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Discussione: I riti funerari

  1. #21
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    Predefinito Re: Rif: I riti funerari

    In Ghana la morte non fa paura e il culto dei defunti è praticato con passione e stravaganza. A cominciare dai funerali che assomigliano a vere e proprie rappresentazioni teatrali dove si piange, si ride e soprattutto si fa festa.


    Pablo Trincia

    I FANTASIOSI RITI FUNERARI DEL GHANA





    Prima di passare a miglior vita il signor Mensah fumava come un turco ed era un incallito giocatore d'azzardo. E probabilmente deve essere stato anche un tizio allegro, visto il modo in cui i suoi numerosi familiari e amici lo hanno salutato per l'ultima volta in un caldo pomeriggio ad Accra. Dopo averlo pianto vestiti di rosso e nero – i colori che si indossano per chi è morto prima di raggiungere la vecchiaia – hanno dato fiato alle trombe, tirato fuori le percussioni, ballato e riso ricordandone gli aspetti più buffi e bizzarri del carattere: lo hanno vestito nel migliore dei modi e messo a sedere con una sigaretta infilata tra le labbra, sparpagliando alcune carte da gioco sul suo caffettano rosa. Una pratica che nell'Europa della morte nera, sobria e silenziosa, farebbe rabbrividire molti. Ma non in Ghana, dove si preferisce una filosofia che, tutto sommato, non fa una piega: piangiamolo, ma raccontiamo anche chi era. Ed eccolo lì, pronto all'appuntamento con la morte senza nulla da nascondere, i vizi e i difetti in bella evidenza a rappresentare una continuità con la vita terrena. Nella terra degli angeli e delle streghe, l'uomo avrà di che fumare e di che scommettere. Guai a mandarlo nell'aldilà a mani nude: il suo spirito potrebbe vendicarsi sui vivi. E agli africani non piacciono i guai che arrivano dall'altro mondo. Per questo in Ghana, come nel resto del continente africano, il rito funebre ha un significato molto particolare.

    Il Cristianesimo e l'Islam, con i loro testi sacri, dogmi e comandamenti, non sono mai riusciti a sradicare completamente quel senso di soggezione per il sottobosco di spiriti da cui scaturisce una dimensione parallela che corre tra la morte e l'aldilà, dove antenati, anime e geni si divertono a infastidire gli esseri umani con premonizioni, tranelli, dispetti o vere e proprie cattiverie. Il defunto, una volta lasciato il mondo terreno come persona amata e rispettata, può trasformarsi in un vero incubo, se non verrà onorato a dovere: causerà infertilità, malattie e sfortune, lancerà malocchi, chiederà sacrifici. Meglio non irritarlo, specie perché può agire da tramite fra la divinità e l'uomo, interpretando l'uno e consigliando il secondo. Nello Yorubaland, in Nigeria, c’è addirittura un festival annuale, l’Egungun, creato apposta per celebrare gli antenati defunti, che vengono raffigurati da danzatori esperti sotto forma di spiriti mascherati, cui gli astanti devono fare offerte per non incorrere nella loro ira (spesso violenta). Per questo non c'è villaggio o comunità che non onori la morte con giorni di lunghi rituali e celebrazioni che possono durare settimane intere. Ogni gesto deve essere perfetto, nulla va lasciato al caso, non sono ammessi errori: basta una piccola mancanza e la famiglia del defunto rischia condanne e maledizioni per gli anni a seguire. Per liberarsene sarà necessario chiamare un indovino o un marabutto, organizzare altri rituali, sacrificare diversi animali, invocare gli spiriti, sperare nella loro benevolenza e nel loro perdono. Tra gli Ashanti, una delle principali etnie del Ghana, vige la regola che i figli debbano comprare il feretro del genitore defunto, per poi organizzare un grandioso funerale con decine di invitati cui vengono serviti piatti di carne kyinkyinga (molto piccante), mentre i parenti stretti sono costretti a vestire di rosso per nove giorni, durante i quali digiuneranno per rispetto nei confronti del loro caro.




    I funerali, importanti almeno quanto i matrimoni, costano. E spesso molte famiglie si indebitano fino al collo, pur di dare un degno addio ad un familiare. Per rendersene conto basta andare nel sud del paese, dove vive la popolazione Ga. In queste regioni si è sviluppato, negli ultimi decenni, un business molto particolare: quello delle bare personalizzate. Fabbricate da abili artigiani, ricordano il mestiere o un aspetto saliente della vita del defunto: sono a forma di scarpe per i calzolai, di nave per i pescatori, di cacciavite per i meccanici, di macchine per i tassisti, di autocisterna per i benzinai, di radio per gli appassionati di musica, di bottiglia di birra o di coca cola per i baristi... Si tratta di veri e propri capolavori di arte popolare, che richiedono anche un mese di lavoro (ovviamente bisogna prenotarseli per tempo). Costano più o meno lo stipendio di un anno o più per la maggior parte dei ghanesi, ma molte famiglie danno fondo ai patrimoni per assicurare ai loro amati una sepoltura memorabile. Non che al signor Mensah interessi molto, ormai. Probabilmente per ora gli basteranno qualche pacchetto di sigarette e un funerale decente, con i familiari che racconteranno aneddoti su di lui, per metterne in evidenza lo status ancor più che nella vita quotidiana.








  2. #22
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    Predefinito Re: Rif: I riti funerari

    Credo nell'Anima nella sua evoluzione: da quella individuale all'Anima Mundi. Ne consegue che non credo nella resurrezione della carne, come atto finale e risolutivo di un cammino che contrasta con il concetto platonico dell'Anima. Tutto nasce dalla nostra paura della morte, ecco che i "lemuri" o le "larve" possono creare problemi ai vivi. In ogni caso in due giorni dell'anno si aprono le porte e i "dannati" escono e scorazzano per le strade esternando i dolori di un aldilà che li tortura. Possono esistere entità che non trovano pace, che non trovano via alcuna, ma il tempo tutto riassorbe, in questo caso entra la parentela e l'ambizione. La maggior parte dei personaggi che si sono messi in evidenza nella storia hanno compiuto atti magici che richiamavano i morti (necuia), la forza e l'energia di esseri che aleggiavano negli "inferi". Una esistenza morigerata e mite non può incorrere in questi pericoli, la paura è di coloro che evocano queste entità e poi ne dovranno subire le inevitabili conseguenze. Chi persegue la bellezza e il bene non teme nulla, nemmeno la morte violenta. Ecco perché il Cardinale e Santo Bellarmino si è accanito con Bruno. Bruno non è evocabile, perché si è liberato

  3. #23
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    Predefinito Re: I riti funerari

    Giuseppe Schiavone


    IL RITO FUNERARIO MASSONICO





  4. #24
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    Predefinito Re: Rif: I riti funerari

    Scusate se mi inserisco. Ho trovato davvero affascinanti tutte queste pratiche e questi culti funebri del passato. Li trovo fondamentali per scoprire meglio una cultura.
    Sapevo anche di una pratica risalente a circa ottomila anni fa, dove alcuni uomini del Neolitico furono cotti a bagnomaria e scarnificati. Il morto veniva scarnificato e
    disarticolato prima di essere seppellito, si temeva potesse tornare dall’aldilà.
    Inizialmente si pensò al cannibalismo, in realtà si trattava di una pratica funebre che ancora oggi è usata da alcune tribù australiane. Anche durante le Crociate le salme erano bollite, per aiutare il trasporto.
    La pratica successivamente fu vietata dal Papa. Anche le spoglie di santa Teresa d’Avila, con questo trattamento,
    vennero spartite in varie parti della Spagna.

    Questa pratica è insolita e forse poco conosciuta. Ma ci sono ancora delle minoranze che applicano dei riti specifici e anche molto insoliti. Se vi può interessare c'è un approfondimento sull'argomento dei trattamenti post mortem nel numero di Focus di dicembre, so che c'è anche una gallery online. Io vi posso dire che l'articolo è davvero completo e interessante. Magari può servirvi.

  5. #25
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    Predefinito Re: Rif: I riti funerari

    A proposito dei riti fumebri che implicano cerimonie funebri "di festa" vorrei ricordare che presso i celti era usanza banchettare subito dopo le esequie, per non meno di tre giorni dalla sepoltura, cosa che avviene ancora nei paesi interni dell'Irlanda. Ho avuto l'occasione di assistere ad un banchetto funebre del genere, che oggi però si è mescolato con la ritualità cattolica. Si mangia e soprattutto si beve molto... si piange, si ride, ricordando episodi della vita del trapassato da parte di parenti e soprattutto di amici.

    D'altra parte l'antichità è piena di questa tradizione di bachettare in onore del defunto. Lo facevano anche gli Etruschi e probailmente anche i romani fino che durò la commistione con le usanze etrusche, più o meno quindi fino all'epoca dei Tarquini.
    Ultima modifica di Xenia888; 09-01-15 alle 20:32
    Non bisogna mai farsi ricattare dalla stupidità altrui.
    (Umberto Eco)

  6. #26
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    Predefinito Re: I riti funerari

    Sulle montagne di Sulawesi, isola della Repubblica Indonesiana, vivono i Toraja, etnia indigena di circa 650.000 persone. I loro riti funebri non sono semplici funerali, ma avvenimenti spettacolari che richiedono lunghissimi preparativi, sacrifici di animali e manifestazioni pubbliche. I cadaveri vengono mummificati e tenuti in casa per mesi prima di essere sepolti. Poi, di tanto in tanto, vengono riesumati, lavati, pettinati e avvolti in nuovi sudari.


    Amanda Bennett

    LE MUMMIE DI FAMIGLIA



    Elisabeth Rante scosta la tenda dorata sull’uscio della camera; insieme, scivoliamo dentro. «Papa… Papa», sussurra al marito. «Abbiamo un’ospite che viene da lontano». Sono le sette di sera, e dietro di noi Jamie, il secondogenito di Elisabeth, entra nella stanza con un vassoio e si avvicina senza fare rumore. «Ecco il tuo riso, Papa. Ci sono anche il pesce e i peperoncini», dice. Mentre usciamo silenziosamente dalla stanza, Elisabeth aggiunge con voce sommessa: «Svegliati Papa, è ora di cena». Torno un attimo dentro. «Ti sta facendo una foto, Papa», spiega il primogenito Yokke.




    Una toccante scena familiare, come se ne vedono ovunque nel mondo. Salvo che per un particolare: il marito di Elisabeth, ex impiegato dell’ufficio matrimoni del locale municipio, è morto da quasi due settimane. Petrus Sampe giace immobile su un letto di legno, avvolto fino al mento in una coperta rossa, nella bella casa di calcestruzzo con i muri color melone di questa famiglia agiata e rispettata di Rantepao, cittadina sperduta negli altopiani dell’isola indonesiana di Sulawesi.

    Petrus continuerà a occupare il letto ancora per diversi giorni. La moglie e i figli continueranno a parlargli, portandogli da mangiare quattro volte al giorno; colazione, pranzo e cena e tè a metà pomeriggio. «Lo facciamo perché lo amiamo e lo rispettiamo intensamente», precisa Yokke. Aggiunge Elisabeth: «Prima mangiavamo insieme. Lui è ancora a casa, quindi dobbiamo continuare a nutrirlo». Grazie ai trattamenti con la formalina (formaldeide più acqua) il corpo del defunto non andrà in decomposizione; con il tempo, si mummificherà. La stanza ha il tipico odore di legno di sandalo delle case del popolo toraja.

    Quattro giorni più tardi, dopo gli omaggi musicali, un servizio funebre cristiano e una cena a base di maiale, verdure e riso per un centinaio di persone, i familiari sollevano Petrus dal letto e lo adagiano in una bara. Qualcuno riprende l’evento con una videocamera. Otto o più bambini fanno a spintoni per vedere meglio. Petrus rimarrà nella bara, ma sempre a casa, fino al funerale che si terrà a dicembre, tra quattro mesi. Sua moglie resterà in casa con lui fino a quel giorno; alcune famiglie seguono l’antica usanza di non lasciare mai solo il defunto. Fino al funerale Elisabeth e i figli lo chiameranno to makula’, malato.





    I Toraja non rifiutano le cure mediche in caso di malattia, né tentano di sfuggire alla sofferenza quando muore una persona cara. Invece di respingere la morte, però, quasi tutti la accettano come elemento centrale della vita. Per molti Toraja la morte non è un muro impenetrabile, bensì un sottile velo di garza. Non equivale a una separazione, solo a un diverso tipo di connessione. Il legame profondo con la persona amata non finisce con la sepoltura. Alcuni Toraja del nord riesumano periodicamente le salme dei parenti per cambiare loro gli abiti e avvolgerli in nuovi sudari.

    Nessuno sa con esattezza quando i Toraja adottarono questi rituali di morte. L’introduzione della scrittura toraja risale solo all’inizio del Novecento, perciò le antiche tradizioni sono state tramandate per la maggior parte in forma orale. Solo di recente, grazie alla datazione al carbonio di alcuni frammenti di bare di legno, gli archeologi sono giunti alla conclusione che alcuni rituali toraja risalgono almeno al IX secolo. […]

    La grandezza di un funerale toraja si misura dalla quantità e dalla qualità dei bufali sacrificati, considerati come una sorta di moneta. L’organizzazione fortemente gerarchica dei rituali sottolinea il prestigio della famiglia del defunto, di coloro che vi partecipano e dei tanti che non lo fanno. Oggi siamo quasi alla fine di una settimana abbondante di pranzi, ricevimenti, incontri, preghiere, spettacoli e rituali coreografati con cura attraverso i quali il morto si separa gradualmente dalla vita. Il corpo viene spostato dalla sua casa all’edificio ancestrale della famiglia, poi in un deposito per il riso e infine nella torre funebre che domina l’area in cui si tiene la cerimonia.

    I funerali tengono uniti i Toraja, consolidando i legami tra famiglie e tra villaggi. Per i funerali si intaccano i risparmi, perché la gente fa a gara a chi regala gli animali migliori, alimentando il consumo e creando obblighi che si tramandano per generazioni. Tuo cugino regala un bufalo? Tu ne devi regalare uno più grande. Non puoi ricambiare un dono? Allora devono farlo tuo figlio o tua figlia. Se neppure loro possono, allora il peso ricadrà sui tuoi nipoti. Questo aspetto oscuro dei doveri collegati ai funerali si avverte chiaramente nelle grida del cerimoniere che annuncia i doni. «Chi ha portato questo maiale?», chiede al megafono. «Di chi è questo bufalo?». In un capanno con il tetto di metallo, i funzionari governativi registrano ufficialmente dimensioni e qualità dei regali per motivi fiscali. Alla fine della cerimonia il libro mastro, compilato con cura, sarà consegnato alla famiglia del defunto, che alla morte di un membro della famiglia di un donatore dovrà ricambiare in egual misura.





    I funerali toraja sono anche occasione di divertimento; quelli più sontuosi permettono di conoscere nuove persone, bere e mangiare bene, giocare e divertirsi, persino intrecciare nuovi rapporti di lavoro o adocchiare futuri fidanzati. Si organizzano combattimenti tra bufali («Niente scommesse!», annuncia il cerimoniere. «La famiglia è cristiana e non gradisce le scommesse. Tra noi ci sono anche dei poliziotti!»). Quando si richiede a gran voce l’aiuto degli uomini più forti per trasferire la bara nella torre funebre, almeno 50 giovani afferrano i pali di bambù. Avanzano cantando intorno al campo, sollevando e abbassando la bara. Gradualmente, i loro canti si fanno più volgari: si parla di parti del corpo, di dimensioni e di virilità. Scoppia una battaglia con l’acqua, i portatori della bara se la gettano addosso a vicenda, bagnando anche gli altri ospiti.

    «Si può trovare un pretesto per non andare a un matrimonio, ma non si può mancare a un funerale», afferma Daniel Rantetasak, 52 anni, che siede nella sezione riservata agli ospiti più importanti durante il funerale di Lassi Allo To’dang. Daniel calcola di aver partecipato a più di 300 funerali nella sua vita. Dice che in un funerale come questo saranno sacrificati almeno 24 bufali. A volte il numero supera il centinaio. Considerata una media di 20 milioni di rupie per bufalo (circa 1.300 euro, ma il prezzo può essere molto più alto per gli esemplari più pregiati, quelli screziati) in un funerale di lusso la spesa per i bufali da sola può arrivare a 400 mila euro, pagati dai regali socialmente obbligatori e dai familiari che mandano denaro dall’estero. A questi si aggiungono i costi di cibo e bevande per centinaia di ospiti e degli alloggi temporanei di bambù per i visitatori.

    A Toraja, dicono tutti, si vive per morire.


    Foto Le mummie di famiglia - 1 di 14 - National Geographic

  7. #27
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    Predefinito Re: I riti funerari

    LE BARE SOSPESE DI SAGADA




    Più in alto è la sepoltura, più il corpo del defunto sarà vicino agli spiriti degli antenati. Muove da questa premessa la particolare forma di sepoltura in uso tra gli Igorot, popolazione che abita nella regione montuosa di Sagada, nelle Filippine. Nella Echo Valley le bare vengono appese ai fianchi delle montagne: una pratica che serve a difendere le salme dalle inondazioni e dagli animali, oltre che a offrirle simbolicamente al cielo e consentire un più facile passaggio verso l’aldilà.

    Ma la pratica delle bare sospese ha anche un'altra ragione. In passato gli Igorot avevano dei nemici che abitavano nelle vicine regioni di Kalinga e Bontoc. Erano dei tagliatori di teste, da usare come macabro trofeo: collocare le bare in luoghi poco accessibili sarebbe servito anche a difenderle dalle predazioni.

    Le bare vengono legate o inchiodate alla parete rocciosa: in prevalenza sono lunghe un metro, perché le salme vengono sepolte in posizione fetale . Gli Igorot credono infatti che una persona debba andarsene nello stesso modo con cui è nata. Quando qualcuno muore, maiali e polli vengono macellati per essere poi consumati durante i banchetti funerari. Per la tradizione gli animali devono essere tre maiali e due polli, ma chi non se li può permettere offre due polli e un maiale: l'importante è che il numero degli animali offerti sia tre oppure cinque.




    Il defunto viene collocato sul sangadil, o sedia del morto, a cui viene fissato con corde, e poi coperto con un telo. Quindi viene posto di fronte all'ingresso principale della casa, come ad accogliere i parenti e i vicini che verranno a porgere le condoglianze. Il cadavere viene inoltre affumicato, in modo da prevenire la decomposizione. Trascorsi alcuni giorni il corpo del defunto viene tolto dalla sedia: viene avvolto in una coperta e legato strettamente con corde di rattan.

    Quando la processione arriva al luogo della sepoltura, i giovani si arrampicano sul fianco della montagna e scelgono il posto per collocare la bara. In passato si incrinavano le ossa del defunto, per adattarle al piccolo contenitore. Oggi invece si usano bare più grandi, perché i parenti non gradiscono intaccare il corpo dei loro cari.

    Le bare sospese si possono vedere solo da lontano. I turisti non possono avvicinarsi troppo al cimitero verticale e solo la famiglia del defunto ha il diritto di toccare la bara.

    La tradizione delle "bare sospese" non è esclusiva delle Filippine: si trova anche presso molti altri gruppi etnici, specialmente nel sud della Cina. E' tuttavia una tradizione che si va perdendo: le giovani generazioni preferiscono le sepolture tradizionali nei cimiteri.



  8. #28
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    Predefinito Re: I riti funerari

    Barbara Giannini

    IL CULTO DEI MORTI DEL POPOLO TORAJA: I DEFUNTI TRATTATI COME PERSONE VIVE



    Fotografia di Arian Zwegers condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia


    In Indonesia, negli altopiani del sud dell’isola di Sulawesi, vive un popolo che a lungo ha vissuto completamente isolato dal resto del mondo. Sebbene il popolo Toraja sia oggi di fede cristiana, questo suo lungo isolamento ha fatto sì che il culto arcaico dei defunti, di stampo animista, fosse mantenuto in modo non solo fortemente sentito, ma assolutamente centrale anche al giorno d’oggi.
    Per il popolo la morte non è la fine della vita, ma solo l’inizio di un viaggio verso il mondo delle anime e nel momento in cui una persona viene a mancare non viene considerata come trapassata ma solo come addormentata, sospesa tra due mondi.
    A causa della credenza, mentre nella nostra cultura il funerale viene celebrato entro pochissimi giorni dalla morte, nella tradizione Toraja possono passare mesi o addirittura anni prima di arrivare al rito funebre. Questo perché il rituale è molto elaborato e comporta costi considerevoli, ma anche perché è necessario che tutti i familiari abbiano metabolizzato il trapasso della persona cara e siano pronti a lasciarla andare.
    Il defunto viene quindi mummificato con formalina e portato nella casa natale. Durante questo periodo la mummia viene tenuta in casa come fosse ancora in vita: ben vestita, le si offrono cibo, sigarette e quando ci si alza da tavola ci si congeda da lei chiedendo “permesso”. Una volta che tutti i familiari sono d’accordo a separarsi dal defunto e trovate le risorse necessarie, si può procedere a celebrare il rituale che, a seconda della classe sociale del defunto e dunque della disponibilità economica della sua famiglia può durare anche oltre una settimana. Durante le celebrazioni vengono sacrificati molti animali, soprattutto buoi, grazie ai quali lo spirito potrà raggiungere Puya (il regno delle anime), e maiali, che serviranno al suo sostentamento. Molta della carne degli animali uccisi in questa occasione viene offerta ad amici e familiari presenti alla celebrazione.




    Fotografia di Michael Gunther condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia



    La bara in cui viene deposta la mummia è lavorata con cura e decorata con stoffe pregiate nonché con beni preziosi appartenuti al defunto e anche oggetti che egli usava quotidianamente, compresi alcolici e sigarette. Una volta chiusa la cassa, viene riposta in una grotta scavata nelle pareti rocciose e davanti alla grotta viene posto un manichino di legno intagliato con le fattezze del morto, chiamato Tau Tau, il quale viene rivolto con il volto verso il villaggio come se continuasse a vegliare su di esso e in particolare sui propri cari. Esiste anche una particolare usanza per i bambini, quelli molto piccoli vengono collocati all’interno di tronchi di alberi vivi, un solo tronco può ospitare fino a dieci bambini e l’albero può continuare a vivere custodendoli.

    Secondo le credenze del popolo Toraja, lo spirito del caro estinto continuerà a essere una figura benevola e protettiva per i suoi familiari, ma solo nel caso in cui gli vengano resi tutti gli onori funebri previsti dalla tradizione. Al contrario, nella sfortunata ipotesi in cui i familiari non riescano a trovare le risorse economiche necessarie per permettersi una degna sepoltura e un adeguato rito funebre, lo spirito non riuscirà a raggiungere Puya e diventerà un Bombo, uno spirito maligno che vagherà nel villaggio per tormentare i vivi.



  9. #29
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    Predefinito Re: I riti funerari

    MUMMIE A POMPEI? GIALLO NEL SITO ARCHEOLOGICO DOPO GLI ULTIMI RITROVAMENTI


    Napoli - Si chiamava Marcus Venerius Secundio l’inquilino della tomba a recinto rinvenuta a Pompei durante gli scavi compiuti nella necropoli di Porta Sarno. Era uno schiavo pubblico, custode del tempio di Venere. Una volta liberato aveva fatto fortuna, al punto da poter offrire spettacoli ai propri concittadini e poi permettersi una sepoltura monumentale in un luogo prestigioso. Nel sito vesuviano il ritrovamento ha causato meraviglia e sconcerto: decorato sulla facciata da piante verdi su fondo blu e sormontato da un’importante epigrafe, il sepolcro di Secundio è decisamente insolito e le sue caratteristiche rimettono in discussione conoscenze date ormai per certe sui riti funebri nel mondo romano.



    Tomba di Marcus Venerius Secundio - Foto Cesare Abbate
    Courtesy Parco Archeologico di Pompei


    Lo scheletro disteso all’interno della piccola camera rettangolare è uno dei meglio conservati della città e risale agli ultimi decenni di vita di Pompei. Le sue ossa parlano di un uomo che al momento della morte aveva circa sessant’anni e che in vita non svolse lavori particolarmente pesanti. La testa appare ancora coperta di capelli bianchi e un orecchio si è conservato per duemila anni, così come parte del tessuto che avvolgeva il corpo. Che cosa c’è di strano? In primo luogo, nella Pompei romana i cadaveri venivano cremati, a eccezione di quelli dei neonati deceduti prima della dentizione. Non a caso, nella stessa tomba di Secundio sono state ritrovate altre sepolture, tutte a incinerazione: una di esse conserva in un bellissimo vaso di vetro i resti di una certa Novia Amabilis, forse la moglie o la figlia del “padrone di casa”. Perché invece Secundio si fece inumare, rinunciando al consueto rito del fuoco purificatore? Difficile dirlo. All’epoca la pratica dell’inumazione era diffusa in Grecia, mentre nel mondo romano sarebbe diventata usuale solo nel II secolo. Forse Secundio era in realtà uno straniero, ipotizza Massimo Osanna, per sette anni alla guida del Parco Archeologico di Pompei e oggi il direttore generale dei Musei Statali.

    Ma c’è di più: la salma di Porta Sarno è giunta fino a noi parzialmente mummificata: è un caso o il frutto di un processo di imbalsamazione intenzionale? Intanto il ritrovamento annuncia di essere una miniera di informazioni nuove e preziose. “È chiaro che dietro a tutte le stranezze di questa particolarissima sepoltura deve esserci un motivo”, commenta l’archeologo Llorenç Alapont dell’Università di Valencia, che ha coordinato le attività di scavo e di recupero.

    “Si tratta di una tomba a recinto, che dietro la facciata dipinta con una immagine tradizionale di un giardino felice nasconde una piccola cella destinata ad accogliere il defunto”, prosegue l’archeologo: “Questa camera sepolcrale è particolarissima, è stata sigillata con estrema accuratezza, proprio come se l'intento fosse quello di non fare entrare neppure un filo di aria". Sullo scheletro, poi, sono stati ritrovati i resti di una sostanza che potrebbe essere asbesto, “un tessuto particolare che si usava proprio per preservare i corpi o una parte di essi dalla decomposizione”.

    Che sia stato trattato con l’asbesto o con unguenti naturali, un corpo imbalsamato è un fatto senza precedenti a Pompei. “Fino ad oggi c'era l'idea che nel mondo romano le regole dei riti funerari fossero molto rigide e che tutti le dovessero seguire, pena l'ira degli dei”, spiega Alapont: “Se però Secundio ha potuto scegliere una sepoltura così particolare questo potrebbe significare, al contrario di quanto abbiamo sempre pensato, che c'era una certa libertà. È straordinario: le cose che stiamo apprendendo possono rivoluzionare almeno in parte le nostre certezze sulle pratiche e i riti funerari romani”.


    Francesca Grego – L'articolo completo

  10. #30
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    Predefinito Re: I riti funerari

    Scusate se mi aggiungo alla discussione ma sono rimasto affascinato dai riti funebri in Ghana e soprattutto dalla loro passione. Recentemente ho letto questo articolo sui riti funebri nel mondo.
    Dopo il rito funebre cattolico che conosciamo un po' tutti, ho avuto modo di scoprire quello musulmano, in particolare in Islam dove il rito funebre si basa sulla Sharia, la legge sancita dall’Islam.
    Per i buddisti invece la morte fa parte del Saṃsāra, il ciclo della vita.
    Per i fedeli di questa religione, così come per gli induisti, il corpo alla fine della cerimonia deve essere cremato perché il corpo materiale rappresenta solamente un contenitore per l’anima.
    Sono diversi i rituali realizzati durante la cerimonia che vanno dal bruciare incensi al suonare campane tibetane.
    Nel rito funebre ebraico il lutto dura per una settimana, tempo durante il quale i membri della comunità possono fare visita alla famiglia e portare i propri omaggi e dove devono essere rispettate delle leggi come quella di astenersi dall’intimità. Questo primo periodo di lutto sarà seguito da un altro della durata di un mese dove i familiari torneranno alle proprie abitudini sempre ricordando il defunto con piccoli rituali.
    Non è appropriato portare fiori a un defunto che osserva questa religione, molto meglio portare del cibo o fare una donazione.

 

 
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