User Tag List

Pagina 1 di 3 12 ... UltimaUltima
Risultati da 1 a 10 di 30

Discussione: I riti funerari

  1. #1
    Moderatore
    Data Registrazione
    30 Mar 2009
    Località
    Messina
    Messaggi
    18,411
     Likes dati
    1,422
     Like avuti
    1,210
    Mentioned
    2 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito I riti funerari

    I riti funerari (romani)

    Il concetto, tipico della società romana, del culto familiare, che comportava la persistenza del dialogo con i defunti, si esprimeva anche nell'architettura degli edifici funerari. La tomba era considerata il luogo dell'incontro tra il morto e i suoi parenti; che vi si recavano a praticare riti non in ricordo del defunto, ma al defunto. Per questo le tombe erano sempre facilmente accessibili ma solo a chi ne aveva il diritto: al concetto dell'inviolabilità fisica del sepolcro, proprio di altre civiltà si sostituisce quello dell'inviolabilità giuridica.
    I tipi di sepoltura praticati a Roma erano l'inumazione e la cremazione, già ricordati in tale ordine dall'antichissima legge delle XII tavole alla metà del V sec. a.C. Esse, con alterna fortuna, caratterizzarono il rito funerario nel mondo romano. Intorno al IV sec. a. C. la cremazione diviene la pratica dominante e tale rimane come dimostra la diffusa presenza dei colombari, fino agli inizi del II secolo della nostra era. Effettuata dagli ustores, la cremazione poteva svolgersi o nel luogo stesso della sepoltura delle ceneri (bustum) o in un luogo apposito detto ustrinum. In quest'ultimo caso, le ossa combuste erano raccolte in urne di marmo, pietra o terracotta, e deposte in nicchie ricavate nelle pareti dei colombari.
    Durante il regno di Adriano, tuttavia, l'inumazione comincia gradualmente a prevalere, fino ad affermarsi definitivamente verso la metà del III sec. d. C. La coesistenza dei due riti spiega quindi quegli edifici tipici del II sec d. C. con nicchie alle pareti e arcosoli in basso per deporre gli inumati; assai spesso si nota, inoltre, a partire dalla metà del II sec. la costruzione di tombe a fossa con spallette di mattoni, dette formae, sul piano pavimentale dei vecchi colombari. La ripresa dell'inumazione determina anche il diffondersi dell'uso dei sarcofagi, stimolando così una straordinaria produzione artistica di questi oggetti, spesso importati dall'Asia Minore. Per i più poveri restavano semplici tombe scavate nella nuda terra, fatte di tegole o di cocci d'anfora.
    Naturalmente la disponibilità di aree e la densità della popolazione erano fattori determinanti nella scelta del monumento funebre. Mentre, infatti, lungo le arterie extraurbane e nei terreni privati era possibile l'edificazione di imponenti mausolei e la delimitazione di vaste aree, nelle immediate vicinanze delle grandi città era frequente la concentrazione delle sepolture, agevole soprattutto se il rito era crematorio.
    In ogni caso, le sepolture, salvo onori oltremodo eccezionali, si effettuavano, per antichissima disposizione, testimoniata già dalle XII tavole, sempre fuori delle città e lungo le vie extraurbane. Dalla metà del I sec. a. C. si diffuse il tipo edilizio del colombario, atto ad accogliere le sepolture di una famiglia o di un collegio funerario. L'edificio, che si sviluppava in gran parte nel sottosuolo con una o più camere ipogee, presentava lungo le pareti interne una serie più o meno numerosa di nicchie, loci o loculi, disposte generalmente in più file parallele, fino ad occupare quasi tutto lo spazio disponibile; spesso la monotonia era rotta da edicole con frontone decorato a stucco. Le nicchie avevano, in genere, forma semicircolare, ma ve n'erano anche di quadrate o rettangolari; all'interno di ciascuna potevano trovare posto da una fino a quattro urne, ollae, destinate ad accogliere le ceneri dei defunti. Spesso le urne erano fissate nella muratura, forando il piano di appoggio della nicchia, in maniera tale da non poter essere spostate. Di esse rimaneva visibile solo il coperchio, operculum, che poteva essere sollevato per versare nell'urna stessa le libagioni, così che il defunto potesse partecipare al banchetto funebre celebrato in suo onore.


    G. L. Bernini, Plutone e Proserpina,1621-1622 (Roma, Galleria Borghese)
    Immagine tratta dal sito http://vr.theatre.ntu.edu.tw/

    La fede nella sopravvivenza del defunto oltre la morte e nella possibilità, per i vivi, di perpetuare il dialogo con i trapassati si manifesta nella ricchezza delle celebrazioni in onore dei defunti, dalle cerimonie private, come la cena novendialis (9 gg. dopo la morte), il dies natalis (giorno del compleanno del defunto) a quelle pubbliche: i Parentalia o dies Parentales (13-21 febbraio) e i Rosalia, delle quali restano come testimonianza numerose raffigurazioni di rose incise o dipinte sulle pareti degli edifici funebri. E' proprio l'apparato decorativo a fornirci notizie sulle credenze legate alla vita ultraterrena nel mondo romano.
    Complesso era il rituale che accompagnava il trapasso, dal bacio dato al moribondo da uno dei suoi cari per raccoglierne l'ultimo respiro, alle celebrazioni che seguivano la sepoltura. Subito dopo la morte il cadavere veniva lavato e cosparso di unguenti e quindi vestito e preparato con i suoi abiti di parata (la toga o la praetexta) ed esposto nell'atrio di casa. Per il viaggio verso l'al di là gli si poneva in bocca una moneta che egli avrebbe offerto a Caronte.
    Dai funerali più semplici, quelli dei bambini e dei poveri, che si svolgevano addirittura di notte alla luce delle torce che precedevano il feretro, si arrivava alle grandiose cerimonie in onore dei grandi personaggi che tanto impressionarono lo storico greco Polibio (metà II sec. a.C.): per lui non vi era spettacolo più nobile del vedere sfilare, nelle cerimonie funebri delle famiglie patrizie e in processione davanti al feretro, i potenti e gloriosi antenati del defunto, rappresentati dalle maschere di cera che ne ritraevano l'immagine (imagines maiorum). Tali maschere, che i parenti del defunto portavano durante il corteo funebre, venivano custodite in una teca e costituivano una sorta di raccolta dei ritratti degli avi. Questa tradizione perdurò senza dubbio fino alla II metà del I sec. d.C., anche se, a partire dalla tarda età repubblicana, alle maschere di cera furono talvolta sostituiti busti dello stesso materiale o di terracotta.
    Ai funerali provvedevano di regola imprese di pompe funebri (libitinarii), con i vari specialisti: i pollinctores, che preparavano la salma, i vespillones che curavano il trasporto funebre, gli ustores che provvedevano al rogo, ecc.; queste attività, comunque, erano ritenute tanto sordide da comportare diminuzioni dei diritti civili per chi le svolgeva. Proprio Pozzuoli ci ha restituito, in una preziosa iscrizione d'età augustea, parti del capitolato d'appalto cittadino, che regolava minuziosamente la prestazione dei servizi funebri e la fornitura delle attrezzature necessarie (lex libitinaria). Vi si prescriveva, ad esempio, che l'impresario dovesse impiegare non meno di 32 addetti, di sana costituzione e di età compresa fra i 20 e i 50 anni, ma anche che queste persone non potessero risiedere e neppure entrare in città se non per motivi legati al loro servizio e in ogni caso distinguendosi con un berretto colorato; che l'impresario dovesse rispettare l'ordine delle richieste pervenutegli in un apposito ufficio cittadino (sito nel foro?), salvo che per i funerali dei decurioni e dei bambini, cui si doveva in ogni caso dare la precedenza; che i cadaveri degli impiccati e degli schiavi fossero nella stessa giornata portati via, ecc.
    Nel caso delle famiglie ricche le spese dei funerali e della costruzione delle tombe venivano sostenute dai parenti del defunto, mentre ai privati si sostituivano, presso i ceti medi e piccoli, associazioni particolari, i collegia funeraticia. I collegia sorti per iniziativa dei privati potevano avere varie finalità, religiose e politiche. Negli ultimi anni della repubblica queste ultime assunsero un aspetto preponderante fino a provocare la soppressione di molti collegia da parte di Cesare e poi di Augusto, che vollero conservare soltanto le associazioni di più antica fondazione. In età imperiale si formarono molte nuove associazioni con il beneplacito degli imperatori. Ve ne erano di tutti i tipi, religiose, funerarie e professionali, e raccoglievano in prevalenza artigiani, schiavi e liberti.
    La maggior parte dei collegia si preoccupava di garantire ai propri consociati un'onorevole sepoltura. A tale scopo veniva creato un fondo comune (arca) col versamento di una quota mensile (stips menstrua) da parte di ciascun consociato. A questo fondo si attingeva poi per coprire le spese relative al funerale, all'acquisto e alla successiva manutenzione della tomba e alle cerimonie per la commemorazione dei defunti.

    Dal sito ICIB - index_html
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 03-04-10 alle 21:58
    "Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)

  2. #2
    Sognatrice
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Località
    Piacenza
    Messaggi
    11,135
     Likes dati
    191
     Like avuti
    775
    Mentioned
    20 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    RITI FUNERARI DEGLI ANTICHI GRECI



    Cratere di Eufronio decorato con la scena di Sarpedonte morente
    (V secolo a.C.)


    Innanzitutto si spegneva il fuoco. Il nuovo focolare domestico, perenne punto di riferimento di ogni abitazione, veniva riacceso dai vicini. Questo il primo gesto che, nell'antica Grecia, si compiva quando una persona moriva. Per la grande civiltà mediterranea, di cui si hanno notizie già dal secondo millennio a.C. e che ebbe nelle città di Atene e Sparta le due maggiori protagoniste, la morte era vissuta come un evento inevitabile, fatale, a cui erano sottratti solo gli dei. L'immortalità era il loro grande privilegio: per il resto, avevano una esistenza del tutto simile a quella degli uomini, e non sempre esemplare, fatta di passioni, virtù, bisogni e difetti. Tuttavia era una esistenza felice, perché non oscurata dal pensiero della morte inesorabile. Per questo, i riti funebri avevano nella civiltà greca, che visse i suoi massimi splendori tra il 500 e il 400 a.C., la funzione di trasformare lo stato di morte in un nuovo stato, stabile e positivo.


    LA SCRUPOLOSA PREPARAZIONE DEL CORPO
    Il defunto, prima di essere esposto per l'estremo saluto dei parenti e degli amici, veniva lavato, profumato e poi vestito dalle parenti più strette. Il compito di prendersi cura delle spoglie competeva però solo a determinate categorie di donne: o quelle che avevano superato i sessant'anni o quelle strettamente imparentate con il defunto. Durante la preparazione del corpo aveva grande importanza l'uso dell'acqua, a cui venivano attribuite proprietà purificatorie, anche per i vivi. Infatti si riteneva che questi fossero contaminati dal contatto con il morto: per questo, durante il periodo di lutto, presso l'abitazione del defunto era sistemato un grande vaso che conteneva acqua, che serviva per la purificazione di coloro che uscivano di casa. Se sul corpo della persona deceduta c'erano delle piaghe, venivano coperte e fatte sparire con un unguento profumato: così la pelle, strofinata con quest'olio, assumeva maggior splendore. Il defunto veniva poi vestito e ornato di ghirlande, nastri e gioielli. Alle volte si avvolgeva in un mantello, che gli copriva anche la nuca. Una struttura di legno sostenuta da alte assi, su cui si disponevano una coperta pesante, simile a un tappeto, e alcuni drappi di stoffe preziose costituivano il suo letto funebre. Il suo capo era sollevato su cuscini; talvolta testa e mandibole erano strette da una benda.


    L'ESPOSIZIONE DEL DEFUNTO
    Solo dopo essere stato accuratamente preparato, il defunto poteva essere esposto all'interno della sua abitazione per le tradizionali visite di congiunti e amici. Comunque, tale esposizione avveniva non prima del giorno successivo al decesso e normalmente durava un solo giorno, che era il tempo necessario, secondo i greci, per accertare la morte. In parecchie raffigurazioni, rinvenute soprattutto su coppe e vasi, si vede spesso il morto che giace con i piedi rivolti a sinistra, presumibilmente verso la porta: da quella parte giungono gli uomini in processione, sollevando la mano destra con la palma in fuori. Si tratta di un gesto di preghiera che gli uomini compiono a piedi o a cavallo presso il catafalco. Un gesto ripetuto talvolta anche presso la tomba. Particolarmente intensa era la lamentazione funebre, effettuata dalle donne, che sfogavano il dolore con gesti molto plateali: si battevano il petto, si strappavano i capelli e li deponevano sul cadavere, si laceravano le vesti, tentavano di ferirsi le gambe e il petto, si gettavano nella polvere e si spargevano cenere sul capo. Il lutto era segnato anche da alcuni particolari comportamenti dei congiunti: i parenti più prossimi rifiutavano il cibo prima del funerale e, ancora, le donne si radevano i capelli, mentre gli uomini se li lasciavano crescere.



    Interno di una coppa attica raffigurante la morte di Memnone
    (490-480 a.C. circa)




    IL CORTEO FUNEBRE TRA DANZATORI E SUONATORI
    La mattina del terzo giorno dalla morte si svolgeva il funerale: il rito era previsto sempre prima dell'alba. Al corteo funebre prendevano parte i parenti, accompagnati da suonatori e danzatori. In numerose ceramiche dipinte si è ritrovata spesso l'immagine della bara trasportata da un carro, tirato da muli. Il cadavere veniva poi cremato su una pira. Le ossa erano separate dalle ceneri, raccolte e poste a parte nella tomba. Testimonianze di molti autori classici, soprattutto dell'oratore e letterato romano Cicerone, hanno riferito che, attorno al luogo di sepoltura, si spargevano frutti sul terreno. Un'usanza che, per i Greci, aveva due finalità: propiziare un tranquillo riposo al defunto e purificare la terra, restituendola in questo modo alle attività dei vivi. Vicino ad alcune tombe, sono state individuate delle "fosse per offerte", posti in cui si posavano, per il defunto, dei doni: questi, disposti su tavole di legno durante la sepoltura, venivano bruciati e poi sigillati in piccole urne con uno strato di terra o di calce. Come dimostrano i resti di ossa di animali trovati in qualche caso, si facevano anche offerte di cibo. Molto probabilmente accompagnavano il defunto vasi contenenti unguenti per la pulizia della salma e bevande: infatti sono state scoperte, sempre nelle zone di sepoltura, coppe e brocche.


    BANCHETTI E SACRIFICI
    Per limitare gli eccessi del lusso funerario, lo statista Solone, all'inizio del VI secolo, prescrisse limitazioni del lutto alla parentela del defunto: nonostante queste regole, i periodi di cordoglio si chiudevano con sacrifici e banchetti che ad Atene si svolgevano il terzo, il nono e il trentesimo giorno dalla morte. Questi convivi, preceduti da un rito di purificazione dei luttuati, si effettuavano nelle ore serali ed erano una occasione per riunire i parenti: questi, avvolti in ghirlande di fiori, pensavano di parlare con il defunto e, in continuazione, elogiavano le sue virtù. Alle volte il banchetto veniva organizzato intorno alla tomba: si riteneva che il defunto vi partecipasse e ricevesse come ospiti i suoi parenti. Anche in questo caso, i partecipanti lodavano la persona morta. In alcune zone dell'antica Grecia, però, temendo le reazioni negative dei morti, si consumava il pasto in silenzio. E non si raccoglievano i resti che cadevano a terra dalla tavola, poiché questi appartenevano al loro spirito. Il banchetto era considerato un rito di passaggio, che permetteva alla famiglia colpita dalla perdita di riprendere la normale vita comunitaria. Ogni anno si effettuavano dei riti di commemorazione, in cui spesso si adottava un figlio.


    MONETA E FOCACCIA
    I Greci credevano in una vita oltremondana. Per questo, ai morti veniva lasciata in bocca una moneta, che rappresentava l'obolo che erano tenuti a pagare a Caronte, per essere traghettati al di là dell'Acheronte, il fiume che recingeva il sotterraneo mondo dei defunti. Comunque, si pensava che le anime non venissero trasportate prima dell'incinerazione o inumazione dei corpi. Tra le mani dei defunti, invece, veniva posta una focaccia, che doveva essere lanciata al cane Cerbero, custode dell'Ade, dimora dei morti. In questo regno si distinguevano l'Eliso e il Tartaro: il primo era il luogo di beatitudine dei giusti, il secondo era il posto di tormenti e di espiazione per chi si era macchiato di delitti e si era comportato ingiustamente.



    560-550 a.C. circa

    Gianna Boetti per www.oltremagazine.com

    Link
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 03-04-10 alle 22:00

  3. #3
    Sognatrice
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Località
    Piacenza
    Messaggi
    11,135
     Likes dati
    191
     Like avuti
    775
    Mentioned
    20 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    LE PREFICHE

    Tra lacrime disperate ricordano le virtù del morto. Con grida e struggenti cantilene, esprimono il dolore del distacco, arrivando a strapparsi i capelli e a graffiarsi il viso: un compito che il più delle volte eseguono a pagamento. Sono le lamentatrici di mestiere, le cosiddette prefiche: donne che vegliano il defunto con canti funebri, strofe a memoria e improvvisazioni per ricordare episodi della sua vita e dimostrare a tutta la comunità quanto sia straziante la sua scomparsa.

    Un'usanza conosciuta fin dai tempi più remoti: già nell'antica Grecia si ricorre alle prefiche che, a chiome sciolte, esaltano le virtù del defunto. Nella Roma classica, le lamentatrici hanno una parte importante nel corteo funebre, dove seguono i portatori di fiaccole levando altissime grida di dolore. Risale proprio a questa civiltà il termine "prefica", che deriva dal latino "praeficere", ovvero stare a capo, guidare. In questo caso, guidare il pianto: tanto che lo storico latino Festo, le definisce "donne chiamate a lamentare il morto che danno alle altre il ritmo del pianto"... E tanto più importante è il defunto, tanto più sono numerose.

    Combattuto per secoli, il loro intervento durante veglie e funerali si tramanda comunque. Già nel 1313 il vescovo di Treviso proibisce questo tipo di manifestazione. Verso il Cinquecento, alcuni scrittori si scagliano contro le lamentatrici che "piangan del mal che non le tocca”. Nel sinodo del 1588, il vescovo di Nicotera vieta il pianto lugubre delle prefiche, lo seguono il vescovo di Adria e quello di Potenza, ma in tutta Italia il ricorso alle prefiche rimane vivo per molto tempo ancora.

    In Piemonte si convocano per i funerali le piagnone fino all'inizio del Novecento, mentre in Lombardia è dimostrata la presenza del lamento ancora tra le due guerre mondiali: l'intervento delle piansune è documentato in modo particolare nelle province di Mantova e Cremona. Nelle Marche, almeno fino alla metà del XX secolo, è presente l'uso di convocare, in occasione della morte dei vecchi e delle persone sposate, cento donne vestite di nero che piangono incessantemente durante il corteo funebre. Ancora negli anni Trenta, in Molise, le repute eseguono la lamentazione agitando sul cadavere un fazzoletto. Se in Toscana le prefiche alternano alle cantilene cibi e bevande offerte dai familiari del defunto, in Calabria accompagnano la veglia funebre con gesti particolari: muovono il capo, si spettinano, sollevano le braccia al cielo.

    Contrastate dalla Chiesa locale soprattutto nel Settecento, le lamentatrici di professione vengono segnalate in provincia di Cosenza, dove sono soprannominate chiagnitare, e i loro canti chiamati dittami, quasi fino alla fine dell'Ottocento. Seppure repressa in più occasioni, l'usanza della lamentazione funebre non viene meno neppure in Sicilia. Già Federico II d'Aragona tenta di reprimere l'attività delle cosiddette reputatrices con una ordinanza del 1309, ma inutilmente: infatti è segnalata la loro partecipazione imponente persino ai suoi funerali.



    Prefica di Pisticci (Lucania)

  4. #4
    Sognatrice
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Località
    Piacenza
    Messaggi
    11,135
     Likes dati
    191
     Like avuti
    775
    Mentioned
    20 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Stendalì

    Stendalì, nel dialetto della Grecìa salentina "suonano ancora", documenta un lamento funebre contadino.

    Il pianto rituale ha origini antichissime ed è sopravissuto nel Salento fino agli anni Sessanta del secolo scorso. Secondo la tradizione classica, già attestata in Omero ed Euripide, è necessario favorire la partenza dell'anima nell'aldilà con canti rituali e lamentazioni che ripropongono i meriti del defunto, ne narrano la vita e ne piangono il distacco dai famigliari.

    Il dolore del trapasso è sentito individualmente, ma il pianto da tributare al defunto costituisce un momento aggregante in una società arcaica che trova il senso della propria esistenza e la voglia di lasciare propria memoria anche in situazioni tragiche come la morte.

    Le lamentazioni, moroloia, spesso ripropongono strazianti dialoghi tra il morto e il parente più stretto, tra chi perde un figlio e la morte stessa e costituiscono, nel vasto panorama della cultura popolare, momenti di vera e propria poesia. Le diverse tipologie di lamentazioni sono tutte accompagnate da una precisa gestualità: le rèpute o prefiche articolano il canto e ne strutturano la tensione interna con particolari movimenti del corpo, del capo e delle mani che fanno ondeggiare, secondo particolari cadenze, fazzoletti bianchi.

    Stendalì è stato girato a Martano (Lecce), il testo è una traduzione ottocentesca dal grecanico rielaborata da Pier Paolo Pasolini, la regia è di Cecilia Mangini.


    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 19-03-14 alle 00:31

  5. #5
    direttamente dall'Inferno
    Data Registrazione
    19 Jan 2007
    Località
    nel girone che preferite
    Messaggi
    33,839
     Likes dati
    1,269
     Like avuti
    10,492
    Mentioned
    302 Post(s)
    Tagged
    18 Thread(s)

    Predefinito Riferimento: I riti funerari

    Mi pare di averne già sentito parlare. Sono quelle donne che, in molti film sul vecchio Sud d'Italia, vengono caricaturizzate come oche starnazzanti?
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 03-04-10 alle 22:01

  6. #6
    Sognatrice
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Località
    Piacenza
    Messaggi
    11,135
     Likes dati
    191
     Like avuti
    775
    Mentioned
    20 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Riferimento: I riti funerari

    Citazione Originariamente Scritto da Eric Draven Visualizza Messaggio
    Mi pare di averne già sentito parlare. Sono quelle donne che, in molti film sul vecchio Sud d'Italia, vengono caricaturizzate come oche starnazzanti?
    Proprio loro, sì...
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 03-04-10 alle 22:01

  7. #7
    Sognatrice
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Località
    Piacenza
    Messaggi
    11,135
     Likes dati
    191
     Like avuti
    775
    Mentioned
    20 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Sepolture a faccia in giù per umiliare i morti

    Secondo una ricerca pubblicata sul numero di giugno della rivista Current Archaeology, seppellire un morto a testa in giù era, nei tempi antichi, una pratica intenzionale e diffusa, utilizzata per insultare o umiliare il defunto. Caroline Arcini, dell'Ufficio Nazionale del Patrimonio culturale della Svezia, ha individuato un filo conduttore comune nelle sepolture che le è capitato di studiare. Era, sostanzialmente, la comunità alla quale il defunto apparteneva a decidere se un comportamento in vita doveva essere sanzionato con questo particolare rituale.

    La Arcini ha trovato le descrizioni di più di 600 corpi sepolti a faccia in giù in 215 luoghi di sepoltura, dal Perù al Sud Corea, databili a partire da 26.000 anni fa fino alla prima guerra mondiale. Queste sepolture "prone" includono uomini, donne e bambini, anche se in maggioranza si tratta di individui di sesso maschile. Alcuni corpi avevano mani e piedi legati insieme, probabilmente si trattava di prigionieri di guerra o criminali. Anche le streghe e le suore che infrangevano la regola erano inumate a faccia in giù. Questo tipo di sepoltura avveniva spesso in tombe poco profonde verso i margini del cimitero, quasi sempre senza bara.



    Altre sepolture fanno pensare che la pratica fosse collegata alla condizione sociale. E' questo il caso di 80 corpi trovati in un cimitero messicano risalente ad un periodo tra il 1150 e l'850 a.C., dove sei uomini erano seduti nelle loro tombe mentre altri settantaquattro erano in posizione prona. La Arcini pensa che i personaggi seduti fossero, in vita, alti sacerdoti e quelli proni, invece, uomini di rango inferiore.

    La più alta frequenza di sepolture a testa in giù in Svezia è databile all'epoca dei Vichinghi, quando il Cristianesimo arrivò anche in questa regione. I Vichinghi, pagani, non accettavano che dei loro compatrioti si convertissero alla nuova religione e, pertanto, ne seppellivano i corpi in modo tale che fosse ben chiara la loro avversione.


  8. #8
    direttamente dall'Inferno
    Data Registrazione
    19 Jan 2007
    Località
    nel girone che preferite
    Messaggi
    33,839
     Likes dati
    1,269
     Like avuti
    10,492
    Mentioned
    302 Post(s)
    Tagged
    18 Thread(s)

    Predefinito Riferimento: I riti funerari

    L'apostasia è sempre stata vessata da tutte le religioni, vedo...
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 03-04-10 alle 22:01

  9. #9
    Sognatrice
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Località
    Piacenza
    Messaggi
    11,135
     Likes dati
    191
     Like avuti
    775
    Mentioned
    20 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    I RITI FUNERARI NELL'ANTICO EGITTO

    La sepoltura dei morti in Egitto costituiva una pratica rituale importantissima, la più elaborata che il mondo abbia mai conosciuto. Gli egizi credevano nella sopravvivenza dell'anima dopo la morte. Tuttavia, perché ciò avvenisse, era necessario che il corpo non si corrompesse: per questo i cadaveri venivano imbalsamati.

    La prima operazione competeva al paraschista, un sacerdote chirurgo specializzato nella preparazione dei cadaveri. Con un particolare coltello, che doveva assolutamente essere di selce, toglieva gli organi dal corpo, tranne il cuore e i reni, difficili da raggiungere per la loro posizione. Gli organi rimossi dovevano essere trattati separatamente, imbalsamati e avvolti in bende: in un primo momento, venivano collocati in vasi speciali e deposti nella camera funeraria con il sarcofago; in seguito ci si limitò ad avvolgere le viscere e a ricollocarle nel corpo, dopo averle imbalsamate.



    L'estrazione delle viscere


    Compiuta questa prima fase, interveniva il taricheuta, che immergeva i resti del defunto in una sostanza salata, dove doveva rimanere per circa trentacinque giorni. Quindi, si procedeva alla "toeletta funeraria", ritoccando il viso e inserendo nel corpo tamponi di lino e resine, aromi ed unguenti vari. Così composto, il corpo veniva pulito e, a questo punto, iniziava il processo di avvolgimento con le bende di lino. una vera forma di espressione artistica, dato che i bendaggi venivano effettuati secondo precisi schemi e introducendo tra i tessuti testi funebri, amuleti e gioielli. Infine il volto era ricoperto da una maschera: di solito era di cartapesta, ma per i personaggi importanti veniva realizzata in materiali preziosi, combinando ad esempio l'oro, che era per gli Egizi la carne degli dei, ai lapislazzuli, di cui erano fatte le loro capigliature. La maschera, nel corso del tempo, si allargò, ricoprendo tutto il corpo e riproducendo l'aspetto del coperchio del sarcofago. Per ultimo, la mummia veniva collocata dentro il sarcofago.



    Papiro Hunefer (Londra, British Museum )
    Particolare della pesatura dell'anima


    Poiché si riteneva che le anime dei morti fossero in balia di infiniti pericoli, le tombe erano dotate di una copia del Libro dei Morti, vera e propria guida per il mondo dell'aldilà. Qui il defunto veniva condotto da Anubi, il dio dei morti, nella cosiddetta Sala delle Due Verità., dove si procedeva al giudizio. A un'estremità c'era Osiride, seduto su un trono e accompagnato da altre divinità e 42 giudici. Anubi poneva quindi il cuore (o l'anima) sulla bilancia. A far da contrappeso la piuma di Maet, mentre Thot, dio della saggezza e delle scienze, registrava l'esito della pesatura: se il cuore (o l'anima) pesava più della piuma, la dea Ammit si gettava sul defunto per divorarlo e trascinarlo in una seconda e definitiva morte, in caso contrario Osiride dichiarava l'anima "voce sincera" e l'accoglieva nel suo regno.

    Tutti gli oggetti necessari per la vita nell'aldilà venivano perciò posti nella tomba. Come pagamento per l'aldilà e per la sua benevola protezione, Osiride chiedeva che i morti svolgessero mansioni per lui, ad esempio lavorare i campi di grano. Anche questo compito, tuttavia, poteva essere evitato ponendo alcune statuette, chiamate ushabti, nella tomba affinché fungessero da sostituti per il defunto.



    Ushabti


    Per quanto riguarda la cerimonia della sepoltura vera e propria, si sono ricostruiti alcuni rituali attraverso scene raffigurate nelle tombe. La mummia, dentro la cassa e con un baldacchino sovrastante che rappresentava il cielo e le stelle, veniva portata verso la tomba. La seguiva una processione funebre recante cibi e bevande, mobili e oggetti personali per arredare le camere funerarie, mentre le donne emettevano lamenti funebri. All'entrata della tomba avveniva la cerimonia detta apertura della bocca: la cassa veniva sollevata verticalmente, in modo che un sacerdote potesse toccare delicatamente, con un'ascia da falegname in miniatura, i punti corrispondenti agli occhi, al naso, alle labbra, alle orecchie, alle mani e ai piedi, come per sollevare il legno e permettere ai sensi di funzionare. La frase rituale era :" La mia bocca e aperta! La mia bocca è spaccata da Shu (dio dell'aria) con quella lancia di metallo che usava per aprire la bocca degli dei. Io sono il Potente. Siederò accanto a colei che sta nel grande respiro del cielo" (Libro dei Morti, Formula 23). La tomba veniva quindi sigillata per sempre. All'interno rimanevano suppellettili e dipinti, utili al defunto nella sua nuova vita


    Fonti:
    OLTRE MAGAZINE
    Antico Egitto


    Osiride, Anubi e Horus - tomba KV57 di Haremhab

  10. #10
    Sognatrice
    Data Registrazione
    05 Mar 2002
    Località
    Piacenza
    Messaggi
    11,135
     Likes dati
    191
     Like avuti
    775
    Mentioned
    20 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    I CORPI SEPOLTI DUE VOLTE


    Una ricerca dell’INAH (Istituto Nacional de Antropología e Historia) evidenzia che gli indigeni della Cape Region (Bassa California del Sud, Messico) disseppellivano regolarmente i corpi in decomposizione e staccavano loro braccia, gambe e testa. Poi inumavano di nuovo tutto insieme. Di queste "doppie sepolture" ne sono state trovate 157, 56 delle quali nel solo sito di El Conchalito: sono state praticate all'incirca dal 300 a.C. al XVI secolo.




    Immediatamente dopo il decesso, i candidati alla doppia sepoltura venivano avvolti in pelli di animali e legati saldamente in posizione fetale con corde di agave. Ogni cadavere veniva poi posto in una fossa individuale poco profonda, sopra un letto di conchiglie e sotto un miscuglio di carbone, terra e ancora conchiglie. Il tutto veniva infine ricoperto con sabbia. Dopo circa otto mesi, il corpo – ormai decomposto – veniva esumato. A quel punto arti, anca e in alcuni casi anche il cranio, venivano facilmente staccati e posizionati vicino al corpo, e infine seppelliti di nuovo. Vicino alle tombe sono stati trovati anche strumenti di pietra e resti di cibo. "Sembrerebbe che questa fosse la fine del funerale, ma l'abbondanza di resti sezionati mostra chiaramente che non era questo il caso. Anzi, era solo la prima parte", spiega l'antropologo Alfonso Rosales-Lopez.




    Per questa cultura indigena il concetto di morte non esisteva, non nel senso biologico che intendiamo noi: si credeva che i cambiamenti fisici facessero cessare il dolore e che, scomponendo i resti, gli individui si sarebbero liberati della sofferenza. L'antropologo Rosales-Lopez pensa che questa pratica, oltre a liberare l'individuo dal dolore, lo rendesse automaticamente un "guardiano". È comunque difficile comprendere il significato di questi rituali: i gruppi della Cape Region si sono estinti culturalmente più di due secoli fa, e su di loro rimangono solo pochi racconti etnografici.


 

 
Pagina 1 di 3 12 ... UltimaUltima

Discussioni Simili

  1. Riti di iniziazione e riti di umiliazione
    Di Avanguardia nel forum Socialismo Nazionale
    Risposte: 1
    Ultimo Messaggio: 04-07-13, 14:04
  2. Riti occidentali
    Di ...II... nel forum Chiesa Ortodossa Tradizionale
    Risposte: 15
    Ultimo Messaggio: 04-08-10, 09:32
  3. I riti funerari
    Di Tomás de Torquemada nel forum Esoterismo e Tradizione
    Risposte: 19
    Ultimo Messaggio: 09-08-08, 11:01
  4. Riti Orientali
    Di Talib nel forum Tradizionalismo
    Risposte: 5
    Ultimo Messaggio: 07-12-05, 19:07
  5. I riti cinesi
    Di Vitantonio nel forum Tradizione Cattolica
    Risposte: 1
    Ultimo Messaggio: 02-11-05, 20:44

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito