"Solo nella comunità diventa dunque possibile la libertà personale" Marx-Engels

Pubblicità, concorrenza, antitrust e degradazione antropologica



di Lorenzo Dorato


Non appartengo alla schiera di coloro che credono che il capitalismo possa essere moralizzato. Lo credono in molti e in molti propongono la moralizzazione dei “costumi” capitalistici come la soluzione alle ingiustizie, agli eccessi e persino alle crisi ricorrenti del sistema economico. Il capitalismo in quanto tale non si può moralizzare, poiché è strutturalmente immorale. Produce immoralità per sua stessa natura, dal momento in cui tende all’illimitato mentre qualunque morale ed etica presuppone una tensione verso il limite condiviso, personale e sociale.

Appartengo però, contro ogni estremismo apocalittico, a coloro che credono che il capitalismo possa, anzi debba, essere arginato (tramite un’azione morale, questo sì) nelle sue spinte fameliche. In attesa (o come passo stesso verso una direzione di mutamento) che si riescano a porre le basi oggettive e soggettive per una trasformazione sociale radicale (nel senso di spinta fino “alla radice” delle contraddizioni sociali).

Il capitalismo deve essere arginato su ogni piano, dove la distinzione tra piano materiale e non materiale (spirituale, etico etc etc) perde di senso poiché l’azione erosiva della stessa antropologia umana avviene a tutti i livelli dell’esistenza.

Il capitalismo deve essere arginato: impedendo a pochi di rapinare le ricchezze collettive tolte a molti; impedendo di demolire i sistemi di protezione e di sicurezza collettiva; impedendo di rendere il lavoro una schiavitù precaria e instabile; impedendo di devastare l’ambiente per accrescere il profitto; ed anche impedendo di degradare liberamente e senza limiti la stessa costituzione antropologica umana imbarbarendo l’uomo ed imponendo modelli di vita eterodiretti contrari alle potenzialità solidaristiche e comunitarie proprie della stessa natura umana.

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