ROUBINI, L’ECONOMISTA DEPRESSO
DI MATTEO CORSINI
“Il ritorno al Gold Standard causò la Grande Depressione. Adesso alcuni dementi vogliono il Gold Standard 2.0 per portarci nella Grande Depressione 2.0.” (N. Roubini)
Considero Nouriel Roubini uno dei più sopravvalutati economisti in circolazione da molto tempo prima di aver letto questa stupidaggine.
D’altro canto, quando la gran parte della stampa finanziaria e dei think tank che ancora non hanno capito (o fingono di non aver capito) le reali cause della crisi iniziata nel 2007 osannano un economista, mi pare lecito avere dubbi sulle capacità di costui.
Di Roubini si dice che abbia previsto la crisi, perché nel 2006 segnalava che sul mercato immobiliare statunitense si era formata una grande bolla.
Non voglio certo negarlo, ma non corrisponde al vero, come spesso capita di sentire, che non se ne fosse accorto nessuno tranne lui. Tutti gli economisti di scuola austriaca segnalavano lo stesso problema (basta consultare, per esempio, l’archivio di mises.org), ma costoro non hanno avuto la stessa cassa di risonanza di cui ha beneficiato Roubini.
Quello che, a mio parere, è di fondamentale importanza, è che individuare una bolla prima che sia scoppiata rischia di essere poco utile se non si individuano altrettanto chiaramente le cause della sua formazione.
Ovviamente questa considerazione vale a maggior ragione quando si tratta di decidere cosa fare una volta che la bolla è scoppiata.
Credo, allora, che per valutare con maggiore equilibrio il contributo di Roubini sia necessario rispondere a un paio di domande:
1) Ha individuato le cause della formazione delle bolle?
2) Ha indicato soluzioni efficaci per il periodo successivo lo scoppio delle bolle e per evitare una loro ricorrente formazione?
A mio parere entrambe le domande hanno questa risposta: no.
Quando non si lascia prendere dalla foga di pontificare su tutto lo scibile umano (chiaramente smettendo i panni dell’economista, anche se lo definiscono tale pure in quelle circostanze), Roubini propone “ricette” per uscire dalla crisi che rappresentano una sorta di macedonia delle principali teorie mainstream, pescando un po’ di qua e un po’ di là a seconda dei momenti. Per chi ne tesse le lodi questo è indice di grande flessibilità di pensiero e di pragmatismo, ma a me pare, piuttosto, una sorta di cerchiobottismo applicato all’economia.
In ogni caso, si tratta di soluzioni ad alto tassi di dirigismo statalista (i cui ingredienti essenziali sono la stampa di denaro e nuovi poteri alle banche centrali e alle altre authorities in questo o quel settore, in particolare quello finanziario). Ma questo tipo di soluzione può essere auspicato solo se non si sono ben capite le cause della crisi.
E il fatto di considerare il Gold Standard responsabile della Grande Depressione, concludendo che un ritorno al Gold Standard provocherebbe un’altra Grande Depressione, non fa che confermare quanto ho appena scritto. Significa che non ci si rende conto che proprio la manipolazione della moneta e l’espansione creditizia causano le bolle. Due fenomeni che, contrariamente a quanto pare sostenere Roubini, sono connessi proprio alla violazione del Gold Standard.
L’analisi in buona parte condivisa da keynesiani e monetaristi addebita per lo più alla Fed la responsabilità della Grande Depressione, per aver irrigidito la politica monetaria al posto di inondare il mercato di liquidità alle prime avvisaglie di crisi. Sembra che costoro non abbiano alcun interesse ad analizzare la condotta della politica monetaria e l’andamento degli aggregati monetari negli anni precedenti la crisi. Eppure ciò renderebbe evidente (come segnala, tra gli altri, Murray Rothbard in “America’s Great Depression”) che fu proprio la violazione del Gold Standard, e non la sua stretta osservanza, a causare l’espansione creditizia e la conseguente formazione della bolla che portò alla crisi.
Prima di dare dei dementi a chi la pensa diversamente da lui, Roubini dovrebbe spiegare, a mio parere, come mai siamo nella situazione attuale nonostante gli ultimi residui della convertibilità del dollaro in oro siano stati definitivamente aboliti da quarant’anni.
Ora, è chiaro che un passaggio dall’oggi al domani da un sistema fiat come quello attuale a un Gold Standard puro avrebbe effetti depressivi nell’immediato, ma chi si illude di poter risolvere i problemi in modo indolore (mediante il continuo ricorso all’anestesia inflattiva) dovrebbe spiegare come mai inondando il mercato di denaro non si sia finora giunti a capo di nulla. Anzi.
In definitiva, dietro alla formula “Gold Standard” ci sarebbe l’uscita dello Stato e delle banche centrali dalla produzione e dal governo della moneta, che dovrebbe tornare a essere un bene scelto da coloro che scambiano beni e prodotto liberamente sul mercato.
Non mi stupirà mai che gli statalisti siano contrari all’abbandono dei sistemi monetari attualmente in vigore, ma che tanti tra coloro che pure si dicono a favore del libero mercato preferiscano che sia lo Stato a battere moneta resta, per me, deprimente. Perché se lo Stato controlla la moneta, controlla tutto ciò che vuole.
ROUBINI, L’ECONOMISTA DEPRESSO | Movimento Libertario