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Discussione: Le Torri del silenzio

  1. #21
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    Predefinito Re: Rif: Le Torri del silenzio

    Citazione Originariamente Scritto da Silvia Visualizza Messaggio
    Per i Parsi ha un ruolo molto importante il culto del fuoco sacro, che rappresenta simbolicamente il dio Ormazd. Questo fuoco arde ininterrottamente ed è alimentato cinque volte a giorno dal sacerdote che compie questa pratica seguendo m percorso rituale scandito da regole ben precise. Secondo la tradizione, il fuoco sacro fu acceso originariamente da Ahura Mazdà; per gli storici però l'origine di questo culto dovrebbe risalire intorno al 150 a. C. […]
    Il fuoco che arde nell'urna è, infatti, elemento essenziale nella ritualità e nella preghiera zoroastriana...

    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 29-05-13 alle 15:48
    "Tante aurore devono ancora splendere" (Ṛgveda)

  2. #22
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    Predefinito Re: Le Torri del silenzio

    Mario Appelius

    da India



    Benché l'antichissima religione di Zoroastro abbia perso la sua primitiva grandezza filosofica e sia ridotta ormai una serie di simboli e di formule, conserva però inalterato il culto del Sole ed è forse questa l'unica cosa che sia rimasta intatta, oltre ad un vago deismo e ad un codice millenario di morale che per il suo amore della Verità o della Solidarietà umana mal s'adatta alle esigenze del mercantilismo moderno esercitato dai parsi. Il rito simbolico che ha resistito ai secoli ed agli assalti coalizzati di Cristo e di Mohammed riunisce ogni sera accanto alla .spiaggia i parsi dinanzi ai quattro elementi fondamentali della Vita: il fuoco, l'acqua, l'aria e la terra.
    Sulle torri parsi i sacerdoti di Zoroastro accendono i fuochi della notte. Solo la Torre del Silenzio rimane senza fuoco. E' quella in servizio per la consumazione dei morti. Sono cinque torri adoperate a turno una per volta. La religione vieta infatti ai Parsi di lasciare i cadaveri in contatto con uno dei quattro elementi essenziali della vita: non possono perciò né sotterrarli, né bruciarli, né buttarli in acqua, né lasciarli corrompere all'aria. Li espongono quindi in cima alla Torre del Silenzio e lasciano che gli avvoltoi distruggano la carne senza palpito.




    L'usanza ripugna a prima vista al nostro spirito occidentale, ma tutto è bene organizzato perché non sembri mucabra ai parenti ed agli spettatori. I convogli giungono al luogo della morte per una via secondaria parallela alla passeggiata aristocratica. Non vi sono né carri funebri, né marce di Chopin, né prediche o discorsi. Non vi sono neppure feretri. I morti sono portati su una barella avvolti in un semplice lenzuolo, il volto scoperto, un fiore sulla bocca. Parenti ed amici accompagnano il defunto senza lagrime leggendo, ognuno per conto suo, libri sacri di poesie o di leggende. Accanto alla torre v'è una piccola cappella, specie di battistero, nella quale arde il fuoco perenne. Ogni convoglio si sofferma un istante dinanzi alla fiamma, poi i congiunti consegnano il corpo alla Comunità e se ne vanno. Per una porta stretta e bassa il cadavere entra nell'interno della Torre. Ed è finita.

    La torre è un blocco massiccio di granito senza linee architettoniche né motivi ornamentali. Non vi sono iscrizioni, né cippi, né steli, nulla che comunque ricordi l'estremo trapasso, anzi intorno al Granito del Silenzio i giardinieri hanno ammassato le piante più belle ed i fiori più rari, specialmente rose. Rose tea, rose bengala, rose del Gange e del Cachiamuri, bottoni e corolle, aiuole e spalliere, un profumo d'alcova sultaniale, una serra sfarzosa di tinte e di bellezze, tale che diffìcilmente una coppia d'amanti potrebbe desiderarne una più bella per incorniciare il suo amore. Molti uccelli cinguettano fra i rami, molte farfalle svolazzano sui fiori ...
    In alto alla torre stanno gli avvoltoi, grandi rapaci dal piumaggio cupo, dal becco adunco e dal cranio calvo, immobili, del colore stesso della pietra. Sono i merli della fortezza. Aspettano. Contano forse i convogli che uno dopo l'altro penetrano sotto la piccola porta.

    Un dispositivo meccanico solleva i cadaveri in cima alla torre dove sono tracciati tre larghi cerchi di muratura, ognuno suddiviso in ventiquattro scompartimenti orientati come i raggi d'una ruota ed inclinati verso un pozzo centrale. Il primo cerchio è per gli uomini, il secondo per le donne, il terzo per i ragazzi. Trenta giorni dopo l'esposizione i membri della Comunità funebre guantati di nero ed armati di lunghe pinzette precipitano i resti dello scheletro nel pozzo centrale. Eguale è il rito per i ricchi e per i poveri, per i grandi e per i piccoli, pel benefattore e per l'assassino.




    Quando l'ultimo spicchio di sole è sparito dalla linea dell'orizzonte, la Torre del Silenzio apre le sue saracinesche. Incomincia il pasto macabro . Alti muri nascondono lo scempio. I necrofori alati conoscono l'ora. Giù si levano a stormì dal granito, urlano al sole che s'attarda, roteano con larghi cerchi concentrici, si forbiscono i becchi ed i rostri, si preparano all'assalto. Nello splendore dorato del tramonto sono l'unica bruttura visibile. Scrivono nella porpora del cielo la parola Fine e la parola Fame.

    Un coro d'urla rabbiose straccia il silenzio d'intorno. Un gran starnazzio d'ali frenetiche frulla nel pulviscolo d'oro. S'aprono le porte del macabro convito. Le saracinesche della Torre del Silenzio strisciano sugli spigoli scorrevoli. Velocissimi gli avvoltoi di Zoroastro stringono il loro cerchio e scompaiono nella mangiatoia tombale. Quando ricompaiono il sole s'è spento. Musulmani e parsi sono ritornati alle loro occupazioni. Carrozze ed automobili s'inseguono sulla strada di Bombay. Sembra un ritorno di corse dopo un gran premio d'Europa.

    La notte indiana scende ad avvolgere nei suoi crespi pesanti Malabar Hill e la spianata aristocratica diventata deserta. Solo ardono sulle Torri in riposo i fuochi di Zoroastro. Solo restano sulla Torre del Silenzio i necrofori alati che aspettano il domani, cioè altri morti ed altri banchetti, altre lagrime ed altre feste, la loro vita che è in fondo la ... nostra.


    Mario Appelius, India - Edizioni Alpes Milano 1926 (pag. 33 e seguenti)

  3. #23
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    Predefinito Re: Le Torri del silenzio

    Da La religione di Zarathustra, Ferdinando Romano



    Per concludere su cerimonie, abitudini e religione, dovremmo parlare del santo orrore della morte nello zoroastrismo. È veramente difficile e quasi arduo trattare questo tema, anche perché troppa letteratura di viaggio e molta superficialità nei giudizi hanno sempre visto le cerimonie che accompagnano la morte e le Torri dei silenzio con atteggiamento errato ab imis fundamentis. È necessario ricordare che per lo zoroastrismo il corpo non deve e non può mai contaminare gli elementi naturali e, una volta ben compreso ed assorbito questo principio, può forse risultare più facile comprendere la non terribilità di alcune usanze. Fuoco, tempio, torri del silenzio sono in fondo tre momenti di alta spiritualità e vanno visti e studiati nello spirito dello zoroastrismo. Si possono cogliere alcuni aspetti esteriori caratteristici: il morto è affidato alle persone che lo porteranno alle torri; tutti i funerali si svolgono sempre e solo a piedi; i preti vanno sempre in coppia; tutti coloro che seguono il funerale e chi attende ad esso devono ripetutamente lavarsi il viso e le altre parti del corpo esposte.

    E ci facciamo accompagnare, in questa descrizione, dalle parole di W. Goethe [1]: «Lo strano modo usato dai parsi nel seppellire i loro morti proviene appunto dal proposito scrupoloso di non insudiciare gli elementi puri... Gli antichi parsi non si limitavano ad onorare il fuoco; la loro religione era fondata sulla dignità di tutti gli elementi, in quanto annunciano l'esistenza e la potenza di Dio. Ecco la ragione del loro timore sacro di sporcare l'acqua, l'aria, la terra».






    Nelle sue Oriental Memoirs, una rara opera pubblicata nel 1813, James Forbes rileva che «nelle cerimonie nuziali, ed in molte altre, i moderni parsi hanno preso i costumi degli hindu; ma il loro modo di trattare il morto sembra essere assolutamente loro peculiare». La morte è opera del demonio, ed allora il cadavere è la dimora dei demoni. Il ricordo, la memoria e il pianto rimangono all'interno di chi resta. Le Torri del silenzio, le Dakhma, ricordano ed ammoniscono in un certo senso sul principio che l'uomo ed il Nilo corpo hanno una parte positiva nella lotta contro il male.

    E Guido Gozzano, che forse nel suo viaggio in India non ne aveva potuto sempre ben capire l'atmosfera, parlando delle torri del silenzio, riesce invece a descriverle chiaramente e si sente nelle sue parole stupore ed una certa commozione: «La mia delusione è grande. Tower of Silence: il nome shelleyano mi prometteva non quel cilindro imbiancato a calce, ma quanto di più fantastico ha scolpito nella pietra la poesia della morte...

    «La dakhma si corona di avvoltoi, non più calmi nel loro pensoso atteggiamento consunto, ma frementi con i colli serpentini protesi verso una cosa nuova...
    «...in alto, nell'aria, è il turbinio fitto, spaventoso delle ombre nere. Dalle profondità dell'azzurro si avvicinano, ingrandiscono, precipitano con la velocità della pietra che cade, i grifoni funerari, sull'azzurro del cielo, sul candore della torre, le ali fosche sembrano attratte e respinte da un turbine avverso, fanno pensare alle grandi ali degli angeli maledetti. Ma nessun grido, nessuna lotta, uno stridio querulo e sommesso, quasi timoroso di svegliare un dormiente. Io ho un tremito leggero, ho l'orrore dello strazio che non vedo».

    La poesia della morte... e vengono in mente le parole di un poeta persiano, Sadi, della stessa terra dove è vissuto Zarathustra: «Quando l'anima mia pensa partirsi, è lo stesso se muore sul trono o sul nudo terreno».


    NOTE

    1. J. W. Goethe, Il Divano Occidentale-Orientale, Milano 1997, p.556.


    Ferdinando Romano, La religione di Zarathustra (Xenia edizioni, pag. 30 e 31

 

 
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