DI MATTEO CORSINI
“… il diritto europeo, e quindi le direttive, hanno efficacia giurisdizionale… soprattutto per la diretta applicabilità anche all’interno degli Stati membri… Solo l’ambito istituzionale europeo può garantire infatti la massima efficacia dei provvedimenti economici e in questo nuovo ordine si potranno così affrontare e risolvere i problemi delle sempre più gravi disuguaglianze e formulare programmi per una società migliore, oggi postergate dalle politiche di austerità.” (G. Rossi)
Ogni volta che leggo un articolo di Guido Rossi rabbrividisco. Rossi non è l’unico adoratore del diritto positivo, dell’idea che per ogni cosa serva una legge e, soprattutto, che il compito di definire le leggi debba spettare a una ristretta tecnocrazia illuminata. Ma, non so perché, nel suo caso provo maggior disagio che nel leggere altri sostenitori di idee simili alle sue.
In linea di massima, credo che la libertà degli individui sia sempre a rischio quando qualcuno invoca l’uso della legge per “risolvere i problemi delle sempre più gravi disuguaglianze e formulare programmi per una società migliore”. E la storia, ahimè, fornisce numerose conferme al riguardo.
In soldoni, secondo Rossi il sistema per eliminare le inefficienze e i fallimenti dei legislatori nazionali, la cui azione è sempre condizionata dalla ricerca del consenso elettorale, è spostare il centro decisionale a Bruxelles, dove a decidere per tutti quanti sarebbero dei burocrati che non devono preoccuparsi di essere rieletti. Un esperimento tipo quello in corso in Italia, ma su scala continentale e perché no, un domani, mondiale.
Se già la democrazia, in quanto dittatura di minoranze più o meno qualificate, è inquietante, la dittatura (illuminata?) dei burocrati è ancora peggio, a mio parere. Ciò che propugna Rossi darebbe concreta e completa attuazione a un modello di Europa come Unione di tipo sovietico, come molti libertari paventano da tempo.
Forse al peggio non c’è proprio limite.
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