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  2. #12
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  3. #13
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  4. #14
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  5. #15
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    Predefinito Re: "Il grande divorzio" di C.S. Lewis (20 settembre 2012)

    Il professore che sfidò la legge sul divorzio

    di lorenzo Roselli






    Delle vicende che ruotano attorno all’infausta legge sul divorzio in Italia, sono davvero in pochi a ricordarne un protagonista indiscusso, nonché principale animatore dell’opposizione alla sua entrata in vigore.
    Parliamo di Gabrio Lombardi, napoletano classe 1913, giurista, ordinario di Diritto Romano presso la Pontificia Università Lateranense e presidente del Movimento Laureati Cattolici della Federazione Universitaria Cattolica Italiana dal 1964 al 1970.
    Esponente dell’ala dorotea della Democrazia Cristiana, ma da sempre fervido detrattore di questa legge liberale (banalmente perché elaborata sin dalla fine degli anni ’60 e infine proposta nel ’70 insieme al socialista Fortuna dal ministro Antonio Baslini, esponente di punta del Partito Liberale Italiano), Lombardi fu la mente dietro al Comitato per il Referendum sul Divorzio che dapprima raccolse le firme necessarie per indire la consultazione referendaria e poi gestì tutti gli aspetti organizzativi del Comitato così come della campagna per promuoverlo. Contro Lombardi si stagliava l’intero Parlamento; anzitutto il Polo laico (PLI, PSI, PRI, PSDI) che aveva promosso la Legge, il Partito Radicale e, sebbene tardivamente, anche il Partito Comunista.
    A sostenerlo soltanto il Movimento Sociale Italiano, il morente Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica (che in larga parte confluirà nello stesso MSI nel 1972) e la corrente cristiano sociale della DC “Nuove Cronache”, rappresentata da Amintore Fanfani e l’ormai lontano da incarichi pubblici Giorgio La Pira.
    Il resto del partito democristiano rimarrà in un perenne stato di tentennamento che si ripeterà con maggior fragore nella successiva campagna contro la legge sull’aborto, ma questa è un’altra e ancor più vergognosa storica.
    Inoltre, Lombardi e il suo comitato avevano contro pressoché l’intero extraparlamentarismo (con l’eccezione di Avanguardia Nazionale e altre piccole formazioni nazionalrivoluzionarie), il mondo dello spettacolo (significativi i numerosi caroselli che videro protagonisti Nino Manfredi, Gianni Morandi, Pino Caruso e diversi altri grandi nomi della recitazione a sostegno del No al Referendum) i principali quotidiani e, in un’interessante anticipazione di quanto accaduto con la Legge Cirinnà sulle unioni civili, diversi colossi economici globali con sede Oltreoceano. Ben lungi dal gettare la spugna smorzando la polemica, Lombardi avviò una campagna agguerritissima avvalendosi del contributo traversale di intelligenze provenienti non soltanto dagli ambienti politico-culturali apertamente contrari al divorzio, ma anche da vari “eretici” del mondo social-comunista e laico.
    Allo sguaiato urlo delle piazze divorziste, il Comitato per il Referendum sul Divorzio rispose con una direzione rappresentativa composta da intellettuali e voci carismatiche della cultura nazionale come Augusto Del Noce, Enrico Medi e Lina Merlin, la parlamentare socialista che aveva gloriosamente chiuso i postriboli che oggi gli amici di Efe Bal e Valentina Nappi (a seconda dello schieramento parlamentare di riferimento) vorrebbero riaperti e che definiva il divorzio “uno strumento per abbandonare la donna nel nome di un presunto diritto alla promiscuità maschile”.
    Tra le geniali tattiche propagandiste escogitate dal Comitato, ci fu l’operazione manifesti togliattiani.
    Sfruttando l’incertezza generale dell’elettorato comunista sul tema (il partito di Berlinguer sostenne apertamente la legge soltanto nel 1974, in concomitanza con il referendum, con svariate opposizioni interne), il Comitato fece uscire nella primavera del ’74 un manifesto recante una citazione autentica di Palmiro Togliatti risalente all’Assemblea Costituente, dove l’ex- ministro comunista definiva il divorzio senza mezzi termini come un capriccio innaturale e dannoso, di natura borghese e antipopolare.
    Il manifesto colpì nel segno, tanto che il PCI denunciò l’operazione all’autorità giudiziaria perché ritenuta un modo per confondere i militanti comunisti e tale istanza fu accolta a maggio dal Pretore di Cremona.
    [Foto da spazio70.com]

    Alla fine il Comitato per il Referendum sul Divorzio perse quella battaglia che aveva condotto praticamente da solo, senza avvalersi della politica dei partiti in un’epoca in cui questa era ancora tessuto vivo della società italiana all’interno, oltretutto, di un continente in cui il divorzio era legale ormai ovunque.
    Ma la partecipazione al voto degli antidivorzisti fu imponente e inaspettata viste le premesse: il primo referendum abrogrativo della storia italiana si era davvero avvicinato al suo obbiettivo contro una parte avversa che aveva occupato ogni piazza, ogni tv, ogni cattedra, ogni rubrica di gossip, ogni pagina di quotidiano.
    Chiunque non poté che concedere l’onore delle armi all’asse Fanfani e agli intellettuali di Lombardi che avevano escogitato quell’opposizione di matrice civica, popolare e quasi antipartitica. Un’asse che purtroppo non si ripeté nel referendum abrogativo della legge 194 guidato questa volta dal Movimento per la Vita; il professor Lombardi si ritirò da ogni attività pubblica e i risultati si videro: la partecipazione così come i voti per l’abrogazione nel 1981 furono molti di meno.
    Davanti a incapacitanti retoriche conservatrici su maggioranze silenziose vere o presunte, la grande lezione di lotta e mobilitazione geddiana di Gabrio Lombardi, fondata su premesse autenticamente cristiano sociali, resta di profonda ispirazione e merita un’attenta riscoperta.

    Forse apparirà un eccesso di zelo, ma ad oltre 26 anni dalla sua morte fisica (avvenuta il 4 aprile 1994), chi scrive ha inteso tributare queste brevi righe a un Professore in un’epoca di professorini, come inadeguata ma sincera forma di riconoscenza per la testimonianza data in quel delicato frangente.
    Sappiamo benissimo che risulterà estremamente arduo oggi e nei prossimi anni fare altrettanto in Italia, ma se c’è una cosa che possiamo apprendere dalla lezione di Gabrio Lombardi è non arrendersi mai ai mali che qualcuno chiama ineluttabili, ai proclami degli stolti che si gloriano di trovarsi su un fantomatico “lato giusto” della storia.

 

 
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