anni fa, è cambiato il mio sguardo sulle persone e sulla realtà» dice. «Per*ché mi sono accorto che la vera fe*licità sta nel perdono e nell’umiltà. Da allora non sono più l’eroe principale della mia vi*ta e mi sento amato come non mi era mai capitato prima». Sulla sua conversione, che in Francia ha fat*to scalpore, Bizot ha scritto un romanzo autobiogra*fico ora pubblicato in Italia da Castelvecchi, Cattoli*co anonimo, da cui è stato tratto il film L’amore inat*teso, diretto da Anne Giafferi, che in Francia è stato un vero e proprio caso e che è uscito nelle sale ita*liane nel marzo del 2013.
    Il produttore, nato a Milano nel 1962 e vissuto qui fi*no all’adolescenza, è tornato nei giorni scorsi nella sua città natale per raccontare per la prima volta in Italia la svolta della sua vita. E lo ha voluto fare nella chiesa di Santa Marcellina e San Giuseppe alla Cer*tosa in viale Espinasse, di fronte al parroco don En*rico Nespoli e ai parrocchiani. «Il mio cambiamento è avvenuto proprio nella par*rocchia a 300 metri da casa mia – ha esordito – se*guendo un corso di catechesi che non avrei voluto fa*re: pensavo che i cattolici fossero tutti poveracci, d*e*gli illusi, invece il poveraccio ero io che non vedevo la bellezza della Verità».
    «Io – spiega – non ho avuto una conversione spettacolare, il cambiamento è stato soprattutto nella mia inti*mità, ma adesso in Francia sono diventato, anche per chi prima di cristianesimo non voleva parlare, un cattolico di servizio: mi chia*mano nei talk show, nelle radio, mi chiedono di spiegare quello che succede nella Chiesa, quan*do si elegge il Papa o quando suc*cede qualcosa che i cosiddetti lai*ci non capiscono. È cambiato il mio sguardo, ma io continuo a cercare quel Cristo che mi ha fat*to conoscere la gioia, amo di più la mia famiglia e mi sento più a*mato. Continuo anche a seguire il catechismo in parrocchia a Parigi perché la Parola di Gesù mi sia sempre più chiara». Il messaggio della Verità deve passare da per*sona a persona, conclude.
    «Devo il mio cammino di fede a un insegnante di mio figlio: mi chiamò a scuola perché in quel periodo, a*veva 13 anni, come gran parte degli adolescenti sem*brava privo di energia e non rendeva come prima in varie materie. Dal professore mi aspettavo una re*primenda sui miei doveri di padre, invece mi inco*raggiò cercando il positivo. Alla fine lo ringraziai e lui mi invitò a un corso in parrocchia. Non ci volevo an*dare – prosegue –, i miei amici mi avrebbero preso in giro e anche mia moglie non era entusiasta che io partecipassi a una riunione religiosa. Ma io ci andai lo stesso pensando che quei poveracci avrebbero a*vuto bisogno di un intellettuale come me... Invece fui io a rimanere folgorato dalla Parola di Dio e dalla loro umiltà». E non è stata un’esperienza tutta rose e fiori: «Sono stato toccato nel profondo del mio ani*mo, sono stato sconvolto dal messaggio rivoluzio*nario di Gesù arrivando persino a commuovermi, un cuore duro come il mio...».
    Il patron convertito della tv francese | Spettacoli | www.avvenire.it



    Quelli che odiano i cattolici (da che parte stanno i nostri pastori?)
    Da Libertà e Persona
    di Antonio Socci
    Il “cattoprogressista” Enzo Bianchi, onnipresente sui giornali laicisti, nei programmi di Fabio Fazio, sulle tribune dei vescovi, ieri per la “Repubblica” ha dovuto commentare la condanna a morte della giovane cristiana sudananese Mariam Yahya Ibrahim.
    CUOR DI LEONE
    Bianchi è riuscito, per un intero articolo, a non dire chi sono i persecutori e carnefici di questa povera ragazza e perché ciò accade in Sudan. Infatti nel suo pezzo non troverete mai la parole islam o musulmani, né sharia (la legge islamica con cui si condanna Mariam).
    Leggendo Bianchi nessuno saprà che alla ventisettenne cristiana, laureata in medicina, incinta all’ottavo mese e incarcerata con l’altro figlio, il tribunale musulmano aveva imposto di convertirsi all’Islam, dandole tre giorni di tempo: siccome lei ha dichiarato che resta cristiana, il giudice musulmano ha decretato che verrà impiccata. E prima dell’assassinio dovrà subire anche cento frustate perché – per il regime islamista – avendo lei sposato un cristiano ha commesso il reato di “adulterio”.
    Bianchi queste cose sui carnefici islamisti non le dice. Pur di non nominare l’Islam mena il can per l’aia per migliaia di battute.
    Questo cuordileone – che di solito non lesina critiche ai cattolici – non spende una sola parola critica sull’Islam. Perché?
    Non vuol mettere a repentaglio la sua fama cattoprogressista ed ecumenista? O forse si chiede: chi sono io per giudicare questi religiosi musulmani?
    I lettori di Bianchi così non sapranno che il regime assassino del Sudan, imponendo la sharia, nel 1983 lanciò la jihad contro i villaggi del sud cristiano e ha perpetrato in venti anni il genocidio di due milioni di persone, provocando lo sfollamento di altri cinque milioni. Almeno 200 mila sono state le donne e i bambini cristiani catturati e venduti come schiavi nel Sudan islamico.
    ABBANDONATI
    Ma il cattoprogressismo nostrano non ama raccontare queste cose, come non ha mai amato denunciare i crimini e i genocidi del comunismo (chi siamo noi per giudicare quelle brave persone che sono stati i comunisti?).
    Da una parte dunque c’è la grande tragedia dei cristiani perseguitati e massacrati in tanta parte del mondo. Dall’altra un cattoprogressismo che si fa celebrare nella mondanità dei ricchi salotti laicisti ed evita di esporsi troppo per quelle periferie esistenziali che sono le luride galere sudanesi o pakistane o cinesi o nordcoreane, dove marciscono altre povere madri cristiane, come Asia Bibi, condannate a morte per la loro fede.
    Così tanti poveri cristiani continuano ad essere perseguitati (e abbandonati) sotto molti regimi. Ma da alcuni anni i cristiani sono di nuovo disprezzati e discriminati pure in Occidente.
    ABBANDONATI ANCHE NOI ?
    Nell’Europa del laicismo intollerante e pure in Italia dove – fra un po’ – non potranno nemmeno dire la loro sulla famiglia, sull’ideologia gender, sulla vita, su quella che Benedetto XVI ha giustamente definito “dittatura del relativismo”.
    I pastori in effetti dovrebbero difendere così la fede dei cristiani. Ma oggi vanno per la maggiore quelli che non vogliono scontrarsi col mondo: preferiscono prenderci amabilmente un thè portando i pasticcini. Penso (è solo l’ultimo esempio) a monsignor Galantino, il nuovo segretario della Cei che smania per apparire moderno nelle sue comparsate su giornali e tv, da “Ballarò” a Tv2000. Lui vuole che si segua l’aria che tira e che nella Chiesa si volti pagina e si parli “senza tabù di preti sposati, eucaristia ai divorziati e di omosessualità”. Addirittura si è mostrato sprezzante verso i cristiani che pregano il rosario davanti alle cliniche degli aborti.
    Il popolo cristiano – sulla difesa della vita – invece che Galantino preferisce seguire le testimonianze di Madre Teresa e di Giovanni Paolo II. E’ un popolo fedele e generoso e vive spesso con vero eroismo e ha molti santi nascosti. E’ il popolo accorso in migliaia e migliaia a Roma alla recente “Marcia per la vita” e all’incontro delle scuole cattoliche, ma si sente spesso trattato con freddezza da quei pastori che dovrebbero confortarlo e difenderlo.
    Non ci sono infatti molti pastori che amano queste pecore tanto da prendere il loro odore. Si vedono piuttosto ecclesiastici che seguono il profumo Chanel n. 5 del potere mondano e dei salotti mediatici progressisti, quelli che contano. Credo che come cattolici dovremmo dar loro una strigliata. Perché accadono fatti che lasciano sgomenti. Spesso i cristiani più fedeli – già disprezzati nel mondo – sono trattati a pesci in faccia pure nella Chiesa, mentre invece vengono premiati quelli che combattono e denigrano la fede cristiana.
    DAGLI AL CREDENTE !
    A volte sembra che la fede cattolica convinta sia considerata da certi ecclesiastici progressisti come un pericolo da estirpare. Prendiamo il caso più clamoroso. Attualmente circa 3 mila persone ogni anno lasciano l’abito religioso. Una tragedia. Gli ordini religiosi tradizionali vanno a picco (dal 1965 al 2005, i gesuiti sono a meno 45 per cento, i salesiani a meno 24, i Frati minori a meno 41, i Cappuccini a meno 29, i Benedettini a meno 35 e i Domenicani a meno 39). E gli attuali capi della Congregazione vaticana per la vita consacrata che fanno? Commissariano o riformano gli ordini che stanno crollando?
    No. Hanno commissariato e distrutto l’unica famiglia religiosa – i Francescani dell’Immacolata – che aveva un boom di vocazioni, la famiglia religiosa, amata da Wojtyla e Ratzinger, nota per la sua ortodossia, per la sua rigorosa povertà e disciplina e per la forte dimensione di preghiera e missionaria.
    Un altro esempio. Sono stati proibite quelle intense giornate di preghiera che da anni venivano organizzate – con i veggenti di Medjugorje – e raccoglievano 10 o 15 mila persone, spesso convertite, tornate alla fede. Non si capisce perché i pastori – che non si allarmano per le chiese progressiste vuote – vanno su tutte le furie per i palazzetti dello sport pieni di fedeli che recitano il rosario, partecipano ai sacramenti e ascoltano testimonianze di fede e di carità. Al S. Uffizio rispondono: perché non c’è ancora nessun riconoscimento delle apparizioni di Medjugorije. Va bene, però ci sono i frutti e sono tantissime conversioni e spesso veri e propri miracoli. Possibile che tutto questo ben di Dio allarmi il S. Uffizio mentre invece non lo allarma quello che certi famosi preti progressisti proclamano o ciò che si insegna in tanti seminari e facoltà teologiche da teologi che spesso vanno contro il Magistero della Chiesa?
    KASPER E IL MISSIONARIO
    Se è considerato “pericoloso” che migliaia di persone preghino e frequentino i sacramenti, come si deve considerare quell’inaudita relazione (sulla famiglia) che il cardinale Kasper ha tenuto in apertura del Concistoro (contestata vivacemente dall’85 per cento dei cardinali) e che lo stesso Kasper va ripetendo in giro per il mondo?
    All’alto prelato tedesco, che viene dall’episcopato più ricco e potente, ha risposto un bravo missionario del Pime, Carlo Bussi, 71 anni, da quaranta in Banghladesh, un uomo di Dio che per difendere i più poveri ha rischiato il martirio: “se si procede sulla strada tracciata da Kasper” ha scritto il missionario “si faranno grossi danni, si renderà la Chiesa superficiale e accomodante, si dovrà negare l’infallibilità della Cattedra di Pietro perché è come se tutti i papi precedenti abbiano sbagliato, e si dovrà prendere per stupidi tutti quanti hanno dato la vita come martiri per difendere questo sacramento”.
    Per i cristiani è un’ora di tenebre fitte.
    Quelli che odiano i cattolici (da che parte stanno i nostri pastori?) | Libertà e Persona

    Si è scomunicata la pretessa di “Noi siamo chiesa”
    In questi giorni diverse persone mi hanno scritto per chiedere lumi sulla vicenda della scomunica che sarebbe stata comminata dal Sommo Pontefice alla Signora Martha Heizer, co-fondatrice e presidente dell’organizzazione ultra progressista: “Noi Siamo Chiesa”. Diversi giornali laici e cattolici hanno scritto che il Santo Padre avrebbe scomunicato questa Signora e il suo consorte, tinteggiando spesso il tutto con commenti che poco hanno da spartire con la dottrina e col diritto interno della Chiesa.
    Qualche chiarimento sulla scomunica canonica
    di p. Ariel S. Levi di Gualdo
    Il fatto: Martha Heizer, assieme al consorte Gert, da tre anni a questa parte celebrava una vera e propria parodia eucaristica presso la propria abitazione di Absam alla presenza di diversi fedeli. Dopo accurata indagine da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Vescovo di Innsbruck, Manfred Scheuer, ha notificato la scomunica, prontamente respinta dagli interessati che si sono dichiarati indignati ma soprattutto pronti a proseguire per la loro strada.
    Alle diverse persone che mi hanno chiesto spiegazioni riguardo la scomunica, il funzionamento di questo istituto giuridico e la legittima autorità ecclesiastica preposta a comminarla, debbo anzitutto dire ch’essa non è solo prerogativa pontificia, come sembrano credere in molti. Tutti i vescovi diocesani sono dotati di pieni poteri di governo sulle proprie Chiese particolari e come tali hanno facoltà — talvolta avrebbero proprio il dovere, sebbene di questi tempi molto raramente adempiuto — di comminare scomuniche ai propri sudditi: presbiteri, diaconi, religiosi consacrati e fedeli laici, secondo il diritto e la disciplina regolamentata dal Codice di Diritto Canonico.
    La gran parte delle scomuniche sono latae sententiae (di sentenza già emessa) ossia automatiche, perché ponendo in essere certi comportamenti o azioni delittuose, sia il ministro in sacris sia il fedele laico incorrono ipso facto (sulla base del fatto stesso) in scomunica.
    Proviamo a chiarire con un esempio: se io presbitero proposto ad amministrare le confessioni violassi la segretezza del sigillo sacramentale e divulgassi i contenuti della confessione di un penitente riguardo i peccati confessati, incorrerei latae sententiae nella scomunica legata ad uno dei delicta graviora [qui] la cui remissione è riservata alla Sede Apostolica, non al vescovo diocesano, che in questo e in altri casi specifici stabiliti dal canone non ha facoltà di rimetterla né di assolvermi dal grave peccato che ne deriva e dal quale solo la Penitenzieria Apostolica può impartirmi l’assoluzione ed impormi adeguata penitenza di espiazione.
    Incorrere nell’anatema latae sententiae vuol dire quindi essersi scomunicati da se stessi; l’Autorità Ecclesiastica si limita a prendere atto dell’azione delittuosa ed a notificare al diretto interessato che è incorso in scomunica, comminando semmai le previste sanzioni e pene, che nel caso di un chierico potrebbero essere l’interdetto a celebrare e amministrare i Sacramenti, sino alla vera e propria dimissione dallo stato clericale nei casi di particolare gravità.
    Facendo una comparazione tra Diritto Penale e Diritto Canonico, si potrebbe dire che la scomunica latae sententiae nella quale si incorre ipso facto e la scomunica comminata invece dall’Autorità Ecclesiastica per un particolare comportamento delittuoso portato all’attenzione della stessa attraverso formale denuncia, equivalgono in un certo senso ai reati per i quali è prevista la procedibilità d’ufficio o la procedibilità a querela di parte.
    Ci sono invece vari altri casi, meno eclatanti ma non per questo meno gravi, nei quali sarebbe obbligo del vescovo diocesano comminare severe sanzioni canoniche, per esempio agendo nei confronti di chierici che danno pubblico scandalo e che seminano disorientamento e confusione tra il Popolo di Dio con loro scritti e pubbliche affermazioni colme di livore e quasi sempre intrise di clamorosi strafalcioni dottrinari, visto che l’eresia richiede quella cultura e quella intelligenza teologica che certi “preti sociali” non hanno quasi mai, a partire dal celebre Luigi Ciotti. O come nel caso del presbitero genovese Paolo Farinella, illustre firma della rivista della sinistra radicale e anticattolica Micromega. L’unico problema è che il suo vescovo diocesano è Angelo Bagnasco, il buon vescovo che per non creare malumori politici e polemiche non esitò ad amministrare la Santissima Eucaristia a un uomo vestito da donna, noto e furente diffusore della cultura omosessualista, che gli si presentò dinanzi sui tacchi a spillo, ed al quale post comunionem fu persino permesso, probabilmente come atto di ringraziamento eucaristico, di sproloquiare dall’ambone del presbiterio dal quale si amministra ai Christi fideles la mensa della Parola di Dio, il tutto durante l’azione liturgica del Sacrificio Eucaristico presieduto dal Presidente dei Vescovi d’Italia.



    Se nell’antica iconografia dell’Aquinate il buon padre e il buon pastore era raffigurato attraverso il pio pellicano che col becco si strappa il cuore per i propri figli, oggi molti padri e pastori andrebbero invece raffigurati attraverso la moderna iconografia dello struzzo, per niente pio, che persino dinanzi alla propria ombra rimane così spaventato che d’istinto caccia la testa sotto la terra, lasciando tra l’altro esposta in bella vista la parte più delicata e vulnerabile del suo corpo.
    A dire il vero mi stupisco tutt’oggi che ad essere sanzionato non sia stato invece io, come peraltro fui pedestremente minacciato senza che mai avessi violato alcuna norma canonica; ero solo “colpevole” di avere “leso” la maestà del supremo “dogma” del cardinalato, oggi di gran lunga superiore al Mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio, affermando ieri e ribadendo oggi che il Presidente dei Vescovi d’Italia ha sbagliato e che seguita imperterrito a sbagliare lasciando certi suoi presbiteri liberi di seminare odi ideologici e palesi eterodossie.
    Per quanto riguarda la “pretessa” di “Noi Siamo Chiesa”, non è poi del tutto corretto dire che il Sommo Pontefice ha scomunicato lei e l’augusto consorte progressista. Recita infatti il dettato del comma 2 del canone n. 1378 del Codice di Diritto Canonico: «Incorre nella pena latae sententiae dell’interdetto, o, se chierico, della sospensione: chi non elevato all’ordine sacerdotale attenta l’azione liturgica del Sacrificio Eucaristico».
    Dunque la Signora Martha Heizer, ponendo in essere con deliberata e reiterata ostinazione un atto delittuoso è incorsa in scomunica. Il vescovo della diocesi ha solo provveduto a notificarle che a causa del suo delitto contro la fede cattolica si è tagliata fuori ipso facto dalla comunione dei fedeli, che equivale a dire: ti notifichiamo che ti sei scomunicata da te stessa uscendo in tal modo dalla comunione della Chiesa che verso di te adotterà questi eventuali provvedimenti canonici …
    Diverso è invece il caso del presbitero genovese Paolo Farinella che avrebbe tutte le carte in regola per vedersi revocare per qualche mese dal suo vescovo la facoltà di predicare, di celebrare la Santa Messa in pubblico e di amministrare confessioni, in attesa del suo pieno ravvedimento da un modo di agire, di scrivere e di dissertare in pubblico che risulta profondamente lesivo alla dignità sacramentale dell’Ordine Sacerdotale. Cosa che però non avviene per questioni legate al modo attuale di intendere la carità e la misericordia, purché naturalmente non si tratti dei Francescani dell’Immacolata e di quel “gran criminale” oltre che “notorio eretico” del loro fondatore, perché in tal caso cade la mannaia più impietosa e sebbene molti vescovoni e cardinaloni disapprovino nei propri salotti privati questo commissariamento distruttivo, in pubblico tutti tacciono, timorosi forse di perdere privilegi, prebende e promozioni a miglior sede.
    Per questo motivo bisognerebbe intendersi sia sul diritto che regola la vita interna della Chiesa, sia sul corretto concetto di carità e sul corretto concetto di misericordia, procedendo in questo secondo caso su un piano tutto quanto teologico. Perché quando mancano autorità apostolica e giustizia cristiana edificate sulla virtù teologale cardine della carità, quando il bene diventa male e il male diventa bene, non si può parlare né di misericordia né di perdono, semmai del fautore antico e oggi più che mai operoso nel giocare a fare la scimmia di Dio, come lo definiva il Padre della Chiesa San Girolamo: il Demonio, colui che mira da sempre a invertire bene e male per creare infine un’altra realtà.
    E oggi, purtroppo, pare che ci stia riuscendo a meraviglia.
    Si è scomunicata la pretessa di ?Noi siamo chiesa? ? di p. Ariel S. Levi di Gualdo | Riscossa Cristiana

    Salus animarum suprema lex?
    di Roberto de Mattei
    di Roberto de Mattei
    Le Suore Francescane dell’Immacolata sono un ordine religioso di diritto pontificio, che si distingue per la giovane età media, per il numero delle vocazioni e soprattutto per il rigore con cui vivono il loro carisma, secondo la Regola bollata di san Francesco d’Assisi. Una parte di esse esercita un intenso apostolato missionario dall’Africa, al Brasile, alle Filippine, mentre un’altra parte ha abbracciato la vita contemplativa, in spirito di profonda austerità e preghiera. Le Suore, ispirandosi al modello di san Massimiliano Maria Kolbe, gestiscono case editrici, radio, riviste di grande diffusione popolare, come “Il Settimanale di Padre Pio”. Questo apostolato di conquista, unito all’amore per la Tradizione, è certamente una delle cause dell’odio che si è addensato su di loro e sui confratelli Francescani.
    L’11 luglio 2013, il cardinale Braz de Aviz ha affidato il governo dei Francescani dell’Immacolata, ad un “commissario apostolico”, che in meno di un anno è riuscito a disgregare l’ordine, costringendo i migliori Frati a chiedere le dispense dai loro voti, per uscire da un Istituto ormai ridotto a un campo di rovine e poter vivere in altro modo la propria vocazione.
    Il caso delle Francescane che ora si apre è ancora più grave di quello dell’Istituto maschile. Il pretesto per la “visita” e poi per il commissariamento dei Frati fu la presenza di un piccolo e aggressivo gruppo di “dissidenti”, incoraggiato e alimentato dall’esterno. Nessuna dissidenza si è manifestata invece tra le Suore, che vivono in spirito di unione e carità fraterna. Francescane e Francescani dell’Immacolata, devono essere soppressi soprattutto per il loro avvicinamento alla Tradizione, in conflitto con la prassi della maggior parte degli Istituti di Vita consacrata. Diciamo avvicinamento perché le due congregazioni francescane sono nate e si situano al di fuori del mondo “tradizionalista”.
    Di fronte allo sfascio teologico e pastorale del post-concilio, esse hanno manifestato un attaccamento all’ortodossia della Chiesa che contrasta con la creatività dottrinale e liturgica oggi imperante. La congregazione per i religiosi considera questo sentire cum ecclesia “tradizionale” incompatibile con il sentire cum ecclesia “vaticansecondista”.
    La Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata commise un palese abuso di potere quando pretese di interdire ai Francescani dell’Immacolata la celebrazione della Messa secondo il Rito romano antico. E i Frati commisero un altrettanto evidente errore quando accettarono di rinunciare alla celebrazione della Messa tradizionale. Essi giustificarono la loro rinuncia sulla base di due motivi: l’obbedienza e il bi-ritualismo. Ma il problema di fondo non è il mono o il bi-ritualismo.
    Il fatto è che la Messa tradizionale non è mai stata abrogata e non può esserlo e che tutti i sacerdoti conservano il diritto a celebrarla. Il cardine del Motu proprio di Benedetto XVI Summorum Pontificum del 7 luglio 2007 sta in quella riga che concede ad ogni sacerdote il diritto di «celebrare il Sacrificio della Messa secondo l’edizione tipica del Messale Romano promulgato dal B. Giovanni XXIII nel 1962 e mai abrogato, come forma straordinaria della Liturgia della Chiesa». Si tratta di una legge universale della Chiesa che conferma la Bolla Quo primum di san Pio V (1570). Mai nessun sacerdote è stato punito, o potrebbe esserlo per aver celebrato la Messa tradizionale. Mai potrà essere imposto a dei fedeli, laici o suore che siano, di rinunciare al bene di un Rito canonizzato dall’uso di quasi due millenni di storia della Chiesa.
    L’obbedienza è una virtù, forse la più alta. Ma il problema che oggi si pone nella Chiesa è a chi e a che cosa si debba obbedire. Quando l’obbedienza alle autorità umane, invece di perfezionare la vita spirituale, la pregiudica, mettendo a repentaglio la propria salvezza, deve essere vigorosamente rifiutata, perché bisogna obbedire a Dio prima che agli uomini (Atti, 5, 29).
    Forse il cardinale Braz de Aviz vuole spingere le suore a passare in massa alla Fraternità San Pio X, per poter dimostrare che non c’è spazio possibile tra i tradizionalisti “scismatici” e la Chiesa “conciliare”. Egli sembra dimenticare però due cose: in primo luogo che molti vescovi e addirittura intere conferenze episcopali si trovano oggi separati dalla fede della Chiesa in misura molto maggiore di quanto non sia separata la Fraternità San Pio X dalle autorità ecclesiastiche; in secondo luogo che il diritto canonico permette alle Suore e ai Frati di essere sciolti dai loro voti per riorganizzarsi nella forma di un’associazione privata di fedeli, vivendo la propria vocazione al di fuori di ogni arbitraria imposizione (canoni 298-311).
    La congregazione dei Religiosi rifiuterebbe a 400 suore le dispense dei voti che dovessero chiedere? Sarebbe una brutale violazione di quella libertà di coscienza di cui oggi tanto si parla, e così spesso a sproposito. La dottrina tradizionale della Chiesa considera inviolabile la libertà di coscienza in foro interno, perché nessuno può essere forzato nelle sue scelte, ma nega tale libertà nell’ambito pubblico, o foro esterno, perché solo la verità, e non l’errore ha diritti. I fanatici del Vaticano II teorizzano la libertà religiosa in foro esterno, riconoscendo i diritti di tutti i culti e le sette, ma la negano in foro interno, processando le intenzioni e invadendo l’ambito della coscienza individuale.
    Ma è possibile imporre con la forza, a Frati e Suore, di restare all’interno di un istituto religioso in cui non si riconoscono, perché ne è stata distrutta l’identità? Il principio secondo cui salus animarum suprema lex, è il fondamento non solo del diritto canonico, ma della vita spirituale di ogni battezzato, che deve avere come regola irrinunciabile del proprio agire la salvezza della propria anima.
    Se, in questa prospettiva, qualcuno, seguendo la retta coscienza, volesse resistere agli ordini ingiusti che cosa lo aspetterebbe? Un abbraccio dialogante e misericordioso o la dura politica del bastone? Espulsioni, censure, sospensioni a divinis, scomuniche e interdetti sono ormai riservate solo a chi si mantiene nella fede ortodossa?
    Un’ultima domanda è per il momento senza risposta. Il bastone del cardinale Braz de Aviz è in aperta contraddizione con la politica di misericordia di papa Francesco o ne costituisce una singolare espressione?
    Salus animarum suprema lex? ? di Roberto de Mattei | Riscossa Cristiana


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    Predefinito Re: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Il presente è adesso
    Pubblicato da Berlicche
    Leggevo l’altro giorno che le autorità cinesi stanno eliminando tutte le croci dallle chiese perché “troppo vistose”. In qualche maniera la notizia mi si è collegata con un altro articolo, dove una parlamentare europea asseriva che sì, lei era cattolica, ma non lo dava a vedere.
    Il governo cinese e la parlamentare fanno tutt’e due la stessa cosa, nascondere una presenza.
    Una presenza è qualcosa di presente. Non qualcosa di passato, ricordo più o meno pio, non qualcosa di futuro buono per politici e talk show; presente, ora. Altrimenti non darebbe noia. Quello che dà noia lo nascondiamo, o lo distruggiamo.
    Ciò che non trasforma il presente, che non ha la capacità di farlo, è una fragile illusione. Ciò che si rifugia nella protezione di un passato o verso un futuro che potrebbe arrivare mai è sogno: leggero e inconsistente.
    Se il nostro presente, l’azione nel nostro presente non nasce da un ideale non è che dopo ce lo possiamo appicicare. Senza significato non c’è tempo, dice Eliot. Il presente nasce da un significato, o è una perdita di tempo. Altrimenti è un momento che non c’è, che viviamo senza accorgerci di viverlo, tanto che dopo ci chiediamo che fine ha fatto il nostro tempo.
    Il presente è adesso | Berlicche

    Ratzinger non si è ritirato a vita privata
    Ecco perché abbiamo davvero due Papi
    «Carissimi Fratelli, vi ho oggi convocati anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver a lungo esaminato la mia coscienza davanti a Dio, ben consapevole della gravità dell’atto, in piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di vescovo di Roma, successore di San Pietro…». Del tutto impreviste, dette in latino, a voce bassa, quelle parole furono come una frustata che fece in pochi minuti il giro del globo. E questo anche in Paesi non a maggioranza cattolica e nemmeno cristiana, ma dove si comprese subito la novità storica dell’evento. Non si dimentichi che — stando anche solo alle parole recenti del protestante Obama, dell’ortodosso Putin, dell’anglicano Cameron — il Pontefice romano sarebbe oggi la più alta autorità morale del pianeta.
    Per tornare a quell’11 febbraio, ricorrenza di Nostra Signora di Lourdes, chi conosce il mondo cattolico sa che ancora ci si interroga e ci si confronta, anche duramente. Gli schieramenti sembrano essere due: da un lato i custodi della Tradizione, per i quali la «rinuncia» (non dimissione, non avendo il Papa alcuno in terra cui presentarla), malgrado sia prevista dal Codice Canonico, avrebbe costituito una sorta di defezione, quasi che Benedetto XVI considerasse il suo ufficio come quello di presidente di una multinazionale o di uno Stato. E, dunque, fosse necessario ritirarsi a vita privata al declinare dell’età, in nome di considerazioni efficientiste, respinte, invece, dalla lunga agonia in pubblico scelta da Giovanni Paolo II . Dall’altro lato, ecco lo schieramento di coloro che si rallegrano: la rinuncia sarebbe la fine della sacralità del Pontefice, dell’aura mistica attorno alla sua persona e quindi l’adeguamento del vescovo di Roma alla norma comune a tutti i vescovi, voluta da Paolo VI. Rinunciare, cioè, al governo di una diocesi e ad incarichi ufficiali nella Curia romana al raggiungimento dei 75 anni.
    Sullo sfondo, comunque, restavano domande che sembravano non avere risposta adeguata: perché non scegliere di chiamarsi «vescovo emerito di Roma» (come suggeriva la stessa Civiltà Cattolica) bensì «Papa emerito»? Perché non rinunciare all’abito bianco , pur avendo tolto la mantellina e l’anulus piscatorius al dito, segno della autorità di governo? Perché non ritirarsi nel silenzio di un monastero di clausura, invece di restare nei confini della Città del Vaticano, accanto a San Pietro, confrontandosi spesso — seppur privatamente — con il successore, ricevendo ospiti e partecipando a cerimonie e a canonizzazioni come quella recente di Roncalli e di Wojtyla? Confesso che io stesso mi ero posto simili interrogativi, restando perplesso .
    Una risposta a quelle domande viene ora da uno studio di Stefano Violi, stimato docente di diritto canonico presso le facoltà di Teologia di Bologna e di Lugano. Vale la pena di esaminare quelle fitte pagine, poiché con la decisione di Benedetto XVI si sono aperte per la Chiesa scenari inediti e in qualche modo sconcertanti. È prevedibile che le conclusioni del professore Violi susciteranno dibattito tra i colleghi, visto che questo canonista ipotizza che l’atto di Ratzinger innovi profondamente e che i Papi viventi siano ora davvero due. Anche se uno di loro volontariamente «dimezzato», per dirla in maniera un po’ semplicista ma, ci pare, non errata. Per capire, vanno sgombrati innanzitutto tutto i deliri di dietrologi e complottisti, prendendo sul serio Benedetto XVI che ha parlato del peso crescente della vecchiaia come motivo primo e unico della sua decisione: «In questi ultimi mesi ho sentito che le mie forze erano diminuite… Le mie risorse, fisiche e intellettuali, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero…».
    Ma, studiando in modo approfondito il controllatissimo latino con il quale Joseph Ratzinger ha accompagnato la sua decisione, l’occhio del canonista scopre che essa va ben al di là dei pochi antecedenti storici e anche al di là della disciplina prevista per la «rinuncia» dal Codice attuale della Chiesa. Si scopre, cioè, che Benedetto XVI non ha inteso rinunciare al munus petrinus , all’ufficio, al compito, cioè, che il Cristo stesso attribuì al capo degli apostoli e che è stato tramandato ai suoi successori. Il Papa ha inteso rinunciare solo al ministerium , cioè all’esercizio, all’amministrazione concreta di quell’ufficio. Nella formula impiegata da Benedetto, si distingue innanzitutto tra il munus , l’ufficio papale, e la executio , cioè l’esercizio attivo dell’ufficio stesso. Ma l’executio è duplice: c’è l’aspetto di governo che si esercita agendo et loquendo , lavorando ed insegnando. Ma c’è anche l’aspetto spirituale, non meno importante, che si esercita orando et patendo , pregando e soffrendo. È ciò che starebbe dietro le parole di Benedetto XVI: «Non ritorno alla vita privata… Non porto più la potestà di guida nella Chiesa ma, per il bene della Chiesa stessa e nel servizio della preghiera, resto nel recinto di San Pietro». Dove «recinto» non andrebbe inteso solo nel senso di un luogo geografico dove vivere ma anche di un «luogo» teologico.
    Ecco, dunque, il perché della scelta, inattesa e inedita, di farsi chiamare «Papa emerito». Un vescovo resta vescovo quando l’età o la malattia gli impongono di lasciare il governo della sua diocesi e si ritira a pregare per essa. Tanto più il vescovo di Roma, al quale il munus, l’ufficio, il compito di Pietro, è stato conferito una volta per tutte, per l’eternità intera, dallo Spirito Santo, servendosi dei cardinali in conclave solo come strumenti. Ecco anche il perché della decisione di non abbandonare l’abito bianco, pur privato dei segni del governo attivo. Ecco il perché della volontà di stare accanto alle reliquie del Capo degli apostoli, venerate nella grande basilica. Per dirla con il professor Violi : «Benedetto XVI si è spogliato di tutte le potestà di governo e di comando inerenti il suo ufficio, senza però abbandonare il servizio alla Chiesa: questo continua, mediante l’esercizio della dimensione spirituale del munus pontificale affidatogli. A questo, non ha inteso rinunciare. Ha rinunciato non al compito, che non è revocabile, bensì alla sua esecuzione concreta». Forse anche per questo Francesco non sembra amare il definirsi «Papa», consapevole com’è di condividere il munus pontificale, almeno nella dimensione spirituale, con Benedetto? Ciò che invece ha ereditato interamente da Benedetto XVI è l’ufficio di vescovo di Roma. È per ciò che questa, come si sa, è la sua autodefinizione preferita, sin dalle prime parole di saluto al popolo dopo l’elezione? Tanto che molti, sorpresi, si chiesero perché non avesse mai usato la parola «Papa» o «Pontefice» in un’occasione tanto solenne, davanti alle tv del mondo intero, e avesse solo parlato del suo ruolo di successore all’episcopato romano.
    Per la prima volta, dunque, la Chiesa avrebbe davvero due Papi, il regnante e l’emerito? Pare proprio che questa sia stata la volontà di Joseph Ratzinger stesso, con quella rinuncia al solo servizio attivo che è stato «un atto solenne del suo magistero», per dirla con il canonista. Se davvero è cosi, tanto meglio per la Chiesa: è un dono che ci sia, uno accanto all’altro anche fisicamente, chi dirige e insegna e chi prega e soffre, per tutti, ma anzitutto per sorreggere il confratello nell’ufficio pontificale quotidiano .

    ORA PERFINO IL “CORRIERE” E MESSORI SCOPRONO CHE CI SONO DUE PAPI. RIPETENDO QUELLO CHE AVEVAMO SCRITTO NOI TRE MESI FA. MA FINGONO DI NON SAPERNE LE CONSEGUENZE (RITIRANO LA MANO DOPO AVER LANCIATO IL SASSO)
    Antonio Socci
    Ieri una pagina del “Corriere della sera” a firma Vittorio Messori (col titolo:“Ecco perché abbiamo davvero due papi”), ci ha fatto una rivelazione clamorosa: Benedetto XVI, rinunciando al suo mandato con certe particolari espressioni, ha lasciato “solo il suo potere di governo e di comando sulla Chiesa”.
    Tuttavia mantiene “Il munus, l’ufficio papale” che “non è revocabile”. Ha rinunciato soltanto “alla sua esecuzione concreta”. Ne deriva che la Chiesa avrebbe addirittura “due Papi”, una diarchia.
    La rivelazione è davvero clamorosa. Peccato che sia già stata fatta e commentata – a più riprese, con più dovizia di argomenti – tre mesi prima qui sulle colonne di “Libero” (quattro puntate di una mia inchiesta, a partire dal 9 febbraio).
    Essendo arrivati in ritardo di tre mesi Messori e il Corriere hanno proposto il tutto come se fosse un loro scoop (prendono a pretesto uno dei saggi di canonisti usciti in questi giorni). Senza riferimenti a tutto quel che è successo fra febbraio e marzo.
    GUARDIE SVIZZERE
    Infatti quella mia inchiesta sulle dimissioni del papa, a un anno dalla rinuncia, provocò un’enorme bagarre: le “guardie svizzere” di “Vatican Insider-La Stampa” subito insorsero scandalizzate.
    Andrea Tornielli, il più zelante, il 14 febbraio, dopo le prime tre puntate della mia inchiesta, la scomunicò con queste testuali e surreali parole:
    “(a un anno dalle dimissioni) si sono letti tanti commenti e analisi. In alcuni – vi confesso che a leggerli sono rabbrividito – si adombra quasi l’idea di una diarchia, se non addirittura il fatto che il ‘vero’ Papa rimane Ratzinger. E purtroppo non mi riferisco soltanto alla galassia dei seguaci delle profezie – o delle pseudo-profezie – apocalittiche, ma anche a firme dalle quali nessuno si sarebbe potuto immaginare prese di posizione simili appena un anno fa. Per non parlare di quanti, non sentendosi oggi più così ‘confermati’ in certe loro visioni, battaglie culturali, strategie pastorali, presenzialismi da primi della classe e schemi mentali, invece di un salutare esame di coscienza finiscono per fare i nostalgici e per contrapporre – più o meno subdolamente – il magistero di Benedetto a quello di Francesco”.
    Anche stavolta – per l’articolo di Messori – Tornielli rabbrividirà? Nel febbraio scorso, tale fu l’orrore del vaticanista, autoinvestitosi del ruolo di tutore dell’ordine pubblico delle idee, che egli si sentì in dovere perfino di importunare il povero Benedetto XVI – pur sapendo che aveva scelto la clausura – per chiedergli di smentire o confermare le mie tesi.
    L’IRONIA DI RATZINGER
    Il “papa emerito” ovviamente non poteva sottrarsi a questa petulante richiesta, altrimenti sarebbero state fatte chissà quali insinuazioni. Né poteva dire ciò che fino ad allora aveva taciuto. Così dette una risposta fantastica….
    “La Stampa” esibì – come scoop mondiale, rilanciato in tutto il globo – quello strano biglietto di papa Ratzinger dove – a detta del giornale torinese – smentiva le mie argomentazioni. In modo particolare – secondo Tornielli – Ratzinger smentiva di essere “il Papa numero due, non partecipa a una ‘diarchia’ ”.
    In realtà Ratzinger in quel biglietto non si occupò affatto di diarchia. Ma soprattutto il suo biglietto conteneva una sola, vera notizia: stava in una risposta enigmatica e raffinatissima del papa emerito che da sola avrebbe dovuto far saltare sulla sedia gli addetti ai lavori.
    Dovendo spiegare perché aveva conservato il titolo di “papa emerito”, il nome “Sua Santità Benedetto XVI” e l’abito bianco, Ratzinger scrisse testualmente: “nel momento della rinuncia non c’erano a disposizione altri vestiti”.
    Alla “Stampa-Vatican Insider” presero per buona una risposta così surreale. Nemmeno si resero conto della strepitosa ironia del papa che li aveva finemente elusi.
    E’ infatti ovvio che una risposta simile significava che il papa non poteva o non voleva parlare né spiegare i motivi di quella scelta.
    Ci vuole poco per capirlo, anche perché la rinuncia fu decisa un anno prima e fu annunciata venti giorni prima della sua entrata in vigore, quindi è impossibile che “al momento della rinuncia” non vi fossero disponibili “altri vestiti”.
    Del resto nessuno potrebbe credere che uno resti papa per motivi sartoriali…
    Infatti due giorni dopo, il 28 febbraio, il fidato don Georg Gaenswein, segretario di Ratzinger, in una intervista all’ “Avvenire”, dette la risposta vera che Benedetto non poteva o non voleva dare di persona. Ecco come don Georg ha spiegato perché egli ha tenuto il titolo di papa emerito: “Ritiene che questo titolo corrisponda alla realtà”.
    Chiunque capisce che questa affermazione è di eccezionale importanza: significa che Ratzinger si veste da papa perché “è” papa.
    Così Tornielli, che si era fatto pompiere per spegnere l’incendio da me provocato, ha finito involontariamente per appiccarne uno maggiore. Era sempre più evidente che Benedetto XVI non si è dimesso dal ministero petrino, ma solo dal suo “esercizio attivo”.
    Se e come questo sia possibile e cosa implichi è questione del tutto irrisolta, anzitutto teologicamente.
    Infatti, il 7 aprile scorso, Sandro Magister, il più autorevole e attendibile dei vaticanisti, nel suo famosissimo sito internet, ha rievocato la mia inchiesta e la “risposta” data da “Vatican Insider” dicendo che – a suo giudizio – essa non scioglieva affatto gli interrogativi da me sollevati.
    Gli stessi tg avevano dato notizia della controversia e dello straordinario biglietto del papa. Perfino il “Corriere della sera” (sia pure con un articolo superficiale e borioso).
    E’ sorprendente che di tutto questo, nella pagina di ieri del quotidiano di via Solferino, non si facesse il minimo accenno.
    CONTRADDIZIONI
    Ma soprattutto è sorprendente che Messori concludesse il suo articolo con un (apparentemente) ingenuo inno alla bellezza dell’avere due papi “nel recinto di Pietro”, recinto che – spiega entusiasticamente Messori – non è solo luogo geografico, ma anche “luogo” teologico.
    Evidentemente Messori non ricorda una sua intervista di un anno fa, proprio ad Andrea Tornielli il quale non è mai parso entusiasta del fatto che Ratzinger sia rimasto papa emerito.
    In quella intervista Messori – sollecitato dalle domande di Tornielli – si diceva molto perplesso per il fatto che Benedetto avesse deciso di restare in Vaticano.
    E lo diceva assai bruscamente: “Ciò che già a suo tempo mi aveva sorpreso è stata la decisione di Benedetto XVI di rimanere ‘nel recinto di San Pietro’… Ricordo sempre questo motto di Casa Savoia: ‘Qui si governa uno alla volta’. L’impressione che si può ricavare dall’esterno è che l’emerito possa in qualche modo influenzare suo malgrado il successore”.
    Ieri Messori ha scritto qualcosa che sembra l’esatto opposto: “Per la prima volta dunque la Chiesa avrebbe davvero due Papi, il regnante e l’emerito? Pare proprio che questa sia stata la volontà di Joseph Ratzinger stesso, con quella rinuncia al solo esercizio attivo che è stato ‘un atto solenne del suo magistero’… Se davvero è così, tanto meglio per la Chiesa: è un dono che ci sia, uno accanto all’altro anche fisicamente, chi dirige e insegna e chi prega e soffre, per tutti, ma anzitutto per sorreggere il confratello nell’ufficio pontificale quotidiano”.
    Tutto bene dunque, tutti contenti? Esattamente il contrario. Messori infatti – che è un addetto ai lavori – non può ignorare che questa situazione – come lui la tratteggia – non ha alcun fondamento teologico (né canonico).
    Per la divina costituzione della Chiesa infatti uno solo può essere il papa. E se – come dice Messori – Benedetto XVI “non ha inteso rinunciare al munus pontificale” che “non è revocabile”, che dimissioni sono le sue?
    Messori sa bene che tutto il suo articolo induce a farsi una domanda drammatica (chi è il papa?), ma evita accuratamente di formularla, lasciando che se la ponga il lettore. Perché? E questo articolo è il segnale che negli ambienti della Chiesa se la stanno ponendo in tanti?
    ORA PERFINO IL ?CORRIERE? E MESSORI SCOPRONO CHE CI SONO DUE PAPI. RIPETENDO QUELLO CHE AVEVAMO SCRITTO NOI TRE MESI FA. MA FINGONO DI NON SAPERNE LE CONSEGUENZE (RITIRANO LA MANO DOPO AVER LANCIATO IL SASSO) ? lo Straniero

    Un baciamano di troppo -
    di Paolo Deotto
    Il ruolo unico e irripetibile del Papa, istituito da Cristo stesso. L’equivoco sempre più profondo del rapporto con gli Ebrei. Una legittima aspirazione alla pace può avere come prezzo la confusione dei fedeli?
    di Paolo Deotto
    Scrivo queste riflessioni come semplice fedele, come cattolico che, non foss’altro per ragioni anagrafiche, ha fatto in tempo a studiare il catechismo sul serio, né mi permetto di “giudicare il Papa”. Ma posso ben giudicare determinati gesti.
    Il baciamano da sempre è un gesto di sottomissione, di riconoscimento dell’autorità superiore della persona a cui baciamo la mano. Sorvolo sul baciamano che si usava un tempo fare alle signore e che alcuni, per fortuna, ancora usano. Il baciamano che alcuni inveterati cattolici tradizionalisti, come il sottoscritto, fanno al prete, è un segno di rispetto per quelle mani consacrate. Così, per inciso, mi è capitato più d’una volta di incontrare preti che hanno ritratto la mano, quasi con fastidio per il gesto evidentemente non gradito. Glissons.
    La foto del Papa che bacia la mano di alcuni sopravvissuti all’Olocausto mi ha lasciato turbato e rattristato. Il Papa è il Vicario di Cristo. È la più alta autorità che esista sulla Terra. È, direi rammentando i miei giovanili studi di Dottrina dello Stato sulla legittimazione dell’Autorità, l’unica Autorità che è senza dubbio legittima, perché è l’unica il cui potere deriva direttamente da Cristo stesso.
    Tempo fa, in occasione di una delle prime telefonate del Papa, mi capitò di scrivere alcune righe sull’Autorità e sugli aspetti anche formali che questa deve avere, per conservarsi tale e per non generare equivoci. Il Papa, dal momento che diviene tale, con la nomina da parte dei Cardinali riuniti in conclave e con l’accettazione della stessa, non è più un qualsiasi sacerdote di Santa Romana Chiesa. È il Vicario di Cristo e ogni suo gesto non può non essere consono a questa regalità che, gli piaccia o meno, porta su di sé come enorme responsabilità. Soprattutto non riesco ad accettare gesti che, al di là delle intenzioni che li hanno generati, hanno come effetto quello di abbassare quell’Autorità, di compiere un gesto che non esalta l’umiltà della persona, ma che porta il Vicario di Cristo a un livello per cui è alto il rischio che nei fedeli si smarrisca il concetto stesso della regalità di Cristo. Nostro Signore, dolce e umile di cuore, non ha mai nascosto la Sua reale natura e di sé stesso ha detto molto chiaramente: “Io sono la Via, la Verità, la Vita” (Gv 14, 6).
    Come può, chi rappresenta Nostro Signore, fare un gesto di sottomissione? Così facendo, quale messaggio trasmette ai fedeli?
    E qui si apre un altro capitolo. Chi ha la pazienza (o la disgrazia) di leggermi sa che sono nipote (da parte del nonno materno) di ebrei. L’ho scritto più volte. Due miei prozii, residenti in Germania, furono deportati e non tornarono mai più. Mio nonno, che viveva in Italia, dovette vivere nascosto per due anni, nel periodo 1943-45, per salvarsi, e la sua unica colpa era di essere ebreo. Nessuno nega la vergogna della persecuzione antisemita, ma questo non può giustificare un gesto che è oggettivamente di sottomissione, da parte del Vicario di Cristo, verso persone che oltretutto vivono nell’errore. Sembra che questo argomento ormai sia tabù, ma non possiamo scordarci che l’unico modo per amare realmente gli Ebrei è cercare di convertirli, né il discorso vale ovviamente solo per gli Ebrei, ma per chiunque non sia nella Fede cattolica. “Chiunque vuol essere salvo, deve anzitutto mantenersi nella Fede cattolica”. Questo lo ha detto Sant’Atanasio.
    Gli Ebrei non hanno mai riconosciuto Gesù Cristo come Figlio di Dio e come Redentore. Quindi, se non si convertono, il loro destino è l’inferno. Ora, parliamoci con franchezza: il Papa che bacia la mano a degli Ebrei – ma lo stesso discorso vale per il baciamano a chiunque altro professi una falsa religione – non fa che perpetuare un equivoco pericolosissimo, quello per cui il rispetto ovviamente dovuto a tutti e la “libertà religiosa” si traducono in un sincretismo di fatto e nell’abbandono del dovere di apostolato.
    Il sincretismo di fatto non può che portare confusione nei fedeli. L’abbandono del dovere di apostolato si traduce in una mancanza di carità verso il prossimo. Infatti, quale gesto di amore più grande posso fare verso il mio prossimo, se non indicargli la via della salvezza eterna? E questa via esiste al di fuori dell’unica vera Fede, quella professata dalla Chiesa cattolica? La risposta è no, altrimenti non si capirebbe più perché la Chiesa sia stata istituita da Nostro Signore stesso.
    Queste considerazioni mi portano a farne altre, sul tema della pace. Nessuno, che sia sano di mente, può sostenere che la guerra sia una bella cosa. Lo stato di guerra in alcune parti del mondo, come il Medio Oriente, sembra sia una malattia inestirpabile. Naturalmente dobbiamo fare tutto il possibile perché i conflitti tra i popoli (ma sarebbe più giusto dire “i conflitti tra chi domina i popoli”) non si risolvano con le armi. Ma l’iniziativa, apparentemente così bella, della preghiera “in comune” tra i rappresentati di diverse religioni, non ci riporta nell’equivoco del sincretismo?
    Come facciamo a parlare di rappresentanti di “diverse religioni”, quasi che la religione fosse un qualsiasi bene di consumo, su cui operare una scelta, tenendo conto di quello che mi piace di più, che ha il miglior prezzo, eccetera?
    Se il prezzo della pace è indurre nell’errore circa il bene maggiore, la salvezza eterna, non siamo caduti in una Chiesa che fa le attività di tante organizzazioni pacifiste, dimentica di quale sia la sua vera missione? E poi, mi si consenta, quale pace duratura si potrà mai avere tra gli uomini, se non si afferma la regalità di Cristo?
    Il santo Padre Pio ebbe a dire che Dio avrebbe liberato l’umanità dal flagello della guerra se ci fosse stato nel mondo un solo giorno senza aborti. Questo mi porta a fare un’ultima considerazione: leggo che il Papa ha definito la Shoah “un abisso di male”. Verissimo. E poi ha aggiunto: un male che “mai era avvenuto sotto la volta del cielo”.
    Ogni giorno nel mondo vengono uccisi, nell’indifferenza generale, milioni di bimbi col crimine dell’aborto. Nella sola Italia, siamo al ritmo di trecento omicidi pro die. Santità, nel mondo continua ad avvenire un male orribile, nell’indifferenza, nel cinismo, nell’appannamento delle coscienze. Con tutto il rispetto per la sofferenza del popolo ebraico, il male continua ad avvenire sotto la volta del cielo e ha superato tragicamente,e di gran lunga, anche le cifre terribili dell’Olocausto.
    Quale pace si potrà mai creare, in un modo così intriso di peccato e in cui la Chiesa sembra che non voglia più convertire chi non riconosce Nostro signore Gesù Cristo, figlio di Dio e Redentore dell’umanità?
    Credo nessuna. Faremo tante belle iniziative di pace. Pace provvisoria, destinata prima o poi a sfociare in nuove guerre, in nuove sofferenze, inevitabile guiderdone per un’umanità che vuole vivere senza Dio. Che è solo Uno. Uno e Trino.
    Qui chiudo e ripeto: non voglio fare considerazioni teologiche, non sono il mio mestiere. Queste sono solo le riflessioni di un cattolico qualunque, di un povero peccatore, che però è certo di ciò che disse Sant’Atanasio: “Chiunque vuol essere salvo, deve anzitutto mantenersi nella Fede cattolica”. Il resto è aria fritta.
    Un baciamano di troppo* -* di Paolo Deotto | Riscossa Cristiana

    Se crollano i 'segni' e se, dopo un Papa, si dimette il Papato...
    Poche dolenti note su una patente dissacrazione: Abu Mazen salito sul presbiterio per abbracciare il Papa al momento dello scambio della pace. Ci sono momenti e segni sacri che non possono e non devono essere profanati. Esiste una distinzione netta tra Santa e Divina Liturgia e pubblica rappresentazione. Infatti:
    Si tratta di una celebrazione liturgica, che non consente banalizzazioni e neppure commistioni improprie.
    Il 'segno' della Pace ha senso solo se veicola Colui nel cui Nome è scambiato e che la stessa Liturgia rende Presente.
    Dove siamo arrivati, se neppure questo ha più valore e acquista un 'senso' diverso, lasciando prevalere l'umano in quella che è, invece, l'azione teandrica (umano-divina) di Cristo Signore nostro?
    Dati i fatti, questa Azione è più ritenuta tale da colui che dovrebbe essere il suo vicario in terra e giuridicamente lo è?
    Inoltre, Bergoglio manifesta la disponibilità a discutere sul primato petrino. Vedi i prodromi sulla Evangelii Gaudium e precedenti.
    «Desidero rinnovare l'auspicio già espresso dai miei Predecessori, di mantenere un dialogo con tutti i fratelli in Cristo per trovare una forma del ministero proprio del vescovo di Roma che, in conformità con la sua missione, si apra ad una situazione nuova e possa essere, nel contesto attuale, un servizio di amore e di comunione riconosciuto da tutti»
    Ricapitolando:
    Benedetto XVI ha abdicato come persona. Bergoglio sta realizzando l'abdicazione del Papato. Può farlo, o i limiti posti dall'istituzione divina e dalla Tradizione bi-millenaria non glielo consentono?
    Per "essere riconosciuto da tutti" è il papa che cambia e non promuove il reditus dei separati: Che senso ha?
    Anche se questo vulnus parte da lontano, non resta meno problematico:
    già Paolo VI, il 28 aprile 1967, parlando all’allora Segretariato per l’unità dei cristiani, trasferisce sulla persona e sulla funzione del Papa, uno dei dissensi frutto di errore che sono stati causa del distacco dalla Chiesa dei separati a vario titolo:
    “Il papa, come sappiamo bene, costituisce senza alcun dubbio l'ostacolo più grave sul cammino dell'ecumenismo”.
    E ancora Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Ut unum sint, 25-V-1995, n. 95:
    ... trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova. ... Lo Spirito Santo ci doni la sua luce, ed illumini tutti i pastori e i teologi delle nostre Chiese [la Chiesa è una sola, le altre sono Confessioni cristiane], affinché possiamo cercare, evidentemente insieme, le forme nelle quali questo ministero possa realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri"
    Benedetto XVI. Nel contesto delle sue dimissioni c'è un nodo non risolto e non risolvibile se non da chi ha competenza e autorità. Ma non possiamo esimerci da qualche riflessione:
    Benedetto XVI lascia «l'esercizio attivo del ministero», ma esprime la consapevolezza che la sua chiamata è «per sempr ». Del resto conserverà il nome Benedetto XVI, il titolo di Sua Santità e sarà il «Papa emerito», non torna un monaco (come Celestino V) o un vescovo o anche cardinale come accaduto nei casi precedenti che ci sono stati consegnati dalla storia, determinati da ben altre cause peraltro non riconducibili alla vecchiaia o all'efficientismo. E dunque lascia ma nello stesso tempo resta in un «servizio di preghiera e riflession » chiedendo preghiere per il «nuovo Successore dell’Apostolo Pietro». Non stiamo rasentando l'assurdo?
    Benedetto XVI lascia intendere che c'è un esercizio non-attivo del pontificato, che non contraddice ciò che ha dichiarato in un per sempre. In questo modo lascia aperta la porta a tutto e al contrario di tutto nelle future declinazioni del primato petrino. La sottigliezza sta nel fatto che è ambiguo ma non contraddittorio (in senso stretto, naturalmente). E l'ambiguità è tale da non lasciare alcuna presa perché in nessun momento esprime esplicitamente una cosa contraria a quanto ha detto prima. E, però, nella sostanza, come può conciliarsi il suo per sempre con quello del suo successore, anche lui per sempre? In effetti una conciliazione appare possibile solo se rimaniamo nel mondo del finito e si sottrae al ministero e alla funzione la valenza ontologica che ha nell'ordine metafisico. E come è possibile rimanere ancorati alla finitudine, se il ministero petrino e l'avvenuta rinuncia «nella metafisica sono legati al nodo dell’essere, che non permette che una cosa contemporaneamente sia e non sia»? Quella che appare come una vera e propria variazione diventa possibile unicamente se si è centrati nell'antrocentrismo conciliare e post e si riduce il Papato ad una funzione come tante senza più ricondurlo all'investitura divina.
    Dunque, secondo i Papi post-conciliari l'unità si dovrebbe realizzare facendo entrare in un unico calderone indifferenziato tutte le confessioni, al di fuori de la Catholica, l'unica e vera Chiesa, per trovare una nuova sintesi, un punto comune di convergenza, come se l'unità potesse essere frutto di strategie umane e realizzata da una politica delle larghissime intese, anziché dal Signore nella Comunione che Egli determina tra i "suoi", che gli appartengono e "rimangono" in Lui, senza sconti alla Verità che si è loro donata .
    Ricordiamoci che il papa regnante non ha un potere assoluto. La sua autorità incontra - oltre ai limiti riferiti alla costituzione essenziale della Chiesa, alla legge divina e al diritto naturale - i limiti dogmatici che lo vincolano alla rivelazione e alla testimonianza autorevole codificata in maniera autoritativa dai Papi in precedenza: è questa l'unica testimonianza autorevole che la Chiesa può dare di se stessa. Altrimenti siamo nell'arbitrio, che sfocia nell'anomia e porta al sovvertimento di un ordine mirabile che si sta cercando di intaccare.
    Ho esposto una situazione che lascia aperti interrogativi, ormai ineludibili, che ne evidenziano altri ancora più seri. Se essi hanno un fondamento, chi li affronta facendosene carico e chi ne parla in maniera autorevole? Se non lo hanno, chi è che ce lo spiega, motivando, una buona volta?
    Chiesa e post concilio: Se crollano i 'segni' e se, dopo un Papa, si dimette il Papato...

    La saggezza di Bergoglio, la limitatezza di Dio e la deficienza dei Vangeli
    di Belvecchio
    Gerusalemme, lunedì, 26 maggio 2014
    Visita al memoriale di Yad Vashem – Discorso del Santo Padre Francesco
    «“Adamo, dove sei?” (cfr Gen 3,9).
    Dove sei, uomo? Dove sei finito?
    In questo luogo, memoriale della Shoah, sentiamo risuonare questa domanda di Dio: “Adamo, dove sei?”.
    In questa domanda c’è tutto il dolore del Padre che ha perso il figlio.
    Il Padre conosceva il rischio della libertà; sapeva che il figlio avrebbe potuto perdersi… ma forse nemmeno il Padre poteva immaginare una tale caduta, un tale abisso!
    Quel grido: “Dove sei?”, qui, di fronte alla tragedia incommensurabile dell’Olocausto, risuona come una voce che si perde in un abisso senza fondo…»
    Nel luogo “santo” – deputato al culto della nuova “religione olocaustiana” – quello che dovrebbe essere il gran sacerdote di Dio, il vescovo di Roma Bergoglio, apre il suo cuore alla suprema manchevolezza di un “dio” che difetta perfino di immaginazione. Un “dio” surclassato dall’inventiva dell’uomo che riesce perfino a stupirlo: uccide degli Ebrei!
    Neanche questo supposto “dio” poteva immaginare una tale onnipotenza dell’uomo! … un tale abisso!
    E viene súbito da chiedersi se, nella sua abissale manchevolezza, tale “dio” sarà mai stato sfiorato dal sospetto che un giorno un supposto “successore di San Pietro” potesse mai giungere a formulare pensieri così profondi e così pregni di umana imbecillità.
    E viene da chiedersi se, nella sua abissale manchevolezza, tale “dio” sarà mai stato sfiorato dal sospetto che potesse avere anche la facoltà di parlare.
    Il soggiorno in Palestina, oggi divenuta parte dello “Stato di Israele”, ha talmente ispirato papa Bergoglio da suggerirgli la splendida idea di “arricchire il Vangelo”.
    Gerusalemme, lunedì, 26 maggio 2014
    Visita di cortesia al Presidente dello Stato di Israele – Discorso (parte) del Santo Padre Francesco
    «Io ringrazio Lei, Signor Presidente, per le sue parole e la sua accoglienza. E con la mia immaginazione e fantasia vorrei inventare una nuova beatitudine, che applico oggi a me in questo momento: “Beato colui che entra nella casa di un uomo saggio e buono”. Ed io mi sento beato. Grazie di vero cuore.»
    E così il conto torna: riconosciuta la manchevolezza di Dio, era giusto colmarla in parte con una simpatica aggiunta al discorso delle beatitudini: “Beato colui che entra nella casa di un uomo saggio e buono”.
    Soprattutto se questo uomo saggio e buono è il capo di uno Stato che ha inventato la “religione olocaustiana” e che ha costruito la sua potenza terrena a spese degli uomini che abitavano la Palestina da duemila anni e che sono stati cacciati via dalle loro case e dai loro villaggi, rasi al suolo a diecine.
    E papa Bergoglio, a dimostrazione di quanto ammiri quest’opera di saggezza e di bontà, ha reso omaggio a Theodor Herzl, fondatore di quel sionismo che ha concepito un’opera così meritevole.
    Orbene, vista la facilità con cui oggi si arricchisce il Vangelo, perché non seguire l’edificante esempio di papa Bergoglio, e aggiungervi un monito?
    «Guai a voi stolti, che non entrate nelle case di questi uomini saggi e buoni che hanno cacciato i vecchi proprietari e si sono installati al loro posto, in nome della ‘religione olocaustiana’!».
    Ed ecco che si impone alla nostra attenzione lo stato miserevole del sentire, del pensare e dell’agire di codesti “pastori” proni davanti alle pretese dei lupi e dediti alla macellazione spirituale delle pecore.
    Il Signore Iddio, che tutto sa perché tutto ha sempre saputo, non può avere permesso tanto sfacelo senza una giusta contropartita per la salvezza degli uomini.
    Certo Egli permette le conseguenze della devastazione della mente e del cuore degli attuali uomini Chiesa, perché costituisca una prova per i suoi veri fedeli: fuggano da costoro e si rifugino nei suoi insegnamenti!
    È il paradigma del mondo che perde sempre più la Fede, dove Nostro Signore ispira gli uomini di buona volontà a fidare solo in Dio e nella Tradizione della Sua Chiesa, a rifiutare i subdoli suggerimenti dei moderni uomini di Chiesa e a ignorare le loro stolte produzioni come le blasfemie di Bergoglio.
    Che il Signore salvi la Sua Chiesa dalle conseguenze delle malefatte degli uomini di Chiesa.
    La saggezza di Bergoglio, la limitatezza di Dio e la deficienza dei Vangeli - di Belvecchio

    Dopo la visita di Bergoglio, divampa incendio nella Grotta della Natività a Betlemme
    Un incendio è divampato nella Basilica della Natività di Betlemme, meno di 48 ore dopo la visita di Papa Francesco. Un piccolo rogo si è sviluppato nella notte a causa della caduta accidentale di una lampada ad olio nella sottostante Grotta della Natività, ha riferito il governatore palestinese della cittadina in cui nacque Gesù, Abdel-Fatah Hamayel.
    Dopo la visita di Bergoglio, divampa incendio nella Grotta della Natività a Betlemme




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    Predefinito Re: Rif: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Ondata di ordinazioni per la liturgia antica
    Sono sempre più numerosi i ragazzi che abbracciano la vita sacerdotale in istituti legati al venerabile e glorioso Rito Romano antico. Basti pensare che in estate il Cardinale Raymond Leo Burke ordinerà sacerdoti per l'eternità ben 8 seminaristi dell'Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote (4 francesi e 4 americani). Si tratta di un dato molto positivo che conferma la forte avanzata degli istituti legati alla liturgia tradizionale, mentre prosegue il tracollo vocazionale in numerosi seminari diocesani europei. Va segnalato inoltre che anche tra i seminaristi diocesani ci sono molti ragazzi che simpatizzano per la liturgia antica, quindi più passa il tempo e più si espande il numero dei preti legati alla Messa tridentina. Nel clero sta avvenendo un lento ricambio generazionale: man mano che i preti ostili alla Messa di San Pio V vanno in pensione, a poco a poco il loro posto viene preso da preti “tridentine-friendly”.
    La Messa tridentina è una ricchezza immensa per la Chiesa perché favorisce la nascita di numerose vocazioni sacerdotali. In questo tempo drammatico in cui molte parrocchie rimangono vacanti a causa della mancanza di preti, coloro che amano davvero il Corpo Mistico di Cristo devono impegnarsi per diffondere il più possibile la liturgia tradizionale.
    Cordialiter, il blog sulla Tradizione Cattolica: Ondata di ordinazioni per la liturgia antica



    Le campane della Parrocchia dello Spirito Santo di Modena: un concentrato di verità teologiche
    Le scritte delle 5 campane della Chiesa Parrocchiale dello Spirito Santo di Modena sono visibili solo ai coraggiosi che vogliono salire i 90 gradini del campanile (che significativamente è alto 33 metri, come gli anni di Nostro Signore) .
    Le iscrizioni in lingua latina, la lingua ufficiale della Chiesa (come tradizione comanda), composte dal Parroco don Giorgio Bellei (che ringraziamo per le belle foto) sono state di recente utilizzate per formulare gli auguri pasquali: "Auguro Buona Pasqua e lo faccio inviando i testi scritti nel bronzo delle campane della Chiesa dello Spirito Santo, dato che saranno le campane delle nostre chiese ad annunciare la Risurrezione del Signore".
    Queste sono le iscrizioni delle cinque campane.
    CAMPANA N.1 (Grossa)
    Facciata Immagine: Colomba dello spirito Santo Raggiante con sotto la scritta:
    DATORI ET DONO
    Scritta Sotto i tre cordoni
    CONSOLATOR ALME VENI
    Retro scritta
    LAUDO DEUM VERUM, PLEBEM VOCO,
    CONGREGO CLERUM. FESTA DECORO,
    FUNERA PLANGO, FULGURA FRANGO,
    VENTURUM SABBATUM PANGO
    EST MEA CUNCTORUM TERROR VOX DAEMONIORUM
    CAMPANA N 2 (Mezzanone)
    Facciata Immagine: Madonna della Ghiara con sotto la scritta:
    SIGNATO FONTI, HORTO CONCLUSO
    Scritta sotto i tre cordoni
    VAS SPIRITUALE ORA PRO NOBIS
    Retro scritta:
    CREDO IN UNUM DEUM
    NON IN EUM QUI
    A FALSO PRAEDICATUR PROPHETA,
    SED QUI TRINUS
    EX UNA SUBSTANTIA VIVIT
    CAMPANA N.3 (Mezzanella)
    Facciata immagine : S.Geminiano Vescovo con sotto la scritta:
    URBIS NOSTRAE PRAESIDIO
    Scritta sotto i tre cordoni:
    MUTINA EFFIGIEM TANTI VENERARE PATRONI,
    QUI TUA TECTA VIGIL, NOCTE DIEQUE TEGIT
    Retro scritta:
    TURRI VOCEM DEDIT,GEORGIUS BELLEI CURIO
    FABIO ET DANIELA ROSI MAXIME OFFERENTIBUS,
    AEREQUE AB ANNA MARIA BARBIERI
    CURIALIBUSQUE COLLATO
    A.R.S.MMIII
    CAMPANA N.4 (Piccola)
    Facciata immagine: Beato Piergiorgio Frassati con Pietra di Bismantova e sotto la scritta:
    BEATO PETRO GEORGIO FRASSATI
    Scritta sotto i tre cordoni:
    ATHLETA CHRISTI IN MONTEM NON PERVIUM DOMINI DUC NOS
    Retro scritta:
    NUMINA GENTIUM INANIA SUNT
    DOMINUS IESUS IN ECCLESIA VIVUS,
    SALVATOR UNIVERSALIS,
    UNA AD PATREM VIA EST
    CAMPANA N.5 (Piccolissima)
    (si fà per dire perché pesa 150 kg.)
    Facciata immagine: S Michele Arcangelo trafiggente il drago con sotto la scritta:
    MILITIAE COELESTIS PRINCIPI
    Scritta sotto i tre cordoni
    SANCTE MICHAEL ARCANGELE, DEFENDE NOS
    SATANAM, ALIOSQUE SPIRITUS MALIGNOS,
    DIVINA VIRTUTE IN INFERNUM DETRUDE
    Retro scritta:
    ET IN FIDELIBUS VERITATIS SPLENDORE
    PER FUMUM SATANAE OBNUBILATO,
    VOCE PIA AD GENTES
    ORTODOXAM FIDEM DICITE
    La traduzione in lingua italiana
    CAMPANA N.1 (Grossa)
    Facciata Immagine: Colomba dello spirito Santo Raggiante con sotto la scritta:
    DATORI ET DONO
    Scritta Sotto i tre cordoni
    Vieni o dolce consolatore
    Retro scritta
    Lodo il vero Dio, chiamo il popolo,
    raduna il Clero, decoro le feste
    piango sui lutti, allontano le folgori,
    annuncio il giorno festivo che viene
    la mia voce è il terrore di tutti i demòni
    CAMPANA N 2 (Mezzanone)
    Facciata Immagine: Madonna della Ghiara con sotto la scritta:
    SIGNATO FONTI, HORTO CONCLUSO
    Alla fontana sigillata, al giardino chiuso
    Sono immagini della verginità di Maria che come giardino chiuso conserva i fiori solo per il suo Signore)
    Scritta sotto i tre cordoni:
    Dimora dello Spirito Santo prega per noi
    (È un appellativo della Madonna che è diventata madre per opera dello Spirito Santo)
    Retro scritta:
    Credo in un solo Dio.
    Non in colui che viene predicato dal falso profeta, ma in Colui che vive trino in una sola sostanza.
    (Non nel Dio predicato da Maometto, chiuso nella sua stessa unicità, ma nel Dio Uno e Trino, fatto di una sola essenza che vive nella relazione di tre persone).
    CAMPANA N.3 (Mezzanella)
    Facciata immagine : S.Geminiano Vescovo con sotto la scritta:
    URBIS NOSTRAE PRAESIDIO
    Al difensore della nostra città
    Scritta sotto i tre cordoni:
    O Modena, venera l’immagine di un tanto grande patrono,
    che vigile veglia sulle tue case di notte e di giorno
    Retro scritta:
    Diede voce alla torre il curato Giorgio Bellei
    Con denaro offerto per la più parte da N., N. e N. e per il resto raccolto dai parrocchiani tutti.
    CAMPANA N.4 (Piccola)
    Facciata immagine: Beato Piergiorgio Frassati con Pietra di Bismantova e sotto la scritta:
    BEATO PETRO GEORGIO FRASSATI
    Al Beato Pier Giorgio Frassati
    Scritta sotto i tre cordoni:
    Atleta di Cristo portaci sull’impervio monte di Dio
    Retro scritta
    Le divinità dei popoli sono nullità.
    Il Signore Gesù, che vive nella sua Chiesa, è il Salvatore universale, e l’unica via che conduce al Padre
    (per divinità intendiamo anche i valori e le cose a cui gli uomini contemporanei si affidano)
    CAMPANA N.5 (Piccolissima)
    (si fà per dire perché pesa 150 kg.)
    Facciata immagine: S Michele Arcangelo trafiggente il drago con sotto la scritta:
    MILITIAE COELESTIS PRINCIPI
    Al principe della milizia celeste
    (A San Michele Arcangelo)
    Scritta sotto i tre cordoni
    San Michele Arcangelo difendici.
    Con la forza di Dio ricaccia nell’inferno Satana e gli altri spiriti del male.
    Retro scritta
    Essendosi anche nei fedeli oscurato lo splendore della verità a causa del fumo di Satana, voi (campane mie sorelle) con voce pia annunciate agli uomini la retta fede.



    Sta sorgendo la Nuova Chiesa. Lo dicono pure alla Feltrinelli
    Di Antonio Margheriti Mastino
    Sto tornando dalla Feltrinelli di viale Libia. Do sempre con maggiore sconforto e sbadigli un’occhiata al settore “religioso”, “para-religioso” si dovrebbe dire. Dove in gran parte ci stanno atei che parlano di Dio, agnostici che discettano di dottrina, e anticattolici che parlando di chiesa. Quasi sempre sono loro a spiegare cosa dovrebbe essere e come “cambiare” la chiesa: dissolvendola (è questa la sostanza, il non detto) in una religione civile sulla falsariga dei protestanti europei, completamente soggetta al pensiero unico di volta in volta dominante, e dunque a disposizione della prima moda ideologia che sappia impadronirsene; e il cattolicesimo pressappoco un partito radicale di massa. Questa è la moda del momento.
    E ora finalmente hanno trovato il loro profeta, un vescovo di Roma, da poco (cito testuale) «spostato di diocesi», che dicendo assolutamente tutto e il suo contrario può essere preso a testimonial di chiunque, chiunque non fosse veramente interessato al bene del cattolicesimo. Il quale fra l’altro non ha un suo “bene” da difendere: è stato voluto da Cristo per il bene dell’uomo, per aiutarlo in quel retto vivere che dovrebbe garantirgli di poi la salute eterna, la salvezza.
    Fox e Fuck
    Vedo tra i libri il solito ex domenicano americano Fox, un fissato, un livoroso prete spogliato, progressista furioso d’altri tempi, che come fosse un ragazzo e non un ottuagenario, riedita lo stesso libro ininterrottamente da 40 anni, mutandolo solo di titolo al mutar del papa – così come con le dediche ruffiane che gli antichi scrittori intitolavano al padrone di turno, ma nelle successive edizioni dei loro libri, cambiando il signore cambiavano anche il nome nella dedica, per arruffianarsi il nuovo – Fox, dicevo, che ha scritto lo stesso identico libro rivolgendosi prima a Paolo VI, poi a Giovanni Paolo, poi a Benedetto, ora a Francesco e stavolta con vivo entusiasmo per domandare le solite cose: sesso libero, preservativo, sesso gay, no celibato per i preti, aborto facile, divorzio facile, comunione per tutti essendo ché del resto ne disconosce la transustanziazione, monache libere pensatrici e che possibilmente la diano ai frati senza remora e bla bla bla. Insomma: è uno che vuole scopare a tutti i costi, non importa con chi purché si trombi: la solita sessuomania clericale! Qualcuno (ammetto: io) lo ha battezzato l’ex padre Matthew Fuck.
    Ci stanno giornalisti che volta per volta si erano fatti alfieri di una ortodossia e di una chiesa e di una tradizione da presidiare, salvaguardare, rivalutare e riproporre a tutti i costi e che oggi, pochi mesi dopo, essendosi trasferiti a vivere nei gabinetti di Santa Marta, cambiati i padroni, la vedono diversamente onde la Chiesa d’improvviso è tutta da “cambiare”, niente da salvare, nulla che andasse bene prima, e anzi non capiscono com’è che facevano a sopportarla così com’era. Sarà per questo che parlando di Francesco dicono “rivoluzione”, parlando di Benedetto scrivono “crociata”.
    La tacita (mica tanto) soppressione del Peccato
    “Rivoluzione” e “cambiare la chiesa”, queste le parole d’ordine che dal pensiero unico dominante colano sul pensiero debole clericale e tutti insieme, finalmente d’accordo, in nome del conformismo, firmano libri che dicono tutti le stesse cose e tutti hanno gli stessi titoli: “La Rivoluzione di Francesco”, “Francesco cambia la chiesa”. Quanto a noi, noi speriamo che ce la caviamo!
    Si legge dappertutto, nei risvolti di copertina, sui dorsi dei libri, nei sottotitoli, nelle prefazioni rigorosamente a firma di atei, laicisti e massoni insigni nonché preti rinnegati, in ogni libro dedicato al “rivoluzionario” sudamericano finito per uno “scherzo” sulla Cattedra di Pietro, mentre viene esaltato come segno delle magnifiche sorti e progressive advenienti e ci si compiace, si legge, dunque, che ci sarebbe un’assoluzione, un’amnistia generale, peggio una tacita soppressione di qualsiasi vincolo di fede, norma canonica, tradizione inveterata che qualifica un qualcosa come “peccato”. Il quale basta un po’ di sentimentalismo, un po’ di “misericordia” generalista e senza necessità di ravvedimento e pentimento ed è cancellato; o meglio, non è mai esistito, e se qualcuno dice che prima c’era è un matusalemme della “vecchia chiesa” che “ostacola”, torvo e maledetto passatista, la “rivoluzione”, l’assoluzione generale, il colpo di spugna vero o presunto di Francesco su tutto quello che è la Chiesa di Cristo.
    Adesso disprezzano i santi…
    E allo stesso tempo, mentre si magnificano e si riciclano come verdi testimoni della “nuova chiesa” i più vecchi e vieti scarponi da comizio para-teologico che nel frattempo s’è fatto para-politico, e ripescati direttamente dalla notte dello spirito degli anni ’70, mentre s’innalzano gli eretici e i disobbedienti d’ogni risma, mentre si sbandierano foto del papa che si tiene mano nella mano con don Ciotti, o mentre s’inchina a baciare la mano di un famigerato prete omosessualista nonagenario e tutti quanti vengono incoronati anche a Roma come molossi della chiesa “missionaria”, mentre succede tutto questo e per un attimo il mondo e la chiesa alla rovescia sembrano quelli nel verso giusto, in questo stesso momento qui licenziano con sdegno quali “professionisti del logos” quelli che hanno passato la vita a spiegare non il loro “secondo me” elevato al rango di dogma, ma coloro che umilmente hanno fatto la scelta controcorrente e realmente missionaria di limitarsi ad annunciare e spiegare raccordandolo alla vita ciò che il Magistero e Cristo stesso hanno annunciato.
    Dai vertici si riempiono di contumelie, accuse, insulti, disprezzo, ostracismo tutti i pochi intemerati testimoni di Cristo che gridano nel deserto a ogni latitudine e longitudine della terra mondanizzata; si fa la caricatura dei santi, si disprezzano come esponenti di una chiesa passata e “vecchia” e come minimo “poco misericordiosa” che impallidisce dinanzi al carioca psichedelico fulgore della “nuova chiesa”, che starebbe fondando Francesco, come se fosse sua. E che in ogni caso non sarebbe quella di Cristo, il quale non ammette co-fondatori né rifondatori. Non è un caso, forse, che tutti parlino di rivoluzione e nessuno più di conversione.
    La corte dei miracoli di Santa Marta
    E mentre gli apostati assurgono al rango di maestri, i preti da salotto radical-chic ma vestiti di fustagno passano per i veri missionari; mentre si disprezzano i santi e i predecessori del papa; mentre l’intero complesso vaticano è fatto passare per soviet supremo della rivoluzione sebbene sembri assai più prossimo a una giostra rom itinerante; mentre si declama povertà, misericordia, umiltà, mentre avviene tutta ‘sta cagnara, ti rendi conto che il Vaticano, la corte dei miracoli di Santa Marta sta riempendosi dei più irrefrenabili carrieristi, degli ambiziosi più sfrontati, degli affaristi più spericolati, dei camaleonti e dei gattopardi più repellenti, e fanno carriere fulminanti e su di loro cade ogni manna e benedizione: basta dirsi amico di Francesco, omologarsi all’andazzo, mimetizzarsi con una croce di ferro e magari di legno al collo, delle scarpe grosse… e ottenuto il premio “fedeltà” tanto ambito ritornare a casa a brindare (e qualche gran promosso alcolista c’è) a champagne, ostriche e caviale con gli amici degli amici (di povertà, tra i pauperisti notoriamente si parla solo, talora si simula, in pubblico: difficilmente si vive). Tutti quanti, sta scritto, “hanno già ricevuto la loro ricompensa”.
    Sino a far dire a un cardinale che ha vissuto tutta la sua vita per il potere e la carriera, con quel suo fare e quell’espressione da suora cattiva, un culo di pietra inamovibile, mammasantissima della cordata diplomatica come il cardinal Giovan Battista Re: «il papa non è quello che immaginiamo seduto in trono con una mitra in testa»… No, è tutta un’altra cosa. Cos’è, non lo dice, ma conoscendo Re, è pressappoco colui che esibendo buoni sentimenti infine, anche non volendo, favorisce i buoni affari. Di Re e dei suoi amici degli amici.
    Pensano così come hanno vissuto…
    Abbassano i santi per innalzare se stessi, non di rado gli apostati. È questo il momento in cui inizia la corruzione dentro, che si dichiarava di voler combattere fuori, è qui che la corruzione si fa sistema non essendo più un accidente dovuto a una serie di peccati, ma diventa pensare perverso e agire malato. Qua si smette di vivere come si pensa, e si finisce col pensare per come si è sempre vissuti. Indegnamente. Con un cervello fatto di nebbie, e un cuore fatto di calcoli.
    Al di là di tutto questo, io certo non sono meravigliato di niente, dall’elezione di Bergoglio, che conoscevo da anni. Vivo nella costante certezza incrollabile, come vado dicendo dal 13 marzo 2013, che infine ci toccherà “raccogliere i cocci”, in una grande hall d’hotel di lusso piena di grasse genti ubriache e addormentate. E molti se ne stanno accorgendo, e in privato ne convergono, sebbene hanno terrore di dirlo in pubblico: è in atto una vera pulizia etnica per i non allineati, dove per allineamento s’intende non il discriminante della vera e della falsa dottrina, della recezione del magistero o del suo rifiuto, no: significa sdraiarsi sulla linea dettata dal circo mediatico liberal e che si impernia e danza intorno a questo strano, stravagante, iperbolico pontificato come fosse l’idolo di Babilonia.
    E che ha, questa mitologia mediatica, avallata in buona o mala fede da molte lobby vaticane, ha scopi eminentemente politici e ideologici: ancora una volta la religione civile finale che sgorga dalle spoglie della “vecchia chiesa” sacramentale, sacrificata sull’altare domestico dell’individualismo folle e disperato, dove ognuno detronizza Dio e si erge a giudice, signore e padrone di se stesso, in corpo, coscienza e anima, una scissione simbolica e concreta dal divino, un anti-segno che disconosce la stessa chiesa come mediatrice di grazia. Sino al male oscuro dell’obnubilamento, della perdita di senso, del male di vivere, da dove si precipita inerti e senza più difese nel pozzo senza fondo della solitudine praticamente atea dell’Occidente sazio e indifferente. Solo così può trionfare il pensiero unico e l’agenda liberal che sta a cuore ai padroni del mondo, e al Demone loro dottore.
    La nuova Chiesa
    Questa è in una parola la “nuova chiesa” della quale si blatera liberamente, girando intorno al concetto, senza che nessuno osi (ma qualcuno lo sta già facendo, anche imporporato, come Kasper e Maradiaga) chiamare le cose con il loro vero nome.
    Sì, è in atto una rivoluzione, che è più che altro l’ultima polluzione del sessantottismo dentro la chiesa, la fase trionfante, che quasi sempre è quella terminale, di quel degenere “spirito del concilio” che finalmente ha trovato un papa tanto sprovveduto teologicamente – “perché a lui una teologia non serve” – quantunque saturo di diversi pregiudizi piuttosto ostinati, pronto, più per indolenza e prurito che per sistematica riflessione sui massimi sistemi, pronto dunque a portarlo alle estreme conseguenze.
    Io so come andrà a finire e non m’aspetto niente di che. Sto a guardare aspettando solo l’intervento della Madonna, possibilmente quella di Fatima. Si dice ancora, a proposito di cose laiche, “faremo la fine dell’Argentina”. Io sono certo che, sebbene ultimamente elevata a paradigma basato su nient’altro che l’agiografia e il franceschismo ideologico che si diceva, la chiesa “nuova” e pure quella “vecchia” faranno la fine della diocesi di Buenos Aires. Dove l’arcivescovo allergico al logos, asciutto di teologia e pure di liturgia, la buttò, dice, tutta in pastorale. E dove, va da sé, poco è rimasto. Anche della pastorale.
    La chiesa è lui: Francesco
    Niente resterà se non il necessario per tirare a campare, e ricostruire di poi il ricostruibile se, come credo, infine lo Spirito verrà in soccorso di questa chiesa spiritata in strana alleanza con l’antichiesa mediatica di un tempo, di questo clericalismo senza spirito ed ebbro dell’autocelebrazione di se stesso, delle sue prassi, delle stesse mollezze che appaiono improvvisamente come “fervore missionario”, cose tutte che si dichiarava voler censurare in quella chiesa vecchia e “vanitosa”, sfarfallante che Bergoglio accusava di guardarsi allo specchio continuando a parlarsi addosso, di se stessa: adesso è finalmente la chiesa che si si rimira sullo schermo delle tv, dalle vetrine delle librerie e si compiace di sentirsi completamente in sintonia con lo spirito del mondo. E che non a caso non dice più “viva il papa”, ma “viva Francesco”: la chiesa è solo lui, per i media. E’ questa la principale rivoluzione.
    Cambiare la chiesa per non dover cambiare se stessi
    L’ho detto già altre volte. C’è in giro tanta gente, tanti libri, tanti prelati, tantissimi cattolici che vorrebbero cambiare la chiesa, ma per non dover cambiare se stessi. Per non dover rinunciare ai confortanti sollazzi che offre Satana con tutte le sue seduzioni. Per non dover ammettere la propria miseria. Per questo si disprezzano i santi, per questo li hanno sempre perseguitati: guardandoli in faccia, nei loro occhi limpidi, vedono il profondo di se stessi, la sozzura nascosta sotto il tappeto delle tante belle parole vuote perché svuotate, come “misericordia”, “perdono”, “tenerezza”. È la condiscendenza e la complicità che cercano: le uniche cose che i santi non possono dar loro.
    Quando guardano in faccia il Francesco (o quel che esigono sia) che hanno innalzato come un vitello d’oro a momenti contrapponendolo a Cristo stesso, si vedono per così come si sono rappresentati. Quando guardano in faccia ai santi, licenziati da tutti i risvolti di copertina degli odierni libri “sulla chiesa di Francesco” come esponenti di una chiesa carogna, feroce e spietata nonché “vecchia”, sebbene in auge fino a un anno fa, si vedono per così come sono veramente. E non lo tollerano.
    L’ospedale da campo: tanti medici, nessuna medicina
    Per questo non vogliono liberarsi dai peccati: vogliono abbattere il peccato non il peccare. Nel permanere del Peccato come concetto vedono la fonte stessa delle loro colpe. Ospedale da campo, dice: ma a che serve un ospedale da campo fatto da tanti medici pietosi che per principio non fanno diagnosi e non prescrivono medicine e non aprono pance cancerose per non dispiacere al paziente? In ogni medico pietoso c’è un assassino. La cura è sempre dura, guarire è una fatica. Ma nessuno mai ci aveva detto che essere cristiani è una passeggiata, tanto più che il fondatore del cristianesimo finì in croce.
    Cambiare tutto affinché il peggio resti
    Dicevo della Feltrinelli. Ci sono stato un paio d’ore. Mentre leggo tutti questi risvolti di copertina, queste prefazioni di libri “cattolici” con protagonista papa Francesco, che “cambia il mondo”, “cambia la chiesa”, “cambia il vaticano”, “cambia il papato”, “cambia il cattolicesimo”, “cambia” persino l’Italia – stando alla copertina dell’ultimo libro di Augias – e tutti giù per terra… capisco che siamo a una fase nuova: tutto questo cambiamento catartico avverrebbe senza alcuno sforzo da parte di nessuno, se non i soliti malpancisti “tradizionalisti e reazionari”, bastando continuare a fare, dire, pensare quel che si è sempre fatto, detto, pensato. Mentre il cristianesimo nient’altro sarebbe che una blanda etica civile dove il “proselitismo è una sciocchezza”, un populismo arruffone quanto irrilevante dove “non esiste una verità assoluta”, un moralismo spietato coi pesci piccoli ma dove non si è nessuno “per giudicare” se si è davanti a una categoria protetta e blindata, mentre si apprende tutto questo e osservo questa discarica indifferenziata di editoria “cattolica” fai-da-te, spazzatura clericalizzata ma allergica alle prescrizioni, scosto lo sguardo.
    Osho
    Il settore della Feltrinelli più fornito e più affollato dell’intero reparto “religioni”, è quello para-buddista, para-animista, para-braminico, para-culo, e tutto sommato new-age: quello dedicato a Osho (30 volumi tutti per lui) e al “come si vive” da buddisti all’amatriciana. Scorro i libri: sono pieni di prescrizioni, obblighi, evitazioni, cose da fare e come farle. Siamo d’accordo, è autoerotismo, come diceva Ratzinger, ma è un autoerotismo laborioso e che investe e regola tutta la giornata dell’adepto, dal letto, al cibo, alla meditazione, al riposo, alla percezione del mondo, e dove si invita ad aderire a questa prassi religiosa adeguandovi la propria vita. Sono i libri più venduti, nel settore religioso, lo vedo con i miei occhi, e sono giovani i lettori e aspiranti adepti.
    Ritorno con lo sguardo al settore “cattolico”, deserto, nonostante la pompa magna e vacua della “nuova chiesa”, nonostante l’allettante strisciante sentore di rompete le righe e ognuno per sé Dio per tutti. Da dove infatti promana un solo messaggio: mandate a strafottere il cattolicesimo per così com’è ed è sempre stato, e fate come vi pare. La chiesa seguirà a rimorchio, anzi già ci sta, “parola di Francesco”.
    Riguardo il settore “para-buddista” e osservo invidioso questi neofiti scappati da un cattolicesimo dentro il quale mai c’erano stati veramente. Per inerzia, essenzialmente. E sono entusiasti di cambiare se stessi per diventare qualcosa d’altro: scambio delle parole con loro. Io sono incarognito perché leggendo tutte queste prefazioni di libri clericali, mi sento uno sporco assassino, un criminale, un sadico, un pervertito per il semplice fatto che ho aderito rinnegando i miei trascorsi, creduto, professato, nel mio piccolo combattuto per tutto quanto sosteneva il magistero di una chiesa cattolica “vecchia e chiusa”, “senza misericordia” e persino “ossessionata” dai valori non negoziabili, dalla vita sino all’indissolubilità del matrimonio sacramentale, e che, a quanto leggo, è morta un anno fa. Ora c’è altro, una “nuova chiesa”. Telegenica e che puzza di pecore, purché patinate e stampate. Ben lungi dall’essere quelle vere. Ma proprio osservando i lettori di Osho il santone capisco che la Cattolica non è colpevole di aver chiesto e preteso troppo dai suoi fedeli, ma, al contrario, troppo poco. E anche quel poco è prossimo ad essere liquidato, dice.
    Intanto penso alla notizia che mi è giunta ieri dal “continente della speranza” che occhio e croce sarebbe l’America Latina dalla quale eleggendo uno di loro ci si aspettava un segnale in controtendenza. Ebbene, se un primo reale “effetto-francesco” c’è stato fuori dai rotocalchi, eccolo qui: sono aumentati i fuoriusciti dalla Chiesa, verso sette aggressive e identitarie. Bella “rivoluzione”! Ci riuscivamo pure prima, da soli e con i giornali che non dedicavano copertine encomiastiche ai papi. Tutto il resto, di qui a breve, sarà moltiplicazione di questi pani e pesci.
    Quanto all’eredità di Francesco, è aleatoria, immateriale, parole in libertà, come tutti i costrutti mediatici, verba volant e di scritto c’è poco. Tranne la consueta spazzatura che puoi trovare alla Feltrinelli. Troppo poco perché possa essere un’eredità petrina trasmissibile ai successori, semmai ce ne saranno: erediteranno un mito in caso, un’icona mediatica e presto ridotta a pura ideologia clericale, come successe del povero papa Giovanni, che tutt’al più sarà usata contro di loro. Qualora decidessero di non limitarsi al solo intrattenimento.
    Sta sorgendo la Nuova Chiesa. Lo dicono pure alla Feltrinelli | Qelsi

    Carrierismo e strane ordinazioni episcopali: anche il Papa "predica" bene e razzola male?
    Chi è che aveva detto, meno di un anno fa, che il carrierismo e la vanità sono la lebbra della Chiesa? (cfr. A. Tornielli, da Sacri Palazzi, del 13.05.2013)
    Forse a parlare bene sono bravi tutti, ma poi alla fine.... anche il Papa scivola su promozioni facili e a noi inspiegabili?
    Sulla carta le due recenti promozioni di cui parla Marco Tosatti (una di Mons. F. Fabene, celebrata lo scorso 30 maggio 2014) non si comprendono, sono inusuali, ingiustificate e senza apparente motivazione. Ma forse volsi così Colà...?
    Staremo a vedere. Ad oggi però...
    Roberto
    Il Pastorale nella giberna
    di Marco Tosatti, da La Stampa, del 04.06.2014
    “Ogni soldato francese porta nella sua giberna il bastone di maresciallo di Francia”. Uno degli aforismi più noti di Napoleone Bonaparte potrebbe attribuirsi – scambiando bastoni: quello di maresciallo con il pastorale di vescovo – alla Curia di papa Francesco.
    Nei giorni scorsi il pontefice ha elevato al rango vescovile Fabio Fabene sottosegretario al Sinodo dei vescovi. Una nomina che ha stupito qualcuno in Curia; non è usuale che un sottosegretario sia anche vescovo. Una promozione lampo che fa il paio con quella di Ilson de Jesus Montanari, allora un semplice addetto di seconda classe, a segretario della Congregazione per i Vescovi, con il rango di arcivescovo (e segretario del Collegio cardinalizio).
    Carriere lampo, che secondo chi conosce il mondo dei Palazzi Vaticani, hanno la loro spiegazione in un uomo: il Segretario del Sinodo dei vescovi, il cardinale Lorenzo Baldisseri. Baldisseri, già nunzio in Brasile, venne nominato da Benedetto XVI segretario della Congregazione per i Vescovi, e di conseguenza segretario del Collegio cardinalizio. Lì si creò un gruppo di persone che si trovavano in sintonia. Al gruppo che faceva capo a Baldisseri e che comprendeva l’attuale segretario personale del Papa, Fabiàn Pedacchio, della diocesi di Buenos Aires, molto amico di Montanari, si aggiunse anche Fabene. Poi Jorge Mario Bergoglio divenne papa, e ora assistiamo all’ascensione dei membri del gruppo.
    MiL - Messainlatino.it: Carrierismo e strane ordinazioni episcopali: anche il Papa "predica" bene e razzola male?

    Pericolo golpe in Vaticano? Sembra di sì. Scopo: pilotare il Sinodo e tagliare fuori i Cardinali contrari alle teorie di Kasper sulla comunione ai divorziati risposati
    Tentativo di golpe, per contrastare i Cardinali contrari alla teoria di Kasper sulla Comunione ai divorziati risposati? Sembra di sì.
    Certo che sarebbe un colpo durissimo alla consistente frangia "lealista" dei Cardinali che difendono il depositum fidei sul divieto di divorzio e su ogni consequenziale implicazione dottrinale, in opposizione alle strampalate idee personali e relativiste di Kasper.
    Staremo a vedere. Sarebbe davvero un gravissimo errore (e maggiormente grave peccato) piegare la Teologia ai bisogni della società moderna, secondo regole e macchinazioni umani.
    Roberto
    Sinodo. Si pensa a un minigolpe?
    di Marco Tosatti, da La Stampa del 21.05.2014
    Sembra che il “teorema Kasper” sulla comunione ai divorziati risposati, di cui si discuterà al Sinodo dei Vescovi nel prossimo autunno, possa incontrare grosse difficoltà. E per superarle – secondo alcune voci di ottima fonte – si starebbe pensando a una modifica del regolamento del Sinodo stesso, in modo da ridurre la quantità e la qualità delle opposizioni.
    Nel Concistoro che aveva preceduto la nomina dei primi cardinali di papa Bergoglio il cardinale Walter Kasper aveva parlato a lungo, prima esponendo le sue considerazioni per permettere ai divorziati risposati di accedere all’eucarestia, a dispetto della dottrina della Chiesa sulla situazione in cui si trovano e alle parole del Vangelo sul divorzio. Dopo che molti altri cardinali si erano espressi, in maggioranza in maniera contraria, aveva avuto il privilegio di replicare. Ma mentre la relazione del card. Kasper era stata resa nota, non lo sono le considerazioni degli oppositori. Sarebbe opportuno invece che venissero rese pubbliche; molte, a essere state registrate, sono state consegnate alla segreteria del Concistoro.
    Ed è proprio in seguito al Concistoro che si pensa di modificare il regolamento del Sinodo. In modo da non permettere di partecipare a un gran numero di “capidicastero” della Curi di Roma. Adesso, in base al regolamento vigente, i responsabili dei dicasteri romani entrano di diritto nel Sinodo dei Vescovi. Ma oltre che da grandi cardinali diocesani di ogni parte del mondo(Filippine, Stati Uniti, Africa, Europa) è da parte loro che ci si attende che siano espresse le maggiori e più fondate difficoltà di carattere teologico e dottrinale verso il “teorema Kasper”.
    E così ha cominciato ad aleggiare l’idea di risolvere il problema alla radice, limitando le presenze dei capidicastero. Resta l’incognita dei delegati di nomina pontificia. Si vedrà se papa Francesco si atterrà, come i suoi predecessori, a una linea di equilibrio, invitando personalità di posizioni diverse, o se cederà alla tentazione di convocare solo plotoni di entusiasti “kasperisti”...
    MiL - Messainlatino.it: Pericolo golpe in Vaticano? Sembra di sì. Scopo: pilotare il Sinodo e tagliare fuori i Cardinali contrari alle teorie di Kasper sulla comunione ai divorziati risposati

    Evemero e la memoria del principe. Qualche riflessione sul senso delle recenti canonizzazioni.
    La mano del Papa è benedicente non sventolata
    (notare la posizione delle dita: v.antiche icone)



    In un recente articolo Danilo Quinto ci ricorda che la beatificazione di Paolo VI è la chiusura del cerchio, sviluppando una riflessione sulla interpretazione veritativa di Benedetto XVI sul relativismo morale e religioso.
    Lo richiamo all'attenzione; ma riprendo di seguito un testo pubblicato ieri da Vigiliae Alexandrinae, che ci fornisce elementi inediti e intriganti sulle recenti canonizzazioni e implicazioni relative, per discuterne insieme.
    Stupisce - ormai solo fino ad un certo punto, conoscendo l'arbitrio che regna sovrano sul soglio petrino - la recente dichiarazione di Bergoglio ai giornalisti, tornando dalla Terra Santa: Pio XII non può essere beatificato perché, il Papa dixit, non c`è un miracolo: "Io non posso pensare se lo farò beato o no". Però, che Giovanni XXIII sia stato da lui santificato senza un miracolo non sembra dover essere sottolineato....
    A questo proposito, non possiamo ignorare la testimonianza del 2010, riportata dallo stesso Tornielli, il quale si è guardato bene dal ricordarla al papa.
    Che dire? Continuiamo a esprimere sconcerto, sorvolando su altre esternazioni problematiche, mentre i media enfatizzano il "nuovo corso", senza coglierne le contraddizioni anche patenti. E soffermiamoci sul testo proposto, nel quale trova collocazione anche questa damnatio memoriae.
    Piccola notazione sulla conclusione: in ordine all'eloquente e ormai conclamato "fuori dalla storia", pronunciato da un principe della chiesa e avallato dall'attuale pontefice, in riferimento ai Francescani dell'Immacolata e a chi come loro... Evidentemente ci si riferisce alla storia tout-court mentre i credenti scrivono, vivendola in Cristo nella sua Chiesa, la storia della salvezza, che ha una direzione e un fine non dato dall'uomo e, come protagonisti, oltre agli uomini, il Dio con loro. Infatti, se "la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo" (Gv, Prologo) e se la sua Chiesa ne è Testimone e Sacramento, è una storia divino-umana e non soltanto umana.
    L'interrogativo che ora ci si pone è: di quale storia è testimone l'attuale gerarchia di una Chiesa conciliare?
    Chiesa e post concilio: Evemero e la memoria del principe. Qualche riflessione sul senso delle recenti canonizzazioni.





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    Predefinito Re: Il Verbo di Dio si è fatto carne

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    Predefinito Re: Il Verbo di Dio si è fatto carne

    Citazione Originariamente Scritto da GILANICO Visualizza Messaggio
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    Firma anche tu: salviamo Gesù!
    Pubblicato da Berlicche
    Ciao, firma anche tu per salvare Gesù.
    Gesù, un galileo che predicava a Gerusalemme, è stato arrestato giovedì sera dalle guardie del Sinedrio. E’ un fatto gravissimo che non può rimanere senza risposta. Ci stiamo mobilitando per raccogliere firme da presentare all’imperatore Tiberio. Anche la tua può essere utile! #savejesus @ponziopilato @sinedrio @tiberioimperator @ErodeAntipa
    Ricordiamo le altre nostre iniziative #freebarabba #bastacroci scrivere anche a caifa@sinedrio.org specificando la contrarietà all’uso della violenza nella soluzione dei conflitti religiosi.
    E’ importante la mobilitazione di tutti, non aspettare firma, spargi la voce e mandaci un contributo per continuare le nostre campagne!
    Firma anche tu: salviamo Gesù! | Berlicche

    Il grande Cardinale Siri contro la storiografia progressista
    Per i colti il progressismo ha un modo suo di rivelarsi a proposito di storia; sono progressista se giustifico Giordano Bruno, sono conservatore se lodo l’austero San Pier Damiani. Tutto qui!
    Ripetiamo che si parla di storiografia nell’area della produzione, che vorrebbe chiamarsi «cattolica». Dell’altro qui non ci interessiamo. La parte maggiore della produzione — ci sono, è vero, nobili e importanti eccezioni — pare obbedisca, per essere in sintonia col progresso, ai seguenti canoni:
    — la società ecclesiastica è la prima causa dei guai, che hanno colpito i popoli;
    — la Chiesa — detta per l’occasione postcostantiniana — avrebbe fatto con continui voltafaccia, alleanza coi potentati di questo mondo per mantenersi una posizione di privilegio e di comodità;
    — le intenzioni impure, le più recondite e malevole, vengono attribuite a personaggi fino a ieri ritenuti degni di ammirazione. Per questo sistema di giudizio alcuni Papi sono stati quasi radiati dalla Storia, non si sa con quale motivazione;
    — tutta la storia ecclesiastica fino al 1972 è stata panegirica, unilaterale, concepita con costante pregiudizio laudatorio, mentre non è che un accumulo di pleonasmi i quali hanno alterato il volto di Cristo. Questa conclusione — tutti lo vedono — costituisce il fondamento per distruggere il più possibile nella Chiesa e ridurla ad un meschino ricalco del Protestantesimo. San Tommaso Moro, Martire, è stato messo addirittura sul piano di Lutero;
    — le vite dei Santi vanno riportate a dimensioni «umane» con difetti, peccati, persino delitti, mentre gli aspetti soprannaturali tendono ad essere relegati nel solaio dei miti;
    — il valore della Tradizione e delle tradizioni è del tutto irriso, con evidente oltraggio alla obiettività storica, perché, se non sempre, le tradizioni che attraversano senza inquinamenti i secoli hanno sempre una causa che le ha generate.
    Si potrebbe continuare.
    Ma non si può tacere il rovescio della medaglia: i personaggi vengono magnificati perché si sono rivoltati, perché hanno messo a posto la legittima Autorità, perché hanno avuto il coraggio di distruggere quello che altri hanno edificato, hanno rivendicato la «libertà» dell’uomo con la indipendenza del loro pensiero, incurante della verità. Gli eretici diventano vittime, mezzi galantuomini... qualcuno ha osato parlare di una canonizzazione di Lutero.
    È condannevole chi ha difeso la libertà della Chiesa, la libertà della scuola cattolica, chi ha imposto ai renitenti la disciplina ecclesiastica. Tutti sanno la sorte riservata a coloro che ancora osano salvaguardarla! Si capisce benissimo la logica interna di questo andazzo della storiografia: la santità, la penitenza, la vera povertà, il distacco dal mondo hanno sempre dato fastidio e continuano a darlo dalle tombe, come se queste non potessero mai essere chiuse. È difficile sia accolto nel club progressista chi dice bene del passato!
    [Pensiero del Cardinale Giuseppe Siri tratto dalla "Rivista Diocesana Genovese" del gennaio 1975]
    Cordialiter, il blog sulla Tradizione Cattolica: Il grande Cardinale Siri contro la storiografia progressista

    L’AZIONE CATTOLICA ITALIANA INVITA A PREGARE I DIAVOLI E BESTEMMIA ABRAMO?
    by ricciotti
    L’Azione Cattolica Italiana invita a pregare i diavoli e bestemmia Abramo?
    L’articolo è stato diffuso da Avvenire il giorno 4 giugno 2014, il titolo: «Preghiera per la pace, la proposta di Ac e Acli». Si legge: «Un minuto per la pace, un minuto in preghiera venerdì 6 giugno alle ore 13 per accompagnare Papa Francesco che ha invitato in Vaticano, il prossimo 8 giugno, i presidenti di Israele, Shimon Peres, e dello Stato di Palestina, Abu Mazen». L’iniziativa: «[…] promossa dall’Azione Cattolica Argentina, cui l’Azione Cattolica Italiana, il FIAC, Forum Internazionale di Azione Cattolica, e l’UMOFC, Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche, hanno dato la loro adesione».
    Lo scandalo: «L’Azione Cattolica Italiana invita dunque i suoi aderenti, e tutti coloro che vorranno unirsi all’iniziativa, a fermarsi, chinare il capo e pregare secondo la propria tradizione: sul lavoro, a scuola, all’università, nel quartiere, in famiglia, davanti la propria parrocchia. Ai sacerdoti si chiede di uscire dalle chiese e di pregare per la pace con la gente in strada, rispondendo così all’invito di Francesco. È un venerdì il 6 giugno, giorno di preghiera per l’Islam, vigilia del tempo di preghiera per l’Ebraismo. Occasione speciale di preghiera, di riflessione; e messaggio ai credenti nelle comuni radici di Abramo, per essere insieme e invocare dal Signore il dono della pace».
    I problemi dottrinali sono evidentissimi, lo scandalo per i pusilli è totale, la sovversione è palese, oltre al pedestre invito rivolto ai sacerdoti di abbandonare le chiese:
    1) La religione vera è una, le altre “tradizioni” sono, secondo Dio, Tradizione e Chiesa: false religioni, idolatre, ispirate dal demonio, contro i primi comandamenti (rapporto e doveri dell'uomo verso Dio).
    Approfondimenti: Mortalium Animos (Pio XI) e Mystici Corporis (Pio XII).
    2) Si parla di «comuni radici di Abramo» nel cattolicesimo, nella setta dei maomettani (Mussulmani) e nell’organizzazione dei talmudisti (Ebrei che non riconoscono Cristo Messia e lo bestemmiano). Non c’è bisogno di una dissertazione complessa per dimostrare che questa è una bestemmia, nel senso che intende precisamente l’Azione Cattolica Italiana.
    Abramo è sì venerato ugualmente da ebrei, cristiani e mussulmani come “padre nella fede”; tuttavia Gesù, in Giov. VIII, 33 e succ., ai Giudei che vantano la loro discendenza da Abramo oppone che non va intesa la “stirpe” carnale bensì quella spirituale nell’imitazione di Abramo, il proseguirne le opere; in Mat. III,9 e Lc. III,8 si legge di san Giovanni Battista che predica così ai Giudei “Non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre”; in Gal. III, 28 e succ. l’Apostolo Paolo dice “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa.”
    In Rm IV, 9 e succ. si legge che la beatitudine non è concessa ai circoncisi in quanto tali, per presunta “stirpe”, ed quindi “Noi diciamo infatti che la fede fu accreditata ad Abramo come giustizia. Come dunque gli fu accreditata? Quando era circonciso o quando non lo era? Non certo dopo la circoncisione, ma prima. Infatti egli ricevette il segno della circoncisione quale sigillo della giustizia derivante dalla fede che aveva già ottenuta quando non era ancora circonciso; questo perché fosse padre di tutti i non circoncisi che credono e perché anche a loro venisse accreditata la giustizia e fosse padre anche dei circoncisi, di quelli che non solo hanno la circoncisione, ma camminano anche sulle orme della fede del nostro padre Abramo prima della sua circoncisione.”
    Spiega chiaramente san Pio X nel Catechismo semplice (per scuole elementari, oggi evidentemente ignorato dall'Azione Cattolica e sembra anche da Bergoglio):
    124. Chi è fuori della comunione dei santi? E' fuori della comunione dei santi chi é fuori della Chiesa, ossia i dannati, gl'infedeli, gli ebrei, gli eretici, gli apostati, gli scismatici e gli scomunicati. 125. Chi sono gl'infedeli? Gl'infedeli sono i non battezzati che non credono in alcun modo nel Salvatore promesso, cioè nel Messia o Cristo, come gl'idolatri e i maomettani. 126. Chi sono gli ebrei? Gli ebrei sono i non battezzati che professano la legge di Mosè e non credono che Gesù è il Messia o Cristo promesso.
    131. E' grave danno esser fuori della Chiesa? Esser fuori della Chiesa è danno gravissimo, perché fuori non si hanno nè i mezzi stabiliti nè la guida sicura alla salute eterna, la quale per l'uomo è l'unica cosa veramente necessaria.
    Questa è la dottrina di Cristo, questa è la fede della Chiesa, questa è la parola dei Santi.
    L?Azione Cattolica Italiana invita a pregare i diavoli e bestemmia Abramo? | Radio Spada

    BERGOGLIO APRE AI BORSEGGIATORI?
    by ricciotti
    «Quando prendevo il bus a Roma e salivano degli zingari, l’autista spesso diceva ai passeggeri: `Guardate i portafogli´. Questo è disprezzo, forse è vero, ma è disprezzo», queste le parole di Bergoglio durante l’evento organizzato dal Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti che si è tenuto giovedì nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico: «La Chiesa e gli zingari: annunciare il Vangelo nelle periferie». Secondo Bergoglio sarebbe, dunque, ingiusto informare le persone (anche le vecchiette) che esistono i borseggiatori.
    Bergoglio ha aggiunto: «spesso gli zingari si trovano ai margini della società e a volte sono visti con ostilità e con sospetto». Prosegue: «Sono tra i più vulnerabili, soprattutto quando mancano gli aiuti per l’integrazione e per la promozione della persona umana nelle varie dimensioni del vivere civile». Secondo Bergoglio i Rom sarebbero solamente sfortunati in Italia, peccato che in tutto il mondo vivono la stessa condizione.
    Rimarca: «i gruppi più deboli sono quelli che più facilmente diventano vittime delle nuove forme di schiavitù: sono infatti le persone meno tutelate che cadono nella trappola dello sfruttamento, dell’accattonaggio forzato e di diverse forme di abuso». Specifica: «Tra le cause che nell’odierna società provocano situazioni di miseria in una parte della popolazione, possiamo individuare la mancanza di strutture educative per la formazione culturale e professionale, il difficile accesso all’assistenza sanitaria, la discriminazione nel mercato del lavoro e la carenza di alloggi dignitosi».
    Secondo Bergoglio sarebbe colpa del popolo italiano se i Rom vivono in miseria. Lo Stato affami un pochino di più i pensionati ed i giovani e destini più denaro ai Rom, dunque!
    Conclude: «[...] Gli zingari possano trovare in voi dei fratelli e delle sorelle che li amano con lo stesso amore con cui Cristo ha amato i più emarginati: siate per essi il volto accogliente e gioioso della Chiesa».
    L’amore di Cristo non è mai stato accoglienza per il peccato, cosa che Bergoglio spesso sembra dimenticare, difatti la Chiesa ci insegna: «Va' e d'ora in poi non peccare più» (Gv 8,11); «Perché in questo consiste l'amore di Dio, nell'osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi» (Gv 5,3), ecc…
    Bergoglio apre ai borseggiatori? | Radio Spada



    “Chiesa povera per i poveri”. Ma che vuol dire?
    Se la Chiesa non ha beni, non ha soldi, come potrebbe aiutare i poveri, aiuto peraltro dato da sempre, nel tempo e dovunque?… ma innanzitutto deve esserci l’annuncio ai poveri medesimi della buona novella, del Regno di Dio, che va cercato primieramente, e il resto ci sarà dato…
    di Giovanni Lugaresi
    Ci sono concetti poco comprensibili, forse perché male espressi, forse perché è colpa nostra non capirli, fatto si è che possono creare un po’ di confusione, almeno in menti semplici.
    Per esempio, a noi sfugge il significato di una espressione come questa: “una Chiesa povera per i poveri”. Che cosa vuol dire?
    Secondo la logica corrente, per la quale due più due fa quattro, ci verrebbe da obiettare: come farebbe una Chiesa povera ad occuparsi dei poveri? Se la Chiesa non ha beni, non ha soldi, come potrebbe aiutare i poveri, aiuto peraltro dato da sempre, nel tempo e dovunque?
    L’offerta che io faccio, piccola o grande che sia, insieme a tantissime altre offerte, anch’esse piccole o grandi che siano, possono dare ricchezza alla Chiesa e la medesima può di conseguenza ridistribuire fra chi ha bisogno, dovunque ai quattro angoli della Terra.
    Ma una Chiesa povera, priva di beni, che cosa può dare ai poveri?
    Certo, può, anzi deve, dare prima di tutto l’annuncio del Regno (che non è di questo mondo), ma volendo aiutarli sul piano economico, questi poveri? Zero, zero, e ancora zero.
    Sempre seguendo un ragionamento a base di buonsenso, che ci permettiamo di invocare sempre, anche a livello ecclesiale, appunto, non sarebbe meglio dire: “preti poveri”? Eh, sì… Perché non è infrequente imbattersi in sacerdoti benestanti, a volte ricchi, ben pasciuti, attaccati ai beni di questo mondo, ben preoccupati del dio denaro, invece di considerare il Dio Uno e Trino!!!
    Preti dei quali veniamo a sapere dalle cronache quando accadono certi episodi spiacevoli, se non scandalosi, dove l’auto nuova, che pure serve per il ministero, non è una semplice utilitaria, bensì (addirittura) un Suv. E c’è bisogno di un macchinone costoso e vistoso per svolgere la missione sacerdotale? Occorre che qualcuno lo dica a quel tale parroco di Casalborsetti del quale si sono recentemente occupate le cronache, in quanto, piuttosto alticcio, era finito nottetempo in acqua al volante del suddetto macchinone – tanto per fare un esempio.
    Ancora: si è letto in passato di preti passati nel mondo dei più, la cui eredità consisteva in qualche miliardo di lire, eredità disputata fra perpetua e parenti del defunto con tanto di ricorso ai tribunali. Non ci sono parole, se non quelle della pena, dell’amarezza.
    Ecco, questo, secondo noi, poveri vecchi cattolici, andrebbe detto, andrebbe annunciato, e denunciato, dai sacri palazzi, fosse pure dall’umile residenza di Santa Marta.
    Chiesa ricca e preti poveri… per i poveri!
    Ma innanzitutto, l’annuncio ai poveri medesimi della buona novella, del Regno di Dio, che va cercato primieramente, e il resto ci sarà dato…
    Quanto ci piacerebbe sentirlo dire da alte cattedre.
    ?Chiesa povera per i poveri?. Ma che vuol dire?* -* di Giovanni Lugaresi | Riscossa Cristiana

    Bergoglio vs S. Francesco, ex "Vita Secunda", Cap. XXXVIII.
    LAT: Non licet, fili, alienum auferre; peccati poena, non meriti gloria est aliena donare.
    ENG: My son, it is not lawful to take away the property of others; and to give away what belongs to others involves punishment for sin, not honour for merit.
    ITA: Non si deve, figlio, portare via ciò che è di altri. Donare la roba altrui non merita gloria, ma va punito perché è peccato.

    [DA VEDERE] LA VERITÀ NON È MAI ASSOLUTA. PAROLA DI FRANCESCO
    by jeannedarc
    Ecco due pagine tratte dal noto libro uscito qualche mese fa,"Dialogo tra credenti e non credenti", scritto a quattro mani da Scalfari e Bergoglio.






    Se l'intervista "incriminata" da cui è tratto questo passo è stata rimossa dal sito del Vaticano... Perché permettono che giri in forma cartacea?
    [DA VEDERE] La verità non è mai assoluta. Parola di Francesco | Radio Spada

    BERGOGLIO, MARINO E IL GAY PRIDE
    by ricciotti
    L'agnostico, il sindaco e la sodomia
    DAL "VOLO PAPALE" – Gli si chiede della «lobby gay» e Bergoglio dice: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?». (Dichiarazione di luglio 2013)
    Cosa ci dice invece la Chiesa cattolica?
    Sono gravissimi i peccati contro la castità e sono quasi sempre mortali. Pertanto, se una persona cerca Dio, per il sol fatto, NON si fa chiamare GAY (e non si definisce GAY), che significa felice di praticare l'omosessualità e di farne propaganda.
    Inoltre "legare e sciogliere" significa condannare e approvare, ciò è stato fatto dai Pontefici (ovvero cattolici), i quali hanno "posseduto le chiavi".
    “L’impudicizia non si deve neppure nominare tra voi, come si conviene a santi; né oscenità, né sciocchi discorsi o buffonerie, che sono cose indecenti” (Ef., 5,3); “Nessun disonesto avrà parte dell’eredità del regno di Cristo e di Dio” (Ef., 5,5); “Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio” (1Cor. 6,9-19)
    Secondo la Legge Divina, quindi non alterabile neanche dalla Chiesa stessa, l’impurità è un disordine, come ogni altro peccato, perché è contro la legge di Dio, e fa sì che l’uomo assoggetti l’anima al corpo, alla carne; ma disordine terribile, perché con facilità induce ad altri peccati e genera gravi scandali (come abbiamo appreso dal precedente studio lo scandalo grave è un peccato peggiore dell’omicidio).
    L’impurità produce un cumulo di rovine:
    а) rovina del corpo, che infiacchisce e uccide: quante vite miete questo vizio infame! Quanto è vero il proverbio italiano che “chi vive carnalmente, non può vivere lungamente”, senza mai dimenticarci anche dei castighi che Dio invia direttamente o che ne acconsente il verificarsi a scopo propedeutico o propriamente per punire;
    b) rovina della mente, che ottunde, specialmente per il senso morale;
    c) rovina del cuore, che indurisce;
    d) rovina della fede, che estingue. Quanti non credono, non perché abbiano scoperto contraddizione tra la scienza e la fede, ma perché sono accecati da questa obbrobriosa passione.
    Francesco Coppée, membro dell’istituto di Francia, nella sua gentil opera Saper soffrire, dove racconta le vicende della sua conversione, confessa candidamente che la prima causa della sua incredulità furono i peccati contro la bella virtù. “Fui educato cristianamente, egli scrive, e dopo la mia prima Comunione compii per parecchi anni, e col più grande fervore. Quello che me ne staccò, furono lo dico schietto, la crisi dell’adolescenza e la vergogna di dovermi confessare di certe cose” - “Molti uomini converranno, se pur sono sinceri, che la regola severa imposta dalla religione ai sensi, fu quella che principiò ad allontanarli da essa; più tardi, solo più tardi, andarono a cercare nella ragione e nella scienza argomenti metafisici, che dispensassero da questa regola. Per me almeno le cose andarono cosi. Fatto il primo passo falso, e continuando per lo stesso cammino, non mancai di leggere libri, udire discorsi e osservare esempi, che sembravano destinati espressamente a convincermi che per l’uomo nulla è più legittimo che l'obbedire agli impulsi del proprio orgoglio e della propria sensualità. M'invase allora l’indifferenza d’ogni preoccupazione religiosa”;
    e) rovina dell’anima, che rende schiava della passione e manda all’inferno;
    f) rovina dell’onore, che fa perdere;
    g) rovina spesso delle famiglie, che getta nel disonore e nella miseria;
    h) rovina della vita e della natura, che fa accendere “ ... a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che si addiceva al loro traviamento ... E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa ...” (Rm. 1, 26-32);
    g) Castighi. Oltre le rovine sopraccennate ricordiamo che la Scrittura ci dice come Dio mandò il diluvio universale per questo peccato (noi sappiamo che il diluvio fu un reale accadimento, un vero castigo, non una metafora o una casualità come insegnano gli scandalosi modernisti); così mandò il fuoco sopra Sodoma e Gomorra (idem come prima); e così molte altre pubbliche e private calamità... E ricordiamo che castigo dell’impurità è pure la disperazione e l’impenitenza finale che conduce inesorabilmente all’eterna dannazione. “Badate di non errare: né i fornicatori... né gli effeminati avranno la eredità del regno di Dio” (1Cor. 6, 9-10).
    [OMOFOLLIE] DA VEDERE / Bergoglio, Marino e il Gay Pride | Radio Spada












 

 
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