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    Thumbs up Lindo Ferretti: Dal Crinale ogni Domenica sull'Avvenire

    Da ieri 4 settembre 2011 Lindo Ferretti ha iniziato una collaborazione con il quotidiano cattolico Avvenire pubblicando la rubrica Dal crinale. Ogni Domenica l'ex Cccp, scriverà su questa rubrica dedicata alla Conferenza episcopale italiana. Se i tempi di Fedeli alla Linea vi sembrano lontanissimi ma il desiderio di seguire e capire il filo dell'esistenza di questo artista è l'occasione giusta, anche se all'apparenza molto complesso. Oltre alla fede ritrovata, Ferretti continua la sua carriera artistica con le ultime tappe di A Cuor contento Tour: il prossimo e ultimo appuntamento è il 10 settembre all'Estragon di Bologna.

    L
    "Per tutto il pensiero occidentale, ignorare il suo Medioevo significa ignorare se stesso" - Étienne Gilson


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    Predefinito Rif: Lindo Ferretti: Dal Crinale ogni Domenica sull'Avvenire

    Qualcuno che domenica scorsa ha comprato Avvenire l'ha per caso conservato? Mi piacerebbe leggermi l'articolo di esordio...
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    Predefinito Rif: Lindo Ferretti: Dal Crinale ogni Domenica sull'Avvenire

    Già fatto.

    Estate 2011 e il dialogo possibile fra vivi e morti

    Da oggi ha inizio la rubrica «dal Crinale» di Giovanni
    Lindo Ferretti, che uscirà tutte le domeniche fino alla
    fine di luglio 2012. Cantante e scrittore, Ferretti è
    stato leader dei gruppi musicali CCCP Fedeli alla
    Linea, CSI e PGR ed è autore dei volumi Reduce
    (2006) e Bella gente d’Appennino (2009).

    Ci sono giorni che mi sento bimbo, l’ultima cosa sulla terra, l’ultima arrivata, quella senza importanza e tutto è bellezza, tutto meraviglia. Ci sono giorni che mi sento vecchio, stanco; troppo grava sulle mie spalle come tragica sequenza. Certo non mi sento solo. Questa estate 2011 è per me una stagione nuova. L’equilibrio costruito in questi ultimi anni attorno le
    necessità, in perenne divenire, di una madre anziana e malata è crollato. Compiuti i 90 anni, resa l’anima a Dio, mia madre è morta. Abbiamo officiato il rito della sepoltura, abbiamo rinsaldato il vincolo che lega indissolubilmente i vivi ai morti ai non ancora nati nell’attesa dell’Apocalisse, lo svelamento, la fine dei tempi. Ringrazio Dio per avermi concesso questi anni con Lei nel tempo del suo bisogno quasi che,
    viste le mie mancanze con il II e il III comandamento, mi fosse stata offerta la possibilità di rifarmi con il IV. Lunghe stagioni, giorno dopo
    giorno, sempre una grazia sempre una pena. Azioni quotidiane, gesti ripetuti fino a diventare ritualità domestica capace di confortare la mancanza ormai totale di altre ritualità. Un tempo improduttivo riscattato da un sentimento profondo quanto la mia umanità: l’amore filiale. La scoperta, materiale, carnale, del senso del dovere ha ribaltato ogni mio
    pensiero, cresciuto sempre più insoddisfatto, nel regno dei diritti. Giorni trascorsi tra le stanze di casa, l’aia, le visite al cimitero; il precetto festivo;
    passeggiate sempre più brevi, sempre più lente, in perfetta sintonia con il nostro conversare fino agli ultimi mesi quando letto e poltrona sono
    diventati unico spazio, sempre più silenzioso. Vicino casa, la stalla dove i cavalli mi hanno assicurato la quota minima di energia fisica e molte occasioni per il nostro colloquio fino ad essere pretesto per percepire l’ultimo sillabare della Sua voce, un - sì - un - va bene -. Tra vuoti di memoria, buchi di conoscenza, voragini temporali, ciò che ha retto fino alla fine è riducibile alle orazioni quotidiane, l’affetto, la casa, la stalla. Era pur sempre la moglie di un pastore, mia madre, ed è vissuta e morta ben
    sapendo che Iddio, e tutto ciò che è vitale, è calore, è amore. Anni di respiro arcaico: montagne, animali, presenze arcane, in cuipensare la mia vita antecedente ne faceva risaltare le sciocchezze, le mancanze sostanziali, le inconcludenze; e pensare al dopo sarebbe stato un esercizio più che sgradevole. Se un dopo ci sarà, mi dicevo, lo benedirò. E’ arrivato. Mi è stato chiesto di scrivere per "Avvenire" una rubrica settimanale che, di comune accordo, abbiamo titolato: "dal Crinale". Ho accettato con gioia mista a timore. Cosa ci si aspetta da me? Da 30 anni mi guadagno da vivere, pane e companatico, scrivendo. Prima canzoni e le molte parole che fanno loro contorno, poi scritti d’occasione, riflessioni, racconti. La maggior parte delle parole che ho scritto trovano nella mia voce il ritmo e la cadenza che le fanno vivere. Fatico ad immaginarle mute; stampate
    e lette mentalmente mi sembrano sciupate. Affascinato dalla oralità dovrei essere riconoscente alla dimensione tecnologica della comunicazione ma
    ne provo repulsione fisica. Se non posso essere cantore, lettore, fronte ad un uditorio di persone, carne e spirito, posso solo scrivere e scrivo a mano.
    La biro che scivola sul foglio accompagna i tempi del mio pensare e un’occhiata alla qualità calligrafica è il miglior metro di giudizio circa la quantità di lavoro ancora necessario. Cosa mi aspetto da "Avvenire"?
    un onesto rapporto; se il caso, che non mi auguro, l’interruzione di questa collaborazione che accetterò in qualsiasi momento con qualsiasi motivazione. Non è detto che questo possa essere per me un lavoro. Ho molto apprezzato la formulazione del nostro contratto: i limiti della richiesta, qualche domanda e relativa risposta, sorrisi, una stretta di mano con sguardo interlocutorio. Un affare tra gentiluomini d’altri tempi.
    Ultima modifica di Cuordy; 06-09-11 alle 14:10
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    Predefinito Rif: Lindo Ferretti: Dal Crinale ogni Domenica sull'Avvenire

    11/09/2011

    la saga non scritta del sangue (che non è mai acqua)

    Da una parte o dall'altra. Un crinale divide le acque e tutto ciò che cade e scivola irrimediabilmente verso il basso. Per ciò che sale, si eleva, è un confine che può dividere o unire. Una tensione irrisolta. Il mio crinale è un luogo in cui geografia e storia si sono intrecciate inanellandosi e, a volte, è difficile capire qual è il limite dell'una e l'origine dell'altra. È un luogo benedetto da Dio e a lungo benedetto dagli uomini. A sud s'affaccia sul mare di Toscana e ci sono giorni rasserenati in cui lo sguardo ne scopre l'arcipelago con la Corsica sulla linea d'orizzonte. A tramonto sta il golfo ligure. A nord l'arco alpino luccica quando l'aria rinfresca e rischiara. Ad est la piana del Po è l'ultima propaggine delle pianure e steppe d'Eurasia. In media valle, la Pietra di Bismantova: ciclopica ara, arcaico altare, proteso al Cielo. Su questo crinale, in un piccolo borgo, sono nato e sono tornato a vivere. È ancora un luogo benedetto da Dio ma abbandonato dagli uomini. Il tempo di una generazione e sarà la fine di un lungo racconto già dimenticato ma di cui cominciamo a percepire la mancanza. Un mondo scomparso che ricompare in frammenti illuminati, lampi visionari sul pulsare del sangue. - Il sangue non è acqua - quando lo diciamo non ci rendiamo conto di quale verità stiamo enunciando. Per qualificarne la portata è bene ricordare che dal costato del Cristo Crocefisso, squarciato dalla lancia, sgorgano sangue e acqua. Mistero della vita, dell'Incarnazione, dell'uomo. Il racconto di ciò che fu, che è stato, dovrebbe essere Saga: il canto eroico dei canti. Un canto sempre cantato. Lo intonò un bardo nel tempo antico, risuonò nelle valli, sulle cime, quando tutto era selva, tutto era foresta, prima che fosse Storia. Cantò onore e gloria dei Liguri Montani. Cantò la Creazione, il Creatore, cantò le creature. Ne intese l'eco un monaco cristiano e lo riprese. Si salmodiò per tutto il Medioevo. Lo stornellò il pastore sul ritmo degli armenti in transumanza. Poi s'inceppò, poi tacque. Ora con l'avvento del III millennio, scomparsi agricoltura e allevamento, la modernità già vecchia e malandata, tutto torna foresta, torna selva. Al tramonto o sul fare del giorno par di sentire, nel vento, la voce di un canto. Affinando lo sguardo, circoscrivendo lo spazio del vivere quotidiano, ho perso sintonia con gli accadimenti che determinano la cronaca e il divenire del mondo. Non ne sento mancanza. Eppure sono vivo, cosciente di quale dono sia vivere, so della necessita di renderne merito e dei doveri che mi competono. Conosco molto delle mie colpe. So che sarò giudicato di fronte a Dio e posso solo sperare nella Sua misericordia. Non nutro altre speranze. La mia fiducia nelle capacità e possibilità dell'umanità oscilla tra l'applicazione della regola benedettina: ora, lege et labora e il buon senso tradizionale. Non credo che telefonando, fotografando, in rete collegati ed informati, cresca di un'oncia la meraviglia del vivere. Sono vecchio, conservatore, operando per lo più per reazione tendo ad essere reazionario ma ben cosciente di vivere nell'anno di grazia 2011 d.C.. Montano per discendenza e per scelta; per contingenza da 150 anni italiano, ma sono italico da secoli e secoli e il futuro non è dato; cattolico-romano in lotta perenne con un substrato barbarico, un sentire profondo che secoli di fede e devozione hanno contenuto, limato, educato ma, inutile mentire, affiora qua e là prepotente: occhio per occhio, dente per dente. Non mi aiuta l'educazione civica, mi innervosisce il corretto contemporaneo comportamento e nutro forti dubbi sulle sorti del progresso nell'animo umano. Fatico nel perdono che rimane un cammino tortuoso, aspro, difficile e vale solo se tiene lo sguardo rivolto all'Altissimo: verticale. Se facile, gratuito, orizzontale, dimentica le vittime e sostiene i carnefici; gronda sangue innocente.
    Ultima modifica di Cuordy; 12-09-11 alle 23:16
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