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  1. #11
    paracadute zen
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    Predefinito Re: Rif: Arcimboldo e l'arte delle meraviglie

    Che meraviglie!
    L'ortolano e le 4 stagioni mi erano già note, le altre composizioni no.
    Ha un fascino eccezionale.
    Trollhunter delle 2 Sicilie.

  2. #12
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    Predefinito Re: Rif: Arcimboldo e l'arte delle meraviglie

    Citazione Originariamente Scritto da Silvia Visualizza Messaggio
    Dipinti reversibili...


    Fabbricare immagini reversibili è stata una moda dell'epoca: simili giochi erano usati come caricature dai fautori o dagli avversari della Riforma. .
    è un' usanza più antica e non c'entra col periodo della riforma
    Ultima modifica di P 6; 29-10-12 alle 11:05

  3. #13
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    Predefinito Re: Arcimboldo e l'arte delle meraviglie

    Stenio Solinas


    ARCIMBOLDO IL LEONARDO DEGLI ASBURGO




    Arcimboldo, Autoritratto, 1587 - Palazzo Rosso, Genova



    L'uomo di carta. Quando Giuseppe Arcimboldo dipinse nel 1587 il proprio ritratto, al tramonto della sua vita e al culmine della sua fama, è così che volle raffigurarsi, i capelli e la barba, il naso, le labbra e gli occhi a comporre una maschera puramente cartacea, tanti fogli ben tracciati e sistemati. Un umanista, insomma, e non un artista, «l'egiziano erudito» come era stato ribattezzato nella sua cerchia di amicizie, l'uomo che aveva inventato e/o immaginato un linguaggio cifrato, delle macchine per camminare sull'acqua, il «liuto prospettico», il «clavicembalo a colori» e altre mille diavolerie che non gli sopravvissero. Scomparve tutto con lui, compresa la sua fama: quello che era stato per un quarto di secolo il pittore di corte di Vienna e di Praga, elevato per questo al rango di conte palatino, il maestro di giochi e di cerimonie e insomma il Leonardo degli Absburgo, si inabissò con il secolo che l'aveva visto nascere. Perché riemerga bisognerà aspettare il Novecento della scienza ma anche del dubbio, del fantastico applicato all'inconscio, della crisi dei valori e del clangore delle ideologie. Un precursore della modernità troppo in anticipo sul proprio tempo, insomma. Ma è davvero così?

    Proviamo a ricondurre Arcimboldo all'interno del proprio tempo, un tardo Cinquecento rinascimentale che si avvia a diventare maniera, bizzarria, eccentricità. È un mondo, un'epoca, una corte in cui i maghi si mischiano ai cabalisti, agli astrologhi, agli alchimisti, agli studiosi di scienza naturale, ai fisici e ai matematici, le scienze alla moda sono la chiromanzia, la fisiognomica, la geomanzia e insomma il carattere degli individui si nasconde nelle linee di una mano, nelle rughe di un volto, nei tratti di un paesaggio...

    Per dipingere una testa composta come La Primavera, Arcimboldo mette su tela 80 varietà botaniche; per quella che fa riferimento all'Acqua sono 62 i pesci, i crostacei, le conchiglie marine riprodotte con virtuosismo incredibile. Per quanto esse possano affondare in una tradizione popolare, è l'elemento spirituale, intellettuale, letterario e politico che fa la loro originalità e la loro grandezza, e che però in qualche modo le segna e le condanna nel momento in cui il complesso e raffinato simbolismo che ne è alla base, le allegorie imperiali e principesche che la sostengono si riveleranno estranee ovvero incomprensibili al nuovo secolo che viene alla ribalta.

    Milanese, figlio d'arte, ma semplice omonimo di quella aristocratica famiglia che alla città aveva dato tre arcivescovi e la cui pietra tombale è ancora visibile all'interno del Duomo, Giuseppe Arcimboldo si creò un passato che fosse all'altezza di quel nobile presente che a prezzo di fatiche e di sacrifici aveva alla fine raggiunto, una sorta di principe fra i pittori e dei pittori. Proprio la consapevolezza di una diversità lo spinse del resto a una frequentazione intellettuale, quella dei Lomazzo, dei Comenini, dei Morigia, alla quale affidare il racconto e il ricordo di un magistero stilistico, come se avvertisse il pericolo di un oblio e di una dimenticanza, come se solo la parola scritta potesse in qualche modo riscattare e difendere l'immagine dipinta.

    In una sala del museo fanno bella mostra di sé quelle «nature morte antropomorfe», secondo la celebre definizione di André Pieyre de Mandiargues, che come in un gioco di specchi rovesciati contengono due differenti soggetti a seconda se le si guardino dall'alto o dal basso. Il cuoco è anche un piatto d'arrosti, L'uomo-vegetale è anche un cesto d'ortaggi... È un linguaggio metaforico usato quando ancora la metafora rimanda ad altro, non si è cristallizzata in maniera, non vive di vita propria. Dadaisti e surrealisti, secoli dopo, vi si specchieranno come ci si specchia nell'opera di un precursore o di un profeta...

    Ma se ne colgono la sconvolgente meraviglia, ciò che è andato perduto è lo struggente sentimento del tempo che la rendeva possibile e comprensibile, non gioco, ma rivelazione, non puro artificio ma corrispondenza fra segni e concetti. L'universo di un umanista, appunto, e non il palcoscenico di un prestigiatore.



  4. #14
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    Predefinito Re: Arcimboldo e l'arte delle meraviglie

    Enrico Mirani

    ARCIMBOLDO L’ANTIBIZZARRO



    Il vecchio – decrepito, orribile e grinzoso – è al termine della vita. Gli occhi sono spenti, le carni putrescenti, gli orecchi un’avvizzita appendice, la bocca un tumore, il naso un’informe escrescenza. E’ lontanissimo perfino il ricordo della giovinezza, quando la voglia di futuro gli disegnava sulle labbra un sorriso aperto di speranza. E’ già dimenticata anche la stagione matura, allora riflessa in una faccia opulenta e nel ghigno soddisfatto impressi da una vita piena e realizzata. Il tempo di un fugace compiacimento e in un sospiro il ritratto s’è mutato nel viso gonfio, marcio e tumefatto dell’altro ieri. Era soltanto l’altro ieri: un passo prima della senescenza, che oggi consuma il corpo, la mente e l’anima.

    L’Inverno è arrivato, bruciando la Primavera, l’Estate e l’Autunno; segna l’implacabilità del tempo che muta, fugge, ritorna, muta e fugge ancora. In un ciclo inarrestabile, secondo la legge di natura che lega il mondo vegetale e quello animale, confonde nello stesso destino gli uomini e le bestie, i pesci e i fiori, i frutti e gli alberi. Una sorte comune di vita e di morte, di gioia e dolore, decadimento e rinascita rappresentata da un grande artista del XVI secolo: Arcimboldo, l’autore delle teste composte, tanto amato ed imitato nel suo tempo quanto ignorato dai posteri, confinato dalla critica nell’angusto recinto degli stravaganti.

    Certamente Giuseppe Arcimboldo (1527-1593) negli anni della formazione nella sua Milano subì gli influssi di Leonardo e dei pittori nordici, che avevano ribaltato i concetti classici del bello, introducendo l’interesse per il grottesco e la realtà quotidiana. Ma sarebbe davvero limitante vedere nella sua opera un semplice divertissement per principi e vescovi dell’epoca. Quella di Arcimboldo è una biografia ricca. Innanzitutto era figlio d’arte. Il padre, Biagio, faceva il pittore, e con lui Giuseppe collaborò alle decorazioni del Duomo a partire già dal 1549. Appartenevano ad un casato nobile e potente, che dalla fine del Quattrocento alla metà del Cinquecento diede tre arcivescovi a Milano. Per Giuseppe il salto di qualità e la consacrazione coincisero con la chiamata alla corte imperiale degli Asburgo, nel 1562.

    A Vienna divenne pittore di Massimiliano II: ritratti – soprattutto le teste composte -, ma anche costumi e scenografie di feste, tornei, giostre, mascherate… Fu il regista e l’animatore della vita artistica di corte, consulente per la collezione di quadri del monarca, del resto raffinato intenditore. Servigi molto apprezzati, ripagati con prebende, denaro, titoli onorifici. Nel 1563 Arcimboldo dipinse la prima serie delle Quattro stagioni, nel 1566 i Quattro elementi (l’Aria, il Fuoco, la Terra, l’Acqua), nello stesso anno uno dei due ritratti di Giovanni Calvino (Il Giurista), nel 1570 il Cuoco. Per dire di alcune delle teste composte più famose, incastri di fiori, frutti, verdure, animali, oggetti. Piacevano moltissimo ai suoi contemporanei. Non rappresentavano un mero per quanto geniale puzzle artistico. Avevano più significati allegorici, ad esempio esaltare l’universalismo e la potenza degli Asburgo. Bellissimo il Vertumno, che ritrae l’imperatore Rodolfo II, dipinto nel 1590. Il pittore si era congedato tre anni prima dalla corte viennese, tornando a Milano, dove comunque continuò a lavorare fino alla morte per gli Asburgo e a suscitare l’interesse di tanti imitatori. Parte delle sue opere, peraltro, sono andate perse.



    Inverno - Bayerische Staatsgemäldesammlungen, Monaco



    “Un operaio del linguaggio”: così il grande semiologo francese Roland Barthes ha definito Arcimboldo, istituendo un parallelo fra la sua pittura e la scrittura. Due strumenti comunicativi diversi, che nelle teste composte trovano però elementi in comune. “La sua pittura – scrive Barthes – ha un fondo linguistico, la sua immaginazione è poetica: non crea i segni, li combina, li permuta, li svia (compie, insomma, il lavoro di ogni operaio della lingua)”. La citazione è tratta da un illuminante saggio del 1982 pubblicato da Einaudi nel 1985 e nel 2001 (L’ovvio e l’ottuso. Saggi critici III) e ripreso dalle edizioni Abscondita nel libretto Arcimboldo (collana “Miniature”), con uno scritto di Corinna Ferrari.

    Barthes esamina attentamente la grammatica e la sintassi dell’artista, boccia la semplificazione che lo vorrebbe ingabbiare nello schema del pittore stravagante. Tutt’altro. In Arcimboldo ci sono sapienza, magia, intelligenza, raziocinio, buon senso. “Arcimboldo parla una lingua doppia, chiara e imbrogliata insieme”. Utilizza un linguaggio cifrato, per sfidare in un gioco i signori dell’epoca: prima l’osservatore coglie il dettaglio (ciò che compone la testa: animali, fiori, frutti…); poi, allontanandosi dal quadro, viene colpito dal senso vero. E’ un offrire metafore: i singoli segni hanno un valore compiuto, ma l’insieme determina un secondo significato. Ecco l’Acqua: meravigliosa e inquietante composizione di pesci; ecco l’Aria: impasto di volatili; il Fuoco: incastro di fiamme, braci, fascine, stoppini; la Terra: ricettacolo di animali miti e bestie feroci.

    Perché l’arte di Arcimboldo ricalca il linguaggio: così come quest’ultimo si articola in suoni e parole, la prima procede per oggetti nominabili (parole) a loro volta scomponibili (i suoni). In precedenza la pittura aveva sempre avuto una sola articolazione, quella delle linee e della forme che vanno combinate. In una sola immagine, spiega il semiologo francese, Arcimboldo unisce tre sensi: le singole figure, la testa composta, il titolo allegorico che associa le forme ad una stagione, ad un elemento, ad una persona. Composizioni piacevoli, certo, ma pure inquietanti. “Le teste di Arcimboldo – interpreta Roland Barthes – sono mostruose perché rimandano tutte, quale che sia la grazia del soggetto allegorico (…), a un malessere sostanziale: il brulichio. La mischia di cose viventi (animali, vegetali, bambini) disposte in un disordine stipato (prima di raggiungere l’intelligibilità della figura finale) evoca tutta una vita larvale, un pullulio di esseri vegetativi, vermi, feti, visceri al limite della vita, non ancora nati eppure già putrescibili”. Teste mostruose, perché rivelano l’inarrestabilità della natura in continua metamorfosi.

    Straordinario pittore Arcimboldo, che imprime sulla tela un campionario di figure retoriche. La metafora: una pesca in luogo della guancia (l'Estate); la metonimia: una composizione di pesci per l’Acqua; l’allegoria: una testa fiammeggiante per il Fuoco; l’allusione: la frutta di stagione per rappresentare l’Estate; l’antanaclasi: la ripetizione di un oggetto facendone un elemento diverso; l’annominazione di immagini, cioè la sostituzione di un oggetto con un altro della stessa forma. Una lettura che l’osservatore può cogliere a patto di esercitare un’attenzione mobile: solo spostandosi è possibile capire l’opera nel suo insieme, tanto che lo stesso sguardo del visitatore è un elemento strutturale del quadro.

    “Quello che Arcimboldo dipinge – scrive Barthes – non sono propriamente cose, ma piuttosto la descrizione parlata che ne farebbe un narratore meraviglioso. Arcimboldo illustra quello che è già, in fondo, il calco linguistico di una storia sorprendente”. Come le sue affascinanti teste composte.



    Ultima modifica di Silvia; 18-09-15 alle 15:02

  5. #15
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    Predefinito Re: Arcimboldo e l'arte delle meraviglie

    Girovagando per il forum sono arrivato a questo thread e con mio grande piacere ho scoperto SILVIA-sognatrice-e quello che ha scritto su Arcimboldo.
    Ora si da il caso che io vivo da sempre nel mondo dell'Arte e la conoscenza espressa da SILVIA sull'opera di questo particolarissimo artista e la competenza che emerge da quello che scrive, mi ha fatto pensare a una professionista del settore, e quando ho visto la data di inizio di questo 3D (2011) ho avuto il timore che SILVIA non scrivesse più in questo forum. Timore perchè mi sarebbe molto dispiaciuto: sono contento di averti ritrovata.
    EX NIHILO NIHIL

  6. #16
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    Predefinito Re: Arcimboldo e l'arte delle meraviglie

    Citazione Originariamente Scritto da cireno Visualizza Messaggio
    Girovagando per il forum sono arrivato a questo thread e con mio grande piacere ho scoperto SILVIA-sognatrice-e quello che ha scritto su Arcimboldo.
    Ora si da il caso che io vivo da sempre nel mondo dell'Arte e la conoscenza espressa da SILVIA sull'opera di questo particolarissimo artista e la competenza che emerge da quello che scrive, mi ha fatto pensare a una professionista del settore, e quando ho visto la data di inizio di questo 3D (2011) ho avuto il timore che SILVIA non scrivesse più in questo forum. Timore perchè mi sarebbe molto dispiaciuto: sono contento di averti ritrovata.
    Ti ringrazio, ma non sono affatto un'esperta, né tantomeno una professionista del settore. Sono solo un'inguaribile "curiosa", e cerco di approfondire gli argomenti che mi interessano, purtroppo non sempre con risultati soddisfacenti.

  7. #17
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    Predefinito Re: Arcimboldo e l'arte delle meraviglie

    Citazione Originariamente Scritto da Silvia Visualizza Messaggio
    Ti ringrazio, ma non sono affatto un'esperta, né tantomeno una professionista del settore. Sono solo un'inguaribile "curiosa", e cerco di approfondire gli argomenti che mi interessano, purtroppo non sempre con risultati soddisfacenti.
    bravissima, allora. Ora, nel solco delle aspettative di questa sezione del forum, mi aspetto da te osservazioni su un altro grande

    Hieronymus Bosch

    che dici?

    Ti piace anche l'arte contemporanea?
    EX NIHILO NIHIL

  8. #18
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    Predefinito Re: Arcimboldo e l'arte delle meraviglie

    Citazione Originariamente Scritto da cireno Visualizza Messaggio
    bravissima, allora. Ora, nel solco delle aspettative di questa sezione del forum, mi aspetto da te osservazioni su un altro grande

    Hieronymus Bosch

    che dici?

    Ti piace anche l'arte contemporanea?
    Bosch? Ne sono letteralmente affascinata...
    Ne abbiamo parlato in questa discussione: Bosch: arte alchemica

    Tra i contemporanei, amo molto Magritte.

  9. #19
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    Predefinito Re: Arcimboldo e l'arte delle meraviglie

    Magritte è un contemporaneo di mio padre, oggi è datato almeno 80 anni. Contemporanei sono Manzoni, Burri, Fontana, Bonalumi, Scheggi ecc.

    https://youtu.be/oaH6ivtAVVE

    guardati questo film tu che ami certa arte (il film lo trovi su Emule, questo è il trailer)
    EX NIHILO NIHIL

  10. #20
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    Predefinito Re: Arcimboldo e l'arte delle meraviglie

    Citazione Originariamente Scritto da cireno Visualizza Messaggio
    Magritte è un contemporaneo di mio padre, oggi è datato almeno 80 anni. Contemporanei sono Manzoni, Burri, Fontana, Bonalumi, Scheggi ecc.

    https://youtu.be/oaH6ivtAVVE

    guardati questo film tu che ami certa arte (il film lo trovi su Emule, questo è il trailer)
    La definizione di "arte contemporanea" credo sia piuttosto controversa, per non dire confusa. C'è chi considera "contemporanea" tutta l'arte del '900 (dal post-impressionismo in poi), chi la produzione artistica dal dopoguerra in poi e chi quella post anni '60...

    Comunque sia, non amo nessuno di questi artisti, sarà un mio limite: li conosco poco e probabilmente non ho gli strumenti culturali per comprenderli. Di Manzoni penso sia un geniale provocatore: ha firmato e inscatolato di tutto, perfino i propri escrementi. Se l'intento era quello di dimostrare che qualsiasi assurdità, purché consacrata dalla firma, può diventare opera d'arte, direi che è perfettamente riuscito.

    Ma stiamo andando OT.

 

 
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